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venerdì 6 settembre 2019

It - Capitolo due (2019)

Mercoledì sera mi sono imbarcata in una maratona degna di quelle di Mentana, culminata con la proiezione di mezzanotte dell'attesissimo It - Capitolo due (It Chapter Two), diretto dal regista Andy Muschietti e tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King. Siccome non sono una brutta persona, NIENTE SPOILER.



Trama: i Perdenti tornano dopo 27 anni a Derry, così da uccidere il malvagio clown Pennywise una volta per tutte.



Disclaimer: ho solo 4 ore di sonno addosso, quindi mi scuso in anticipo se questo post sarà scritto coi piedi (per non dire di peggio) ma tanto c'è chi ha già parlato e soprattutto parlerà di questo secondo capitolo di It meglio di quanto possa fare io, ergo non mi preoccupo. Abbiamo aspettato due anni, pianto e gioito sul dream cast messo in piedi da Muschietti e soci, incrociato le dita affinché la conclusione di It cancellasse con un colpo di spugna il ragno di gomma di Tommy Lee Wallace e finalmente è arrivato il momento di tirare le somme: i perdenti sono cresciuti, hanno dimenticato quello che è successo a Derry nel corso della loro terrificante adolescenza e ventisette anni dopo sono tornati all'ovile, pronti a uccidere Pennywise una volta per tutte. Se la prima parte della serie del 1990 si concludeva con un evento ben preciso, dopo aver giustamente mescolato passato, presente e telefonate minatorie, il film del 2017 si era concluso invece con la promessa dei Perdenti ancora ragazzini: è normale, quando non si sa quale successo potrà avere la pellicola e quindi bisogna offrire un film in grado di stare in piedi da solo. Ecco perché uno degli eventi più importanti di It, uno dei più scioccanti e, perché no, "scenografici", qui viene ridotto a mero flash (mentre io quelle caspita di gocce che cadono le ricordo ancora adesso), parte di un processo di accelerazione che riunisce i Perdenti già adulti nel giro di pochi minuti. Uno dei difetti del film, senza dubbio, ma difetti inevitabili, ahimé. Come condensare in tre ore, tante ma purtroppo lo stesso insufficienti, tutta la ricchezza delle fisime, dei problemi, del dolore accumulatosi in 27 anni? C'è giusto il tempo di qualche sprazzo di indizio che il pubblico potrà cogliere o meno, di far pace con l'idea che forse Tom e Audra non sono poi così importanti all'economia della storia, di pensare che magari Bowers qualche minuto in più l'avrebbe anche meritato altrimenti non è null'altro che una macchia messa lì per far colore; di chiedersi, di nuovo, dove diamine è finito Mike, povero bibliotecario con la mera funzione di guardiano e portasfiga cosmico, prima che l'azione incalzi e cancelli ogni pensiero. Non si può dire, infatti, che il secondo capitolo di It manchi di ritmo. Allo spettatore non viene concesso nemmeno un istante di tregua perché anche i momenti più riflessivi sono il preludio a qualcosa di orribile, con l'occhio onnipresente di Pennywise sempre puntato sulla schiena dei protagonisti, nel passato e nel presente.


E quanto è più infantile e malvagio Pennywise in questo secondo capitolo. Così appare, ovvio, perché i Perdenti sono cresciuti, gli anni '80 hanno lasciato il posto al nuovo millennio ma Pennywise è rimasto sempre lo stesso, una creatura piena di sé convinta di avere sempre davanti dei bambini incapaci di liberarsi dai traumi passati e che quindi agisce di conseguenza, probabilmente nell'unico modo che conosce. Vero, sono passati 27 anni, non dovrebbero essere solo i Perdenti ad essere cambiati ma anche il mondo, popolato da ragazzini più smaliziati che hanno per l'anima di farsi prendere in giro da un clown; eppure, la solitudine e la paura travalicano i tempi, i diversi e perdenti vengono sempre perseguitati, e di questo il maledetto clown si nutre, approfittando della natura umana che tende a voler dimenticare quello che fa male, anche a costo di allontanarsi dai momenti felici e abbandonare tutto, le cose importanti e quelle che non lo sono mai state. Per questo, sono tanto più importanti quei momenti in cui i perdenti si ritrovano, l'umorismo infantile degli esilaranti battibecchi tra Richie ed Eddie e quei momenti di apparente comic relief che aiutano a stemperare la tensione, perché il fulcro della storia è, banalmente, questo: Pennywise è ridicolo, Pennywise incarna la stupida bruttezza del mondo, è il bullo supremo che merita di essere annullato con una risata in faccia per mostrargli la realtà della sua insipienza, non di essere temuto e venerato. Questo King lo diceva nel libro, lo ribadisce Muschietti, e se per un paio di momenti divertenti vi siete messi a gridare allo scandalo e al "ma questo non è horror", mi spiace ma non avete capito nulla. Anzi, It - Capitolo due, nonostante non sia privo di momenti agghiaccianti, è un film volutamente molto ironico e demolisce non solo Pennywise ma anche quelli che "la vecchia miniserie era meglio" (in effetti un ragno c'è anche qui), quelli che "ma questo pezzo nel libro non era così" (sì, mi ci metto in mezzo io per prima. E ammetto che alcuni contentini mi hanno fatto un po' male, decontestualizzati come sono), quelli che "Stephen King non sa scrivere i finali" (a volte è vero) e persino lo stesso Stephen King (amore mio), facendosi volere ancora più bene.


Non che il film sia esente da difetti, ci mancherebbe. Come ho scritto, tante, troppe cose si perdono qui e là o vengono totalmente stravolte per le esigenze più svariate ma ci sta, gli sceneggiatori non possono diventare scemi e inoltre non hanno vilipeso in toto un libro che al limite posso rileggere per la ventesima volta; è soprattutto la CGI a non convincere. Vedendo in sequenza il primo e il secondo capitolo saltano all'occhio gli imbarazzanti pupazzoni deformi e se già, rivista a mente fredda, la donna di Modigliani fa pietà, preparatevi all'orribile visu della strega/gollum e ad altre schifezzuole assortite, finte come i soldi virtuali di un Monopoli giocato su un green screen. Peccato, perché poi la battaglia finale è epica, tra regia e montaggio si arriva a un certo punto che manca il respiro per l'ansia e Bill Skarsgård è talmente "bello" che verrebbe voglia di abbracciarlo e allora perché Muschietti non ce la fa a stare lontano dagli obbrobri grotteschi? Chi lo sa, non pensiamoci, perché in It - Capitolo due ci sono ancora tante cose bellissime. Il dream cast di cui parlavo sopra, in primis. Tutti gli attori, nessuno escluso, sono assolutamente in parte e se da Jessicona nostra e Jamesuccio bello me lo aspettavo, non avevo idea che Bill Hader sarebbe stato un Richie sfaccettato, dolce da spezzare il cuore, né che i semi-sconosciuti James Ransone e Jay Ryan avrebbero riportato in vita alla perfezione due personaggi amatissimi come Eddie e Ben (tra l'altro scusate ma Ben è strafigo, come l'avevo sempre pensato). I loro volti, le loro espressioni, i loro gesti non fanno rimpiangere quelli delle loro giovani controparti (anche se, non me ne voglia la Chastain, ma la Lillis è talmente bella da essere innaturale) ed entrano nel cuore dello spettatore, concorrendo a spillare qualche lacrima, non certo per il bruciore dovuto a cinque ore ininterrotte di film. E qui, mi dispiace, ma parte lo SPOILER, tanto la recensione è bell'e finita, il film mi è piaciuto, correte a vederlo.


SPOILER
Stephen King potrà anche non sapere scrivere finali, ma quello di It è amaro e malinconico, una rappresentazione lucida di quello che è la vita, dove anche i legami più saldi, col tempo e a causa di percorsi diversi, tendono ad indebolirsi e forse a scomparire. E' un finale per nulla felice, che ho amato da lettrice, detestato da fan girl. Muschietti mi è venuto incontro con un happy ending per il quale non posso che ringraziarlo tra le lacrime, che hanno cominciato a scorrere copiose quando sullo schermo è comparsa una delle citazioni più belle di It e si sono intensificate con l'inno alla vita e all'amicizia di Stan. E' una cosa paracula, lo so. E' un tradimento dello spirito dell'opera, va bene, senza contare che Stan è morto per mera paura (e qui avrebbero potuto ricamare sul fatto che è stato l'unico, assieme a Beverly, a guardare DENTRO It)  enon per qualche contorto e scricchiolante piano. Ma che cazzo, già la vita dona poche gioie, perché non si può sperare, abbracciando idealmente un Ben finalmente felice, innamorato e pronto a girare il mondo in compagnia di Beverly? Sperando che la maledetta rimpatriata al ristorante cinese sia una delle mille che accompagneranno i Perdenti superstiti fino alla vecchiaia? Suvvia, lasciatemi sognare. E lasciate in pace Muschietti, criticoni.
FINE SPOILER



Del regista Andy Muschietti ho già parlato QUI. Jessica Chastain (Beverly Marsh), James McAvoy (Bill Denbrough), Bill Hader (Richie Tozier), James Ransone (Eddie Kaspbrak), Bill Skarsgård (Pennywise), Jaden Lieberher (Bill Denbrough da giovane) Nicholas Hamilton (Henry Bowers da giovane), Javier Botet (il barbone/la strega) e Xavier Dolan (Adrian Mellon) li trovate invece ai rispettivi link.


Il primo It ha portato fortuna ai giovani protagonisti, tutti tornati anche in questo secondo capitolo? Non proprio a tutti, in effetti, ma ad alcuni sì: Jack Dylan Grazer (Eddie) ha partecipato al film Shazam!, Finn Wolfhard (Richie) è sempre più mostro e, oltre a continuare a interpretare Mike in Stranger Things ha avuto tempo di doppiare Pugsley nell'imminente La famiglia Addams e parteciperà al nuovo Ghostbusters 2020; Sophia Lillis (Beverly) era nel cast di Sharp Objects, Chosen Jacobs (Mike) in quello di Castle Rock mentre Jeremy Ray Taylor (Ben) ha fatto capolino in Piccoli brividi 2 - I fantasmi di Halloween. Interessante invece vedere come l'attrice Molly Atkinson, che nel primo film interpretava la madre di Eddie, sia stata utilizzata nel secondo film per incarnarne la moglie, Myra; se inoltre, come me, volete sapere chi sia il "Peter" regista del film di Bill, trattasi di un regista vero, nella fattispecie Peter Bogdanovich il quale, per inciso, non è l'unica guest star eccellente della pellicola, anzi. Ma ho promesso niente spoiler, quindi vi rimando semplicemente alla visione di It e della miniserie del 1990 oltre a consigliarvi di leggere il romanzo di Stephen King. ENJOY!

mercoledì 18 ottobre 2017

It (2017)

Domani uscirà l'attesissimo It diretto da Andy Muschietti. Ne parlo oggi, in quanto ho avuto l'onore di vederlo un mese fa a Praga, con un post rigorosamente SPOILER FREE. Se non vi fidate e quindi non volete leggere quanto segue sappiate almeno questo: It è un film splendido, che merita di essere visto sul grande schermo, pena la persecuzione eterna di Pennywise.


Trama: nella cittadina di Derry i bambini scompaiono o vengono ritrovati morti in circostanze misteriose. Un gruppo di ragazzini, uno dei quali ha perso il fratellino l'anno prima, scoprono che il responsabile è un mostro terrificante, capace di assumere le sembianze dei loro peggiori incubi...


Chi mi conosce sa che davanti a It non riesco ad essere obiettiva. Con tutti i suoi difetti, è il romanzo di Stephen King che ho amato di più, che rileggo da anni con piacere, che avrei sempre voluto vedere portato su grande schermo da un regista valido e da sceneggiatori capaci di non affondare dentro le mille e fischia pagine del libro, così da estrapolare ciò che di esso conta davvero. Nella fattispecie, al di là della figura di Pennywise sulla quale poi tornerò, il cuore di It (o meglio, di quelle parti del romanzo ambientate negli anni '50, condensate per comodità in una pellicola unica come già fatto da Tommy Lee Wallace nella miniserie del 1990) è il percorso di un gruppo di bambini costretti ad affrontare le tragedie della vita, le prese in giro dei loro coetanei, il mondo degli adulti, l'incombere della pubertà e, non ultima, tutta una serie di piccoli problemi magari sciocchi per i loro genitori e gli insegnanti ma assolutamente importanti ed insormontabili per questi ragazzini; personalmente, leggendo It ho sempre apprezzato di più i momenti in cui Beverly, Ben, Bill e gli altri si ritrovavano ad aver a che fare con tutti i problemi legati ai loro difetti fisici o le dinamiche familiari, alcune incredibilmente complesse, oppure quelli in cui la loro amicizia si rinsaldava in maniera "naturale", senza l'intervento di una Tartaruga o chissà quale altra forza magica, tra litigi infantili, primi amori o il desiderio di fare comunella per non soccombere ad un Henry Bowers sempre più imprevedibile e pericoloso. L'It di Muschietti mi ha dato tutto questo, ha messo il cuore davanti ad ogni cosa, persino davanti ai jump scare (che ci sono, tranquilli), ed è riuscito rendere reali ed indimenticabili almeno cinque personaggi su sette, ai quali aggiungo anche Henry Bowers, grazie all'aria stupidamente fragile di Nicholas Hamilton, un moccioso che vorrebbe fare il bulletto ma è destinato a finire vittima di problemi mentali più grandi di lui. Vedere il Club dei Perdenti prendere vita sullo schermo, a volte tratteggiato grazie a piccoli dettagli che solo chi ha letto il libro potrà apprezzare appieno (il modo in cui i ragazzi sistemano le biciclette, per esempio), altre grazie a dialoghi serrati e divertenti ma anche incredibilmente commoventi e rivelatori, mi ha riempito il cuore di gioia e gli occhi di lacrime, al punto che sul finale avrei voluto che la storia continuasse per vedere come sarebbero cresciuti QUESTI Perdenti, ben distanti dai bambocci monoespressivi della tanto celebrata serie degli anni '90, nonostante Stan e soprattutto Mike rimangano purtroppo un po' sullo sfondo. All'incredibile bellezza di una Beverly che sembra già ben più grande dei suoi coetanei, ferita nel profondo da una figura paterna molto ambigua prima ancora che violenta, si affiancano i problemi del "New Kid on the Block" cicciottello Ben, un Richie dalla logorrea incontrollabile, un Eddie che è più di una spalla per quest'ultimo e che finalmente riceve una storyline "materna" degna di questo nome, e soprattutto un Big Bill terrorizzato all'idea di non essere più nulla per i genitori distrutti dalla scomparsa del fratellino Georgie e quindi vero motore della storia, vero "capo" dei perdenti, l'unico dotato dell'incrollabile volontà di fare fuori Pennywise per riaffermare la propria esistenza prima ancora di vendicare il piccolo. A proposito, parliamo un po' di Pennywise, vah.


A quelli che "Tim Curry è l'unico vero Pennywise" (per quanto io adori comunque Tim, ci mancherebbe) rispondo citando le voci della Luna che ascolta Henry Bowers nel romanzo e dico "Ha-Ha ALL OVER you!!". Bill Skarsgard è la punta di diamante di un cast quasi perfetto, la sua voce mette letteralmente i brividi e quegli occhietti scompagnati già di suo sono la ciliegina sulla torta, che abbiano le iridi azzurre oppure gialle/rosse; è risaputo che l'attore abbia partecipato alle riprese solo all'ultimo, per ottenere dai giovani co-protagonisti delle reazioni di terrore più genuine possibili, ma sono lo stesso rimasta deliziata e sconvolta dalla faccia orripilata di Sophia Lillis durante il confronto con Pennywise nella casa di Neibolt Street, si vede proprio l'orrore negli occhi della ragazzina! L'idea di agghindare il buon vecchio Clown Ballerino come un pupazzo di fine '800 non solo è vincente ma si collega anche ai mille rimandi inseriti dagli sceneggiatori sul sanguinoso passato di Derry, cittadina all'interno della quale Pennywise campa da secoli uccidendo, depredando e spargendo il male sottile che influenza tutti gli abitanti; agghiacciante nel make-up più "mostruoso" ma anche in quello normale, il Pennywise di Skarsgard è dotato di un folle, infantile umorismo nero che lo rende ancora più inquietante di Tim Curry e anche di una sorta di "fascino" perverso, lo stesso che porta a fissare morbosamente qualcosa di disgustoso anche se razionalmente bisognerebbe distogliere lo sguardo. Aggiungo che Pennywise non è l'aspetto più agghiacciante del film, anzi. Muschietti osa l'inosabile e tocca gli intoccabili, infilando allegramente nella pellicola una sequenza pressoché ininterrotta di nefandezze assortite, alcune sbattute in faccia agli spettatori in un profluvio di gore, altre appena suggerite ma comunque da far accapponare la pelle, giocando tra l'altro in maniera subdola con chi conosce bene il libro e si aspettava alcune scene scioccanti (e NO, non sto parlando dell'"orgia". Quella non c'è, ma come può anche solo pensarlo la gente?). Anzi, nonostante adori il romanzo alla follia ho apprezzato la maggior parte dei cambiamenti, soprattutto per quel che riguarda le paure dei singoli Perdenti, alcune realizzate per esigenze di "spettacolo", come quella di Richie (ah ma Paul Bunyan è lì che osserva...), altre cambiate per offrire allo spettatore la possibilità di conoscere aspetti di Derry altrimenti impossibili da riportare su pellicola senza realizzare un girato di 40 ore.


Quindi l'It di Muschietti è un film perfetto, senza nemmeno un difettuccio? Ovviamente no, ma ciò non toglie che abbiamo davanti uno dei migliori adattamenti Kinghiani di sempre, almeno per quel che riguarda mezzo romanzo e si spera che il regista faccia il bis tra un paio d'anni, quando arriverà la seconda parte in cui i protagonisti si ritroveranno ad affrontare Pennywise con 27 anni in più sul groppone (cosa che viene spesso ironicamente citata nel film, per inciso). Tra i difetti della pellicola, salta all'occhio una scrittura frettolosa che ha reso Mike una figura bidimensionale, come se gli sceneggiatori non sapessero bene che farne. E' vero che l'"importanza" di Mike dovrebbe aumentare nel secondo capitolo e che molto di ciò che rendeva il ragazzino un outsider negli anni '50 probabilmente sarebbe suonato stridente in un film ambientato negli anni '80 però allo stesso modo ho trovato un po' deludente la sua presenza, anche perché Fukunaga con lui aveva fatto un lavoro migliore (vedi note in fondo). Così come ho trovato deludenti alcuni effetti speciali, con quel sapore di CG "finta" che già aveva inficiato la completa riuscita del lavoro precedente di Muschietti, Mama. A questi punti penso che il regista non sappia bene come connettere le riprese dal vero con gli effetti speciali più seri perché il resto del film è di una bellezza incredibile, ricco di sequenze omaggianti classici degli anni '80 che tuttavia non opprimono né stufano lo spettatore ormai saturo di questa voglia perenne di revival; in It è più una questione di atmosfera, il ritorno ai coming of age inseriti in un contesto horror/fantastico più che una rincorsa alla citazione d'annata, la riaffermazione del gruppo di ragazzini che tirano fuori le palle perché gli adulti hanno dimenticato di averle o non le hanno mai avute, troppo presi dai loro problemi per farsi carico degli "incubi" di un branco di mocciosi sfigati. Ecco, è questo che ho apprezzato maggiormente di It, al di là di tutte le idiozie assortite e faziose che si sono lette in rete: la volontà degli autori di omaggiare una storia bellissima CREANDONE una nuova, simile ma diversa, magari un pelino meno potente (pare che azzeccare il pre-finale sia piuttosto difficile ma d'altronde è risaputo che anche King non sia una cima a risolvere le sue stesse storie...) ma capace di coinvolgere tutti, sia gli amanti di Stephen King sia chi non ha mai nemmeno sentito parlare di It. Col Bolluomo accanto, stranieri in terra straniera, mi è sembrato che alla fine fossimo tutti pronti a prenderci per mano e prometterci di tornare, non tra 27 anni ma tra 2, per dare nuovamente fiducia a Muschietti e ai suoi collaboratori; nell'attesa, da brava loser/lover, io tornerò al cinema già domani, così da godermi per intero i dialoghi... sperando che l'adattamento e il doppiaggio italiani non facciano pena come al solito.


Del regista Andy Muschietti ho già parlato QUI mentre Bill Skarsgård, alias Pennywise, lo trovate QUA.

Jaeden Lieberher interpreta Bill Denbrough. Americano, ha partecipato a film come St. Vincent, Midnight Special e The Book of Henry, inoltre ha doppiato serie come American Dad!. Ha 14 anni e due film in uscita.


Nicholas Hamilton interpreta Henry Bowers. Australiano, lo ricordo per film come Captain Fantastic e La torre nera. Ha 17 anni e un film in uscita.


Jeremy Ray Taylor, che interpreta Ben, era già comparso in Ant-Man invece Jack Dylan Grazer, ovvero Eddie, ha partecipato ad uno degli episodi di Tales of Halloween e Owen Teague, alias Patrick Hockstetter, ha già fatto parte dell'universo Kinghiano grazie a quell'orrore di Cell. Anche Wyatt Oleff, che interpreta Stan, potrebbe non essere un volto nuovo per molti spettatori visto che è stato un giovane Peter Quill in Guardiani della galassia e un giovane Tremotino nella serie C'era una volta, mentre Finn Wolfhard, che interpreta Richie (e che è l'unico attore rimasto dopo che il film è passato da Cary Fukunaga ad Andy Muschietti), è ovviamente il Mike della serie Stranger Things; a tal proposito, i Duffer Brothers avrebbero voluto dirigere il film ma all'epoca delle prime fasi di produzione il loro nome era ancora poco conosciuto, quindi hanno dovuto "ripiegare" proprio su Stranger Things, uno dei migliori omaggi a King degli ultimi anni. Torno un attimo a parlare di attori dicendo che il piccolo Jackson Robert Scott, ovvero George Denbrough, dovrebbe tornare sullo schermo grazie al figlio di Stephen King, Joe Hill, in una serie TV (sempre diretta da Andy Muschietti) tratta dallo stupendo Locke & Key, dove il piccolino dovrebbe interpretare il dolce Bode Locke assieme a Megan Charpentier, che in It compare come Gret(t)a Bowie e nella serie TV dovrebbe essere invece Kinsey Locke. Passando a Pennywise, alla fine i due attori rimasti a contendersi il ruolo dopo l'abbandono di Will Poulter erano Hugo Weaving e Bill Skarsgård ma alla fine l'ha spuntata quest'ultimo in quanto Weaving non era in grado di offrire un'interpretazione che fosse anche infantile ed ironica ma faceva solo paura. Passando dagli attori ai registi/sceneggiatori, on line è disponibile lo script del 2014 scritto da Cary Fukunaga, immagino prima che lo stesso aggiungesse le scene controverse che lo hanno allontanato dal progetto (si parla di Henry Bowers che fa sesso con una capra ed eiacula su una torta di compleanno, della fusione di Stan e Richie in un personaggio di nome Richie Goldfarb, di un Pennywise nudo che si mostra ad una dei Padri Pellegrini, di una Beverly picchiata dagli amici del padre i quali, si dice, avrebbero fatto sesso con lei, del fatto che Pennywise avesse lasciato vivere Al Marsh solo per fargli molestare la figlia ogni sera e di Bowers e la sua gang che costringono delle ragazze a praticare loro sesso orale), ed è molto simile al film di Muschietti salvo per un paio di cose. Per esempio, Mike ha un ruolo ben più preponderante e il padre gli racconta dell'incendio al Punto Nero, l'"epica battaglia a sassate" diventa "l'epica battaglia con fuochi d'artificio", Al Marsh viene posseduto da It e cerca di violentare Beverly, Belch e Victor muoiono nelle fogne e la forma finale di It, così come un paio di visioni dei bambini, sono molto diverse (Stella marina coi tentacoli? Aiuto!); Muschietti è rimasto più legato al romanzo di King e avrebbe voluto inserire anche il rito del fumo nel quale Mike e Richie scoprono l'origine di It ma limiti di budget hanno purtroppo impedito la realizzazione della scena. E dopo questo infoporn praticamente infinito, mi duole informarvi che per It - Chapter II occorrerà aspettare il 2019, nel frattempo speriamo che molti degli attori che i bambini vorrebbero veder interpretare i perdenti da adulti esaudiscano le loro giovani controparti: sto parlando soprattutto con te, Jessica, ma potrebbero accettare anche Jake Gyllenhaal (Eddie), Joseph Gordon-Levitt (Stan), Chris Pratt (Ben) e Christian Bale (Bill), che dite? Il mio dreamcasting sarebbe però Casey Affleck (Stan), Ethan Embry (Ben), James Franco o Ryan Reynolds (Richie), Elijah Wood (Eddie), James McAvoy (Bill) e David Oyelowo (Mike), lascio solo Jessicona che sarebbe perfetta! ENJOY!








venerdì 29 marzo 2013

La madre (2013)

E finalmente è arrivato anche in Italia uno degli horror che più aspettavo, soprattutto dopo aver visto il corto da cui è stato tratto e il nome di Guillermo Del Toro tra i produttori. Sto ovviamente parlando di La madre (Mama), diretto dal regista Andrés "Andy" Muschietti.


Trama: una coppia di fidanzati accoglie in casa le nipotine di lui, due bimbette che hanno passato cinque anni in un bosco, apparentemente abbandonate a sé stesse. Purtroppo le pargole si sono portate dietro un pericoloso souvenir dalla terribile esperienza...


Come spesso accade, tutto ciò che viene lungamente bramato e atteso alla fine lascia una sensazione di fastidiosa insoddisfazione e mezza delusione e purtroppo La madre non fa eccezione. Intendiamoci, quello di Muschietti non è un brutto film, almeno per i canoni attuali del genere horror. Vero anche che la pellicola proprio horror non è, sembra più una favola nera di quelle, per l'appunto, che tanto affascinano Del Toro: ci sono due bimbe abbandonate in un bosco da un genitore debole e spaventato (e conseguentemente punito), una strega che "rapisce" i pargoli, la natura a farla da padrone e persino una sorta di racconto di formazione. Gli spaventi sono pochi, per quanto efficaci, circoscritti alla figura di questa "madre" e limitati alle sequenze in cui il mostro non viene visto nella sua interezza, bensì "immaginato" attraverso gli occhi spaventati o adoranti delle bambine protagoniste, oppure percepito grazie ad alcune scene magistrali, come quella in cui Lily parrebbe giocare con la sorella nella stanza finché all'interno dell'inquadratura non entra effettivamente la piccola Victoria ma in tutt'altro luogo. La madre in sé, per contro, non ha un design particolarmente accattivante e non fa paura, il suo look rimanda troppo ai fantasmi capelloni giapponesi e l'ingerenza della CG è particolarmente invadente e pesante.


Un altro difetto de La madre è ovviamente quello di essere un film tratto da un corto. L'opera originale, per quanto un po' banalotta, aveva dalla sua la capacità di condensare l'orrore nel breve tempo disponibile, sfruttando l'effetto sorpresa e la velocità dell'azione. Per ottenere un lungometraggio gli sceneggiatori ci hanno dovuto ricamare sopra e se, da un lato, hanno azzeccato alla perfezione l'intrigante inizio, il commovente finale e il percorso di crescita dell'interessantissimo personaggio interpretato dalla brava Chastain (una ragazza egoista e refrattaria alla maternità che, a poco a poco, impara il significato di amore e sacrificio), dall'altro hanno appesantito la trama con le inutili indagini di un odioso psichiatra e con i sogni "rivelatori" di Lucas, riuscendo a sovrapporre almeno tre modi diversi per riunire tutti i personaggi in un unico punto alla fine del film, quando ne bastava solo uno. Anche la storia imbastita nella sua totalità sa molto di già visto, perché a tratti La madre mi ha ricordato sia The Woman in Black che il meno conosciuto Shiver, mentre il rancore degli spettri non può far altro che rimandare a Ju-On.


Come ho detto, invece, originali e molto belli sia l'inizio che il finale. L'idea di mostrare Madre attraverso il punto di vista sfocato di una bambina senza occhiali è un trucco simpatico, così come sono gradevoli i titoli di testa, che raccontano attraverso i disegni delle piccole i loro cinque anni di vita nel bosco. Il finale, grazie anche al bellissimo ed evocativo score di Fernando Velásquez, mi ha strappato più di una lacrima per il modo in cui riesce a mescolare all'ovvia tensione anche un senso di ineluttabile tenerezza e grandissimo dolore, con un confronto tra madri per nulla scontato. Sinceramente, non posso commentare nulla riguardo alla regia o alla fotografia perché i mainati del multisala, dopo la prima mezz'ora, sono riusciti a proiettare La madre con l'immagine leggermente sfocata, cosa che ha inficiato l'intera visione, ma per quanto riguarda gli attori posso dire che la Chastain da letteralmente il bianco e che le due bimbe scelte per interpretare Victoria e Lily sono sufficientemente inquietanti e "cattive", soprattutto la piccola, protagonista di più di alcuni momenti decisamente spaventevoli. Cacca, infine, sull'adattamento italiano: le bambine hanno passato cinque anni in un bosco da sole, dove l'avrebbero imparato un appellativo forbito come "madre" quando in originale Lily si sgola urlando "mama"?  Metter loro in bocca un "mamma" vi faceva schifo? Tra l'altro, sentire dire "madre" mi provoca un accesso incontrollato di risa, occhio. In conclusione, La madre è un film simpatico e guardabile ma non troppo entusiasmante. Speriamo che i prossimi horror che aspetto siano migliori.



Di Jessica Chastain, che interpreta Annabel, ho già parlato qui.

Andrés “Andy” Muschietti è il regista e cosceneggiatore della pellicola. Argentino, è alla sua prima pellicola, preceduta da due corti, Nostalgia en la mesa 8 e Mama. Anche attore, dovrebbe avere una quarantina d’anni. 


Nikolaj Coster – Waldau interpreta sia Lucas che il fratello Jeffrey. Danese, ha partecipato a film come Il guardiano di notte, Black Hawk Down, Le crociate – Kingdom of Heaven e alla serie Il trono di spade. Anche produttore e sceneggiatore, ha 43 anni e tre film in uscita.


Daniel Kash interpreta il dottor Dreyfuss. Canadese, ha partecipato a film come Aliens – Scontro finale, Cabal, The Shipping News – Ombre dal profondo, Lo smoking, Le cronache dei morti viventi e alle serie Psi Factor e Piccoli brividi. Anche regista, ha 54 anni e tre film in uscita.


Megan Charpentier, che interpreta l’occhialuta Victoria, era già stata la piccola “controfigura” di Amanda Seyfried sia in Jennifer’s Body che in Cappuccetto Rosso Sangue, mentre, orrore!, la Mama del titolo originale è un uomo che nella vita è stato anche la Niña Medeiros della franchise Rec, Javier Botet. Se La madre vi è piaciuto, comunque, consiglierei la visione di Silent Hill, The Grudge e The Ring. ENJOY!!

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