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mercoledì 20 marzo 2024

Bolla Loves Bruno: Impatto imminente (1993)

Giuro che non mi sono dimenticata della rubrica Bolla Loves Bruno, ma tra una cosa e l'altra è una rassegna che va molto a rilento. Quest'anno cercherò di essere più regolare, anche se siamo già a marzo (e, come una cretina, mi accorgo solo ora che ieri era il compleanno di Willis. Auguri in ritardo, patatone mio!)! Ma bando alle ciance, oggi tocca a Impatto imminente (Striking Distance), diretto e co-sceneggiato nel 1993 dal regista Rowdy Herrington.


Trama: dopo la morte del padre durante l'inseguimento di un serial killer, Tom Hardy viene trasferito alla polizia fluviale. L'assassino, tuttavia, torna a mietere vittime...


Per citare René Ferretti: "Mamma mia, la monnezza che ho fatto!" E' questo che avrà pensato in retrospettiva Bruce Willis ricordando film come Impatto imminente, la prima delle tante scelte sbagliate del nostro eroe. Sapete che amo Bruno (d'altronde, il titolo della rubrica è chiaro) ma non sono così ipocrita da giustificare tutta la fuffa a cui ha partecipato nel corso degli anni, soprattutto quando, come in questo caso, i film sono l'ennesima dimostrazione della mania di protagonismo di Bruce, degli one man show vittime di pesantissime riscritture e reshooting a seguito di disastrose proiezioni di test durante le quali il nostro "non è stato capito". Impatto imminente, nell'anno del Signore 2024, non è giustificabile nemmeno come film per la TV da vedere durante i pomeriggi di malattia. Intanto, è il bignami di ogni action con Bruce Willis, conseguentemente prevedibile dall'inizio alla fine. Sembra una lista della spesa: tragedia iniziale, check, conseguente rifugio nell'alcool che trasforma Willis da rispettabile ma poco affascinante uomo della strada a sfattone überfigo, check, situazione terribile in cui Willis ha palesemente ragione ma tutti gli remano contro perché alcolizzato, check, figa di turno che è l'unica a capirlo e che immancabilmente rischierà di farsi malissimo perché finirà nel mirino del villain, check, confronto col boss finale, check, happy ending con riabilitazione definitiva della reputazione di Willis, check. Impatto imminente è però anche ibridato con quei thriller cupi che andavano di moda negli anni '90, perché c'è un tizio che uccide donne a caso dopo averle torturate e che, a seguito di una spiegazione troppo cretina per essere vera, comincia ad essere più specifico e ad ammazzare le ex fidanzate del protagonista. Queste due anime, vuoi per le riscritture, vuoi per l'incapacità del regista, cozzano senza mai amalgamarsi, con una vicenda che si trascina moscia da un cadavere all'altro e riduce, fin dalla prima inquadratura, la rosa dei sospetti a tre persone facilmente intercambiabili (in realtà dicono ci sia un particolare che chiarisce da subito l'identità del killer, ma non lo riguarderò per vedere se è vero!), mentre Willis si profonde in numeri da superpoliziotto e si strugge per un dramma umano fatto di disonore, poliziotti incazzati e panni sporchi che non vengono lavati in famiglia.


Il finale, in particolare, ha un plot twist con retroscena tra il ridicolo e l'aberrante, che è un po' la stessa definizione che darei ai capelli di Robert Pastorelli, costretto ad andare in giro con un nido di chiurlo in testa per sottolineare la natura nevrotica del suo personaggio di poliziotto violento. A proposito di acconciature, i reshooting sono talmente evidenti e mal raccordati che la pettinatura e la lunghezza dei capelli di Willis cambiano da una sequenza all'altra (la cosa colpisce in particolare dopo il suo ultimo bagno nel fiume, lì mi è scappata una risata incontrollata), un indice di sciatteria che fa il paio con la poca voglia dei coinvolti di impegnarsi più di tanto. Visto il cast, con un regista e dei produttori più centrati (e meno disposti a lasciare carta bianca all'impegnatissimo Bruce) la possibilità di realizzare qualcosa di dignitoso c'era: abbiamo Bruce Willis all'apice della carriera, un caratterista valido come Dennis Farina, un Tom Sizemore giovane, bellissimo e sottoutilizzato, una Sarah Jessica Parker che... no, scusate, non ho mai capito come abbia fatto la Parker ad ottenere il rango di carismatico sex symbol visto che qui ha la stessa carica sessuale di un Twinkie e l'alchimia con Bruce Willis è pari a zero (esilarante la scena in cui lui CERCA di cacciarla fuori dalla roulotte ma niente, lei è talmente fissata di doverselo fare che lo ferma con un bacetto a fior di labbra, tentennante, efficace solo perché lui non ne becca da anni). Comunque, dicevo, per un filmaccio simile il cast è di alto livello e spezza davvero il cuore pensare a quanto talento sia andato sprecato. Forse l'unico aspetto positivo di Impatto imminente, tolto il fatto che Willis è sempre un bel vedere, soprattutto quando "fa Bruce Willis", è l'idea di ambientare parte del film sul fiume, con un paio di divertenti momenti di azione subacquea e un inseguimento abbastanza adrenalinico. Per il resto, potete anche evitare.  


Di Bruce Willis (Tom Hardy), Sarah Jessica Parker (Jo Christman / Det. Emily Harper), Tom Sizemore (Danny Detillo), Brion James (Det. Eddie Eiler) e Tom Atkins (zio Fred) ho parlato ai rispettivi link.

Rowdy Herrington è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Il duro del Road House ed episodi di serie come I racconti della cripta. Anche attore e produttore, ha 73 anni.


Dennis Farina
interpreta Nick Detillo. Americano, ha partecipato a film come Manhunter - Frammenti di un omicidio, Get Shorty, Out of Sight, Salvate il soldato Ryan, Snatch - Lo strappo e a serie come Hunter, Miami Vice e I racconti della cripta; come doppiatore ha lavorato ne I Griffin. Anche produttore, è morto nel 2013 all'età di 69 anni.




martedì 19 febbraio 2013

Al di là della vita (1999)

Parlare dei miei autori preferiti è contemporaneamente un piacere ed una sfida. Oggi tocca al divino Martin Scorsese, che nel 1999 dirigeva questo particolarissimo Al di là della vita (Bringing Out the Dead), tratto dall'omonimo romanzo di Joe Connelly.


Trama: Frank è un paramedico perseguitato dai fantasmi delle persone che non è riuscito a salvare. Privato del sonno e carico di alcool ed altre sostanze, non sarà facile per il povero Frank superare i turni di notte sull'ambulanza e mantenere il contatto con la realtà...


Scorsese nella sua veneranda e venerabile carriera ne ha girati di film strani... ma Al di là della vita è forse uno dei più particolari. A suo modo grottesco e allucinante come potevano essere Fuori Orario e Taxi Driver, ma allo stesso tempo più maturo e "pulito", già sulla strada che avrebbe portato ad altri lavori forse meno personali come quelli più recenti, Al di là della vita si mantiene in equilibrio tra queste due fasi della carriera di Marty e si conferma, almeno dal mio punto di vista, una sorta di mosca bianca da riguardare ed apprezzare a poco a poco. Per quanto riguarda la regia, la fotografia e il montaggio, posso tranquillamente parlare di capolavoro: l'odissea di Frank è un delirio di immagini rallentate, accellerate all'improvviso, scandite da musica "nera", con prospettive ribaltate, scene oniriche e contorni sgranati che conferiscono alla pellicola un'aria a tratti allucinata e a tratti quasi religiosa, soprattutto nei momenti in cui le immacolate divise degli infermieri si animano di una bianca luce soffusa.


La stessa vicenda di Frank assomiglia, mi si perdoni il paragone, a quella di un Cristo moderno. Il protagonista di Al di là della vita percorre una sorta di via crucis nelle strade di una caotica e pericolosa Manhattan, dividendo il suo cammino verso la salvezza in tre "tappe" che corrispondono a tre giorni e tre colleghi diversi: il primo giorno con il pragmatico Larry, dei tre il più cinico e coi piedi ben piantati in terra, il secondo giorno con il religioso e filosofico Marcus e il terzo con il folle Tom, bramoso di sangue e violenza. Perseguitato dai fantasmi e dal senso di impotenza, consapevole di non avere la facoltà di salvare tutte le vittime della strada e per questo schiacciato dalla responsabilità, il povero Frank si ritrova come sballottato, inerme e confuso davanti a questi modi così diversi di affrontare la vita e la morte, allo stesso tempo comprensibili ed alieni. Unica ancora di salvezza dal caos che alberga nella vita e nella città del paramedico è Mary, che il protagonista idealizzerà fin dall'inizio del film. Più Maddalena che Maria, la ragazza, con tutti i suoi difetti, diventerà emblema di purezza e pace per Frank, che per tutto il film cercherà di starle accanto e confortarla dopo i frequenti malori del padre, anche a costo di far soffrire quest'ultimo e tenerlo in vita contro la sua volontà. Soltanto nel finale il protagonista imparerà che la salvezza e la pace risiedono anche nella morte e che un medico non potrà mai essere Dio: pensarlo, vivere come una colpa ogni vita persa e ogni intervento andato male porta soltanto alla follia e all'impossibilità di avere un'esistenza serena.   


Probabilmente ho sproloquiato, ma per parlare della poetica di Scorsese servirebbe un esperto di cinema, cosa che io non sono. Passiamo dunque, molto più prosaicamente, agli attori. E partiamo dal protagonista, uno stupendo Nicolas Cage. Con quella faccia perennemente strafatta, moscia, inespressiva, è assolutamente perfetto per il ruolo dell'allucinato Frank, preda delle visioni, della stanchezza e dell'alcool. Davanti al folle Nicolas tutti gli altri attori, persino John Goodman, scompaiono. E i duetti con Patricia Arquette sono contemporaneamente dolcissimi e grotteschi, con lui che cerca palesemente di conquistarla (a modo suo, ovviamente) e lei che giustamente è preoccupata solo per suo padre. La brava Patricia, col la sua voce particolare e quell'aspetto innocente che nasconde un passato poco pulito è l'interprete ideale per un personaggio ambiguo come quello di Mary e la fanciulla si riconferma una delle mie attrici preferite. Lascio a voi il piacere (o la pazienza, se avete voglia di leggere ancora un po') di scoprire gli altri ottimi attori che arricchiscono questo splendido film. Una pellicola non per tutti i gusti, sicuramente, ma che non dispiacerà ai fan di Scorsese e a quanti vogliano godersi un'interessante opera d'autore.


Del regista Martin Scorsese (che si nasconde anche dietro una delle voci che comunicano via radio con i paramedici) ho parlato qui. Nicolas Cage (Frank Pierce), John Goodman (Larry), Ving Rhames (Marcus) e Queen Latifah (la voce di Love) li trovate invece ai rispettivi link.

Patricia Arquette interpreta Mary Burke. Sicuramente una delle mie attrici preferite, la ricordo per film come Nightmare 3: I guerrieri del sogno, il meraviglioso Una vita al massimo, Ed Wood, L’agente segreto, Strade perdute, Nightwatch – Il guardiano di notte, Stigmate e per la serie Medium. Americana, anche regista, ha 44 anni e quattro film in uscita.


Tom Sizemore (vero nome Thomas Edward Sizemore Jr.) interpreta Tom Wolls. Americano, lo ricordo per film come Nato il quattro luglio, Una vita al massimo, Assassini nati, Heat – la sfida, Relic – l’evoluzione del terrore, Salvate il soldato Ryan, Nemico pubblico,  Pearl Harbor L’acchiappasogni, inoltre ha anche partecipato alla serie CSI: Miami. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha  51 anni e ben diciassette film in uscita. 


Segnalo anche la presenza nel cast del cantante Marc Anthony (il tossico Noel), ex marito di Jennifer Lopez, e di Aida Turturro, che amo ricordare come odiosa sorella del boss Tony Soprano, nei panni dell’infermiera Crupp. Per concludere, se Al di là della vita vi è piaciuto consiglio la visione di Taxi Driver, sempre di Scorsese. ENJOY!

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