Trama: Ben è un ex poliziotto che cerca di scrollarsi di dosso gli incubi di un incidente sul lavoro e del conseguente alcolismo accettando il posto di custode notturno in un lussuoso grande magazzino andato quasi distrutto in un incendio. Già dalla prima sera capisce che negli enormi specchi rimasti nell’edificio si nasconde qualcosa di non troppo simpatico, una maledizione che riesce a diffondersi anche sulle superfici riflettenti di tutta la città e comincia a perseguitare Ben e la sua famiglia…
L’inizio di Mirrors è devastante: un uomo che cerca di scappare nei bui cunicoli di quella che sembra una metropolitana e viene ucciso in un modo decisamente inaspettato, a causa di “qualcosa” che si annida negli specchi. Diamine, CHI non ha uno specchio in casa? Questo è l’assunto di una pellicola che, date le premesse, prometteva horror e paura a palate, e che per almeno una quarantina di minuti mantiene le promesse, regalando allo spettatore una morte talmente splatter da fare invidia ai numeri più beceri di Dylan Dog e da farmi pensare di coprire la finestra che rifletteva la mia immagine poco distante (non si sa mai che anche ai miei specchi potessero venire deliri di onnipotenza…). Il terrore si propaga di specchio in specchio, ma non solo: qualsiasi superficie riflettente diventa “nemica”, mostra echi di un passato da incubo, fa da porta per un’altra dimensione ed è potenzialmente onnipotente perché se la mia immagine riflessa decide di fracassarsi la testa contro un muro, a quanto si comprende dalle prime immagini la mia testa dovrebbe aprirsi come un melone. Un’idea surreale, terribile se si pensa quanto di ciò che ci circonda riflette le nostre immagini, persino l’acqua… insomma se il film fosse vero saremmo tutti del gatto!
E invece, forse perché l’onnipotenza degli specchi sarebbe stata “troppa” e i protagonisti non avrebbero avuto nessuna chance, andando avanti il film si contraddice, arriva qualche salvataggio in extremis… E il tono della pellicola cambia. Gli specchi cominciano a fare da contorno ad una storia troppo simile all’Esorcista e a quella di Emily Rose, dove una schizofrenia che rasenta la possessione demoniaca viene “curata” infilando la malcapitata in una stanza piena di specchi che imprigionano il demone interiore, o la pazzia, non viene mai spiegato benissimo (forse perché neppure lo sceneggiatore sapeva scegliere) in una dimensione “altra”, a sti punti direi quella dell’es freudiano. E poi a questo delirio pseudopsicanalitico si aggiunge il concetto dello specchio come zona di passaggio per e dall’aldilà, raccoglitore di anime prave che vanno a rafforzare quella del demone principale, e poi credo anche negozio di alimentari, visto che ci stiamo infilando di tutto e di più. Troppa fuffa che appesantisce il film rendendolo più ridicolo del necessario, e che ci regala un becero finale a base di zanne ed artigli, salvato solo in extremis da una scena triste e commovente.
Bisogna dire che Alexandre Aja ci mette tutto il suo entusiasmo, la resa registica del tutto è meravigliosa, a partire dai titoli di testa, assai simili ad un caleidoscopio, per non parlare poi della stanza piena di specchi, della grandiosità di un appartamento pieno di cascatelle d’acqua, della tensione palpabile che si respira in ogni anfratto delle rovine del centro commerciale, colmo di manichini, bambole bruciate e visioni delle vittime arse vive nell’incendio. Gli effetti speciali ed il trucco sono ovviamente superiori alla media, si pensi solo all’orrendo omicidio/suicidio della ragazza nella vasca da bagno ed anche la resa finale del mostro, sebbene non c’entri a mio avviso nulla col resto del film. Mi spiace dirlo ma il buon Kiefer Sutherland non riesce ad elevarsi, penalizzato anche dal solito, banale ruolo del poliziotto alcolizzato al limite della follia.. ed anche il resto degli attori è leggermente sottotono, tranne il meraviglioso vecchio custode che in originale ha un accento italiano da manuale. Insomma, un buon film, ma deludente nonostante tutto. Pensavo di dare una chance all’originale coreano Geoul Sokeuro (2003) di Sung Ho – Kim ma qualcuno mi ha detto sia insopportabilmente terrificante… e qualcun altro mi ha detto insopportabilmente noioso. Aiuto. Meglio evitare, vah!
Alexandre Aja (vero nome: Alexandre Jouan Arcady) è il regista della pellicola. Francese, ha cominciato col botto, imponendosi sul mercato internazionale con l’ormai superato (da tanti altri horror francesi molto più bastardi) pugno nello stomaco Alta Tensione, e specializzandosi poi in remake, come il pregevole Le colline hanno occhi. Ha 31 anni e un film in uscita, quel Pirana 3D che attendo già con una gocciolina di bava alla bocca.
Di Kiefer Sutherland ho già parlato qui.
Paula Patton interpreta la moglie, Amy. L’attrice californiana ha cominciato a lavorare solo da qualche anno, tra i suoi film ricordo Hitch e Deja Vu. Ha 34 anni e un film in uscita.
Amy Smart interpreta la sorella di Ben, Angela. La bionda attrice californiana, seppur giovane, si è data parecchio da fare, e tra i suoi film rammento Starship Troopers, Road Trip, Rat Race, The Butterfly Effect, Starsky & Hutch. Per la tv ha partecipato a Scrubs e ha doppiato alcuni episodi di Robot Chicken tra cui il secondo special su Guerre Stellari. Ha 33 anni.
E ora vi lascio col trailer di Into The Mirror, ovvero Geoul Sokeuro. A dispetto delle “voci” a me pare inquietantissimo… ma ho capito che spesso l’apparenza inganna. ENJOY!
Film che non ho visto, se non per il trailer che mandarono a suo tempo al cinema...
RispondiEliminaMi rendo conto sempre più di quanti siano i film horror orientali rifatti dagli occidentali, dal mio punto di vista peggiorandoli spesso e volentieri.
Risultano lavori più sofisticati, certo (immagino anche budget migliori, chissà o.ò), ma si perde molto di quell'atmosfera perfetta in cui si calano maledizioni, spiriti e affini.
Sarà la passione per i manga che mi devia, ma queste sono cose in cui vedo l'Oriente più ferrato, gh.