L'omaggio a Bruce Willis prosegue oggi con un film che non avevo mai sentito nemmeno nominare, Vietnam - Verità da dimenticare (In Country), diretto nel 1989 dal regista Norman Jewison e tratto dal romanzo In Country di Bobbie Ann Mason.
Trama: Samantha si è appena diplomata e vive con lo zio, un reduce di guerra traumatizzato. Un giorno, in casa dello zio, Samantha trova le lettere di suo padre, morto in Vietnam prima che lei nascesse...
Quando ho scorso la filmografia di Bruce Willis e ho visto quale film avrei dovuto guardare dopo Trappola di cristallo, mi sono venuti i sudori freddi. Una storia strappalacrime sul Vietnam con un Bruce Willis conciato come uno scappato di casa, la bellezza epica già nascosta sotto capello lungo e svunzo unito al baffo importante, il mio cuore non avrebbe retto. Spinta da mero dovere di completezza, ho lasciato qualche soldino a Chili (l'unico servizio streaming italiano che avesse il film in catalogo) e mi sono disposta, una sera in cui Mirco era a fare prove, alla visione. Onestamente, sono rimasta stupita. Vietnam - Verità da dimenticare non è un capolavoro, sfido chiunque a sostenere il contrario, eppure è un film che scorre bene e, in qualche modo, avvince grazie al modo in cui la sceneggiatura arriva a spingere lo spettatore a voler bene alla giovane protagonista Samantha, normalissima ragazza fresca di diploma che, nel corso del film, si ritrova a cercare le proprie radici e, in esse, tenta di affrontare il futuro. Samantha vive con lo zio Emmett "in country", come da titolo originale, mentre la madre si è risposata ed è andata a vivere in città con un altro uomo, da cui ha avuto un figlio; la vita di Samantha è dunque quella di una giovane ragazza con un piede ancora nell'infanzia e l'altro nelle incertezze dell'età adulta, il cui unico punto fermo è un uomo che ha deciso invece di non vivere. Lo zio Emmett, col quale Samantha condivide la casa, è un reduce del Vietnam, si è portato a casa la guerra e non riesce a dimenticarne l'orrore né ad essere felice di essere sopravvissuto. Le sue giornate scorrono nell'indolenza e nell'apatia, con lo spettro del conflitto sempre pronto ad apparire nei momenti di stress, ed è anche per riuscire a capirlo e sostenerlo che Samantha, una volta trovate per caso le lettere del padre morto in Vietnam, decide di scoprire tutto ciò che può su quali esperienze abbiano segnato le vite dei suoi cari costretti ad andare in guerra.
Di base, Vietnam - Verità da dimenticare, è una "raccolta" di tante piccole microvicende che coinvolgono Samantha e influenzano il suo percorso di crescita, bloccato tra il desiderio di scappare dalla piccola cittadina di campagna e quello di mantenere uno status quo, senza abbandonare le persone e i luoghi che l'hanno vista crescere. Su tutto ciò aleggia l'ombra del Vietnam e tuttavia, nonostante quello che promette il titolo italiano, anche troppo sensazionalista, lo scopo del film non è quello di scavare nel torbido del conflitto, quanto piuttosto raccontare una generazione "persa", divisa tra chi vuole dimenticare l'orrore e il dolore, chi vorrebbe ricordare ma tenerselo per sé e chi vorrebbe mantenere viva la memoria; nonostante il gap temporale brevissimo che separa gli anni '80 da quelli del conflitto (che ha visto il pesante coinvolgimento degli Stati Uniti a partire dalla seconda metà degli anni '60), la natura vergognosa ed inutile delle operazioni in Vietnam erano tali che la maggior parte della gente ha preferito risparmiare ai giovani e giovanissimi la conoscenza, col risultato di renderle quasi più distanti e sconosciute della Seconda Guerra Mondiale. E' solo sul finale che l'intensità di un universale sentimento commosso, mantenuto sotteso per tutta la durata del film, esplode e si sfoga, coinvolgendo anche lo spettatore in un'ondata di emotività, non necessariamente catartica, e forse è per questo che Vietnam - Verità da dimenticare tiene desta l'attenzione, anche solo per sapere dove vuole andare a parare. Ciò detto, qui Bruce Willis fa da spalla alla vera protagonista, la simpatica e allegra (ma incapace a correre, povera lei) Samantha, che è il cuore pulsante della vicenda. Il ruolo di Emmett è decisamente lontano da quelli interpretati fino a quel momento da Bruno, eppure, nonostante qualche scivolone "barocco" della sceneggiatura, Willis lo regge bene senza indulgere troppo nel lato più folle del personaggio, bensì abbracciando l'apatia di chi non ha più alcun motivo di vivere ma deve farlo comunque per non mancare di rispetto ai compagni caduti. Il risultato è un'interpretazione dolente e misurata, arricchita da una buona alchimia con Emily Lloyd, che probabilmente sarebbe diventata più memorabile se il film non fosse stato realizzato come una produzione televisiva, senza alcuna peculiarità per quanto riguarda regia, sceneggiatura, colonna sonora, fotografia o attori non protagonisti. Comunque, non è una brutta visione e sono contenta di aver recuperato un'interpretazione di Bruccino che non conoscevo!
Di Bruce Willis (Emmett Smith), Joan Allen (Irene), Stephen Tobolowsky (Pete) e Jim Beaver (Earl Smith) ho già parlato ai rispettivi link.
Emily Lloyd interpreta Samantha Hughes. Inglese, ha partecipato a film come Vorrei che tu fossi qui!, In mezzo scorre il fiume e Benvenuti a Sarajevo. Ha 52 anni.
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RispondiEliminaDovrò recuperare questo film perché il Vietnam è un argomento che mi ha preso fin da bambino. Ne approfitto per fare il precisino rompiscatole: in questo contesto "in country" non significa "in campagna," ma indica il paese estero dove una attività si svolge, ed è una locuzione usata in linguaggio militare ma anche lavorativo. Perciò, per esempio, se un veterano è stato "in country" per due anni, vuol dire che si è fatto due anni di guerra nel Vietnam.
RispondiEliminaE' una cosa che non sapevo e per questo ti ringrazio, mi fa sempre piacere imparare qualcosa di nuovo sulle lingue!
EliminaSiccome sto andando in ordine cronologico, vorrei riuscire a parlare di tutti. Questo è stata una scoperta abbastanza interessante, non me lo aspettavo!
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