mercoledì 18 giugno 2025

The Woman in the Yard (2025)

In ritardo di qualche settimana, ho recuperato anche The Woman in the Yard, diretto dal regista Jaume Collet-Serra.


Trama: Ramona, piagata da difficoltà motorie causate dall'incidente d'auto in cui ha perso la vita suo marito, vive in una casa isolata assieme ai due figli. Un giorno, una misteriosa donna compare nel campo davanti all'edificio...


The Woman in The Yard
è l'ennesimo horror "medio" prodotto dalla Blumhouse, che ha trovato distribuzione cinematografica quando sarebbe stata un'aggiunta molto più dignitosa all'accozzaglia di spesso indegni film prodotti direttamente per Prime Video. Alla sua prima sceneggiatura per un lungometraggio, Sam Stefanak sceglie di giocare la carta dell'horror psicologico, andando ad indagare i recessi più oscuri dell'animo di Ramona, donna che, nonostante la presenza di due figli, non riesce a scrollarsi di dosso la depressione che l'ha inghiottita dopo la morte del marito in un incidente stradale. Ramona, da quell'incidente, ha riportato ferite gravi alla gamba, che le impediscono non solo di badare ai bambini, ma anche di muoversi agevolmente all'interno di una casa enorme e ancora da ristrutturare, zeppa di "barriere architettoniche"; detta casa, per inciso, è anche una fonte costante di debiti, e il film si apre con la probabile interruzione del servizio elettrico per qualche bolletta non pagata, e una famiglia ancora più isolata perché priva di cellulare. Ce n'è abbastanza per fare scoppiare una bomba, e la miccia si incarna in una misteriosa donna vestita di nero che, improvvisamente, compare in mezzo al campo davanti a casa di Ramona, dichiarando "Oggi è il giorno", prima di cominciare a terrorizzare seriamente Ramona e suoi figli. The Woman in the Yard parla di depressione, sensi di colpa e "forza", quest'ultima intesa non necessariamente in senso ottimista, come l'energia che spinge a guardare a un futuro più luminoso sopportando un presente orribile, quanto piuttosto come la freddezza di prendere lucidamente scelte scomode e all'apparenza egoiste, liberando gli altri (prima ancora di noi stessi) da situazioni senza sbocco. La presenza della donna in nero fa precipitare una situazione già gravemente compromessa, incrinando la fiducia di due bambini (il maschio è già adolescente, ma la femmina è piccola) verso una madre distante e rinchiusa nel suo dolore fisico e mentale, e aumentando l'allucinato senso di irrealtà di quest'ultima. L'idea, probabilmente, era quella di realizzare una sorta di Babadook che riaffermasse come i mostri, in realtà, siamo noi e tutto ciò che vomitiamo sugli altri a causa del dolore, della solitudine e dello stress quotidiani, ma Stefanak non è Jennifer Kent e rende difficile empatizzare con la protagonista. Ramona infatti, nonostante tutto quello che le è successo, non è rappresentata sotto una luce particolarmente positiva e viene connotata fin dall'inizio come narratrice inaffidabile, come primo agente degli eventuali traumi dei figli, come una donna che vive la famiglia come un impedimento alla sua espressione personale (Ramona è un'artista che non dipinge più) e lascia nell'incuria due bambini tutto sommato normali, che non si meritano le sfuriate della donna.


A fronte di queste considerazioni, ho trovato il finale ambiguo un po' paraculo e, sicuramente, di scarso impatto rispetto a quello di altri film dall'argomento simile. Anche l'idea dello specchio e di un mondo oltre ad esso, benché evocativa, è sfruttata maluccio, e arrivati alla fine di The Woman in the Yard sembra molto meno importante rispetto a ciò che lasciavano intendere i molti indizi seminati nel corso della pellicola. Non che lo spunto iniziale di una donna nel cortile, portatrice di presagi nefasti, sia sfruttato in maniera originale; alla fine la signora velata è uno spauracchio come tanti altri, e inquieta più quando rimane immobile a fissare Ramona e i figli, rispetto a quando passa effettivamente all'azione. Il vero punto debole di The Woman in the Yard è dunque questa sceneggiatura ambiziosa che si ferma un po' in superficie, perché poi regia e attori non sono malaccio. Jaume Collet-Serra, come al solito, fa il suo; non è un regista particolarmente innovativo ma ha il senso del ritmo e il polso della messinscena, e riesce a sfruttare bene il setting della casa fatiscente e l'handicap fisico della protagonista, inoltre gestisce bene il frequente passaggio tra allucinazione e realtà, senza confondere lo spettatore in modo negativo. Danielle Deadwyler, dal canto suo, si impegna più che può a far sì che il pubblico si affezioni alla sua Ramona nonostante la scrittura la voglia imperfetta e poco accattivante, e lascia trapelare dai gesti e dagli sguardi tutta la stanchezza e la tristezza di una donna molto umana, costretta ad affrontare una vita che, forse, non voleva, e che si è evoluta nel peggiore dei modi. Purtroppo, nonostante gli sforzi dell'attrice e nonostante il potenziale del concetto che vorrebbe veicolare, The Woman in the Yard non decolla. E' un film che non fa paura, anche perché la donna del titolo è troppo affascinante per instillare una simile sensazione, non inquieta e non porta lo spettatore a mettersi in discussione. Avrei preferito sedermi in mezzo a un yard a leggere un libro, sinceramente. 


Del regista Jaume Collet-Serra ho già parlato QUI



6 commenti:

  1. Un peccato, perché dentro questo titolo poteva esserci un bel film, invece l'ho trovato spezzato in due metà, la seconda anche per me piuttosto paracula. Cheers!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, aveva moltissimo potenziale, ma lo hanno sprecato.

      Elimina
  2. Se Smile 2 è stato un signor horror che con la sua grammatica ci immergeva dentro il drammatico percorso personale (e senza via di uscita) della sua protagonista questo The Woman in the Yard invece alla fine non appare niente più che un fiacco drammone famigliare con qualche spruzzata di horror qua e là. Sì, i mostri e la maternità di Babadook (che cattivella che sei con questo paragone!), ma niente a che vedere neanche con la maternità e la sanità mentale di Never Let Go, la maternità e l'alcolismo di The Monster, la maternità e la tossicodipendenza di Shut In (anche qui con un finale consolatorio e furbetto ma personalmente non fastidioso). Eccessivamente didascalico (le stampelle della protagonista, "la carrozzina della madre") e con un percorso esasperante che porta dritto dritto a un finale davvero troppo posticcio (in Daddy's Head una genitorialità non voluta si chiude anche lì con un finale consolatorio ma coerente e bellissimo - al quale basta una sola parola). Quest'anno l'horror purtroppo è fiacco, l'anno scorso avevamo già visto Last Night With the Devil, Exhuma, Immaculate, I Saw the TV Glow, Love Lies Bleeding, Never Let Go... Vabbè

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho citato The Babadook perché Never Let Go, che ho visto cicciare fuori nelle varie recensioni, da me non era uscito e devo ancora recuperarlo. Fiacco non direi, dai. Tra The Ugly Stepsister, 28 anni dopo e The Monkey, qualcosa di bello è arrivato!

      Elimina
  3. Davanti all'ennesimo horror "medio", posso anche elegantemente alzare il dito medio e risparmiarmelo :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma certo. La vita è troppo breve per queste banalità!

      Elimina

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...