Di cosa parla?
Se avete visto Wolf Creek e il suo sequel la domanda non si pone, in caso contrario sappiate che la storia verte sulle scorribande omicide del bushman e serial killer Mick Taylor, che ama rapire e seviziare i poveri turisti sperduti nell'outback australiano. Questa sorte capita purtroppo ad una famigliola di americani e alla strage sopravvive solo la figlia maggiore, Eve, che si metterà in testa di trovare il vecchio Mick e farlo fuori, non solo per vendicare padre, madre e fratellino, ma anche per liberare l'Australia da questa piaga decennale.
Cose che mi sono piaciute
La serie di Wolf Creek è praticamente un terzo episodio della saga cinematografica, solo diviso in sei parti. Se tutto nasce dalla figura terrificante di Mick Taylor (interpretato, come al solito, da un John Jarratt sempre in stato di grazia) è pur vero che, come nel primo film, l'attenzione degli sceneggiatori e dei registi che si susseguono di puntata in puntata viene focalizzata principalmente sul paesaggio Australiano, vero protagonista della vicenda. Eve, armata di mezzi più o meno fatiscenti e un cane "half dingo", come dice chi ha occasione di guardarlo da vicino, si imbarca in un road trip disperato, reso ancora più solitario e difficile dalle grandi distanze che separano gli sparuti paesini del South Australia; se non ci siete mai stati non avete idea di cosa sia farsi in macchina chilometri e chilometri di strade costeggiate da bush, deserti, canguri saltellanti, immensi mari di terra arancione e sconfinati cieli azzurri, incontrando in sparute ed assurde stazioni di servizio un'umanità che varia dal meravigliosamente folle al disgustosamente becero. Eve, l'americana straniera in terra straniera, vive sulla pelle tutte le contraddizioni di una Terra allo stesso tempo ostile e generosa, prosaica e misteriosa, perdendo gradualmente l'innocenza per indurirsi e diventare in grado di far fronte ai pericoli dell'Outback, i quali non si limitano essenzialmente a Mick Taylor: Mick, con la sua risata sprezzante e il senso dell'umorismo deviato, è il predatore più grande, quello maggiormente capace di mimetizzarsi, ma tanti altri piccoli criminali e disadattati approfittano della natura "inospitale" dell'Australia per portare avanti le loro storie malate. Wolf Creek diventa così un compendio di violenza, follia ma anche riflessione, un miscuglio ipnotico ed inquietante che non si limita semplicemente ad inanellare scene più o meno gore solo per il gusto voyeuristico del pubblico, bensì si propone l'obiettivo di creare una sorta di "mitologia dell'Outback". Ah, e poi l'accento aussie, ragazzi. Con tutti quegli "g'day", "sheila", "no worries" ecc. ecc. L'aMMore e la nostalgia.
Cose che non mi sono piaciute
Effettivamente, non ce ne sono. Dalla sigla iniziale, un'inquietante Nursery Rhyme cantata da Lisa Salvo e basata su una filastrocca inglese del '700, agli interpreti, fino ad arrivare alla regia, è tutto realizzato a regola d'arte. Se devo proprio trovare un neo, non ho apprezzato l'idea di dare a Mick un passato, cosa che lo ha reso più umano e meno "demone dell'outback". Ma è un dettaglio, davvero.
E quindi?
E quindi Wolf Creek è stato una bellissima sorpresa o, se volete, una riconferma dell'amore che necessariamente va tributato a Greg McLean e John Jarratt. Se cercate una serie relativamente breve, che vi tenga inchiodati alla sedia e che, subdolamente, scavi nelle vostre paure più profonde sedando anche l'atavica sete di sangue tipica degli horroromani, avete trovato quello che fa per voi!
Per chi ancora non si capacita del fatto che John Jarratt sia fondamentalmente un uomo buono |
incredibilmente iniziata anche da queste parti...il primo episodio mi é piaciuto molto,vediamo come proseguira'...
RispondiEliminaAssolutamente è la prossima in lista di visione!
RispondiEliminaMa no, ma grazie a te!
RispondiEliminaIn effetti, la cosa migliore di Wolf Creek, sia i film che la serie, è proprio la creazione di questa mitologia di una terra che ha una natura cinematografica totale. Sembra fatta apposta per essere ripresa.
E nessuno (Miller non conta, perché l'Australia non è protagonista dei vari Mad Max) le aveva mai dato lo spazio narrativo che merita.
Concordo in pieno! Ci voleva qualcuno che sfruttasse le potenzialità dell'outback, che secondo me è ancora più inquietante delle zone sperdute in America!
EliminaNe avevo già sentito parlare da Lucia, devo ancora capire se vederlo o meno, prima però devo vedere i film ;)
RispondiEliminaSe non li hai mai visti, assolutamente. Sono davvero bellissimi, soprattutto il primo!
EliminaLa seguo volentieri, ma la trovo scritta malissimo.
RispondiEliminaPiena di coincidenze, di falle, di sottotrame inutili.
Molto meglio i film, poco da fare, però intrattiene ed è ben fatta (ma sceneggiatori cercasi, oh). :)
Io invece ho apprezzato moltissimo le sottotrame, quelle piccole schegge di follia che fanno di Mick il principe dei pazzi ma non l'unico rappresentante della specie.
Eliminai due film mi son piaciuti, soprattutto il secondo.... lo metto in lista
RispondiElimina