domenica 25 gennaio 2015

Starry Eyes (2014)

Tornando ai recuperi horror del 2014 tocca oggi al particolare Starry Eyes, diretto e sceneggiato proprio l'anno scorso dai registi Kevin Kolsch e Dennis Widmyer.


Trama: un'attricetta di belle speranze viene notata durante un'audizione a cui seguono però prove sempre più degradanti e folli...



Gli occhi, si dice, sono lo specchio dell'anima. E gli occhi di chi vorrebbe a tutti i costi entrare nel mondo glamour del cinema sono colmi di stelle, le stesse che decorano la famosa Hall of Fame, le stesse che abbagliano ingannevoli con la loro luminosa freddezza rispecchiando un'altrettanto fredda ambizione. Lo sa bene la protagonista di Starry Eyes, Sarah, divorata da un desiderio di successo talmente forte e piegata da una frustrazione talmente grande da portarla ad auto-punirsi per ogni audizione andata male. Gli scatti d'ira di Sarah, benché rivolti verso i suoi capelli, rivelano un indescrivibile odio verso tutto quello che la circonda, come il suo lavoro e, soprattutto, i suoi amici. Voglio dire, quelli li odierei anche io: ficcanaso, molli, fighètti, convinti anche loro di poter diventare qualcuno solo perché riescono a scrivere due sceneggiature o a tenere in mano una videocamera e pronti a farti le scarpe o a prenderti in giro per ogni inezia. Ma Sarah non è migliore, è solo che i due sceneggiatori ci presentano la storia dal suo punto di vista e allora siamo costretti ad empatizzare un minimo per lei almeno finché la protagonista, sentendosi tradita dagli amici, dal mondo e dall'universo intero, getta alle ortiche ogni briciolo di dignità seguendo la chimera di un successo facile nonostante tutto all'interno della casa di produzione Asterus urli "PERICOLO!" fin dal primo momento. E' una scelta consapevole quella di Sarah, dettata dalla disperazione e da un senso di vergogna per essere una fallita agli occhi degli altri (in questo mondo d'apparenza che l'horror non sembra mai pago, giustamente, di distruggere) ed è una scelta che la porterà ad esternare tutto il marciume che si porta dentro prima di brillare, ingannevole e perfetta, come le stelle di cui parlavo all'inizio.


Starry Eyes è un film angosciante ed angoscioso (e i liguri capiranno la sottile differenza), talvolta poco originale per i temi che tratta e anche troppo didascalico e telefonato, soprattutto per i cultori dell'horror, ma è anche molto affascinante per quel che riguarda le immagini e la musica. Kolsch e Widmyer se la prendono con calma, costruiscono la tensione e danno corpo al personaggio di Sarah con una prima parte lenta, piena di immagini emblematiche e rimandi al glorioso passato del Cinema glamour, poi affondano la lama nello stomaco dello spettatore sconfinando sereni e spietati nel territorio del body horror zeppo di sangue, sporco e decadenza fisica. Prima ancora della macellata che prelude al finale sono le scene che vedono Sarah come unica protagonista a disturbare, a stridere quasi con una prima parte realizzata sul filo dell'allucinazione, dove l'inquietante musica di un carillon sfuma spesso e volentieri in melodie elettroniche anni '80, dal sapore Fulciano, e con la conclusione pulita e raffinata, il malefico trionfo dell'apparenza. Validissimi tutti gli attori coinvolti, a partire dalla protagonista Alex Essoe che, se dobbiamo dare retta alle leggende metropolitane che girano in rete, ha messo letteralmente corpo ed anima a servizio della sceneggiatura, sopportando anche esigenze di copione parecchio disgustose, e sempre gradita la comparsa di Pat Healy, nume tutelare delle produzioni indipendenti più recenti. E, come mi ritrovo sempre più spesso a dire in questi ultimi tempi, Dio benedica il cinema indipendente, che riesce a reinventare anche il più banale dei cliché. Starry Eyes è dunque un film che consiglio soprattutto agli amanti di un certo tipo di horror nostalgico, più concentrato sull'analisi psicologica dei personaggi che sullo spavento fine a sé stesso... ma non lasciatevi ingannare come Sarah, la pellicola non è affatto adatta ai deboli di stomaco!


Di Pat Healy, che interpreta Carl, ho già parlato QUI.

Kevin Kolsch e Dennis Widmyer sono i registi e sceneggiatori della pellicola. Entrambi anche produttori, hanno diretto il film Absence.


Due parole due sui giovani attori che compaiono nella pellicola: Amanda Fuller (Tracy) aveva già partecipato a Cheap Thrills, Fabianne Therese (Erin) era nel cast di John Dies at the End mentre Nick Simmons (Ginko) è il figlio di Gene Simmons dei KISS. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto magari recuperate Society di Brian Yuzna. ENJOY!


6 commenti:

  1. La prima parte è parecchio affascinante e promettente, nella seconda si butta però via quasi tutto scadendo nello splatterone...
    Per me la classica occasione sprecata, ma regista e protagonista hanno del potenziale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A me è piaciuta molto anche la seconda, dal registro completamente diverso. E non vedo l'ora che esca un prossimo film dei due registi!

      Elimina
  2. In effetti l'inizio della recensione mi ha ricordato alcuni episodi di Tales of the Crypt (in particolare uno che parlava proprio di attori...), ma la seconda mi sembra decisamente più psicologica.
    Ciao Bolla!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fortunatamente le atmosfere sono mooolto diverse da quelle di un qualsiasi Tales from the Crypt e anche più inquietanti :P

      Elimina
  3. Visto da poco e, benché non mi abbia convinto del tutto (la linearità e la poca originalità mi hanno pesato, ammetto...) ha dalla sua delle chicche niente male.
    E la Essoe è davvero fantastica!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La Essoe è splendida davvero. Sì, la storia è lineare ma è raccontata talmente bene che ci si passa sopra :)

      Elimina

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...