mercoledì 19 dicembre 2018

The Clovehitch Killer (2018)

Nell'elenco dei 10 horror 2018 del sito Imdb spiccava The Clovehitch Killer, diretto dal regista Duncan Skiles quindi, per mera curiosità, ho deciso di vederlo.


Trama: sono passati dieci anni dagli omicidi del cosiddetto Clovehitch Killer ma la cittadina dove vive Tyler non ha mai dimenticato le vittime. Poco dopo una celebrazione commemorativa, Tyler scopre che suo padre potrebbe nascondere un segreto...



The Clovehitch Killer fa orrore per davvero. Non durante la parte thriller, per carità, anche se la tensione si taglia col coltello spesso e volentieri, bensì nei momenti in cui viene descritto il modo di vivere di Tyler e della sua famiglia, emblema di tutto ciò che detesto al mondo e non me ne vogliano i ferventi cristiani. Il film di Duncan Skiles porta sullo schermo una realtà fatta di un'ipocrisia talmente grande che verrebbe voglia di prendere a ceffoni forti tutti i protagonisti, dai positivi ai negativi; "soldati cristiani" divisi tra volontariato, scoutismo, preghiera e perbenismo assortito, Tyler, la sua famiglia e tutti quelli come loro sono i primi a puntare il dito e giudicare il prossimo senza ovviamente fare nulla per aiutarlo (quando non rientra nei loro canoni) oppure a girarsi dall'altra parte di fronte a dubbi e sospetti che potrebbero minare l'integrità della comunità. Quando la "puttansuora" di turno, in compagnia del povero Tyler, trova nel furgoncino del padre di lui una foto pornografica a tema bondage, è un attimo vedere il ragazzo letteralmente ghettizzato da tutti gli scoutini che gli danno botte di "pervertito" senza nemmeno offrirgli il beneficio del dubbio; lo stesso, non ci vuole nulla per condannare la giovane Kassi alla nomea di zoccola del paese, perché "tale madre tale figlia", in un coacervo di dicerie ed imprecisioni che diventa inevitabilmente terreno fertile per la follia di un killer. Il Clovehitch Killer del titolo ha regnato indisturbato per molto tempo in questo paese di ipocriti e poi, da dieci anni, senza un motivo apparente, si è fermato ma la sua eredità resta, nella diffidenza reciproca e nelle commemorazioni periodiche per vittime che ancora non hanno ottenuto giustizia, almeno finché Tyler e Kassi non decidono di indagare, spinti da un dubbio atroce. Il coinvolgimento dello spettatore nelle vicende investigative di Tyler e Kassi non risiede nel gusto di scoprire chi sia il killer perché noi capiamo fin dal ritrovamento della foto porno che è il padre di Tyler, l'integerrimo Sam, l'assassino; no, la forza di The Clovehitch Killer sta nel testimoniare la resistenza ai limiti del paradossale delle convinzioni umane, della sottile patina di perbenismo e belle parole capace comunque di nascondere anche il tanfo di qualcosa che puzza lontano un miglio, l'ipocrisia di chi predica bene e razzola male.


Tra un "bud", un "champ", una sorsata di bibita analcolica e una paternale, Dylan McDermott porta sullo schermo tutto l'orrore della banalità del male. Anzi, della TRISTEZZA del male. Un Ned Flanders le cui parole tradiscono una follia nemmeno troppo nascosta, un leader che conduce ad un mondo ideale la famiglia irretendola con un guazzabuglio di "rituali", regole, concessioni parternalistiche, false aperture e che, in sostanza, funge da capobranco in ogni aspetto della sua esistenza. Basterebbe da solo il dialogo basato sui "monkey thoughts" per far accapponare la pelle; vedere Sam che giustifica i pensieri "impuri" del figlio Tyler in quanto solo pensieri, accostando il desiderio di fare sesso al desiderio di prendere un martello e spaccare il cranio delle persone, per rendersi conto di quanta marcia falsità alberghi in Sam, quanti "problemi" (quegli stessi problemi che a un certo punto la moglie nomina, condannando lo spettatore a sospettare, con orrore, che la donna abbia fatto finta di non notare le stranezze del marito per quieto vivere) si contorcano come vermi in quel cervello che sembrerebbe pieno solo di canti religiosi, regole sensate e massime da dispensare a figlio e scout. E Dylan McDermott, in questo, è perfetto. Gradevole d'aspetto ma non bellissimo, dotato di occhiali e pancetta, interpreta un killer "ordinario", un medioman che uccide le sue vittime accusando mal di schiena e fa scorrere brividi nella spina dorsale ad ogni occhiata accondiscendente, ad ogni parola "saggia" che rivolge al povero, ingenuo figliolo, così vicino alle zanne del mostro da mettere ansia ad ogni sequenza che li vede presenti nello stesso ambiente. Avrete capito che The Clovehitch Killer è un (non) thriller che mi è piaciuto molto ma lo stesso vi avverto: il regista si prende il tempo di indugiare in riprese della cittadina, dei boschi, degli appartamenti, dei particolari ; la sceneggiatura quello di indulgere in lunghi momenti di silenzio e in altri di dialoghi altrettanto lunghi. Spettatori facili alla noia avvisati, mezzi salvati. Anche se vi perderete un gran bel film.


Di Dylan McDermott, che interpreta Sam, ho già parlato QUI mentre Samantha Mathis, che interpreta Cindy, la trovate QUA.

Duncan Skiles è il regista della pellicola. Americano, ha diretto un paio di lungometraggi, corti e serie TV a me sconosciuti ed è anche produttore, sceneggiatore e attore.


Charley Plummer, che interpreta Tyler, era John Paul Getty III in Tutti i soldi del mondo. Il film è ispirato alla storia vera del B.T.K. Killer, già portata sullo schermo con B.T.K. - Capitolo finale e The Hunt for the BTK Killer. Non li ho mai visti ma, se l'argomento vi intrigasse, potreste recuperarli! ENJOY!

2 commenti:

  1. Il film potrebbe piacermi, proprio perché tratta una tematica che mi fa incazzare...Se avrò modo proverò a recuperarlo

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    1. Se come me sei anti-Flanders questo film ti piacerà parecchio!

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