venerdì 17 gennaio 2020

Piccole donne (2019)

Potevo perdermi un adattamento degli adorati romanzi di Louisa May Alcott? Assolutamente no! Così, martedì sono andata a vedere Piccole Donne (Little Women), diretto e sceneggiato dalla regista Greta Gerwig e candidato a sei premi Oscar: Miglior Film, Miglior Attrice Protagonista (Saoirse Ronan), Miglior Attrice Non Protagonista (Florence Pugh), Miglior Sceneggiatura Non Originale, Migliori Costumi e Miglior Colonna Sonora.


Trama: Jo March, lontana dalla famiglia e impegnata a farsi una carriera come scrittrice, ricorda i momenti salienti della sua adolescenza con le sorelle Meg, Beth e Amy e con l'amico Laurie.


Perdonatemi se comincio con una citazione vile: "Una per tutte, tutte per una, vieni anche tu e saremo una in più". L'una in più è l'adorabile Greta Gerwig, pronta ad aggiungere alle mille incarnazioni delle Piccole donne della Alcott la sua visione particolare e moderna, capace di spiccare tra le altre senza snaturare la natura di un'opera amatissima e conosciuta in tutto il mondo. Piccole donne non così piccine, le sue, dotate di una forza d'animo incredibile e della capacità di inseguire i loro sogni all'interno di una società in cui, tra guerre, povertà e maschilismo imperante, è anche troppo facile perderli o convincersi della loro ininfluenza. Sogni, peraltro, che non potrebbero essere più diversi tra loro e che, in buona parte, sono lontani dall'idea romantica che ci si aspetterebbe da una storia ambientata nella metà dell'ottocento, declamati a gran voce nel corso di alcuni dialoghi che contribuiscono a mostrare le eroine della Alcott sotto una nuova luce che potrebbe tranquillamente riassumersi con "money makes the world go round". E così Jo diventa moderna imprenditrice di se stessa, ironica proprietaria di personaggi da piegare consapevolmente alle regole dell'entertainment in un prefinale talmente witty e cinematograficamente teatrale che l'Academy dovrebbe vergognarsi per non aver candidato la Gerwig nella rosa di registi; Amy, la sciocca, frivola Amy, qui diventa l'ultimo baluardo contro la potenziale indigenza della famiglia, riuscendo a conciliare con inaspettato acume amore, sì, ma anche interesse, mettendo da parte i suoi infantili sogni di gloria con una lucidità invidiabile (e che rimarca, tristemente, la condizione della donna a quei tempi); Meg, pur comprendendo le regole del gioco, sceglie di ignorarle per amore, rinunciando a tutto ciò che, nel corso del film, le è stato agitato sotto il naso, divertimenti ed agiatezze in primis; Beth, la piccola, fragile Beth, immola se stessa per amor della famiglia e del prossimo, rimanendo cristallizzata in un eterno ricordo di innocente perfezione che funge da parametro morale per il resto delle sorelle e da costante fonte di ispirazione. Attorno a questi quattro personaggi indimenticabili, una ridda di comprimari altrettanto interessanti, ognuno caratterizzato alla perfezione anche solo grazie a piccoli gesti rivelatori (ciao Marmee, sì, sto parlando di te) e ognuno aspetto di un diverso frammento di realtà sociale con il quale le piccole donne dovranno necessariamente confrontarsi per crescere e maturare, tra piccoli, fondamentali successi e grandi sconfitte.


Greta Gerwig si approccia ai romanzi della Alcott cominciando in medias res, quando Jo è a New York e la famiglia si è già dispersa per il mondo e ricostruisce, a poco a poco, l'unità di un idillio familiare interamente (o quasi) femminile attraverso fondamentali memorie in cui sono gioia ed unità, a prescindere dalle circostanze, a farla da padrone; lo si capisce anche solo dalla fotografia, vivida e colorata, in contrasto con un presente fatto di toni neutri o cupi, soprattutto quando la salute di Beth comincia a scivolare via dalle dita di Jo e tutto sembra farsi incolore (e quanto è bella quell'inquadratura al mare, con la sabbia che viene portata via dalla marea che Jo cerca disperatamente di fermare?), tutto tranne le immagini girate dalla Gerwig, rese ancora più belle da un montaggio intelligente. Quanto al casting, abbiamo scelte di prim'ordine. Tra le personalissime note negative segnerei giusto Emma Watson, dal visetto troppo giovane per il ruolo di moglie e madre, è lì per lì avrei storto il naso anche davanti a Chalamet ma, riflettendoci, l'attore è perfetto per incarnare il ruolo di un Laurie particolarmente debosciato, decadente ed immaturo, tanto adorabile nel suo essere "Teddy" quanto da prendere a schiaffi per mille altre cose. Tutto il mio amore, ovviamente, va a Saoirse Ronan e Florence Pugh (ma c'è da voler bene anche a Laura Dern, alla giovane Eliza Scanlen e sì, anche a Meryl Streep). La Ronan sembra nata per interpretare Jo e il suo viso così particolare e senza età è perfetto sia per dipingere la Josephine ragazza che quella adulta, inoltre il carisma dell'attrice di origini irlandesi è talmente forte da renderla una protagonista naturale; Florence Pugh, dal canto suo, è una Amy particolare, in grado di conciliare sia l'immaturità della ragazzina che vorrebbe il nasino a punta sia la saggezza di una donna più cresciuta, che nelle altre versioni però perdeva tutto il suo fascino per diventare una figuretta incolore (si veda il film del 1994), cosa che qui per fortuna non accade. Sospendo al momento il toto-Oscar. Mi mancano ancora troppe performance femminili e tra quelle che ho visto c'è una bella competizione, per il resto ogni premio sarebbe un po' un affronto e un "premio di consolazione" a fronte della mancata nomination come regista della Gerwig, quindi spero almeno nei costumi, davvero fantasiosi e belli. Detto questo, chissenefrega dell'Academy e correte a vedere Piccole donne!


Della regista e co-sceneggiatrice Greta Gerwig ho già parlato QUI. Saoirse Ronan (Joe March), Emma Watson (Meg March), Florence Pugh (Amy March), Laura Dern (Marmee March), Timothée Chalamet (Theodore "Laurie" Laurence), Tracy Letts (Mr. Dashwood), Bob Odenkirk (Papà March), Louis Garrel (Friedrich Bhaer), Chris Cooper (Mr. Laurence) e Meryl Streep (Zia March) li trovate invece ai rispettivi link.


Emma Watson ha "ereditato" il ruolo di Meg da Emma Stone, impegnata nelle riprese de La favorita. Del film esistono, come ho scritto nel post, mille versioni: quelle che ricordo con piacere sono Piccole donne del 1994, quello del 1949 e la miniserie della BBC andata in onda nel 2017. Recuperatele tutte e... ENJOY!

16 commenti:

  1. Andrò a vederlo nei prossimi giorni, magari insieme a Jojo Rabbit.
    PS. Temo che Emma Watson sia sempre e comunque fuori parte XD

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    1. Questo non è vero. Al di là della qualità dei film, trovo fosse valida sia in La Bella e la Bestia che The Circle.

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    2. Per me, pensa, è la cosa peggiore di entrambi. Per non parlare di Regression. La trovo una bella persona, molto impegnata, ma un'attrice terribile.

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    3. A me era piaciuta anche in Regression XD
      Qui però non è questione di capacità attoriali ma proprio di visi. Non so, non ce la vedo come Meg.

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  2. Vinci mille punti solo per la citazione alla sigla del cartone animato ( che adoravo).
    In questi giorni nella collezione Vault è uscito anche il tomone con tutti e quattro i romanzi della Alcott dedicati a questa "allegra" famigliola.
    Il film vorrei vederlo, ma non al cinema.
    Lo aspetterò al varco tra qualche tempo.

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    1. L'ho visto. E' un tomo splendido, che vorrei tanto, peccato il suo essere enorme mal si concili con la mia mancanza di spazio ç_ç

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  3. Dovevo vederlo stasera ma dato che non sto bene...eccomi qui a commentare la tua recensione. Francamente stavolta non mi attira molto questa versione, e solo l'amore immenso per questlo libro mi spinge a vdere comunque il film. Vedremo!

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  4. Emma Watson mal si sopporta anche da queste parti. Comunque sul film ho molta curiosità essendo di Greta Gerwig, però mi sembra, ma lo dico del tutto aprioristicamente, un salto nel mainstream che non so se sono pronta ad accettare da parte sua.

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    1. Piccole donne è tutto meno che mainstream, a mio avviso. La personalità della Gerwig si sente eccome!

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  5. Io mi stavo per abbioccare in sala... 😅

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  6. Che dire di "Piccole Donne". Il primo film di quest'anno al cinema e se il buongiorno si vede dal mattino, questo 2020 promette faville. Reduce anche da "1917" (altro gran titolo, ma a mio avviso inferiore a questo), ammetto che questo periodo pre-oscar si preannuncia di assoluto livello. La cosa che più mi ha stupito è il balzo in avanti che la Gerwing ha compiuto come regista e sceneggiatrice. Un film delizioso che non mi spiego come non sia in concorso come "Miglior Regia", al netto di alcuni problemi nella gestione de campo-controcampo con sciapre che a volte solo chiuse attorno al collo altre no e inezie del genere (ma se le perdoniamo a Scorsese le perdoniamo pure a lei), io davvero sono stupito come un film talmente ben diretto e coraggioso nell'adattare un romanzo che conoscono tutti possa essere rimasto fuori dai radar dell'academy. Mistero per me.

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    1. Non è un mistero solo per te, è un mistero per tutti. Dopo il pretenziosetto Lady Bird, che aveva conquistato l'Academy, che questo sia rimasto al palo "solo" perché adattamento di una storia già raccontata mille volte è un po' triste.

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