Il giro sta quasi finendo sì, e domenica notte sapremo chi si sarà aggiudicato le ambite statuette, ma io ho ancora qualche recupero da fare per gli imminenti Oscar, dove tra i candidati (per la miglior regia e il miglior film straniero) c'è anche Un altro giro (Druk), diretto e co-sceneggiato nel 2020 dal regista Thomas Vinterberg.
Trama: un gruppo di insegnanti di scuola superiore decide di fare un esperimento e mantenere un costante livello di alcool nel sangue, per migliorare le loro relazioni interpersonali e le performance lavorative.
Forse guardare un film alcoolico durante lo stress da pandemia non è stata un'idea grandiosa, ché un minimo di tentazione nell'indulgere nell'esperimento di Martin e compagnia ci sarebbe, ma l'importante è prendere Un altro giro per quello che è. Non una celebrazione dell'alcool ma della vita, di quella quotidianità che spesso ci lasciamo scivolare addosso, seppellendo le poche fortune che ci sono state concesse sotto una pesantissima coltre di noia, stress, insoddisfazione personale, tristezza e chi più ne ha più ne metta, al punto da arrivare a vivere male (o, meglio, a NON vivere) senza quasi che ci sia un perché. Quest'anno è già il terzo film che vedo imperniato sull'argomento dell'insoddisfazione e dell'ennui: c'è stato Soul, c'è stato The Swerve (ma perché non candidate gli horror, porca la vostra miseria?), c'è per l'appunto Un altro giro, dove i personaggi fanno ricorso all'alcool per vedere se, effettivamente, con l'assunzione di quantità controllate le nostre capacità relazionali e lavorative possono migliorare arrivando a dare beneficio anche alla qualità della vita in generale. La risposta è nì. Sarà successo a tutti voi, se non siete astemi. Non è un mistero che essere un po' brilli ci renda più audaci ed entusiasti, piacevolmente incoscienti ed anche più pronti a cercare soluzioni creative ai problemi, oltre che rilassati, ma il limite tra leggermente brillo ed ubriaco rischia di scomparire nel giro di pochissimo e allora sono dolori; inoltre, non è sicuramente piacevole, per chi ci sta accanto e ci vuole bene, scoprire che possiamo vivere felici solo con l'ausilio di un po' di alcool in corpo, ché una dipendenza è tale anche se piccola ed innocua. A questo va aggiunta la volontà di Martin e soci di testare i loro limiti ricercando una giovinezza e una forza perdute, il che trasforma un esperimento piacevole in una discesa sempre più rapida verso il baratro dell'alcolismo, con tutto quello che ne consegue.
L'approccio di Vinterberg a questa celebrazione della vita, girata poco dopo la morte della figlia in un incidente stradale (il film è dedicato a lei), probabilmente è qualcosa in cui solo un abitante della penisola scandinava sarebbe potuto riuscire, soprattutto mantenendo un equilibrio così invidiabile tra tragedia e commedia, tra critica e indulgenza: il divertimento con cui il regista guarda alle bravate dei giovani danesi, che consumano la giovinezza vomitando e bevendo come se non ci fosse un domani, è pari al senso di imbarazzo che trapela dai filmati di repertorio in cui si vede, tra gli altri, Eltsin barcollare durante alcuni eventi ufficiali, e il destino di chi, ad una certa età, non riesce a reagire e ad aprire gli occhi, è definitivo e per nulla pietoso. Eppure, con tutti i loro pregi e difetti o forse proprio in virtù di questi ultimi, arriviamo a volere bene a questo quartetto di professori così umani ed imperfetti, a divertirci con loro nelle prime fasi dell'esperimento e a provare una forte dose di ansia quando il "gioco" comincia a fuggire di mano, fino ad arrivare a quella danza finale sulle note di What a Life che ci libera il cuore da tutti i fardelli e ci fa desiderare, stupidamente, di poter anche noi affrontare a testa alta tutti i problemi, almeno per qualche minuto, ballare assieme all'atletico Mads Mikkelsen e magari anche andarsi a fare un cicchetto assieme a lui, nonostante il volto granitico e lo sguardo scazzato. Provare per credere!
Di Mads Mikkelsen, che interpreta Martin, ho già parlato QUI.
Thomas Vinterberg è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Danese, ha diretto film come Festen - Festa in famiglia, La comune e Il sospetto. Anche attore e produttore, ha 52 anni.
E' davvero un bel film, come (quasi) tutti quelli di Vinterberg. Si parla di umanità, di debolezze, di uomini semplici, normali, che provano (anche sbagliando) a diventare migliori di quello che sono... il balletto che chiude il film è indimenticabile, commovente. Mikkelsen se fosse americano avrebbe caterve di oscar, invece tra gli attori non è stato nemmeno preso in considerazione. Il film invece potrebbe vincere, è il favorito e se lo merita. Vinterberg aveva già sfiorato l'oscar con "Il sospetto" ma fu battuto da "La grande bellezza". Stavolta siamo sulla strada buona.
RispondiEliminaIo vorrei vedere Il sospetto, che ancora mi manca. Appena mi rimetto un po' in pari con l'horror, magari lo cerco.
EliminaCiò detto, sono molto contenta che abbia vinto Un altro giro, è davvero particolare e interessante, anche se mi sono sembrati validi anche gli altri candidati.