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venerdì 20 maggio 2022

Firestarter (2022)

Il multisala e i soliti amici hanno collaborato ben poco, ma sono lo stesso riuscita a guardare Firestarter, diretto dal regista Keith Thomas e tratto dal romanzo L'incendiaria di Stephen King.


Trama: quando Charlie perde il controllo dei suoi poteri pirocinetici, lei e il padre sono costretti a fuggire da un'organizzazione che li vorrebbe studiare per i loro scopi...


Per Firestarter mi ero preparata guardando il film tratto da L'incendiaria nel 1984 (quello col nome troppo lungo da scrivere), visto che il romanzo l'ho letto non troppi mesi fa e lo ricordavo ancora abbastanza bene, ma dopo pochi minuti dalla visione mi sono resa conto che prepararsi non serviva a granché, visto che Firestarter non segue alla lettera le due opere che l'hanno preceduto. Per carità, il canovaccio è sempre quello, dagli anni '80, con Charlie e suo padre costretti a fuggire da chi vuole sfruttarne i poteri, ma mentre in passato ci si focalizzava molto sulla cosiddetta Bottega e sulla battaglia per l'anima di Charlie, combattuta tra il padre e la terribile combo Cap Hollister/John Rainbird, qui il fulcro dell'intera faccenda è proprio Charlie, una ragazzina ben più grande della frugola interpretata da Drew Barrymore, che non ci sta tanto a farsi comandare o guidare da chicchessia. La Charlie del 2022 è molto più vicina, concettualmente, a un mutante della Marvel o a uno dei ragazzini di Stranger Things (e qui si crea un bel cortocircuito visto che la serie Netflix pesca a piene mani dall'immaginario Kinghiano, Incendiaria e Carrie in particolare): percepisce la sua stranezza, ne soffre, conduce una vita scolastica a dir poco aberrante ma, allo stesso tempo, capisce che il suo potere la rende superiore ad altri e lo fa diventare il veicolo per sfogare la sua frustrazione crescente, la sua rabbia. La Charlie degli anni '80 non controllava il suo potere ma non era bizzosa, quella del 2022 non riesce a tenere a bada il suo potere neppure davanti a episodi stupidi, e la sua natura resta avvolta da un'aura di ambiguità anche sul finale, diametralmente opposto rispetto a quello del libro e assai aperto all'incertezza di quale sarà la strada che la giovane deciderà di percorrere. Questo non è il solo cambiamento effettuato in fase di sceneggiatura, la quale, tra le altre cose, concede un po' più di spazio alla madre di Charlie e fornisce un diverso background a Rainbird, ciò nonostante anche questa volta il risultato è più superficiale di quanto avrei voluto e condanna Firestarter a soffrire diversi problemi di ritmo, che lasciano lo spettatore a bocca asciutta proprio sul più bello.


Nonostante gli innegabili difetti, comunque, Firestarter non mi è dispiaciuto. Ryan Kiera Armstrong è la cosa migliore del film e si porta dietro tutto il bagaglio accumulato nel corso delle riprese di American Horror Story: Blood Tide, dove anche lì la fanciulletta era la punta di diamante, impegnata nel ruolo di bambina resa malvagia dalla sua ambizione (e da una droga potente), un piccolo mostro detestabile ma comunque impossibile da odiare; qui, ovviamente, spesso e volentieri Charlie fa tenerezza, eppure quando la sua parte oscura si scatena non sfigurerebbe accanto alle varie Fenici e Wanda della Marvel, con l'aggiunta che qui si parla di un film della Blumhouse e i risultati dello sfogo dei suoi poteri si vedono eccome. Altra cosa molto bella di Firestarter sono le inconfondibili musiche create da Carpenter padre e figlio. Il primo avrebbe dovuto girare Fenomeni paranormali incontrollabili, poi non se n'è fatto nulla perché La Cosa è stato un flop al botteghino, ma stavolta ha potuto mettere mano almeno a una parte del film e, bisogna dirlo, è davvero una delle parti migliori. Dopo la visione di Firestarter, dunque, rimane un po' di amaro in bocca. I mezzi ci sarebbero stati, così come la bravura del regista e degli attori, tuttavia il risultato (benché migliore del film dell'84, ci mancherebbe anche) supera appena la sufficienza di una pellicola che difficilmente ricorderò la prossima settimana e che somiglia anche troppo al pilot di una serie... che, per carità, non mi dispiacerebbe neppure vedere. Chissà se qualcuno avrà la lungimiranza di allacciare la storia di Firestarter a quella di The Institute, creando un film o magari una serie à la Castle Rock


Di Zac Efron (Andy McGee) e Kurtwood Smith (Dr. Joseph Wanless) ho parlato ai rispettivi link.

Keith Thomas è il regista della pellicola. Americano, ha diretto The Vigil. E' anche produttore e sceneggiatore.


Gloria Reuben interpreta il Capitano Hollister. Canadese, la ricordo per film come Lincoln e serie quali Alfred Hitchcock presenta, Flash, Lassie, Numb3rs, E.R. Medici in prima linea e Cloak and Dagger. Anche produttrice, ha 58 anni e un film in uscita. 


Come già scritto nel post, Ryan Kiera Armstrong era la cosa migliore dell'ultima serie di American Horror Story, dove interpretava la terrificante, odiosissima Alma. Se Firestarter vi fosse piaciuto recuperate Fenomeni paranormali incontrollabili, Carrie lo sguardo di Satana, Thelma, Chronicle e L'angelo del male - Brightburn. ENJOY!

mercoledì 30 agosto 2017

Amityville - Il risveglio (2017)

Spinta dall'entusiasmo post-riapertura multisala e dal fatto che il film in questione è stato distribuito praticamente solo in Europa quindi chissà quando cavolo avrei potuto trovarlo in rete, giovedì sono andata a vedere Amityville - Il risveglio (Amityville: Awakening), diretto e sceneggiato dal regista Franck Khalfoun.


Trama: una famiglia composta da madre, figlia piccola e figlia adolescente con un gemello ridotto a uno stato vegetativo a causa di un incidente, si trasferisce nella vecchia casa dove, negli anni '70, Ronald De Feo aveva trucidato tutta la sua famiglia spinto dall'influenza di "voci". Non passa molto tempo prima che fenomeni inspiegabili comincino a sconvolgere i nuovi inquilini...


E' passata già quasi una settimana dalla visione di Amityville - Il risveglio e nel frattempo ho avuto modo di venire disgustata dal Death Note di Netflix e vagamente delusa da Cattivissimo me 3 (di cui scriverò nei prossimi giorni), col risultato che della pellicola di Franck Khalfoun ricordo ormai poco o nulla, banale com'è. Cercherò di ricostruire brevemente la serata passata al cinema, presa da sconforto crescente, ma non garantisco di arrivare al secondo paragrafo né di offrire un'opinione illuminata o fondamentale sull'argomento. Anche perché, effettivamente, c'è ben poco di cui parlare. Amityville - Il risveglio, film vessato da vicissitudini produttive di proporzioni bibliche nonché devastato in fase di montaggio per farlo passare dal rating R ad un più innocuo e spendibile PG-13, è l'ennesimo, stanco rimasticamento della storia dell'"orrore di Amityville", dove la solita famigliola americana si trasferisce nella casa maledetta appartenuta prima ai De Feo poi ai Lutz e viene sconvolta da inquietanti fenomeni paranormali. L'inizio di Amityville - Il risveglio, in verità, faceva anche ben sperare. A differenza di ciò che accade negli altri film "basati sulla storia vera" dell'omonimo luogo i protagonisti vivono nella nostra "dimensione", ovvero nella realtà in cui è stato già girato Amityville Horror (persino il suo remake) e dove Jay Anson ha scritto il libro da cui è stato tratto, quindi sono consapevoli della terrificante leggenda che circonda la loro dimora e vengono presi alcuni da scetticismo, altri da fascinazione, altri ancora da una segreta quanto imbecille speranza. E questo, signori miei, è l'unico aspetto che diversifica Il risveglio dagli altri capitoli della serie Amityville, perché i riferimenti metacinematografici non bastano a rinnovare una storia vecchia, stravista e raccontata mille volte meglio altrove, anche in tempi recenti. Al di là dell'assenza di jump scare quello che infastidisce di Amityville - Il risveglio è infatti la presenza di personaggi mal caratterizzati anche per gli standard di un horror e di un montaggio fatto coi piedi, senza alcun senso apparente, che trascina per i capelli il film verso un finale sbrigativo ed insoddisfacente.


Probabilmente, da quel che si può evincere anche dalla fotografia "sfumata", l'intento di Khalfoun e soci era quello di girare un horror dalle connotazioni oniriche, dove la realtà e l'incubo si sarebbero mescolati senza soluzione di continuità; tuttavia, i sogni della protagonista sono ben distinti dalla realtà, tagliati con l'accetta al punto che alcuni risultano incomprensibili o addirittura inutili (a che pro sognare la sorellina infilata in un armadio quando poi della sorellina non si ha più traccia per i venti minuti seguenti e la protagonista nel frattempo è tornata alla sua vita di tutti i giorni?) e non c'è mai modo di provare incertezza o dubbio relativamente a ciò che passa sullo schermo. Anche l'escamotage narrativo del gemello in coma cerebrale è abbastanza prevedibile, anche per chi non avesse visto lo spoileroso trailer, tra l'altro il paragone tra l'inespressività richiesta da copione all'attore che lo interpreta e quella congenita della protagonista è quantomeno impietoso. Non solo il personaggio di Belle è la quintessenza della banalità (bella e maledetta, vestita da darkettona di giorno e da lucciola quando deve andare a dormire, così che il pubblico maschile possa apprezzarne le chiappe costantemente al vento, afflitta da un passato dolorosissimo, adorabile con la sorellina minore ma zeppa di odio verso la madre) ma l'interpretazione di Bella Thorne rasenta l'imbarazzante, pare di avere davanti una Kristen Stewart ANCORA meno espressiva e un pelo più scazzata. L'unica nota positiva per quel che riguarda gli attori è la presenza di una Jennifer Jason Leigh assai più inquietante rispetto alle presenze che dovrebbero aleggiare nella casa, purtroppo penalizzata sia da un minutaggio inconsistente che dall'incredibile stupidità del personaggio che interpreta, sul quale non ricamo troppo per non fare spoiler. Tutto ciò, unito al finale tirato via e "raccontato", così da lasciare lo spettatore ancora più disinteressato all'intera questione, fa di Amityville - Il risveglio un film né brutto né bello, semplicemente inutile e sfigato. Se persino gli americani stentano a farlo uscire nei cinema un motivo c'è.


Del regista e sceneggiatore Franck Khalfoun ho già parlato QUI. Jennifer Jason Leigh (Joan), Jennifer Morrison (Candice) e Kurtwood Smith (Dr. Milton) li trovate invece ai rispettivi link.

Bella Thorne (vero nome Annabella Avery Thorne) interpreta Belle. Cantante e attrice americana diventata famosa con la serie Disney A tutto ritmo, ha partecipato a film come L'A.S.S.O. nella manica, Alvin Superstar - Nessuno ci può fermare e ad altre serie quali The O.C., I maghi di Waverly, CSI - Scena del crimine e Scream, inoltre ha lavorato come doppiatrice nella serie Phineas e Ferb. Anche produttrice, ha 20 anni e sei film in uscita.


La piccola Mckenna Grace, che interpreta Juliet, era stata la versione bambina di Jennifer Morrison nella serie C'era una volta, dove la Morrison interpreta la protagonista Emma Swan. Tornando a questioni un po' più "serie", la natura poco interessante del film era già nell'aria a seguito di una serie di complesse vicissitudini produttive, che hanno fatto slittare Amityville - Il risveglio dal 2012 ad oggi (tra l'altro la Dimension Film continua a rimandare la data di uscita americana). Allora l'idea era di realizzare un film chiamato Amityville: The Lost Tapes, un found footage avente per protagonista una giornalista incaricata di ricostruire il caso di Amityville ma i vari ritardi hanno portato i produttori ad abbandonare il progetto; peraltro Daniel Farrands, uno degli sceneggiatori del progetto scartato, sta realizzando in questo periodo proprio un film intitolato The Haunting on Long Island: The Amityville Murders, incentrato non sui Lutz bensì su ciò che è accaduto ai De Feo prima degli omicidi. Nell'attesa che esca, se Amityville - Il risveglio vi fosse piaciuto o vi interessasse il genere potete sempre recuperare l'Amityville Horror citato nel film (assieme al remake del  2005) e aggiungere Amityville Possession, Amityville 3-D e gli straight-to-video Amityville Horror - La fuga del diavolo, Amityville: Il ritorno, Amityville 1992 (o Amityville: It's About Time), Amityville: A New Generation, Amityville Dollhouse e The Amityville Haunting. ENJOY!

domenica 15 dicembre 2013

Hitchcock (2012)

Piano piano sto recuperando tutti quei film meritevoli che, nonostante questo, non hanno mai trovato distribuzione dalle mie parti e questa volta è toccato al bellissimo Hitchcock, diretto nel 2012 dal regista Sacha Gervasi e tratto dal libro Alfred Hitchcock and the Making of Psycho di Stephen Rebello.


Trama: dopo Intrigo internazionale, Alfred Hitchcock trova una nuova fonte d'ispirazione nel libro Psycho di Robert Bloch. Osteggiato da produttori e giornalisti, indebitato e totalmente immerso nel lavoro, non si accorge di quanto la moglie Alma si stia allontanando da lui...


Hitchcock è un film interessantissimo e frizzante, sia per gli appassionati di Hitch che per chi vuole gustarsi un'ora e mezza di sano intrattenimento cinematografico, magari imparando qualcosa su uno dei massimi esponenti della settima arte. Mescolando episodi legati alla vita privata del regista, una ricostruzione del making of di Psyco e le inquietanti suggestioni di un Ed Gein negli inediti panni di Grillo Parlante, Hitchcock pone sotto i riflettori una parte assai importante e difficile della carriera del Maestro della Suspance, un momento in cui al successo si accompagnano le inevitabili incertezze, il timore di sbagliare, la paura di diventare mero fenomeno commerciale svilito da un'avventura televisiva di successo, un attimo di crisi derivata dalla vecchiaia e dal desiderio di risvegliare sensazioni sopite alimentandole con la fantasia. Nella pellicola, infatti, Hitchcock comincia a perdere progressivamente il contatto con la realtà com'era accaduto ad Ed Gein e Norman Bates (meravigliosa la scena in cui, davanti a una Vivien Leigh urlante e terrorizzata, sfoga tutta la sua rabbia mostrando alla troupe come girare la famosa sequenza della doccia), terrorizzato dall'idea di venire tradito e abbandonato da tutti, attrici, moglie, pubblico, critici. Un indebolimento mentale che si accompagna ad una debolezza fisica manifestata nella febbre e nella fame compulsiva e che mostra un Hitchcock terribilmente imperfetto e molto più umano dell'ironica e sarcastica "sagoma" che, come spettatori, siamo arrivati a conoscere.


Ed è bello, finalmente, fare anche la conoscenza di Alma, la grande donna dietro un grande uomo e, forse, la vera protagonista del film, interpretata da una grandissima Helen Mirren che più di una volta eclissa il pur bravissimo Anthony Hopkins (truccato così bene che il film è stato candidato all'Oscar per il miglior make-up). Alma è una capacissima donna con tutti gli attributi necessari per sostenere l'ingombrante (in tutti i sensi) marito e, a quanto pare, è anche la mente che ha trasformato una pellicola schifata persino da Hitchcock nello Psyco che tutti noi conosciamo e amiamo; all'interno del film possiamo vedere come la crisi creativa e umana che ha colpito il marito ricada pesantemente anche su Alma, costantemente messa in ombra dalla fama del consorte o dall'insana passione di quest'ultimo per le bionde star dei suoi film. Nel corso della pellicola, Alma cerca di ritrovare una sua indipendenza allontanandosi da Hitchcock e trovando conforto in un Danny Huston sempre più a suo agio nei panni del viscido piacione, ed è buffo e molto commovente vedere come due persone che si conoscono e si aiutano a vicenda da anni arrivino a non capirsi più, ad evitarsi o parlarsi solo tramite feroci punzecchiature reciproche. Alla crisi coniugale corrisponde un terribile momento di empasse nel corso della realizzazione di Psyco e ad un conseguente calo della qualità del lavoro di Hitchcock e il regista Sacha Gervasi è molto bravo a giostrare queste due anime del film senza scadere nel melodramma sentimentale o nel freddo documentario, facendoci così affezionare ai due testardi protagonisti e intrigandoci con i retroscena di un Capolavoro del cinema che, per quanto sia conosciuto, nasconde comunque molti segreti. La presenza di un cast affiatato e valido e l'ironica cornice alla Alfred Hitchcock Presenta, infine, contribuiscono a rendere Hitchcock un gioiellino ancora più prezioso, che vi consiglio di recuperare il prima possibile.


Di Anthony Hopkins (Alfred Hitchcock), Helen Mirren (Alma Reville), Scarlett Johansson (Janet Leigh), Danny Huston (Whitfield Cook), Toni Collette (Peggy Robertson), Jessica Biel (Vera Miles), James D’Arcy (Anthony Perkins) e Kurtwood Smith (Geoffrey Shurlock) ho già parlato ai rispettivi link.

Sacha Gervasi è il regista della pellicola. Inglese, prima di Hitchcock ha diretto solo il documentario Anvil: The Story of Anvil. Anche sceneggiatore e produttore, ha 47 anni. 


Michael Wincott (vero nome Michael Anthony Claudio Wincott) interpreta Ed Gein. Canadese, lo ricordo per film come Talk Radio, Nato il quattro luglio, The Doors, Robin Hood – Principe dei ladri, I tre moschettieri, Il corvo, Dead Man e Alien – La clonazione; inoltre, ha partecipato a serie come Miami Vice. Ha 55 anni e due film in uscita. 


Tra gli altri attori compare anche, nei panni dello sceneggiatore Joseph Stefano, l’ex Karate Kid Ralph Macchio. Andrew Garfield invece era stato convocato per il ruolo di Anthony Perkins ma ha dovuto rinunciare per i suoi impegni teatrali. Detto questo, se Hitchcock vi fosse piaciuto recuperate ovviamente i film del corpulento maestro della suspance e magari anche Ed Wood e Il discorso del re! ENJOY!

martedì 9 ottobre 2012

Bollalmanacco On Demand: L'attimo fuggente (1989)

Torna il Bollalmanacco On Demand e lo fa con un film tra i più amati! Infatti, grazie al prode Toto che non vedeva l’ora di farmi piangere come un vitello, oggi recensirò L’attimo fuggente (Dead Poets Society), diretto nel 1989 dal regista Peter Weir. Il prossimo film On Demand sarà invece The Sentinel di Michael Winner.


Trama: alla rigidissima Welton Academy arriva un nuovo insegnante d’inglese, John Keating. Grazie ai suoi metodi decisamente poco ortodossi, i ragazzi impareranno ad amare la poesia e, soprattutto, a vivere…


Non sono cresciuta nel culto de L’attimo fuggente com’è successo a tanti ragazzi della mia generazione, perché l’ho scoperto un po’ tardi rispetto ad altri, però ogni volta che lo guardo non posso fare a meno di pensare che un film simile andrebbe proiettato per legge in tutte le scuole del mondo. Innanzitutto, perché è una pellicola scritta, diretta e recitata benissimo, poi perché, al di là del tragico ma inevitabile finale, veicola un messaggio importantissimo già allora ed indispensabile in tempi come questi: bisogna arricchirsi con la cultura per pensare con la propria testa… e riuscire a cogliere l’attimo, a vivere appieno il tempo che ci viene concesso su questa terra. Certo, i ragazzi della Welton Academy sono dei privilegiati, destinati ad un futuro da dottori, avvocati e quant’altro, ma sono pur sempre ragazzi con le loro speranze, i loro sogni, le loro paure e i loro difetti, ingabbiati in un rigido microcosmo fatto di regole, divieti, aspirazioni genitoriali e pregiudizi; quello che vale per loro vale anche per qualsiasi altro ragazzo o ragazza che si prepara a fare il suo ingresso in società e Dio sa se non farebbe bene a TUTTI i giovani pecoroni ignoranti e buzziconi che popolano il mondo oggigiorno una bella dose di John Keating per recuperare quella cultura, quell’individualismo, quella capacità di vivere e pensare fuori dagli schemi che parrebbero ormai appannaggio esclusivo di pochissime persone illuminate. Ma sto divagando, la vecchia 90enne che è in me ha preso il sopravvento, torniamo al film.


L’attimo fuggente entra nel cuore per il modo lieve e plausibile con cui vengono tratteggiati i personaggi principali, questi giovani e futuri membri della Dead Poets Society del titolo originale: il timido Todd, il sognatore Neil, il romantico Knox e il vulcanico “Nuwanda” sono compagni di scuola che tutti avremmo potuto avere, ragazzi intelligenti e curiosi, non necessariamente dei geni o dei prodigi, problematici ed insicuri come tutte le persone della loro età… almeno finché non si riuniscono per rendere omaggio ai poeti. E’ bellissimo il modo in cui Peter Weir cambia completamente registro nelle sequenze in cui descrive gli incontri della Società, perché la prima volta che i ragazzi decidono di riunirsi di notte sembra quasi di vedere un altro film, dove misteriosi ed incappucciati cospiratori vagano per i boschi quasi fossero un gruppo di monaci di qualche horror. All’interno della grotta scelta per le riunioni, quasi come fosse una sorta di grembo materno, i protagonisti “rinascono” e sono finalmente liberi di esprimere se stessi, di scoprire potenzialità insospettabili, di vivere la gioventù scapestrata (e anche simpaticamente idiota a volte!!) che viene loro negata all’interno della Walton Academy e in seno alle famiglie, composte da rigidi e severissimi genitori che fanno il paio con i titolatissimi ma freddi insegnanti dell’accademia e che vedono ogni spinta verso l’individualismo come una minaccia per il futuro “perfetto” di questi giovani.


A fronte di questo scontro tra titani, tra la seducente idea di “cogliere l’attimo” e il triste presagio di un futuro già scritto, è inevitabile che il film prenda, ad un certo punto, una piega tragica. Anche qui Peter Weir è abilissimo a mantenere comunque una certa continuità nell’atmosfera della pellicola, senza ricorrere a sensazionalismi e regalandoci grandissimi momenti di pura poesia, come la sequenza in cui Todd sfoga il suo dolore nella neve, la simbolica immagine della corona di Puck posata sulla finestra aperta da Neil e infine quell’indimenticabile “O Captain, my Captain” pronunciato dai ragazzi in piedi sui banchi, ultimo saluto al professore che tutti avremmo voluto avere, un Capitano in perenne lotta contro i flutti della cecità accademica, ammirato da un equipaggio di marinai troppo giovani per non essere avventati e poco attenti anche quando mossi dalle migliori intenzioni. Insomma, come avrete capito ritengo che L’attimo fuggente sia un piccolo capolavoro che tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita; se non vi fosse mai capitato, cercatelo senza indugio e preparate i fazzoletti (come ho preventivamente fatto io, grazie Toto!!!! Sai che ti voglio bene!)… non ve ne pentirete! 

Lacrime <3
Di Robin Williams, che interpreta John Keating (tra gli altri attori in lizza per la parte c’erano Liam Neeson, Dustin Hoffman e Bill Murray), ho già parlato qui mentre Ethan Hawke, che interpreta Todd, lo trovate qua.

Peter Weir è il regista della pellicola. Australiano, ha diretto film come Picnic a Hanging Rock, Witness – Il testimone e The Truman Show. Anche sceneggiatore, produttore e attore, ha 68 anni.


Robert Sean Leonard interpreta Neil. Americano, ha partecipato a film come l’indimenticabile cult della mia infanzia La brillante carriera di un giovane vampiro, L’età dell’innocenza e a serie come Dr. House. Ha 43 anni. 


Norman Lloyd interpreta Mr. Nolan. Americano, ha partecipato a film come Amityville Horror – la fuga del diavolo, L’età dell’innocenza e a serie come Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e La signora in giallo. Anche produttore e regista, ha 98 anni e un film in uscita.


Kurtwood Smith interpreta Mr. Perry. Americano, lo ricordo per film come Staying Alive, RoboCop, Rambo III, Oscar – Un fidanzato per due figlie, Nome in codice: Broken Arrow, Deep Impact, inoltre ha partecipato alle serie The A – Team, X – Files, Una famiglia del terzo tipo, Malcom, Robot Chicken, That’s 70s Show, Dr. House, 24 e Medium. Ha 69 anni e un film in uscita.


L’attimo fuggente ha vinto l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale, mentre si è portato a casa “solo” tre nomination per migliore attore protagonista (quell’anno ha vinto Daniel Day – Lewis per Il mio piede sinistro), miglior regia (Oscar vinto da Oliver Stone per Nato il quattro luglio) e miglior film (titolo strappato da A spasso con Daisy). Nel film compare anche una giovanissima Lara Flynn Boyle pre Twin Peaks, ma la maggior parte delle scene in cui è presente sono state tagliate (e allora chevvelodicoaffare? Così, mi sembrava bello saperlo). Come se il film non fosse già abbastanza tragico di per sé, inoltre, lo script originale prevedeva che Keating morisse di leucemia ma, per fortuna, Weir ha optato per un film maggiormente concentrato sui ragazzi. Se L’attimo fuggente vi fosse piaciuto consiglierei infine l’ottimo Arrivederci ragazzi. ENJOY!

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