Pur essendo candidato come miglior film straniero, è uscito in ritardo rispetto alla serata degli Academy Awards, ma sono comunque andata al cinema a vedere La sala professori (Das Lehrerzimmer), diretto e co-sceneggiato nel 2023 dal regista Ilker Çatak.
Trama: dopo una serie di furti avvenuti all'interno della scuola in cui lavora, la giovane insegnante Carla decide di indagare a modo suo, dando il via ad una serie di eventi sempre più stressanti...
Sono andata a vedere La sala professori con, appunto, un professore. Alla fine del film, abbastanza demoralizzato dalla visione, mi ha confermato che, da anni, la scuola è l'inferno che viene rappresentato all'interno della pellicola e che porre rimedio alla situazione è praticamente impossibile. Nel film, tutto nasce da una serie di furti per i quali viene sospettato un bambino figlio di immigrati turchi. Nonostante il sospetto non venga mai formalizzato in un'accusa vera e propria, la vicenda apre una crepa all'interno del delicatissimo ingranaggio che regola i rapporti tra insegnanti, allievi e genitori. La giovane professoressa Carla (alla sua prima esperienza o quasi), onde trovare in modo incontrovertibile il colpevole e sanare così la crepa, decide di ricorrere a un metodo di "indagine" poco ortodosso e, così facendo, scatena una serie di eventi deflagranti che trasformerà un clima di inquieto fastidio, tutto sommato sopportabile, in un delirio di recriminazioni ansiose e vite rovinate. Per parlare dell'intelligenza e della verosimiglianza della sceneggiatura de La sala professori, mi tocca prendere in prestito le parole dell'amico Toto: "la scuola è diventata un'azienda". Ilker Çatak e Johannes Duncker descrivono alla perfezione un'ambiente trasformatosi da "tempio del sapere" in un'azienda di servizi gestita da un dirigente scolastico deciso ad accontentare il cliente che ha sempre ragione, ovvero gli studenti presi nel complesso e, soprattutto, i genitori. I docenti si sono trasformati, nel tempo, in dipendenti costretti a mettere burocrazia e beghe legali davanti all'insegnamento, ad assumersi anche il ruolo di psicologo/psichiatra/assistente sociale senza averne le competenze e, soprattutto, senza essere troppo invasivi nell'esercizio di queste funzioni, perché le prime cose da tutelare non sono gli alunni in quanto individui, ma la scuola nella sua totalità, soggetta alla spada di Damocle di azioni legali ecc, quindi i problemi vanno risolti nel modo più rapido possibile. I bisogni dei singoli alunni vengono quindi sacrificati in primis al funzionamento dell'azienda, il dirigente scolastico (che sia competente oppure no) si fa portatore dell'unico verbo accettabile e gli insegnanti, privi di qualsivoglia tutela, devono sopravvivere in due modi: o fregandosene di tutto assimilandosi ad automi privi di passione, oppure cercare di proteggersi a scapito degli studenti. Persone entusiaste e sensibili come Carla fanno una brutta fine, perché se è vero che i ragazzi sono portati, naturalmente, a vedere l'insegnante come "nemico" asservito all'autorità, succede anche che i colleghi si mettano a fare muro e, ancor peggio, che i genitori partano dal presupposto che i loro "piccoli angeli" siano sempre e comunque maltrattati.
Questo microcosmo angosciante viene reso sullo schermo con il ritmo di un thriller in grado di inchiodare lo spettatore alla poltrona. La sceneggiatura, granitica e priva di sbavature (salvo sul finale, che probabilmente voleva essere una di quelle conclusioni a effetto un po' "artistiche"e che, in realtà, lascia un po' a bocca asciutta, forse perché una vera risoluzione dei problemi della scuola non c'è e non ci sarà mai), è un campo minato di azioni, parole e atteggiamenti dettati dal buon senso che si scontrano col dominio assoluto della burocrazia e della diffidenza. Quest'ultima si concentra sugli sguardi, su ciò che gli occhi colgono o su quello che accade dietro a porte socchiuse o in stanze vuote; da un certo punto in poi, c'è addirittura un accumulo di sguardi, quando tutti gli occhi della scuola sembrano puntati su Carla, pronti a cogliere ogni suo errore, a sottolinearne l'inadeguatezza, e ci sono ben pochi rifugi in un edificio scolastico che, nonostante la quantità di finestre e l'architettura molto ariosa, sembra chiudersi sulla protagonista intrappolandola. Leonie Benesch, dal canto suo, è fantastica. Il suo personaggio compie un'involuzione che la porta dall'essere una fresca insegnante sicura di sé e dai metodi carinissimi (il ritmico battimani iniziale, che diventerà anch'esso fonte di biasimo, è delizioso e rappresenta perfettamente la personalità pratica e sicura di Carla, nonché il suo amore per i ragazzi) a una donna spaventata ed arrabbiata, piena di ansia eppure ancora convinta che i ragazzi possano e debbano essere compresi ed educati, come dimostra l'espressione risoluta sul finale. Sia che siate insegnanti, genitori, studenti un po' più grandini o persone che nulla più hanno a che fare con la scuola, La sala professori è un film che dovreste guardare, innanzitutto per aprire gli occhi su una realtà ancora vittima di pregiudizi e false convinzioni, e poi per riflettere sul fatto che ciò che accade a scuola è la versione in piccolo di un disagio sociale che minaccia di abbruttire tutti noi.
Ilker Çatak è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Tedesco, ha diretto film come I Was, I Am, I Will Be. Anche produttore e attore, ha 40 anni.
Sono un vecchiaccio e ho conosciuto la scuola "vecchio stile." Non so fare il paragone, ma mi par proprio che oggi stia tutto degenerando in un gran casino. Però la scuola che ho conosciuto io... l'ho odiata profondamente. Non me la sento di pregare per ritorni al passato, ma allora... in che direzione dovrebbe andare?
RispondiEliminaIo a scuola non mi sono trovata male. Avrei voluto le possibilità che hanno gli studenti oggi, certo, a livello di tecnologie. Ma credo che i nostri programmi fossero più completi.
EliminaSono insegnante da tre anni e confermo tutto quanto: quello che dici del film, quello che dici della scuola e quello che il film dice della scuola. I docenti, per fare il loro lavoro (che molto banalmente è insegnare), oggi non lo fanno grazie alla scuola, ma nonostante la scuola. E' una situazione paradossale, un meccanismo rotto che spero prima o poi qualcuno riesca a sbloccare.
RispondiEliminaE' davvero una tragedia e vi ammiro tantissimo perché riuscite, nonostante tutto, a fare questo lavoro.
EliminaNella cinquina degli Oscar era di sicuro il titolo a sorpresa e probabilmente il minore fra i candidati, però ha saputo tenermi tesa e coinvolta nella vicenda in cui era difficile capire da che parte stare, come uscirne in modo pulito.
RispondiEliminaCapisco com'è che è arrivato a convincere i giurati e li ringrazio per avergli dato quella luce che non avrebbe mai avuto senza le statuette.
A me ha coinvolto come neanche un thriller. Veramente una bellissima sorpresa.
EliminaLa mia compagna fa la maestra ed è stata lei a informarmi dell'esistenza di questo film. Ho aspettative decisamente alte, contando pure gli aneddoti che mi riporta quotidianamente... 😅
RispondiEliminaCredo che per un'insegnante sia l'equivalente di un horror. Veniva angoscia a me, figuriamoci a loro.
EliminaVisto poco fa.
EliminaÈ stato più angosciante di molti horror visti di recente. Piaciuto un botto... ma non lo rivedrei a breve, ecco 😅
Te lo dicevo che era tremendo da sopportare. Ti capisco, non lo riguarderei a breve nemmeno io, meglio gli horror, sono più tranquilli!!
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