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venerdì 18 febbraio 2022

King Richard (2021)

Speravo di non doverlo guardare, invece King Richard, diretto nel 2021 dal regista Reinaldo Marcus Green, si è beccato ben 6 candidature all'Oscar (Will Smith Miglior Attore Protagonista, Miglior Film, Aunjanue Ellis Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Montaggio, Miglior Sceneggiatura Originale e Miglior Canzone) e non ho potuto esimermi.


Trama: Richard Williams ha un "piano", ovvero quello di fare diventare le figlie Venus e Serena le migliori tenniste del mondo, e lo persegue con inaudita testardaggine...


Sarebbe meglio iniziare il post con una precisazione: lo "speravo di non doverlo guardare" scritto all'inizio deriva dal mio ormai consolidato e noto fastidio per Will Smith e per i film a tema sportivo. Per quanto riguarda i film, il fastidio nasce dalla mia atavica pigrizia, mentre Will Smith mi è sempre stato sulle balle a pelle fin dagli anni '90 in quanto non l'ho mai considerato un grande attore (no, non ho mai guardato Alì. No, non ho voglia di farlo, immagino che lì sia bravissimo, vi credo sulla fiducia!) e non ho mai apprezzato la sua aria tronfia da, per l'appunto, Principe di Bel Air. Quando ho visto il suo nome nella rosa dei candidati ho alzato gli occhi al soffitto e, mi spiace dirlo, ma dopo la visione di King Richard mi si sono direttamente ribaltati nelle orbite, in quanto la sua interpretazione è sì perfetta, ma solo perché a Richard Williams verrebbe voglia di dare schiaffi in eterno. Anzi, vi dirò di più. Durante la visione ho spesso pensato che il ruolo sia andato a Smith e non a Denzel Washington solo perché il primo è anche produttore del film, visto che Richard Williams ha la stessa identica simpatia del protagonista di Barriere, che aveva fruttato a Denzel la sua settima nomination. In virtù di ciò, non ritengo che l'interpretazione di Smith sia eccezionale come la dipingono in molti: Richard Williams, nonostante la storia gli abbia poi dato ragione, è qui dipinto fondamentalmente come un tronfio testa di pazzo che non accetta né ritardi né imprevisti che possano interrompere il suo "piano" di dare vita a due numeri uno del tennis mondiale e se la candidatura a Smith è stata data in virtù di quei due momenti in cui il personaggio si dimostra fragile e insicuro dopo un intero film passato a muso duro con sporadici sorrisetti sprezzanti, allora alzo le mani. E' tuttavia innegabile che Richard William sia un personaggio molto interessante e sfaccettato e che la storia di Serena e Venus, colma di potenziale ispirazione com'è, meriti di essere raccontata e conosciuta. 


King Richard
non ha fatto breccia nel mio fastidio per Will Smith ma sicuramente ha superato con agio le barricate erte contro i film a tema sportivo, coinvolgendomi con la storia vera di due ragazze che rischiavano di avere un destino già segnato nei peggiori ambienti di Compton e che invece, grazie alla dedizione e alla perseveranza dei genitori, sono riuscite ad assurgere a icone sportive e simboli di speranza per tutti i ragazzi come loro (e non solo Serena e Venus, ma tutte le figlie di Oracene Williams hanno avuto carriere interessanti). La sceneggiatura del "novellino" Zach Baylin è un perfetto condensato di tutto ciò che può coinvolgere lo spettatore e alterna in maniera abbastanza equilibrata ascese ed inevitabili cadute delle due atlete e dei piani di papà Richard, tratteggiando con poche pennellate la natura pericolosa del quartiere dove vivono e si allenano i Williams, nonché la perplessità suscitata sia nei bianchi che nei neri dalla "strana" famiglia, e nonostante metta forse troppa carne al fuoco riesce in qualche modo ad approfondire perlomeno i personaggi principali e, soprattutto, a trasmettere il fuoco della competizione durante i concitati match che vedono Venus protagonista. Tutto considerato, se si aggiungono anche le pregevoli interpretazioni di Aunjanue Ellis, Saniyya Sidney e Jon Bernthal (quest'ultimo dotato di una capigliatura sì inguardabile, ma mai quanto quella del vero Rick Macci!), King Richard è un film gradevolissimo, che merita di venire visto e che sicuramente scalda il cuore più del 90% dei biopic in gara quest'anno (ma non supera, a mio avviso, Tick Tick Boom!, molto più emozionante), basta solo tenere a mente che non si tratta di un capolavoro e che la marea di nomination e premi che gli sono piovuti addosso la dice lunga sulla qualità generale del Cinema in questi tempi coviddati o sui gusti della critica che conta.


Di Will Smith (Richard Williams), Jon Bernthal (Rick Macci), Tony Goldwyn (Paul Cohen), Brad Greenquist (Bud Collins) e Dylan McDermott (George Macarthur) ho già parlato ai rispettivi link. 

Reinaldo Marcus Green è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Monsters and Men. E' anche produttore, sceneggiatore e attore. 


Aunjanue Ellis
interpreta Oracene "Brandy" Williams. Americana, ha partecipato a film come The Help, Se la strada potesse parlare e a serie quali Numb3rs, True Blood e Lovecraft Country. Anche produttrice, ha 53 anni. 



venerdì 31 maggio 2019

Cimitero vivente (1989)

Approfittando di un graditissimo regalo di compleanno ho rivisto in questi giorni Cimitero vivente (Pet Sematary), diretto nel 1989 dalla regista Mary Lambert e tratto dal romanzo Pet Sematary di Stephen King. Sarà un post lungo e sconclusionato.


Trama: il medico Louis Creed, da poco trasferitosi con la sua famiglia in una cittadina del Maine, viene a conoscenza dei poteri di resurrezione di un terreno indiano poco distante dalla nuova casa il giorno in cui muore l'adorato gatto della figlia.



Ho procrastinato, lo ammetto. Avevo intenzione di guardare Cimitero vivente subito dopo Pet Sematary e poi non ce l'ho fatta. Giusto la settimana scorsa la mia famiglia ha subito un terribile lutto e francamente non me la sentivo di immergermi nell'atmosfera cupa e mortifera di quello che ritengo uno dei più begli adattamenti Kinghiani. Ovviamente, avevo ragione a non sentirmela, perché Cimitero vivente gioca sporco, più del suo cugino del 2019, ed entra nel cuore dello spettatore in un modo che l'80% degli horror si può solo sognare. E pensare che la sceneggiatura l'ha scritta Stephen King in persona e sappiamo tutti quanto lo zio Steve, nonostante sia uno degli scrittori migliori di sempre, sia un cane per quanto riguarda gli adattamenti cinematografici delle sue stesse storie; stavolta, nonostante qualche passo falso (Pascow "fantasma buono", poi ci torno), King non sbaglia un colpo e ci strappa il cuore dal petto sbattendoci in faccia il dramma ineluttabile della famiglia Creed partendo in primis dalla costruzione dei personaggi e dei legami che intercorrono tra loro. Di Pet Sematary lamentavo l'utilizzo improprio di Jud Crandall, quel suo essere amico di famiglia "perché sì", mentre qui il "perché sì" non esiste e nonostante il metraggio breve della pellicola si ha tutto il tempo di indagare a fondo nell'animo dei protagonisti. Il rapporto di amicizia tra Jud e Louis viene creato e reso plausibile anche senza la presenza della moglie di Jud (salvata, nel romanzo, proprio da Louis) e in questo modo risultano verosimili non solo l'offerta di seppellire Church nel cimitero indiano ma anche il dolore causato dal tradimento, per quanto fomentato da forze superiori, assieme al fondato terrore di aver provocato la morte di un bambino e distrutto così la propria "nuova" famiglia, fatta di figli e nipotini acquisiti. Assistiamo inoltre a scene di una vita familiare "sana", colma d'amore ma ben lontana dall'essere idillica in quanto percorsa naturalmente, senza il bisogno di ricorrere a visioni di sorelle morte male, da una vena di disagio e risentimento, con quel padre che sente il bisogno di consolare la figlia piangente senza proteggerla dalla realtà e la madre che invece deve sempre rassicurarla che tutto andrà per il meglio, mentendole a più riprese anche per cose "banali" come la salute del gatto. Tra una colazione, una dissertazione sulla morte e una confessione, arriviamo a volere molto bene a tutti i membri della famiglia Creed (sì, anche a Rachel ed Ellie, due pittime rompiscatole) ed è per quello che ci sentiamo male quando la tragedia li colpisce con forza.


La morte di Cage è una delle scene più devastanti presenti in un horror e non tanto per l'incidente in sé (anche se quella scarpina sull'asfalto è angosciante) quanto per la tensione che monta dal momento in cui viene mostrato il camion della Orinco partire dal deposito, per la riproposta dell'incidente evitato per un soffio a inizio film, per l'idea che a morire sia quell'adorabile piccino biondo che fino a quel momento è stato ripreso in tutta la sua tenera vivacità di frugolo di due/tre anni, attorniato dalle attenzioni di un padre amorevole e di una madre terrorizzata dall'idea stessa della morte. La fine di Gage OFFENDE, letteralmente, lo spettatore, lo colpisce per il suo realismo estremo, reiterato nel corso di un funerale dove le reazioni dei coinvolti potrebbero sembrare esagerate ma personalmente ho ancora fresco il ricordo di familiari piangenti, urlanti e lo stesso incapaci di mettere da parte le divergenze in momenti dolorosi, come se rancore e morte dovessero per forza andare a braccetto; il pianto disperato di Rachel, in cerca del conforto della madre mentre marito e padre si prendono a pugni, mi ha sconfitta e portata a mettere il blu-ray in pausa per una decina di minuti, consapevole del fatto che sì, il resto del film fa molta paura, ma perlomeno non fa male come quanto accorso prima. Per buona parte di Cimitero vivente, quindi, l'elemento horror viene messo da parte in favore di quello più umano, quanto più vicino possibile al nucleo di un romanzo che trovava nella riflessione sulla morte (sulla sua "sana" accettazione, sul desiderio di negarla fino a pervertirla, sulla fragilità di una razionalità sbandierata come un vanto e messa a contrasto della "sciocchezza" della donna paurosa) il suo cuore pulsante.


Però, ovviamente, parliamo sempre di un horror e Cimitero vivente è zeppo di scene che mi hanno terrorizzata da ragazzina e mi danno i brividi ancora oggi. Prendiamo Pascow, per esempio. La sua funzione di Yoda è forse l'errore più sciocco commesso da Stephen King in fase di adattamento, più che sciocco incoerente (Pascow dovrebbe aiutare Rachel a raggiungere Louis prima che l'uomo compia l'insano gesto ma in questo modo accelera la fine della donna, poveraccia. E va bene che alla fine, quando lei dice "Sono convinta che andrà tutto bene", lui risponde "Io no", però allora sei un paraculo, caro Pascow), tuttavia la morte e il ritorno di Pascow sono scioccanti, non solo per il makeup utilizzato ma perché Brad Greenquist è inquietante e magnetico di per sé. E vogliamo parlare di Zelda? Zelda è l'incarnazione di ogni cosa sbagliata, dell'orrore che non solo si nasconde nel buio ma si cela tra i membri della tua stessa famiglia, così da non lasciarti scappare mai più. E' vero, la Zelda di Pet Sematary si muove a scatti rantegosi come Samara e per questo tocca corde di vero terrore, ma la Zelda di trent'anni fa arrivava inaspettata, era un abominio inserito in una storia di reale dolore, l'incubo di una bambina fattosi carne, e quanto è ancora dannatamente efficace non lo so spiegare. Lo stesso vale, ovviamente, per Gage. Povero, bravissimo Miko Hughes, che per anni ho pensato traumatizzato dalla realizzazione di Cimitero vivente. In realtà, santo pulcino, le sequenze più gore sono state girate o utilizzando un pupazzo oppure inserite in seguito mentre lui recitava in un ambiente controllatissimo e tranquillo, quindi immagino che non ne abbia troppo risentito; in compenso, orde di spettatori non dimenticheranno mai la sua faccetta maligna e la vocetta che invita "mommy" e "daddy" a giocare con lui, né la manina prensile che brandisce il maledetto bisturi (oggetto di scene talmente iconiche da venire riproposte, con un twist, anche nel nuovo Pet Sematary), capaci di popolare gli incubi nemmeno si fosse trattato di una bambola assassina. E forse, in alcuni casi, era proprio così. Insomma, sono passati trent'anni ma è come se fosse ieri e Cimitero vivente continua ad essere uno dei miei horror preferiti, anche se più invecchio più alla paura subentra un magone senza fine. Chissà quando avrò il coraggio di rivederlo ancora o di rileggere di nuovo il libro di King, altra fonte di ansia e ipocondria di livello mille.


Della regista Mary Lambert ho già parlato QUI mentre Fred Gwynne, che interpreta Jud Crandall, lo trovate QUA.

Denise Crosby interpreta Rachel Creed. Americana, ha partecipato a film come Sulle orme della Pantera Rosa, 48 ore, Pantera Rosa - Il mistero Clouseau, La bambola che uccide, Jackie Brown, Deep Impact e a serie quali Hunter, Baywatch, X-Files, Dexter, Bones, Prison Break e The Walking Dead. Anche produttrice, ha 62 anni e un film in uscita.


Brad Greenquist interpreta Victor Pascow. Americano, ha partecipato a film come Poliziotti a due zampe, Lost Souls - La profezia, Il diario di Ellen Rimbauer, The Lone Ranger, Annabelle 2: Creation e a serie quali Jarod il camaleonte, Streghe, Nash Bridges, Walker Texas Ranger, Six Feet Under, Alias, CSI: NY, ER - Medici in prima linea, Medium, Heroes, Cold Case, CSI: Miami, Bones e Ringer. Anche produttore, ha 60 anni e due film in uscita.


Miko Hughes interpreta Gage Creed. Americano, lo ricordo per film come Un poliziotto alle elementari, Nightmare - Nuovo incubo, Apollo 13, Spawn, Codice Mercury e Tropic Thunder, inoltre ha partecipato a serie quali Cose dell'altro mondo, Beverly Hills 90210, Melrose Place, La tata, Baywatch, Roswell e Veronica Mars. Anche regista e sceneggiatore, ha 33 anni.


Stephen King, autore anche della sceneggiatura, compare nel ruolo del prete che celebra il funerale di Missy. Bruce Campbell era la prima scelta per il ruolo di Louis Creed, finito chissà perché a Dale Midkiff, la cui carriera non è mai davvero decollata, né prima né dopo il film; George Romero avrebbe dovuto invece dirigere la pellicola ma, visti i ritardi in fase di produzione, ha abbandonato il progetto per dedicarsi a Monkey Shines - Esperimento nel terrore mentre Tom Savini ha direttamente rifiutato l'offerta. E' infine di Jonathan Brandis, futuro Bill della miniserie It, una delle voci di bambini che si sentono all'inizio, intenti a leggere i necrologi dei loro animaletti. Detto questo, se Cimitero vivente vi fosse piaciuto, recuperate il recentissimo remake, devastatevi la psiche col seque, Cimitero vivente 2, e non mancate di leggere il romanzo di King. ENJOY!


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