Trama: dopo la morte, per apparente suicidio, di una contessa, speculatori ed eredi si affrontano per il possesso di una baia...
Dopo mesi passati a sbattermi nelle difficili ricerche di horror in lingua non inglese, sono stata colta, quasi alla fine della challenge, da un'illuminazione, ovvero che nella categoria rientrano anche film italiani. A tal proposito, sappiate che sia Chili che Plex vengono incontro, gratuitamente, allo spettatore che dovesse ritrovarsi privo di un DVD/Blu Ray di uno dei capolavori di Mario Bava, Reazione a catena, giustamente considerato il "nonno" dello slasher americano. Un "nonno" plagiato ed omaggiato più volte, soprattutto da Venerdì 13, che con Reazione a catena condivide l'ambientazione naturale e un paio di omicidi particolarmente efferati, ma anche l'indifferenza del killer nei confronti delle vittime, trattate alla stregua di sacchi di carne da uccidere nei modi più sanguinosi ma, attenzione, senza infierire. Non siamo nell'ambito del torture porn, per fortuna, e Reazione a catena ha comunque diverse attinenze col Giallo, di cui Bava era e rimane uno dei maestri indiscussi. Tutto parte, infatti, dall'omicidio di un'anziana contessa, anzi, da un doppio omicidio, in quanto, subito dopo la morte della donna, tocca al suo assassino perire per mano sconosciuta. I motivi sono da ricercarsi nell'eredità della contessa, proprietaria di una baia che fa molta gola agli speculatori edilizi, ma anche questi motivi, in realtà, poco importano a Bava e allo spettatore. Quello che è importante, all'interno di Reazione a catena, è dipingere personaggi sgradevoli che, per via della loro natura bieca, finiscono nelle maglie della reazione titolare ed intrappolati in un vortice di violenza che non risparmia nessuno, per motivi ben futili che si distanziano sempre più dall'idea di "eredità". Un' "ecologia del delitto" intesa, ovviamente, non come salvaguardia dell'ambiente (anche se, in alcuni dialoghi, viene toccato anche questo argomento, sempre usato come strumento per manipolare comunque l'ascoltatore e ripulirsi la coscienza), quanto studio della relazione tra gli uomini, attraverso l'occhio cinico e disincantato del regista. La violenza sembra quasi inevitabile, innata, e questo osservatore esterno si riserva il ruolo di studioso, di entomologo di questi insetti denominati "razza umana" (cit.), che si dibattono e si lanciano l'uno contro l'altro al punto che non importa più nemmeno perché; l'elemento giallo cade in secondo piano, ogni motivazione suona come una scusa perfettamente evitabile, c'è solo il gusto di "giocare" con la vita umana e tornare alla squallida vita di tutti i giorni come se non fosse successo nulla.
Questa scelta tematica è coerente con quella stilistica. I personaggi di Reazione a catena sono immersi in un ambiente naturale, all'interno del quale si muovono da una "tana" all'altra, accompagnati o da suoni naturali come il vento o gli uccelli, oppure da una colonna sonora tribale, che ne sottolinea la natura selvaggia, di scimmie violente. Dette scimmie possono darsi arie di intellettualità o raffinatezza, persino abbracciando hobby eccentrici come entomologia o cartomanzia, ma sempre scimmie restano, grette, violente ed impiccione, oppure, se giovani, mosse da irrefrenabili desideri sessuali. Accanto a questa natura grezza, ci sono le vestigia di una civiltà raffinata. Ville dall'arredamento moderno, night club abbandonati, magioni decadenti, sono tutti palcoscenici di delitti violentissimi, i cui effetti speciali terribilmente realistici sono stati affidati alla mano esperta di Carlo Rambaldi ed hanno assicurato a Reazione a catena un posto di diritto all'interno dei Video Nasties inglesi (ai quali, prima o poi, dovrò dedicare una rubrica). Effettivamente, alcune sequenze sono raccapriccianti. Gli omicidi all'arma bianca includono persone impalate, gole squarciate e teste spaccate come meloni ma, come ho scritto sopra, la caratteristica del film è che la cinepresa di Bava non mostra alcun compiacimento relativamente a queste sequenze. I delitti avvengono, punto, a prescindere che le vittime lo meritino o meno, ma sono rapidi ed efficaci, e la loro violenza indica disinteresse più che perversione. Sembra, insomma, che l'assassino colpisca con quello che ha sottomano, senza pensare alla sofferenza delle vittime, ma solo al modo più rapido di levarsele dai piedi (come dimostra il "due al prezzo di uno") e lo spettatore non può che rimanere angosciato non tanto dall'efferatezza, quanto dall'estrema futilità della vita umana. Nonostante ciò, Reazione a catena, come tutti i migliori gialli dell'epoca, non manca di ironia. E' un'ironia beffarda e gelida, per una volta non affidata a personaggi che ricoprono il ruolo di comic relief (anche se Laura Betti, in tal senso, è tristemente perfetta), quanto proprio alla reazione a catena del titolo, che tocca l'apice in un finale che è un compendio perfetto di humour nero, e che lascia lo spettatore di sale, davanti ad una delle opere più feroci della filmografia di genere italiana.
Del regista e co-sceneggiatore Mario Bava ho già parlato QUI. Nicoletta Elmi, che interpreta, non accreditata, la figlioletta di Renata e Alberto, la trovate invece QUA.





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