E' arrivato finalmente al cinema anche Empire of Light, diretto e sceneggiato dal regista Sam Mendes e candidato a un Oscar per la Fotografia.
Trama: in una cittadina balneare inglese di inizio anni '80 si intrecciano i destini dei dipendenti del cinema Empire, tra amori, amicizie, malattie e terribili cambiamenti sociali...
Aspettavo di vedere Empire of Light da quando ho dovuto saltare il TFF di quest'anno, dov'è stato proiettato in anteprima. Purtroppo, ho dovuto accontentarmi di un'occasione molto meno magica, ma l'importante, prima o poi, è riuscire, anche se questa volta Mendes non mi ha conquistata come avrei voluto. Empire of Light racconta la storia di Hilary, dipendente di un enorme cinema (in buona parte in disuso) in una cittadina balneare inglese che, più che vivere, sopravvive soverchiata dalla monotonia di un'esistenza fatta solo di lavoro, solitudine intervallata da insoddisfacenti rapporti sessuali col boss e visite mediche. La vita di Hilary prende una svolta inattesa quando il giovane Stephen, ragazzo di colore che non riesce ad entrare al college, viene assunto al cinema Empire; tra i due nasce un'attrazione reciproca che sfocia in una relazione clandestina, resa difficile non solo dal clima razziale sempre più teso all'interno dell'Inghilterra thatcheriana, ma anche dall'enorme segreto che nasconde Hilary, una donna più fragile di quanto sembri. La fragilità di Hilary viene rispecchiata dalla natura decadente dell'Empire, un rifugio per anime solitarie che diventa una sorta di micromondo per i dipendenti che ci lavorano, il baluardo non solo di tempi più felici e gloriosi, ma anche un mezzo per fuggire da una realtà deprimente che schiaccia i sogni delle persone in modi più o meno violenti. Hilary, dal canto suo, vive l'Empire come un'oasi di normalità, ma rifiuta di entrare in una sala che ritiene riservata agli spettatori paganti, come se il solo pensiero di sedersi e rilassarsi fosse qualcosa che a lei non sarà mai concesso, l'ennesimo "muro" pronto a separarla dal resto del mondo. Il legame tra Hilary e Stephen, per quanto non facile, serve ad entrambi per guardare oltre le loro paure e i loro limiti, li porta a conoscere realtà appena fuori dalla loro portata, ma nonostante questo la sceneggiatura di Empire of Light è il punto debole di un film che vuole mettere tantissima carne al fuoco e lo fa con un po' di superficialità, come se Mendes fosse semplicemente interessato a spuntare tante tacche di una lista comprendente ciò che va di moda di questi tempi: questioni razziali, emancipazione femminile, omaggi al Cinema, revival anni '80, impastati in un modo che non rende giustizia a nessuno di questi temi.
Fortunatamente, a livello di regia, fotografia e attori non c'è invece nulla di superficiale. Ogni singolo frame di Empire of Light è un piccolo capolavoro, una gioia per gli occhi impreziosita dal gusto per le luci, le ombre e i colori caldi di un Roger Deakins giustamente candidato all'Oscar; il desiderio di poter andare tutti i giorni all'Empire, di poter godere della bellezza delle sue sale in disuso dalle quali si vede l'Oceano, di poter penetrare nel sancta sanctorum di Norman e spiare, non vista, gli spettatori ai quali viene regalata la più grande delle magie, sono riusciti a farmi battere il cuore più della vicenda dei due protagonisti e, sicuramente, alcune delle immagini del film mi rimarranno impresse a lungo. Per quanto riguarda gli attori, la Colman si riconferma un mostro di bravura perfettamente a suo agio nei panni di personaggi complessi, sempre sul filo della depressione ma pronti a mostrare una grinta e una decisione insospettabili, e il giovane Micheal Ward (attore giamaicano che non conoscevo assolutamente) riesce a tenerle testa con un'interpretazione misurata e piacevole; tra i due si crea un'alchimia ottima, nonostante la differenza di età, che rende plausibile ed adorabile una coppia che, sulla carta, rischiava di risultare improbabile. Per quanto mi riguarda, però, nonostante la loro presenza sullo schermo avesse un minutaggio inferiore, il cuore è volato a Toby Jones e Tom Brooke, i due colleghi che chiunque meriterebbe di avere nella vita, riservati ma dolci e sempre pronti a dare ottimi consigli, due personaggi che fanno perdonare qualunque ingenuità a livello di sceneggiatura. Quindi sì, nonostante non mi abbia soddisfatta al 100%, consiglio la visione di Empire of Light, possibilmente al cinema, su uno schermo enorme che renda giustizia allo splendido lavoro di Deakins. Non ve ne pentirete!
Del regista e sceneggiatore Sam Mendes ho già parlato QUI. Olivia Colman (Hilary), Colin Firth (Donald Ellis) e Toby Jones (Norman) li trovate invece ai rispettivi link.
Tom Brooke interpreta Neil. Inglese, lo ricordo per film come I Love Radio Rock, Morto Stalin se ne fa un altro e serie quali Il trono di spade, Sherlock e Preacher. Ha 45 anni.
Credo che scrivere qualcosa di personale forse non aiuta, è questo il caso il caso di Mendes, che come Spielberg prima, Branagh e poi....aiutami tu a ricordarne altri, hanno voluto lasciare una loro testimonianza a discapito forse del mero spettacolo. Ma come si fa a 'giudicare ' un film solo razionalmente quando il messaggio è tanto doloroso?
RispondiEliminaSPOILER
Il regista ha innanzitutto voluto parlare della madre, della sua malattia mentale, il tributo al cinema viene dopo, non è difficile immaginare il perché, ma diverse sono le interviste che il regista ha rilasciato e mi sorge spontanea la domanda: quante vite ha salvato il cinema? Quante solitudini ha alleviato/curato?
Guardare il film in quest'ottica ti fa entrare in sintonia con il personaggio e la storia, altrimenti è facile liquidarlo come un film poco riuscito.
Condivido quanto hai detto, troppa carne al fuoco, è scappata la mano in fase di scrittura.
Mi sono piaciuti gli attori, un po' meno Colin Firth posso dire....ruolo improbabile e un po' macchiettistico, non ho apprezzato.
Bella l'amicizia tra i due protagonisti, parecchie forzature, bisogna essere sinceri.
Cosa ho amato?....la scena della proiezione, tantissimo, perché in qualche modo a me ricordava un'altra scena: al TFF del 2019, il Guest Director è stato Carlo Verdone, ha presentato una rassegna "Cinque grandi emozioni", 5 tra i suoi film preferiti, tra questi c'era 'Oltre il giardino', film che vidi in sala presentato da lui, che è lo stesso che la Colman vede in sala, inutile dirti la commozione provata.
Se estrapolo questo ricordo, se penso che Mendes come altri prima di lui ha lasciato il ❤️, una parte di sé in queste pellicole, allora mi lascio trasportare, partecipo alle loro storie, se devo indossare la veste del critico spesso desueta e impolverata, allora mi limito a dire che il film non è perfetto, ma forse non era nelle intenzioni del regista.
Il film al di là del racconto l'ho trovato sincero, Mendes non usa sovrastrutture, non si nasconde dietro alle metafore , è stato un percorso doloroso perché si è messo a nudo raccontando una storia privata. Io l'ho visto al TFF a novembre, anzi ho prolungato la mia vacanza di un giorno per non perderlo, non ho visto un capolavoro, ma bene così.
C'è anche Anderson con Licorice Pizza, e secondo me questo Empire of Light è un film più riuscito.
EliminaA parte questo, grazie mille per l'interessantissimo commento! Per quanto riguarda il personaggio di Hilary, nonostante l'abbondanza di temi (e nonostante non sapessi che era ispirata alla madre del regista, a dimostrazione di quanto non abbia tempo di documentarmi su nulla) si vede che Mendes l'ha tratteggiata con grazia e sensibilità, senza renderla una figura né patetica né melodrammatica, e ora capisco perché.
A parte tutti i difetti del film, comunque, a me è piaciuto, in alcuni momenti mi sono emozionata anche io, e sono contenta di averlo visto, anche se non come avrei voluto, ché l'anno scorso tra alberghi cancellati e treni che facevano il giro d'Italia per percorrere pochi chilometri, è stato impossibile partecipare al TFF!