Qualche sera fa mi è capitato di guardare Fog (The Fog) diretto e co-sceneggiato nel 1980 dal regista John Carpenter.
Trama: gli abitanti di una cittadina in riva al mare si ritrovano a dover combattere contro un gruppo di fantasmi assassini portati dalla nebbia...
E' il 2019, ho 38 anni, adoro l'horror ma nonostante questo non avevo mai visto Fog prima di qualche settimana fa. Vergogna su di me. E vergogna anche perché mi ritroverò a parlare impropriamente di un film che altri spettatori e fan di Carpenter adorano, di cui è stato discusso ampiamente in mille modi interessanti, e il mio post stinfio gli renderà ben poco onore, ahimé. Ma ci proviamo, dai. Fog è LA storia di fantasmi per eccellenza, uno di quei racconti perfetti per le serate passate attorno al fuoco, non a caso il prologo mostra un navigatissimo "capitano" che racconta a un gruppo di attenti pargoletti la triste storia della nave Elizabeth Dane, schiantatasi a fine '800 contro gli scogli di San Antonio Bay a causa dell'inganno degli abitanti. La leggenda narra che i poveri passeggeri della nave, tutti già malati di lebbra e desiderosi solo di avere un porto sicuro dove approdare, sarebbero tornati a vendicarsi dopo cent'anni e così, in effetti, succede. A San Antonio Bay cominciano ad accadere stranissimi ed inquietanti fenomeni, mentre una nebbia spettrale e luminescente compare di notte al largo delle coste, portando con sé morte e distruzione. Converrete con me che non esiste trama più semplice di così ma la semplicità con Carpenter è solo apparenza. Sotto la tradizionale storia di fantasmi c'è un'allegoria dell'America colonialista, del popolo che festeggia le sue tradizioni ignorando (volutamente o meno) quanto sangue sia stato versato per stabilirle; c'è la volontà di "lavare i panni in casa", trincerandosi all'interno di una piccola cittadina e ammettendo implicitamente la vergogna di avere un passato deprecabile, a rischio di mandare al diavolo ogni speranza di sopravvivenza; ci sono personaggi femminili che precorrono i tempi e che non hanno assolutamente bisogno degli uomini per affermarsi o per sopravvivere al sovrannaturale; c'è, infine, un clima di allucinata incertezza che si tende come un filo dall'inizio alla fine del film, introdotto dalla citazione di Un sogno dentro a un sogno di Poe e concluso con uno dei più terrificanti "avvertimenti" della storia del cinema horror, preludio ovviamente di un finale scioccante ma "giusto" che non sto a rivelarvi.
Al di là dei messaggi più o meno sottesi, Fog ha un anno più di me ma ancora riesce a mettere inquietudine, un po' come quando mi guardo allo specchio, per inciso. La messinscena generale forse patisce di una certa aura di "vecchiume" ma non c'è nulla di vecchio nella costruzione della tensione, veicolata da un semplice bussare alla porta, dilatata per tutto il tempo necessario ad aprirla e scoprire cosa si nasconde dietro, giocando con gli stilemi dell'horror fino a permettersi di ignorarli; al buio, dove si scorge soltanto il bagliore di occhi rossi, nell'ambiente illuminato di un obitorio che mette i brividi, in una chiesa cupa, sul filo del telefono, in cima a un faro dove l'orrore viene sbattuto letteralmente in faccia, Carpenter riesce a costruire in ogni circostanza sequenze inquietanti e memorabili senza spargere una sola goccia di sangue, lasciando all'immaginazione dello spettatore il risultato dei colpi di spada ed uncino sotto i quali cadono come mosche gli abitanti di Antonio Bay. E' un po' il fil rouge di Fog quello di non poter "vedere", in effetti, ed ecco dunque venire in soccorso l'udito laddove la vista difetta: l'intero film è percorso dalla voce, bella e sensuale, di Adrienne Barbeau, proprietaria della stazione radiofonica della cittadina la quale, tra un pezzo jazz e l'altro, mette in guardia gli ascoltatori quando la minaccia della nebbia si fa palpabile e li invita a non abbassare mai la guardia. Qualcuno lo fa, ahimé, ignorando la voce della fanciulla e quella della coscienza, inascoltata come 100 anni prima, ma voi non tappatevi le orecchie e non fate come me, che per quasi quattro decenni ho ignorato Fog, e recuperatelo immantinente!
Del regista e co-sceneggiatore John Carpenter, che interpreta anche Bennett, ho già parlato QUI. Jamie Lee Curtis (Elizabeth Solley), Janet Leigh (Kathy Williams), Charles Cyphers (Dan O'Bannon), Nancy Kyes (Sandy Fadel), Hal Holbrook (Padre Malone), George "Buck" Flower (Tommy Wallace) e Tommy Lee Wallace (Fantasma) li trovate ai rispettivi link.
Adrienne Barbeau interpreta Stevie Wayne. Ex moglie di Carpenter, americana, ha partecipato a film come 1997: Fuga da New York, Creepshow, La cosa, Demolition Man, Dredd - La legge sono io, Argo, Tales of Halloween e a serie quali Love Boat, Ai confini della realtà, La signora in giallo, I viaggiatori, Nash Bridges, Sabrina vita da strega, Cold Case, Dexter, Grey's Anatomy, CSI: NY, Criminal Minds e Creepshow; come doppiatrice ha lavorato per le serie The Real Ghostbusters, Batman, Angry Beavers, Totally Spies! e American Dad!. Anche sceneggiatrice, ha 74 anni e cinque film in uscita.
Tom Atkins interpreta Nick Castle. Americano, ha partecipato a film come 1997: Fuga da New York, Creepshow, Halloween III - Il signore della notte, Arma letale, Due occhi diabolici, Impatto imminente, San Valentino di sangue e a serie quali MASH, Alfred Hitchcock presenta, Xena: Principessa guerriera e Oz. Ha 84 anni e un film in uscita.
Tra le guest star segnalo il tecnico degli effetti speciali Rob Bottin nei panni di Blake e Debra Hill, co-sceneggiatrice del film, che compare come extra. Il ruolo di padre Malone era stato offerto a Christopher Lee ma alla fine il grande attore ha dovuto rinunciare. Fog è stato rifatto nel 2005 col titolo The Fog - Nebbia assassina, che ovviamente non ho mai visto. Se Fog vi fosse piaciuto potreste recuperarlo ma non garantisco. ENJOY!
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venerdì 18 ottobre 2019
lunedì 31 ottobre 2011
Psyco (1960)
Buon Halloween a tutti, horrormaniaci! In occasione della festività affronterò il mio senso di inadeguatezza, che mi assale come un assassino sotto la doccia. E non è una metafora casuale. Per l'occasione ho deciso infatti di recensire Psyco (Psycho), il famosissimo capolavoro del genio del brivido Sir Alfred Hitchcock, datato 1960, e dire che ho paura di uno scarsissimo risultato è dire poco. Let’s try.

Trama: a causa di una relazione resa ardua dalla mancanza di denaro contante, la segretaria Marion Crane viene spinta a rubare una cospicua somma al suo datore di lavoro. Durante la fuga finisce per fare tappa al Bates Motel… con inevitabili e terribili conseguenze.

Chi segue il Bollalmanacco sa che ho già recensito il recente remake diretto da Gus Van Sant e sa che il film in questione, più che un remake, è praticamente un rifacimento immagine per immagine. E allora perché è così difficile parlare di Psyco che, pur essendo passato alla storia, non è il più bel film di Hitchcock (almeno a parer mio)? Beh perché, al di là della trama alla fin fine un po’ dilungata e noiosetta, ci sarebbe da parlare per ore di ogni singola inquadratura, di ogni scelta registica, di ogni perfetta combinazione tra musica, attori ed immagini. E io, col mio piccolo blog fancazzista (in senso buono, ovviamente!) non ho i mezzi né le conoscenze per una simile analisi. E allora, più che sviscerare ogni dettaglio di un film già recensito da teste coronate molto superiori alla sottoscritta, mi limiterò a parlare di quello che mi ha colpita di Psyco, sperando che vi invogli a vederlo.

La cosa che amo di più del film è l’inizio, quella meravigliosa ed indimenticabile combinazione tra gli stilizzati titoli di Saul Bass e l’inquietante score del maestro Bernard Herrman, una mescolanza di righe grafiche e suoni stridenti che non potrebbero introdurre meglio una storia piena di contraddizioni. Adoro l’utilizzo di quel bianco e nero che sembra rendere tutto più oscuro ed opprimente, anche quando è chiaro che le scene sono ambientate di giorno. Mi fanno impazzire i movimenti di macchina del divino Hitchcock, soprattutto in due momenti: nella famosissima scena della “doccia”, dove ogni inquadratura è talmente ben fatta e significativa che la commozione davanti a questa bravura insuperabile quasi travalica l’ansia dovuta all’evento che passa sullo schermo, e poi nell’altra splendida scena della morte di Arbogast, forse ancora più efficace perché assolutamente inaspettata e ripresa da un’angolazione così lontana dai comuni canoni del thriller che l’improvvisa comparsa dell’assassino fa saltare lo spettatore dalla sedia. Ovviamente non posso dimenticare la lenta e scioccante rivelazione finale, accompagnata dall’agghiacciante urlo di Vera Miles, né l’immagine che suggella la conclusione di Psyco, con la voce di “madre” ad accompagnare il sorriso inquietante sul volto di Norman, su cui si sovrappone il miraggio di un teschio.

E la trama in sé? Pretestuosa, lo ammetto, e lo ammette anche Hitchcock per bocca dello psichiatra nelle ultime sequenze, quando dichiara che “i soldi sono nella palude”. Chissenefrega dei soldi, dell’effettiva debolezza dei dialoghi, dell’assurdità della rivelazione finale (che, ammettiamolo, col senno di poi fa anche un po’ ridere); quello che interessava al regista era mostrare come si potesse intrattenere il pubblico e creare un film indimenticabile senza dover ricorrere a budget eccessivi e nomi pomposi, una sorta di divertissement autoriale che ha creato uno dei mostri più famosi della storia del cinema, un manuale vivente di psicopatologia. Norman Bates diventa così il fulcro dell’intera pellicola, grazie alla splendida interpretazione del povero Anthony Perkins, che rimarrà per sempre legato ad un personaggio ambiguo, emblema del senso di colpa che porta alla follia e della debolezza della mente umana. E con questo concludo, amici lettori, non mi va di dilungarmi troppo e cominciare a suonare arrogante. Se le poche parole che ho speso vi avranno convinti a guardare Psyco, allora la mia indegna recensione avrà raggiunto lo scopo!
Alfred Hitchcock è il regista della pellicola (alla quale partecipa anche come attore, spuntando alle spalle di Marion prima che entri in banca). Maestro indiscusso della suspance e del cinema con la C maiuscola, pur essendo stato scandalosamente nominato cinque volte all’Oscar senza averne mai vinto uno, ha firmato capolavori indimenticabili come Il pensionante, Rebecca la prima moglie, Notorius l’amante perduta, Il delitto perfetto, La finestra sul cortile, Caccia al ladro, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Gli uccelli e Marnie, solo per citare quelli che ho visto. Ha lavorato anche per la tv, creando la storica serie Alfred Hitchcock presenta. Inglese, anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 1980 all’età di 80 anni.

Anthony Perkins interpreta Norman Bates. Fulgido esempio di attore arrivato al successo con un personaggio e condannato ad essergli legato fino alla fine dei suoi giorni, ha partecipato a film come Assassinio sull’Orient Express, Psycho II, Psycho III e Psycho IV. Americano, anche regista e sceneggiatore, è morto nel 1992 all’età di 60, per complicazioni dovute alla contrazione del virus dell'HIV.

Vera Miles (vero nome Vera June Ralston) interpreta Lila Crane. Americana, ha partecipato a film come Sentieri selvaggi e Psycho II, oltre a serie come Alfred Hitchcock presenta, Rawhide, Ai confini della realtà, The Outer Limits, Bonanza, Colombo, Magnum P.I., La casa nella prateria, Love Boat e La signora in giallo. Ha 72 anni.

Janet Leigh (vero nome Jeanette Helen Morrison) interpreta Marion Crane. Ex moglie di Tony Curtis, da cui ha avuto Jamie Lee Curtis e la sorella Kelly, ha partecipato a film come Piccole Donne, L’infernale Quinlan, Fog e Halloween 20 anni dopo, oltre a serie come Colombo, Love Boat, La signora in giallo e Ai confini della realtà. Americana, è morta di vasculite nel 2004, all’età di 77 anni.

Martin Balsam interpreta il Detective Arbogast. Il motivo per cui ho deciso di dedicare un trafiletto anche ad un attore che, effettivamente, nel film compare poco, è che Ezio Greggio lo ha fatto partecipare con lo stesso ruolo anche al suo Il silenzio dei prosciutti, quindi quest’uomo mi è entrato nel cuore. Scherzi a parte, la sua è stata una carriera di tutto rispetto, visto che conta titoli come Fronte del porto, Colazione da Tiffany, Il promontorio della paura, Assassinio sull’Orient Express, Tutti gli uomini del presidente, Il giustiziere della notte 3, Due occhi diabolici e Cape Fear – Il promontorio della paura. Per la tv, ha partecipato alle serie Rawhide, Alfred Hitchock presenta, Ai confini della realtà, Il tenente Kojak, La signora in giallo e persino ai nostrani La Piovra 2 e La Piovra 5. Americano, vincitore di un premio Oscar come miglior attore non protagonista per il film L’incredibile Murray, è morto a Roma nel 1996, per attacco cardiaco, all’età di 76 anni.

E ora un paio di curiosità. Tra le attrici in lizza per il ruolo di Lila c’erano Piper Laurie (che avrebbe poi interpretato la madre di Carrie nell’omonimo film e la perfida Catherine Martell nella serie I segreti di Twin Peaks) e la diva degli anni ’60 Lana Turner. Del film esistono ben tre seguiti, l’ultimo dei quali è stato girato solo per la tv, un remake, lo Psycho di Gus Van Sant., e uno spin – off televisivo dal titolo Il motel della paura, che parla di un compagno di manicomio di Bates che ha ereditato le sue stesse pulsioni omicide. Se vi fosse piaciuto Psyco vi consiglierei di guardare Shining, Rosemary’s Baby oppure A Venezia… un dicembre rosso shocking; il primo, per il tema della follia, gli altri due per l’elegante e rara capacità di mettere un’ansia incredibile senza gran dispiego di scene gore. ENJOY e buon Halloween!!
Trama: a causa di una relazione resa ardua dalla mancanza di denaro contante, la segretaria Marion Crane viene spinta a rubare una cospicua somma al suo datore di lavoro. Durante la fuga finisce per fare tappa al Bates Motel… con inevitabili e terribili conseguenze.
Chi segue il Bollalmanacco sa che ho già recensito il recente remake diretto da Gus Van Sant e sa che il film in questione, più che un remake, è praticamente un rifacimento immagine per immagine. E allora perché è così difficile parlare di Psyco che, pur essendo passato alla storia, non è il più bel film di Hitchcock (almeno a parer mio)? Beh perché, al di là della trama alla fin fine un po’ dilungata e noiosetta, ci sarebbe da parlare per ore di ogni singola inquadratura, di ogni scelta registica, di ogni perfetta combinazione tra musica, attori ed immagini. E io, col mio piccolo blog fancazzista (in senso buono, ovviamente!) non ho i mezzi né le conoscenze per una simile analisi. E allora, più che sviscerare ogni dettaglio di un film già recensito da teste coronate molto superiori alla sottoscritta, mi limiterò a parlare di quello che mi ha colpita di Psyco, sperando che vi invogli a vederlo.
La cosa che amo di più del film è l’inizio, quella meravigliosa ed indimenticabile combinazione tra gli stilizzati titoli di Saul Bass e l’inquietante score del maestro Bernard Herrman, una mescolanza di righe grafiche e suoni stridenti che non potrebbero introdurre meglio una storia piena di contraddizioni. Adoro l’utilizzo di quel bianco e nero che sembra rendere tutto più oscuro ed opprimente, anche quando è chiaro che le scene sono ambientate di giorno. Mi fanno impazzire i movimenti di macchina del divino Hitchcock, soprattutto in due momenti: nella famosissima scena della “doccia”, dove ogni inquadratura è talmente ben fatta e significativa che la commozione davanti a questa bravura insuperabile quasi travalica l’ansia dovuta all’evento che passa sullo schermo, e poi nell’altra splendida scena della morte di Arbogast, forse ancora più efficace perché assolutamente inaspettata e ripresa da un’angolazione così lontana dai comuni canoni del thriller che l’improvvisa comparsa dell’assassino fa saltare lo spettatore dalla sedia. Ovviamente non posso dimenticare la lenta e scioccante rivelazione finale, accompagnata dall’agghiacciante urlo di Vera Miles, né l’immagine che suggella la conclusione di Psyco, con la voce di “madre” ad accompagnare il sorriso inquietante sul volto di Norman, su cui si sovrappone il miraggio di un teschio.
E la trama in sé? Pretestuosa, lo ammetto, e lo ammette anche Hitchcock per bocca dello psichiatra nelle ultime sequenze, quando dichiara che “i soldi sono nella palude”. Chissenefrega dei soldi, dell’effettiva debolezza dei dialoghi, dell’assurdità della rivelazione finale (che, ammettiamolo, col senno di poi fa anche un po’ ridere); quello che interessava al regista era mostrare come si potesse intrattenere il pubblico e creare un film indimenticabile senza dover ricorrere a budget eccessivi e nomi pomposi, una sorta di divertissement autoriale che ha creato uno dei mostri più famosi della storia del cinema, un manuale vivente di psicopatologia. Norman Bates diventa così il fulcro dell’intera pellicola, grazie alla splendida interpretazione del povero Anthony Perkins, che rimarrà per sempre legato ad un personaggio ambiguo, emblema del senso di colpa che porta alla follia e della debolezza della mente umana. E con questo concludo, amici lettori, non mi va di dilungarmi troppo e cominciare a suonare arrogante. Se le poche parole che ho speso vi avranno convinti a guardare Psyco, allora la mia indegna recensione avrà raggiunto lo scopo!
Alfred Hitchcock è il regista della pellicola (alla quale partecipa anche come attore, spuntando alle spalle di Marion prima che entri in banca). Maestro indiscusso della suspance e del cinema con la C maiuscola, pur essendo stato scandalosamente nominato cinque volte all’Oscar senza averne mai vinto uno, ha firmato capolavori indimenticabili come Il pensionante, Rebecca la prima moglie, Notorius l’amante perduta, Il delitto perfetto, La finestra sul cortile, Caccia al ladro, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Gli uccelli e Marnie, solo per citare quelli che ho visto. Ha lavorato anche per la tv, creando la storica serie Alfred Hitchcock presenta. Inglese, anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 1980 all’età di 80 anni.
Anthony Perkins interpreta Norman Bates. Fulgido esempio di attore arrivato al successo con un personaggio e condannato ad essergli legato fino alla fine dei suoi giorni, ha partecipato a film come Assassinio sull’Orient Express, Psycho II, Psycho III e Psycho IV. Americano, anche regista e sceneggiatore, è morto nel 1992 all’età di 60, per complicazioni dovute alla contrazione del virus dell'HIV.
Vera Miles (vero nome Vera June Ralston) interpreta Lila Crane. Americana, ha partecipato a film come Sentieri selvaggi e Psycho II, oltre a serie come Alfred Hitchcock presenta, Rawhide, Ai confini della realtà, The Outer Limits, Bonanza, Colombo, Magnum P.I., La casa nella prateria, Love Boat e La signora in giallo. Ha 72 anni.
Janet Leigh (vero nome Jeanette Helen Morrison) interpreta Marion Crane. Ex moglie di Tony Curtis, da cui ha avuto Jamie Lee Curtis e la sorella Kelly, ha partecipato a film come Piccole Donne, L’infernale Quinlan, Fog e Halloween 20 anni dopo, oltre a serie come Colombo, Love Boat, La signora in giallo e Ai confini della realtà. Americana, è morta di vasculite nel 2004, all’età di 77 anni.
Martin Balsam interpreta il Detective Arbogast. Il motivo per cui ho deciso di dedicare un trafiletto anche ad un attore che, effettivamente, nel film compare poco, è che Ezio Greggio lo ha fatto partecipare con lo stesso ruolo anche al suo Il silenzio dei prosciutti, quindi quest’uomo mi è entrato nel cuore. Scherzi a parte, la sua è stata una carriera di tutto rispetto, visto che conta titoli come Fronte del porto, Colazione da Tiffany, Il promontorio della paura, Assassinio sull’Orient Express, Tutti gli uomini del presidente, Il giustiziere della notte 3, Due occhi diabolici e Cape Fear – Il promontorio della paura. Per la tv, ha partecipato alle serie Rawhide, Alfred Hitchock presenta, Ai confini della realtà, Il tenente Kojak, La signora in giallo e persino ai nostrani La Piovra 2 e La Piovra 5. Americano, vincitore di un premio Oscar come miglior attore non protagonista per il film L’incredibile Murray, è morto a Roma nel 1996, per attacco cardiaco, all’età di 76 anni.
E ora un paio di curiosità. Tra le attrici in lizza per il ruolo di Lila c’erano Piper Laurie (che avrebbe poi interpretato la madre di Carrie nell’omonimo film e la perfida Catherine Martell nella serie I segreti di Twin Peaks) e la diva degli anni ’60 Lana Turner. Del film esistono ben tre seguiti, l’ultimo dei quali è stato girato solo per la tv, un remake, lo Psycho di Gus Van Sant., e uno spin – off televisivo dal titolo Il motel della paura, che parla di un compagno di manicomio di Bates che ha ereditato le sue stesse pulsioni omicide. Se vi fosse piaciuto Psyco vi consiglierei di guardare Shining, Rosemary’s Baby oppure A Venezia… un dicembre rosso shocking; il primo, per il tema della follia, gli altri due per l’elegante e rara capacità di mettere un’ansia incredibile senza gran dispiego di scene gore. ENJOY e buon Halloween!!
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