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mercoledì 11 aprile 2018

78/52 (2017)

A marzo la Midnight Factory ha fatto uscire l'interessante documentario 78/52, diretto e sceneggiato nel 2017 dal regista Alexandre O. Philippe e imperniato sulla scena della doccia di Psyco.


In undici anni di blog questo è il primo post su un documentario che scrivo. I motivi sono molteplici e il primo è che non amo molto il genere. Detto molto banalmente e in maniera ignorante, "i documentari mi annoiano" ma la verità è che non ne avevo mai guardato uno che trattasse un argomento capace di colpirmi davvero. 78/52 invece mi ha aperto un mondo e mi ha resa ancora più consapevole del mio essere "una non-competente amante di Cinema", priva degli strumenti conoscitivi per fare vera critica e, peggio ancora, per apprezzare appieno un film. Uno potrebbe dare la colpa alla mancanza di tempo, alla natura mordi-e-fuggi della fruizione attuale, con Netflix, il web e tutto il resto, che da parecchi anni mi impediscono di vedere un film più di una volta, anche quelli che ho amato di più, ma in realtà Psyco l'ho guardato parecchie volte eppure solo dopo 78/52 mi sono resa conto della sua perfezione formale, dell'esistenza di 78 inquadrature unite ai 52 stacchi di montaggio della famigerata "scena della doccia", cuore di uno dei capolavori di Hitchcock. E' inutile, il cervello di una persona non addetta ai lavori pensa sempre e solo alla regia, come se un film fosse fatto solo di quello, ma in realtà è il montaggio che da ritmo e profondità a un'opera ed è interessantissimo vedere come le immagini riprese dal regista vengano incollate e risistemate così da creare qualcosa di unico, capace di conferire ulteriore significato a ciò che passa sullo schermo. Ascoltare le testimonianze di vari montatori e vedere analizzare la scena della doccia pezzo per pezzo, fotogramma per fotogramma, lascia con la bocca aperta e spalanca la mente su cosa sia davvero la realizzazione di un film e su tutto il lavoro che comincia dopo le riprese giornaliere, quel lavoro capace di imprimere all'opera un'identità tutta particolare e anche correggere eventuali errori (interessante, in tal senso, la testimonianza di Amy E. Duddleston, alle prese con l'ingrato compito di montare il remake Gusvansantiano di Psyco e di convincere il regista a cambiare la riproposizione anastatica delle sequenze topiche a seguito dell'orrendo risultato finale visibile post-montaggio), rendendo ancor più preziosa una sequenza già iconica di per sé.


Ad accompagnare la rinnovata consapevolezza di essere una capra in campo cinematografico c'è per fortuna anche la gioia di ascoltare interessanti aneddoti relativi non solo alla realizzazione di Psyco ma anche all'impatto di un film simile sul pubblico dell'epoca e al diverso modo di "vivere" il Cinema per addetti ai lavori e non, cosa che sinceramente mi ha strappato più di una lacrima impregnata di rabbia nostalgica (ma chi è ormai che percepisce la Sala Cinematografica come un luogo sacro oltre che l'unico dove gustare al meglio un film? Chi è che riesce ad uscire sconvolto da una visione, la vita completamente cambiata? Chi può ancora venire stupito dalle scelte audaci di un regista, al punto da costringere quest'ultimo a vietare l'ingresso a proiezione già iniziata?). Ci sono le interviste a registi, attori, produttori, critici, compositori, storici grandi e piccoli, ognuno di essi "toccato" dalla magia di Hitchcock e disposto, a modo suo, a condividere con lo spettatore un po' della propria sapienza cercando di trasmettere innanzitutto amore e passione per uno dei capolavori indiscussi del Maestro del Brivido: messi davanti alle immagini di Janet Leigh e della sua terribile fine, persino i più scafati ed esperti non riescono a nascondere una profondissima ammirazione e, sì, anche invidia per una sequenza che ha fatto la storia del Cinema, ispirando molti dei lavori venuti dopo, ma alcuni trovano anche il modo, sempre in maniera rispettosa, di fare le pulci a Hitch, offrendo l'occasione di raccontare altri aneddoti legati ai mille problemi che possono presentarsi davanti a un regista, anche grande come il vecchio Alfred. Conseguenza della visione di 78/52 è quella di ritrovarsi costretti a reprimere la folle voglia di iscriversi a un corso di cinema con le palle e cominciare a spulciare OGNI libro scritto su Psyco, Hitchcock e, in generale, sulla tecnica cinematografica, il che non è male ma causa anche enorme frustrazione a chi, come me, non riesce a ritagliarsi quasi nemmeno le due ore canoniche per guardare un film. Sta a voi decidere se affrontare la depressione da mancanza di tempo oppure continuare ad approcciarvi a Psyco come se aveste davanti una puntata particolarmente ben girata di CSI ed evitare quindi la visione di 78/52. In quest'ultimo caso, non sapete quello che vi perdete!


Alexandre O. Philippe è il regista e sceneggiatore della pellicola. Svizzero, ha diretto documentari come The People vs George Lucas e Doc of the Dead. E' anche produttore e attore.


L'edizione home video della Midnight Factory presenta un paio di extra molto interessanti, come le interviste a Guillermo Del Toro e al montatore Walter Murch, e un simpatico retroscena sulla sequenza dei "meloni" oltre al libretto redatto dalla redazione di Nocturno. Tra le persone intervistate in occasione del documentario ci sono poi i registi di Spring, Justin Benson e Aaron Moorhead, il regista Peter Bogdanovich, Jamie Lee Curtis, Danny Elfman, Bret Easton Ellis, Mick Garris, Karyn Kusama, Neil Marshall, Oz Perkins, Eli Roth, Scott Spiegel, Leigh Whannell ed Elijah Wood. Detto questo, se vi fosse piaciuto 78/52 e non avete ancora recuperato Psyco... cosa aspettate a farlo?? ENJOY!

domenica 15 dicembre 2013

Hitchcock (2012)

Piano piano sto recuperando tutti quei film meritevoli che, nonostante questo, non hanno mai trovato distribuzione dalle mie parti e questa volta è toccato al bellissimo Hitchcock, diretto nel 2012 dal regista Sacha Gervasi e tratto dal libro Alfred Hitchcock and the Making of Psycho di Stephen Rebello.


Trama: dopo Intrigo internazionale, Alfred Hitchcock trova una nuova fonte d'ispirazione nel libro Psycho di Robert Bloch. Osteggiato da produttori e giornalisti, indebitato e totalmente immerso nel lavoro, non si accorge di quanto la moglie Alma si stia allontanando da lui...


Hitchcock è un film interessantissimo e frizzante, sia per gli appassionati di Hitch che per chi vuole gustarsi un'ora e mezza di sano intrattenimento cinematografico, magari imparando qualcosa su uno dei massimi esponenti della settima arte. Mescolando episodi legati alla vita privata del regista, una ricostruzione del making of di Psyco e le inquietanti suggestioni di un Ed Gein negli inediti panni di Grillo Parlante, Hitchcock pone sotto i riflettori una parte assai importante e difficile della carriera del Maestro della Suspance, un momento in cui al successo si accompagnano le inevitabili incertezze, il timore di sbagliare, la paura di diventare mero fenomeno commerciale svilito da un'avventura televisiva di successo, un attimo di crisi derivata dalla vecchiaia e dal desiderio di risvegliare sensazioni sopite alimentandole con la fantasia. Nella pellicola, infatti, Hitchcock comincia a perdere progressivamente il contatto con la realtà com'era accaduto ad Ed Gein e Norman Bates (meravigliosa la scena in cui, davanti a una Vivien Leigh urlante e terrorizzata, sfoga tutta la sua rabbia mostrando alla troupe come girare la famosa sequenza della doccia), terrorizzato dall'idea di venire tradito e abbandonato da tutti, attrici, moglie, pubblico, critici. Un indebolimento mentale che si accompagna ad una debolezza fisica manifestata nella febbre e nella fame compulsiva e che mostra un Hitchcock terribilmente imperfetto e molto più umano dell'ironica e sarcastica "sagoma" che, come spettatori, siamo arrivati a conoscere.


Ed è bello, finalmente, fare anche la conoscenza di Alma, la grande donna dietro un grande uomo e, forse, la vera protagonista del film, interpretata da una grandissima Helen Mirren che più di una volta eclissa il pur bravissimo Anthony Hopkins (truccato così bene che il film è stato candidato all'Oscar per il miglior make-up). Alma è una capacissima donna con tutti gli attributi necessari per sostenere l'ingombrante (in tutti i sensi) marito e, a quanto pare, è anche la mente che ha trasformato una pellicola schifata persino da Hitchcock nello Psyco che tutti noi conosciamo e amiamo; all'interno del film possiamo vedere come la crisi creativa e umana che ha colpito il marito ricada pesantemente anche su Alma, costantemente messa in ombra dalla fama del consorte o dall'insana passione di quest'ultimo per le bionde star dei suoi film. Nel corso della pellicola, Alma cerca di ritrovare una sua indipendenza allontanandosi da Hitchcock e trovando conforto in un Danny Huston sempre più a suo agio nei panni del viscido piacione, ed è buffo e molto commovente vedere come due persone che si conoscono e si aiutano a vicenda da anni arrivino a non capirsi più, ad evitarsi o parlarsi solo tramite feroci punzecchiature reciproche. Alla crisi coniugale corrisponde un terribile momento di empasse nel corso della realizzazione di Psyco e ad un conseguente calo della qualità del lavoro di Hitchcock e il regista Sacha Gervasi è molto bravo a giostrare queste due anime del film senza scadere nel melodramma sentimentale o nel freddo documentario, facendoci così affezionare ai due testardi protagonisti e intrigandoci con i retroscena di un Capolavoro del cinema che, per quanto sia conosciuto, nasconde comunque molti segreti. La presenza di un cast affiatato e valido e l'ironica cornice alla Alfred Hitchcock Presenta, infine, contribuiscono a rendere Hitchcock un gioiellino ancora più prezioso, che vi consiglio di recuperare il prima possibile.


Di Anthony Hopkins (Alfred Hitchcock), Helen Mirren (Alma Reville), Scarlett Johansson (Janet Leigh), Danny Huston (Whitfield Cook), Toni Collette (Peggy Robertson), Jessica Biel (Vera Miles), James D’Arcy (Anthony Perkins) e Kurtwood Smith (Geoffrey Shurlock) ho già parlato ai rispettivi link.

Sacha Gervasi è il regista della pellicola. Inglese, prima di Hitchcock ha diretto solo il documentario Anvil: The Story of Anvil. Anche sceneggiatore e produttore, ha 47 anni. 


Michael Wincott (vero nome Michael Anthony Claudio Wincott) interpreta Ed Gein. Canadese, lo ricordo per film come Talk Radio, Nato il quattro luglio, The Doors, Robin Hood – Principe dei ladri, I tre moschettieri, Il corvo, Dead Man e Alien – La clonazione; inoltre, ha partecipato a serie come Miami Vice. Ha 55 anni e due film in uscita. 


Tra gli altri attori compare anche, nei panni dello sceneggiatore Joseph Stefano, l’ex Karate Kid Ralph Macchio. Andrew Garfield invece era stato convocato per il ruolo di Anthony Perkins ma ha dovuto rinunciare per i suoi impegni teatrali. Detto questo, se Hitchcock vi fosse piaciuto recuperate ovviamente i film del corpulento maestro della suspance e magari anche Ed Wood e Il discorso del re! ENJOY!

domenica 12 maggio 2013

Bolla's Top 5 - Viva la mamma!!

Buona domenica e buona Festa della Mamma!!! Come si dice, "di mamma ce n'è una sola". Io la mia la adoro ma per fortuna che ce n'è solo una, perché potevano toccarci degli elementi come quelli che compongono la terrificante cinquina odierna. Un "mommy dearest" in salsa thriller/horror, come piace tanto al Bollalmanacco, con qualche blando SPOILER. E voi a quale orribile genitrice cinematografica siete più affezionati? ENJOY!!

5. Pamela Voorhes (Venerdì 13, 1980)
Una donnina a modo, proprio. Come ricorda simpaticamente il killer di Scream, alla faccia del ben più famoso Jason Voorhes la prima killer della saga è stata lei, la sensibile Pamela. Che per vendicare il figlio, prima scherzato dai soliti adolescenti idioti e poi annegato nel lago davanti al Crystal Lake Camp, decide di sterminare altri ragazzi che non c'entrano una mazza con la morte del pargolo. Ah, cuore di mamma!!

4. Vera Cosgrove (Splatters - Gli schizzacervelli, 1992)
La madre scassapalle per eccellenza, un gatto nero appeso ai marroni che non smetterà di vessare il figlio nemmeno dopo che il morso della scimmia-topo la trasformerà in uno schifosissimo zombie in grado di spargere pus infetto (la scena del pudding non sono mai riuscita a finire di guardarla, giuro!!) e autocannibalizzarsi. L'apice dell'esageratissimo ed esilarante secondo film di un giovane Peter Jackson.

3. Mother Firefly (La casa dei 1000 corpi, 2003 e La casa del diavolo, 2005)
Per quanto pazza, se c'è una mamma degna di questo nome è proprio la signora Firefly. Che l'ha probabilmente data a cani e porci, mettendo assieme un'accozzaglia di figli dalla dubbia origine e folli quanto lei, ma non si può dire che non tenga alla famiglia, al punto da sopportare indicibili torture pur di salvare i suoi pargoli.
Interpretata da Karen Black ne La casa dei 1000 corpi

Interpretata da Leslie Easterbrook ne La casa del Diavolo
2. Margaret White (Carrie, lo sguardo di Satana, 1976)
La donna alla quale avrebbero dovuto togliere l'affidamento della figlia subito dopo il parto. Bigotta, ignorante, paurosa, sadica, crudele, rancorosa ed incapace di provare affetto, Mrs. White è uno di quei personaggi che meriterebbe di venire torturato in modi indicibili, prima di venire cotto vivo nell'olio bollente. Chissà se Julianne Moore riuscirà a raccogliere lo scomodo scettro della perfetta, inquietantissima Piper Laurie.

1. Norma Bates (Psyco, 1960)
Numero uno indiscusso. Una madre talmente vessante da arrivare ad uccidere persino le povere ospiti del Bates Motel, giusto per evitare che il figlio cada in tentazione. Ma è davvero così? Una rivelazione finale tra le più scioccanti della storia del cinema rende praticamente impossibile non tributare a Mrs. Bates il posto d'onore che le spetta ormai da decenni e che ancora la rende protagonista dell'immaginario collettivo, come dimostra l'ottima serie Bates Motel.


Ah, dimenticavo!! Oltre ad essere la Festa della mamma oggi è anche il Katharine Hepburn Day. Per motivi di tempo non sono riuscita a partecipare, ma vi metto i link ai post degli amici blogger che hanno aderito all'iniziativa!

Director's cult
In Central Perk
Montecristo
Pensieri Cannibali
Scrivenny
Il cinema spiccio di Frank Manila
WhiterRussian

martedì 22 novembre 2011

I predatori del Bollalmanacco perduto: Psycho (1998)

Siccome col passaggio da Splinder a Blogger si è perso un intero mese di Bollalmanacco (ottobre 2010, nientemeno!!) ho deciso di ripostare i pezzetti mancanti, anche a beneficio dei nuovi lettori. Ovviamente copierò i post paro paro, quindi eventuali errori/refusi vanno guardati con assoluta indulgenza, vi prego!

Comincerò con Psycho di Gus Van Sant... ENJOY!!

Ci sono dei film che sono capolavori assoluti, a prescindere dal genere. E poi, ovviamente, ci sono i remake, più o meno belli, i prequel e i sequel (spesso pessimi) e cose come lo Psycho di Gus Van Sant che non si limita ad essere un remake, ma un omaggio scena per scena, una copia precisa ed aggiornata dell’opera di Hitchcock, una testimonianza dell’allievo verso il Maestro indiscusso impreziosita da una colonna sonora che, aggiornata dal dio Elfman, non penalizza affatto le splendide e famosissime musiche di Bernard Herrmann.

La trama, per chi non la sapesse, è questa: Marion Crane lavora in banca, un’umile impiegatuccia che ha una tresca con un altro poveraccio che non arriva alla fine del mese. L’occasione per cambiare vita si presenta quando un miliardario deposita nella sua banca una somma di denaro spropositata, che le viene affidata. Marion prende i soldi e scappa, finendo a rifugiarsi nel Bates Motel, gestito da Alan Bates, tassidermista vessato da una madre carogna. Rifugio infausto, visto che la povera Marion, come da leggenda, viene fatta fuori nella doccia dalla madre di Bates… e lì cominciano le indagini (e il vero fulcro del film).

Come dicevo sopra, più che un remake questo è un omaggio, rifatto scena per scena, dello Psyco originale, ambientato ai nostri giorni ma con un gusto molto retrò, sia per gli ambienti che per i costumi (si vedano le splendide mise di Anne Heche o l’abito molto “bogartiano” del detective Arbogast) che, a mio avviso, anziché esaltare i pregi dell’originale, affossa completamente una trama che, per chi ha già visto la pellicola di Hitchcock, si rivela essenzialmente banale e anche un po’ kitsch (Vince Vaughn imparruccato e caramellomane non si può vedere!). Certo, l’analisi della schizofrenia è sempre interessante, soprattutto per l’inquietante finale che si discosta un po’ dall’originale, e gli attori sono bravini (seppure ogni personaggio sia una figuretta bidimensionale eclissata da quello di Norman Bates) ma alla fine questo film è stato così tante volte ridotto a clichè e parodia che qualunque cosa si discosti dal Capolavoro del regista inglese sa un po’ di presa in giro commerciale.

Rammento infatti che ai tempi ci fu un gran battage pubblicitario per questo remake.. oggetti ora introvabili come la tenda da doccia completamente rossa sangue con il logo della pellicola, per esempio. Mentre invece, parlando di parodie, a mio avviso la migliore è e resterà sempre Il Silenzio dei Prosciutti del nostrano Ezio Greggio, che vanta nel cast la presenza di Martin Balsam (il detective Arbogast dello Psyco originale), Billy Zane, Dom DeLuise e anche John Astin, il Gomez della vera Famiglia Addams. Impareggiabile… IGHIBU’!!


Gus Van Sant è un regista americano esperto di film stilosi, patinati e soprattutto commerciali. Non ne vado proprio matta, ma tra le sue pellicole ricordo Belli e dannati, Cowgirls il nuovo sesso, Will Hunting e Elephant. Ha 56 anni e due film in uscita.

Vince Vaughn interpreta Norman Bates ed è, lo ammetto, una mia debolezza, da quando mi sono vista almeno cinque o sei suoi film in Australia. In originale è incomprensibile, ha una parlantina velocissima ed è logorroico da morire. Però è un fico, c’è poco da fare. Tra i suoi film ricordo Il mondo perduto: Jurassic Park, l'orrendo The Cell - La cellula, Starsky and Hutch, Dodgeball, l'esilarante Anchorman: The Legend of Ron Burgundy, Due single a nozze. Ha 38 anni e due film in uscita.

Anne Heche interpreta Marion Crane. Salita alla ribalta ai tempi per essere la fidanzata di Ellen DeGeneres, la prima attrice ad essersi dichiarata liberamente lesbica e fiera di esserlo, ha interpretato tra gli altri Donnie Brasco, So cosa hai fatto, Sei giorni sette notti e ha partecipato, per la tv, a serie come Allie McBeal, Ellen, Nip/Tuck. Ha 39 anni e un film in uscita.


William H. Macy, che interpreta il Detective Arbogast, è uno dei miei attori/caratteristi preferiti, sposato con la splendida Felicity Hauffman. Assieme alla lunga partecipazione al serial ER lo ricordo in Radio Days, Il cliente, Fargo, Air Force One, Boogie Nights - L'altra Hollywood, Pleasantville, Magnolia, oltre che alla serie Incubi e deliri. Ha 58 anni e sei film in uscita.

Viggo Mortensen interpreta il fidanzato di Marion, Sam Loomis, ed è l’unico attore mostro, che diventa un fico assurdo quando è spettinato, zozzo e barbone. Artista, cantante e scrittore, oltre che attore, ha recitato in film come Non aprite quella porta III, Carlito's Way, L'ultima profezia, Ritratto di Signora, Insoliti criminali, Daylight - Trappola nel tunnel, Il delitto perfetto (è abbonato ai remake di Hitchcock XD) la trilogia de Il Signore degli Anelli, A History of Violence. Ha 50 anni e 3 film in uscita.

Julianne Moore è una delle mie nemesi. Interpreta Lila, la sorella di Marion, e al pari di Nicholas Cage non capisco perché un’attrice col carisma e l’espressività di una patata molla e lessa debba essere protagonista di film splendidi. Tra le pellicole che ho visto e di cui è protagonista: I delitti del gatto nero, Body of Evidence, America oggi, Il mondo perduto: Jurassic Park, I segreti del cuore, Boogie Nights - L'altra Hollywood, Il grande Lebowski, Magnolia, Hannibal, The Shipping News, Far From Heaven, The Hours. Ha 48 anni e cinque film in uscita.

Nel post originale mettevo qualche foto e concludevo con un paio di video de Il silenzio dei prosciutti, ma visto che Blogger ha qualche problema con le foto e i video non sono più disponibili e che comunque ora non metto più video l'intento filologico è andato a farsi benedire. Pertanto... ENJOY il resto del blog u__u!

Già pubblicato anche su The Ed Wooder

lunedì 31 ottobre 2011

Psyco (1960)

Buon Halloween a tutti, horrormaniaci! In occasione della festività affronterò il mio senso di inadeguatezza, che mi assale come un assassino sotto la doccia. E non è una metafora casuale. Per l'occasione ho deciso infatti di recensire Psyco (Psycho), il famosissimo capolavoro del genio del brivido Sir Alfred Hitchcock, datato 1960, e dire che ho paura di uno scarsissimo risultato è dire poco. Let’s try.



Trama: a causa di una relazione resa ardua dalla mancanza di denaro contante, la segretaria Marion Crane viene spinta a rubare una cospicua somma al suo datore di lavoro. Durante la fuga finisce per fare tappa al Bates Motel… con inevitabili e terribili conseguenze.



Chi segue il Bollalmanacco sa che ho già recensito il recente remake diretto da Gus Van Sant e sa che il film in questione, più che un remake, è praticamente un rifacimento immagine per immagine. E allora perché è così difficile parlare di Psyco che, pur essendo passato alla storia, non è il più bel film di Hitchcock (almeno a parer mio)? Beh perché, al di là della trama alla fin fine un po’ dilungata e noiosetta, ci sarebbe da parlare per ore di ogni singola inquadratura, di ogni scelta registica, di ogni perfetta combinazione tra musica, attori ed immagini. E io, col mio piccolo blog fancazzista (in senso buono, ovviamente!) non ho i mezzi né le conoscenze per una simile analisi. E allora, più che sviscerare ogni dettaglio di un film già recensito da teste coronate molto superiori alla sottoscritta, mi limiterò a parlare di quello che mi ha colpita di Psyco, sperando che vi invogli a vederlo.



La cosa che amo di più del film è l’inizio, quella meravigliosa ed indimenticabile combinazione tra gli stilizzati titoli di Saul Bass e l’inquietante score del maestro Bernard Herrman, una mescolanza di righe grafiche e suoni stridenti che non potrebbero introdurre meglio una storia piena di contraddizioni. Adoro l’utilizzo di quel bianco e nero che sembra rendere tutto più oscuro ed opprimente, anche quando è chiaro che le scene sono ambientate di giorno. Mi fanno impazzire i movimenti di macchina del divino Hitchcock, soprattutto in due momenti: nella famosissima scena della “doccia”, dove ogni inquadratura è talmente ben fatta e significativa che la commozione davanti a questa bravura insuperabile quasi travalica l’ansia dovuta all’evento che passa sullo schermo, e poi nell’altra splendida scena della morte di Arbogast, forse ancora più efficace perché assolutamente inaspettata e ripresa da un’angolazione così lontana dai comuni canoni del thriller che l’improvvisa comparsa dell’assassino fa saltare lo spettatore dalla sedia. Ovviamente non posso dimenticare la lenta e scioccante rivelazione finale, accompagnata dall’agghiacciante urlo di Vera Miles, né l’immagine che suggella la conclusione di Psyco, con la voce di “madre” ad accompagnare il sorriso inquietante sul volto di Norman, su cui si sovrappone il miraggio di un teschio.



E la trama in sé? Pretestuosa, lo ammetto, e lo ammette anche Hitchcock per bocca dello psichiatra nelle ultime sequenze, quando dichiara che “i soldi sono nella palude”. Chissenefrega dei soldi, dell’effettiva debolezza dei dialoghi, dell’assurdità della rivelazione finale (che, ammettiamolo, col senno di poi fa anche un po’ ridere); quello che interessava al regista era mostrare come si potesse intrattenere il pubblico e creare un film indimenticabile senza dover ricorrere a budget eccessivi e nomi pomposi, una sorta di divertissement autoriale che ha creato uno dei mostri più famosi della storia del cinema, un manuale vivente di psicopatologia. Norman Bates diventa così il fulcro dell’intera pellicola, grazie alla splendida interpretazione del povero Anthony Perkins, che rimarrà per sempre legato ad un personaggio ambiguo, emblema del senso di colpa che porta alla follia e della debolezza della mente umana. E con questo concludo, amici lettori, non mi va di dilungarmi troppo e cominciare a suonare arrogante. Se le poche parole che ho speso vi avranno convinti a guardare Psyco, allora la mia indegna recensione avrà raggiunto lo scopo!  

Alfred Hitchcock è il regista della pellicola (alla quale partecipa anche come attore, spuntando alle spalle di Marion prima che entri in banca). Maestro indiscusso della suspance e del cinema con la C maiuscola, pur essendo stato scandalosamente nominato cinque volte all’Oscar senza averne mai vinto uno, ha firmato capolavori indimenticabili come Il pensionante, Rebecca la prima moglie, Notorius l’amante perduta, Il delitto perfetto, La finestra sul cortile, Caccia al ladro, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Gli uccelli e Marnie, solo per citare quelli che ho visto. Ha lavorato anche per la tv, creando la storica serie Alfred Hitchcock presenta. Inglese, anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 1980 all’età di 80 anni.



Anthony Perkins interpreta Norman Bates. Fulgido esempio di attore arrivato al successo con un personaggio e condannato ad essergli legato fino alla fine dei suoi giorni, ha partecipato a film come Assassinio sull’Orient Express, Psycho II, Psycho III e Psycho IV. Americano, anche regista e sceneggiatore, è morto nel 1992 all’età di 60, per complicazioni dovute alla contrazione del virus dell'HIV.



Vera Miles (vero nome Vera June Ralston) interpreta Lila Crane. Americana, ha partecipato a film come Sentieri selvaggi e Psycho II, oltre a serie come Alfred Hitchcock presenta, Rawhide, Ai confini della realtà, The Outer Limits, Bonanza, Colombo, Magnum P.I., La casa nella prateria, Love Boat e La signora in giallo. Ha 72 anni.



Janet Leigh (vero nome Jeanette Helen Morrison) interpreta Marion Crane. Ex moglie di Tony Curtis, da cui ha avuto Jamie Lee Curtis e la sorella Kelly, ha partecipato a film come Piccole Donne, L’infernale Quinlan, Fog e Halloween 20 anni dopo, oltre a serie come Colombo, Love Boat, La signora in giallo e Ai confini della realtà. Americana, è morta di vasculite nel 2004, all’età di 77 anni.



Martin Balsam interpreta il Detective Arbogast. Il motivo per cui ho deciso di dedicare un trafiletto anche ad un attore che, effettivamente, nel film compare poco, è che Ezio Greggio lo ha fatto partecipare con lo stesso ruolo anche al suo Il silenzio dei prosciutti, quindi quest’uomo mi è entrato nel cuore. Scherzi a parte, la sua è stata una carriera di tutto rispetto, visto che conta titoli come Fronte del porto, Colazione da Tiffany, Il promontorio della paura, Assassinio sull’Orient Express, Tutti gli uomini del presidente, Il giustiziere della notte 3, Due occhi diabolici e Cape Fear – Il promontorio della paura. Per la tv, ha partecipato alle serie Rawhide, Alfred Hitchock presenta, Ai confini della realtà, Il tenente Kojak, La signora in giallo e persino ai nostrani La Piovra 2 e La Piovra 5. Americano, vincitore di un premio Oscar come miglior attore non protagonista per il film L’incredibile Murray, è morto a Roma nel 1996, per attacco cardiaco, all’età di 76 anni.



E ora un paio di curiosità. Tra le attrici in lizza per il ruolo di Lila c’erano Piper Laurie (che avrebbe poi interpretato la madre di Carrie nell’omonimo film e la perfida Catherine Martell nella serie I segreti di Twin Peaks) e la diva degli anni ’60 Lana Turner. Del film esistono ben tre seguiti, l’ultimo dei quali è stato girato solo per la tv, un remake, lo Psycho di Gus Van Sant., e uno spin – off televisivo dal titolo Il motel della paura, che parla di un compagno di manicomio di Bates che ha ereditato le sue stesse pulsioni omicide. Se vi fosse piaciuto Psyco vi consiglierei di guardare Shining, Rosemary’s Baby oppure A Venezia… un dicembre rosso shocking; il primo, per il tema della follia, gli altri due per l’elegante e rara capacità di mettere un’ansia incredibile senza gran dispiego di scene gore. ENJOY e buon Halloween!!

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