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mercoledì 30 ottobre 2019

Mirror Midnight

Tra poche ore sarà Halloween, il 31 ottobre, l'anticamera della notte in cui può succedere letteralmente di tutto. Una notte che, nel tempo, ha ispirato scrittori, fumettisti, cineasti e musicisti, una musa oscura che è arrivata a toccare anche Mr. Obsidian, alias Severino Forini, alias il proprietario del blog Obsidian Mirror, o se preferite "quello che mi chiede di recensire film orrendi". Qualche anno fa, il nostro ha pubblicato sul suo blog QUESTO evocativo racconto breve e ora il racconto è diventato un corto diretto dal regista Luigi Parisi, il cui nome potrebbe esservi familiare visto che ha diretto, tra le altre cose, L’Onore e il Rispetto, Il Bello delle Donne, Il Peccato e la Vergogna e Caterina e le sue Figlie. Certo, queste opere rientrano tutte nel novero delle fiction, ma il regista ha anche una casa di produzione, la DarkSide Entertainment, che si occupa ovviamente di cose più horror, ed è da qui che nasce Mirror Midnight, il corto di cui sopra. Grazie a Severino l'ho visto in anteprima e ora ve ne parlo un po'. ENJOY!


Mirror Midnight riprende le atmosfere del racconto da cui è tratto, coniugando, come già l'opera scritta, un piglio da gotico italiano (la leggenda raccontata dalla nonna, che nel film manca, sostituita da un più agile libro illustrato, scale cupe illuminate da candele, il bianco e nero) e suggestioni d'oltreoceano, sfruttando il topos della ragazzina dotata di genitori assenti o dormienti, lasciata libera quindi di indulgere in una piccola "prova di coraggio" codificata in quello che è un vero e proprio rito. Se nel racconto scritto c'era qualcosa che la piccola aveva dimenticato, e che si rivelerà fatale, nel corto c'è da subito l'idea che l'esperimento della fanciulla andrà a finire male; jack o'lantern maligne fissano la protagonista (la dodicenne Ginevra Quaglieri, già molto "nel personaggio"), nascondono la luna piena ridendo, il tempo scandito dalle lancette dell'orologio scorre impietoso e piccoli contrattempi "innocui" si trasformano in problemi insormontabili. Il finale, ovviamente, non lo rivelerò, anche perché il corto è, per l'appunto, molto breve, posso solo dire che, rispetto al racconto da cui è tratto, è molto più spettacolare, com'è giusto per una storia narrata attraverso un mezzo cinematografico, mentre lo scritto di Severino lascia molto spazio all'immaginazione del lettore... e, chissà, a un eventuale tentativo di mettere in pratica un rito divinatorio che ha radici assai antiche, come le storie che ci raccontavamo al buio per spaventarci.


Il corto ha meritatamente già ricevuto alcuni riconoscimenti ed è in selezione all'Halloweenapalooza, all'Halloween International Film Festival e all'Halloween Horror Fest Tienen quindi non potrà essere reso pubblico prima di Halloween, quando lo troverete sul blog Obsidian Mirror, ma, intanto, per stuzzicare la vostra attenzione QUI c'è il link al trailer. Per concludere, faccio non solo i complimenti a Severino per la possibilità concessa al suo bel racconto, ma anche gli auguri a Mirror Midnight per tutto il successo che merita!






giovedì 30 aprile 2015

K-Horror Day: Thirst (2009)


Aprile sta quasi finendo, quindi è tempo per un altro Day, nato stavolta da un interessantissimo progetto creato dal padrone di Obsidian Mirror. Sul blog in questione, da un mese a questa parte Obsidian sta sviscerando la saga horror Whispering Corridors (un post sul primo episodio, per la cronaca, lo trovate anche sul Bollalmanacco a queste coordinate), non solo con recensioni ma anche con interessanti articoli legati alla cultura e al folklore della Corea; per concludere dunque degnamente questo mega-speciale lungo un mese, Obsidian ha chiesto a noi blogger di dedicare un Day alla celebrazione del k-horror, ovvero l’horror coreano. Io ho aderito con l’affascinante Thirst (Bakjwi), diretto e co-sceneggiato nel 2009 dal regista Park Chan-Wook.


Trama: un prete decide di offrirsi come volontario per un esperimento che mira ad ottenere la cura per un virus mortale. L’uomo viene purtroppo infettato e muore ma una trasfusione lo trasforma accidentalmente in vampiro, risvegliando in lui una brama di sangue e un insano appetito per i piaceri della carne.



Tutto avrei pensato ma mai che un regista coreano si prendesse la briga di trasporre in chiave horror la Thérèse Raquin di Emile Zola. Se l’avessi immaginato o saputo, ovviamente, avrei riletto un romanzo che non apro dai tempi del liceo giusto per poter fare un confronto e arrivare più preparata a redigere questo post, invece vi toccherà subire l’ignoranza e la faciloneria tipiche di un concorrente di Avanti un altro e io farò finta di non aver mai cominciato la recensione di Thirst con questa affascinante premessa. Definire semplicemente la pellicola di Park Chan – Wook come una rilettura del romanzo di Zola oppure come un horror imperniato sulla figura del vampiro, comunque, sarebbe oltraggioso e riduttivo, visto che le più di due ore di pellicola offrono talmente tanti spunti di riflessione che servirebbe ben più di un breve post ignorante per parlarne. Innanzitutto, è interessante la scelta di spostare il fulcro della storia da “Thérèse” a “Laurent”, svestendo quest’ultimo dai panni dell’artista squattrinato e facendogli indossare quelli del prete. Padre Sang – Yeon è un giovane sacerdote cattolico, diventato tale forse non per vocazione ma semplicemente perché orfano e cresciuto da un altro prete; il suo compito principale è quello di raccogliere le confessioni dei fedeli ed elargire loro quel conforto che deriva semplicemente dal perdono, quella “remissione da ogni peccato” che, da non fervente cattolica, trovo quanto di più biasimevole, “comodo” ed ipocrita esista al mondo (anche Park Chan – Wook critica questo aspetto della religione cattolica, poi ci arriviamo). Giustamente, Sang – Yeon vorrebbe fare qualcosa di più utile e concreto per l’umanità e decide così di offrirsi come cavia per sperimentare un vaccino che dovrebbe contrastare un virus mortale; purtroppo l’esperienza finisce malissimo e Sang – Yeon muore ma in qualche modo una trasfusione di sangue fatta poco prima di spirare lo resuscita come vampiro. Come un novello Messia, Sang – Yeon torna a camminare tra i fedeli che, ovviamente, cominciano a richiedere miracoli e a considerarlo un santo, senza sapere che in realtà il povero prete non è un santo e non è più neppure umano, anzi, ha il suo bel da fare a tenere a bada le sue nuove pulsioni vampiriche… cosa che mi fa tornare, prima di proseguire esplorando il lato più “romantico” della vicenda, a quella feroce critica contro alcuni aspetti della religione cattolica di cui parlavo prima.


Sang – Yeon, una volta scoperta la sua natura di vampiro, comincia ovviamente a tormentarsi, schiacciato dall’impossibilità di conciliare le sue brame improvvise e la sua fede, quindi decide di affidarsi ai consigli di chi dovrebbe essere più competente e saggio di lui, ovvero il prete che lo ha cresciuto. Purtroppo questo anziano e cieco sacerdote predica bene ma razzola male e porta all'estremo quella convinzione, già fastidiosa di per se, di poter cancellare i peccati di una persona con una semplice parola di assoluzione e di poter adattare ad ogni situazione i dogmi del Vangelo (per esempio, secondo lui non è peccato che Sang - Yeon succhi sangue perché il Vangelo dice di mangiare per vivere e allo stesso modo gli dice che non è peccato amare e desiderare Tae - ju, basta solo che non si arrivi al rapporto fisico), arrivando fino al punto di provare a sfruttare il suo pupillo per i propri fini egoistici. Tutto questo terribile bailamme di profittatori, questuanti e consiglieri fraudolenti perlopiù cattolici porterà Sang – Yeon dritto tra le braccia di Tae – ju, la Thérèse Raquin della situazione nonché il personaggio più ambiguo ed interessante dell’intera pellicola; questa donna apparentemente timida e dimessa diventerà la causa principale della caduta di Sang – Yeon, insinuandosi nel debole cuore del sacerdote e minandone la forza di volontà prima attraverso i piaceri della carne, poi con bugie ed inganni sempre più pericolosi. Di regola, Tae – ju dovrebbe essere l’emblema della donna diabolica e corruttrice ma in realtà mi è sembrata una vittima tanto quanto Sang – Yeon, una ragazzina mai cresciuta del tutto e tenuta in uno stato di succube ignoranza da una matrigna severissima e da un marito senza palle, incapace persino di soffiarsi il naso; la ragazza, di fatto, non ha mai conosciuto l’amore (della famiglia, di un amante ma nemmeno di un amico), non è mai uscita dal negozio di stoffe gestito dalla matrigna e l’unica libertà che può concedersi sono le disperate corse a piedi nudi fatte la notte, di nascosto. E’ quindi comprensibile che Tae – ju cerchi in ogni modo di legarsi all’unica persona che abbia mai mostrato interesse per lei ma è altrettanto comprensibile il desiderio di liberarsene non appena la presenza di Sang – Yeon diventerà un ostacolo ai suoi desideri, alla sua ritrovata libertà e alla sua crudele ma infantile vendetta nei confronti della famiglia e dell'umanità intera.


Oddio, ho scritto un post lunghissimo, noiosissimo e sconclusionato. Purtroppo, come ho detto, liquidare Thirst in due righe non era possibile e mi sono lasciata trasportare sia dalla trama che dalla bellezza delle immagini che dimostrano, come al solito, quanto Park Chan – Wook sia un artista più che un semplice regista. Se devo essere sincera, l’estro di Park Chan – Wook si sbriglia soprattutto nella seconda metà del film, che diventa un delirio di visioni tra il grottesco e l’inquietante (quando il marito di Tae - ju comincia a spuntare dappertutto, portandosi dietro una scia d’acqua, ho creduto di morire dal ridere ma effettivamente la cosa mette anche i brividi…) e ricerca soluzioni registiche, scenografiche e di montaggio assai peculiari; la caccia all’interno di una casa ormai bianchissima ed asettica sulle cui pareti spiccano il rosso del sangue e il blu del bellissimo abito di Tae-ju, l’enigma rivelato dagli occhi e dal dito della matrigna ormai paralizzato (una sequenza che mi ha lasciata senza fiato nonostante sapessi benissimo quale fosse la soluzione del mistero), quel misto di sensazioni contrastanti provocate da quel triste e risolutivo tramonto alla fine sono tutti frammenti di un mosaico elegante e particolare che si sono conficcati nel mio cuore per non uscirne più. Park Chan – Wook si conferma ancora una volta uno dei miei Autori preferiti, uno dei pochi in grado di non lasciarmi indifferente e di trasformare le ore in minuti talmente veloci che è impossibile non essere presi dalla “sete” e volerne sempre di più! Se cercate un film di vampiri totalmente avulso da banalità e facilonerie assortite abbeveratevi alla fonte di un Maestro del cinema coreano, non ve ne pentirete!


E se ancora non vi basta, vi ri-segnalo lo speciale su Whispering Corridor di Obsidian Mirror, oltre ad aggiungere i link ai post degli altri partecipanti a questo K-Horror Day... ENJOY!

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