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martedì 20 settembre 2022

La finestra sul cortile (1954)

Qualche sera fa passavano in TV La finestra sul cortile (Rear Window), diretto nel 1954 dal regista Alfred Hitchcock, e siccome non lo riguardavo da anni ho deciso di godermelo e parlarne un po'.


Trama: il reporter L.B.Jefferies è bloccato nell'appartamento da una gamba ingessata e l'unico suo passatempo è spiare i vicini di casa. Un giorno si convince di aver visto uno dei suoi dirimpettai commettere un omicidio e comincia ad indagare...


De La finestra sul cortile hanno scritto fior di critici cinematografici, quindi non servo io a dirvi che il film è l'ennesimo capolavoro di Hitchcock, né starò ad illuminarvi con chissà quali retroscena, trattati tecnici oppure interpretazioni, perché basta aprire un qualsiasi libro monografico sul regista per venire inondati di informazioni sull'argomento. Da non competente amante del cinema, in questo post cercherò dunque di convogliare la meraviglia, inevitabile, che un film del genere mi suscita ancora oggi, dopo quasi 70 anni dalla sua uscita. La finestra sul cortile è, anche visto in TV, un'esperienza immersiva, molto meglio del 3D. Il regista ci fa vestire letteralmente i panni del protagonista, mostrandoci quello che vede lui. Jeff, bloccato da una gamba rotta, è spettatore delle vite degli altri, così come noi, seduti in poltrona e "bloccati" dalla magia del cinema, per almeno un paio d'ore ci ritroviamo costretti a condividere il suo sguardo. E' uno sguardo giocoso e pettegolo, quello di Jeff, almeno all'inizio. Costretto a ponderare sui suoi problemi di salute, di lavoro e di cuore, il protagonista cerca sollievo spiando le vite degli abitanti di un condominio, ognuno dotato di piccoli tic e storie che, filtrati dal suo punto di vista, diventano particolari ed importanti anche per noi, tanto che ogni "microvicenda" presentata nel film non viene percepita come mera cornice, ma diventa importante quanto la trama principale. La fascinazione provata da Jeff verso i suoi vicini è la stessa che proviamo noi guardando i film e i motivi che lo spingono a spiare derivano da un desiderio di smettere di pensare alla propria vita, in primis alla sua relazione con Lisa. La ricca fanciulla vorrebbe sposarlo ma Jeff ha paura di venire privato della propria libertà di reporter d'assalto e giramondo, e la perfezione della donna costituisce un ulteriore deterrente che lo spinge alla fuga (vi sfido, davanti alla grazia e alla bellezza di Grace Kelly, a non farvi venire voglia di prendere a ceffoni "Jeff", totalmente disinteressato da ciò che accade nel proprio appartamento e con gli occhi fissi, con una testardaggine degna di un mulo, sui suoi vicini).


Il comportamento pavido e "scorretto" di Jeff viene giustamente punito nel momento in cui l'uomo vede qualcosa che non avrebbe dovuto vedere o, meglio, pensa di vederlo. Né lui, né tantomeno noi abbiamo la certezza che uno dei suoi vicini abbia commesso un omicidio (mentre la macchina da presa vaga liberamente nell'appartamento del protagonista, ciò che vede Jeff è quasi sempre soggettivo, limitato e talvolta persino impedito da ostacoli alla visuale), eppure la nostra ansia cresce con quella di Jeff, che da quel momento entra in uno stato di paranoia totale e si imbarca in un'indagine pericolosa, a maggior ragione perché la sua condizione lo rende totalmente indifeso e dipendente dagli altri. Il piccolo mondo idilliaco della quotidianità diventa un enorme universo pieno di punti oscuri, dove nessuno pare vedere e sentire nulla, dove ottenere aiuto è molto difficile e potenziali criminali possono farla franca anche alla luce del sole o in mezzo alle persone; gli appartamenti diventano così luoghi violabili tanto quanto le strade notturne, soprattutto quando la finestra (sul cortile) rappresenta una fragilissima arma a doppio taglio che consente non solo di vedere, ma anche di venire colti nell'atto di spiare. L'arroganza di Jeff nasce dalla sua natura di reporter, di persona che, come del resto il regista, si sente legittimato a riprendere e guardare, tanto che i buoni consigli di chi si prende cura di lui cadono spesso nel vuoto, finché a un certo punto sia l'infermiera Stella che Lisa vengono coinvolte e, nel caso della seconda, messe in pericolo. La frustrazione, la paura e l'incertezza che si impadroniscono di Jeff non possono dunque essere confutate dallo spettatore, perché Hitchcock non apre mai alla possibilità di mostrarci cosa accade dietro a finestre chiuse o angoli nascosti, né tantomeno si allontana da una narrazione cronologica priva di flashback o sequenze che si svolgono in posti diversi nello stesso momento.


Sono questi accorgimenti geniali che rendono La finestra sul cortile un gioiello sorprendente e che mi riempie di meraviglia a pensarci. Quanto poteva essere avanti Hitchcock nel realizzare un film che utilizzasse quasi esclusivamente un sonoro diegetico, musica compresa, così da accentuare ancora di più il realismo di ciò che viene mostrato e la natura "chiusa" di quell'universo ridotto in cui un giramondo come Jeff è costretto temporaneamente a vivere? Quanto poteva essere perfezionista, al punto da far costruire dei veri appartamenti e arrivare persino a istruire "a distanza" gli attori che dovevano recitare lì dentro?  L'attenzione al dettaglio del Maestro era così acuta che a fissarsi nella mente dello spettatore non sono solo James Stewart e Grace Kelly (il primo affascinante persino in pigiama e nonostante il carattere obiettivamente insopportabile di Jeff, la seconda una dea scesa in terra, vestita con mise di una bellezza commovente) ma anche tutto il codazzo di vicini di casa, ognuno ben caratterizzato e distinto all'interno di un micromondo che va oltre ciò che viene mostrato; non è difficile immaginarsi la vita della povera Miss Cuore Solitario, di Miss Torso, dei padroni del cagnolino e del musicista, e non solo, viene addirittura voglia di saperne di più (probabilmente oggi realizzerebbero una miniserie imperniata sul background di ogni personaggio), tanto che sul finale un sorriso deliziato scappa per forza. Il mio sogno sarebbe quello di poter godere de La finestra sul cortile al cinema, prima o poi, ma nell'attesa mi faccio andare bene anche i miracolosi passaggi televisivi, una bella coperta di Linus che ci rammenta, se mai ce ne fosse bisogno, l'unicità di un Maestro come Hitchcock!


Del regista Alfred Hitchcock ho già parlato QUI mentre Grace Kelly, che interpreta Lisa Fremont, la trovate QUA.

James Stewart interpreta L.B. Jefferies. Americano, lo ricordo per film come Mr. Smith va a Washington, La vita è meravigliosa, Nodo alla gola, Harvey, Il più grande spettacolo del mondo, L'uomo che sapeva troppo, La donna che visse due volte, Una strega in paradiso, L'uomo che uccise Liberty Valance e Airport '77; come doppiatore ha lavorato in Fievel conquista il West. Anche regista e produttore, è morto nel 1997 all'età di 89 anni.


Raymond Burr, ovvero Lars Thorwald, in seguito avrebbe interpretato sia Perry Mason che Ironside. Nel 1998 è stato realizzato un remake televisivo del film, con Christopher Reeve e Daryl Hannah nel ruolo dei due protagonisti e Robert Forster in quello del detective. Non vi dico di recuperarlo perché non l'ho mai visto ma se La finestra sul cortile vi fosse piaciuto potete guardare Disturbia e, ovviamente, recuperare tutti gli altri film di Hitchcock! ENJOY! 


martedì 20 ottobre 2020

Il delitto perfetto (1954)

Un po' di tempo fa passavano in TV Il delitto perfetto (Dial M For Murder), diretto nel 1954 dal regista Alfred Hitchcock e tratto dal dramma omonimo di Frederick Knott, così ho deciso di riguardarlo.


Trama: accortosi del fatto che la moglie ha un amante, Tony decide di ucciderla anche per ottenerne il patrimonio ma le cose non vanno come pianificato...


Il delitto perfetto è uno dei film di Hitchcock che preferisco anche se viene comunemente definito come uno dei suoi lavori "minori". Effettivamente, il regista lo ha realizzato sotto pressione degli studios, asservendolo a un 3D che stava lentamente morendo (io non l'ho mai visto in 3D ma alcune inquadrature sono in effetti ben strane e si vede che Hitchcock ha spesso messo alcuni oggetti in primo piano proprio per farli protrudere verso gli spettatori), e come trama e sequenze è sicuramente meno d'impatto rispetto ai suoi capolavori girati in seguito, eppure io l'ho sempre trovato meraviglioso. Partiamo dalla trama. Hitchcock ha adattato un dramma di Frederick Knott (da qui l'impianto squisitamente teatrale della pellicola e l'utilizzo quasi esclusivo di un unico ambiente, il lussuoso appartamento dei coniugi Wendice), imperniato prima sulla progettazione e poi sull'esecuzione del delitto perfetto del titolo italiano, cosa che rende buona parte del film ricca di dialoghi e spiegazioni; diversamente dalle pellicole zeppe di "spiegoni", tuttavia, Il delitto perfetto non annoia neppure per un secondo, in quanto è letteralmente ipnotico stare a guardare prima Ray Milland tessere la propria tela verbale attorno al triste assassino interpretato da Anthony Dawson, e poi l'ispettore Hubbard mettere assieme i pezzi del puzzle trovando le falle di un piano apparentemente inattaccabile. Nella prima parte, dunque, si assiste al mefistofelico progetto messo in atto da Tony Wendice, quindi alla perpetrazione del delitto e a tutti i piccoli imprevisti che lo rendono un crescendo di tensione da manuale, fino ad arrivare alla sequenza in cui l'assassino tenta invano di uccidere Margot, vero e proprio spartiacque della pellicola, dopo la quale i giochi mentali si fanno sempre più difficili e il "fato" diventa ancor più protagonista, così come alcuni piccoli oggetti che vi consiglierei di non perdere di vista, magari a causa di una visione frettolosa.


Grazie alla regia di Hitchcock, al montaggio e ai giochi di luce, l'appartamento dei Wendice diventa un luogo allo stesso tempo claustrofobico e terrificante ma anche ricchissimo e vario, mai uguale, zeppo di dettagli non solo interessanti, ma anche fondamentali ai fini della trama; si può anzi dire che l'appartamento è il quinto protagonista del film, con quella lama di luce lungo la quale Margot si incammina verso il suo destino e le spesse tende che fungono da nascondiglio per l'omicida, un complemento d'arredo elegante e "sicuro" che si trasforma nel giro di un inquadratura in un abisso di orrore, e lo stesso vale per il telefono, ambivalente fonte di salvezza e morte. All'interno dell'appartamento, poi, vagano fior di attori. L'attenzione dello spettatore "casuale" rischia di venire catturata solo dalla bellezza surreale di Grace Kelly, principessa raffinata dal guardaroba commovente, i cui colori si fanno sempre più scuri a mano a mano che il suo destino diventa plumbeo, ma le vere chicche de Il delitto perfetto sono Ray Milland e John Williams. Ray Milland è mefistofelico ed inquietante, i suoi gesti e sguardi seppelliscono quelli di centinaia di villain cinematografici che hanno meno della metà del suo carisma (e pensare che parliamo di un ex tennista!) e i suoi modi di fare veicolano un meraviglioso humour nero, mentre John Williams è l'ispettore sagace e apparentemente "sottotono" che tutti vorremmo avere accanto nel caso ci ritrovassimo ingiustamente accusati di aver compiuto un omicidio. Il delitto perfetto è uno di quei film che non perdono di freschezza nemmeno dopo più di 60 anni ed è piaciuto tantissimo anche al Bolluomo, che non l'aveva mai visto, quindi è assolutamente da recuperare nel caso l'aveste snobbato fino ad oggi.


Del regista Alfred Hitchcock ho già parlato QUI.

Ray Milland interpreta Tony Wendice. Inglese, lo ricordo per film come La casa sulla scogliera, Giorni perduti (che gli è valso l'Oscar), Sepolto vivo, L'uomo dagli occhi a raggi X, Frogs e Incredibile viaggio verso l'ignoto; inoltre ha partecipato a serie come Colombo, Fantasilandia, Love Boat e Charlie's Angels. Anche regista e produttore, è morto nel 1986, all'età di 79 anni.


Grace Kelly interpreta Margot Wendice. Americana, la ricordo per film come Mezzogiorno di fuoco, La ragazza di campagna (che le è valso l'Oscar), Mogambo, La finestra sul cortile e Caccia al ladro. Anche produttrice, è morta nel 1982, all'età di 52 anni.


Hitchcock avrebbe voluto Cary Grant nei panni di Tony ma la Warner pensava che sarebbe stato un errore offrirgli il ruolo del villain mentre Olivia De Havilland voleva troppi soldi per quello di Margot. Nel 1998 il film ha ottenuto una sorta di remake dal titolo Delitto perfetto, che vi consiglio di recuperare per amor di vintage (è su Netflix), anche se non lo ricordo granché bello. ENJOY!

mercoledì 29 luglio 2020

Gli uccelli (1963)

Oggi mi imbarcherò nella difficile impresa di parlare de Gli uccelli (The Birds) diretto nel 1963 da Alfred Hitchcock e tratto dal racconto omonimo di Daphne Du Maurier.


Trama: la bella e ricca Melanie si incapriccia di un avvocato e, con la scusa di regalare due inseparabili alla sorellina, si reca a casa di lui, a Bodega Bay. Lì avrà la sventura di dover affrontare la follia inspiegabile dei volatili locali...



Erano anni, decenni che non riguardavo Gli uccelli. Mi era venuta una voglia pazzesca di recuperarlo a marzo, dopo aver avuto la fortuna di andare a Genova a vedere la mostra dedicata a Hitchcock, proprio la settimana prima del lockdown; lì proiettavano un ottimo documentario di cui purtroppo non ricordo il titolo, interamente imperniato su Gli uccelli, reso come uno dei più perfetti esempi di horror mai girati, mentre in un altra sezione della mostra si sottolineava la genialità della colonna sonora del film, curata da Bernard Herrmann e interamente composta da suoni elettronici atti a replicare i versi degli uccelli, gli unici suoni udibili nel corso del film a parte la snervante Risseldy Rosseldy, utilizzata per una delle sequenze più tese dell'intera pellicola. E cos'è, in effetti, Gli uccelli, se non un horror? Pensate alle motivazioni risibili che portano la protagonista, Melanie, a recarsi a Bodega Bay, antesignane di tutti gli sciocchi pretesti utilizzati per trascinare i personaggi in boschi infestati, case fatiscenti o simili: la bionda fanciulla si incapriccia di un avvocato, tale Mitch, dopo essersi finta per lui commessa di un negozio di animali e, colta in flagrante, fa carte false per scoprire dove abita e poterlo così rivedere. A Bodega Bay, amena cittadina sul mare, ci saranno ad attenderla equivoci amorosi (la parte più "frizzante" del film, tra vecchie fiamme di Mitch che diventano amiche e confidenti di Melanie), madri gelose e autoritarie e, ovviamente, uccelli assassini pronti a fare scempio degli ignari abitanti e di qualunque turista di passaggio. E bello vedere come, prima di entrare nel vivo dell'azione, Hitchcock si impegni a delineare innanzitutto i legami tra personaggi e ricreare l'atmosfera di una cittadina dove tutti si conoscono, zeppa di abitanti a dir poco folkloristici e impreparati ad affrontare una calamità per la quale non ci sono spiegazioni, ma quando l'azione chiama il vecchio Hitch non si tira di sicuro indietro.


Ricordo la prima volta che avevo visto Gli uccelli. Conoscevo il film di fama, ma ovviamente ero una ragazzina e mi sarei aspettata qualcosa di più "violento" e anche se ne ero rimasta soddisfatta mi aveva lasciata con un lieve retrogusto amaro in bocca. Visto con un po' più di sale in zucca, mi rendo conto che Gli uccelli funziona di più quando gioca ad accrescere la tensione e non mostra, piuttosto che quando i pennuti si scatenano (anche se la sequenza ambientata in città, caotica ma perfettamente controllata dal genio di Hitchcock, è assai notevole), provocando nello spettatore il terrore di ciò che potrebbe succedere semplicemente inquadrando stormi di uccelli in attesa, accompagnati dall'inquietante suono dei loro versi. Le immagini efferate a dire il vero non mancano: penso alla macabra scoperta di Lydia, talmente scioccante da bloccare persino l'urlo nella gola della povera donna (e Jessica Tandy è l'attrice più brava del mucchio), oppure al destino che tocca uno dei personaggi principali, vittima della beffarda ironia del regista, prima ancora che alla scena più famosa e difficile della pellicola, quel prefinale al cardiopalma che ha mandato la povera Tippi Hedren all'ospedale per una settimana. Eppure, col tempo sono arrivata ad apprezzare altre sequenze, tutte giocate sulle inquadrature dei volti stravolti degli attori e su un montaggio nervoso che replica alla perfezione lo sguardo di un essere umano in tensione, pronto a cogliere frammenti spezzati di luoghi amati e conosciuti trasformati in incubi claustrofobici, con teneri pennuti a prendere il posto di mostri famelici, becchi adunchi che si protendono al posto delle mani, frullare d'ali invece di versi gutturali e uno, due, tre uccellini che, ad ogni inquadratura, aumentano di numero gettando un piombo dopo l'altro nello stomaco dello spettatore. Un film dell'orrore, come ho scritto sopra, uno dei più belli e inaspettati, ennesima dimostrazione della genialità di un regista che, passati ormai più di cinquant'anni, non smette ancora di stupire.


Del regista Alfred Hitchcock, che compare anche come proprietario dei due cagnolini all'uscita del negozio di animali, ho già parlato QUI mentre Veronica Cartwright, che interpreta Cathy Brenner, la trovate QUA.

Rod Taylor interpreta Mitch Brenner. Australiano, ha partecipato a film come Il gigante, Bastardi senza gloria e a episodi di serie quali Ai confini della realtà, La signora in giallo e Walker Texas Ranger, inoltre ha lavorato come doppiatore in La carica dei 101. Anche sceneggiatore e produttore, è morto nel 2015 all'età di 84 anni.


Jessica Tandy interpreta Lydia Brenner. Inglese, la ricordo per film come Cocoon - L'energia dell'universo, Miracolo sull'8a strada, Cocoon - Il ritorno, A spasso con Daisy (che le è valso l'Oscar come migliore attrice protagonista) e Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, inoltre ha partecipato a serie quali Alfred Hitchcock presenta. E' morta nel 1994 all'età di 85 anni.


Tippi Hedren (vero nome Natalie Kay Hedren) interpreta Melanie Daniels. Americana, madre di Melanie Griffith, ha partecipato a film come Marnie, Il grande ruggito, Gli uccelli II e a serie quali La donna bionica, Alfred Hitchcock presenta, Beautiful, L'ispettore Tibbs, La signora in giallo, The 4400 e CSI - Scena del crimine. Anche produttrice, ha 90 anni.


Esiste un Gli uccelli II, film per la TV del 1994 dove compare anche Tippi Hedren, nei panni di un altro personaggio chiamato Helen. Non l'ho mai visto e, onestamente, non vi consiglio di vederlo ma sarebbe interessante l'idea di una serie TV basata sullo stesso soggetto. Se ne parlava nel 2017 ma il progetto pare sia stato abbandonato. ENJOY!

domenica 15 dicembre 2013

Hitchcock (2012)

Piano piano sto recuperando tutti quei film meritevoli che, nonostante questo, non hanno mai trovato distribuzione dalle mie parti e questa volta è toccato al bellissimo Hitchcock, diretto nel 2012 dal regista Sacha Gervasi e tratto dal libro Alfred Hitchcock and the Making of Psycho di Stephen Rebello.


Trama: dopo Intrigo internazionale, Alfred Hitchcock trova una nuova fonte d'ispirazione nel libro Psycho di Robert Bloch. Osteggiato da produttori e giornalisti, indebitato e totalmente immerso nel lavoro, non si accorge di quanto la moglie Alma si stia allontanando da lui...


Hitchcock è un film interessantissimo e frizzante, sia per gli appassionati di Hitch che per chi vuole gustarsi un'ora e mezza di sano intrattenimento cinematografico, magari imparando qualcosa su uno dei massimi esponenti della settima arte. Mescolando episodi legati alla vita privata del regista, una ricostruzione del making of di Psyco e le inquietanti suggestioni di un Ed Gein negli inediti panni di Grillo Parlante, Hitchcock pone sotto i riflettori una parte assai importante e difficile della carriera del Maestro della Suspance, un momento in cui al successo si accompagnano le inevitabili incertezze, il timore di sbagliare, la paura di diventare mero fenomeno commerciale svilito da un'avventura televisiva di successo, un attimo di crisi derivata dalla vecchiaia e dal desiderio di risvegliare sensazioni sopite alimentandole con la fantasia. Nella pellicola, infatti, Hitchcock comincia a perdere progressivamente il contatto con la realtà com'era accaduto ad Ed Gein e Norman Bates (meravigliosa la scena in cui, davanti a una Vivien Leigh urlante e terrorizzata, sfoga tutta la sua rabbia mostrando alla troupe come girare la famosa sequenza della doccia), terrorizzato dall'idea di venire tradito e abbandonato da tutti, attrici, moglie, pubblico, critici. Un indebolimento mentale che si accompagna ad una debolezza fisica manifestata nella febbre e nella fame compulsiva e che mostra un Hitchcock terribilmente imperfetto e molto più umano dell'ironica e sarcastica "sagoma" che, come spettatori, siamo arrivati a conoscere.


Ed è bello, finalmente, fare anche la conoscenza di Alma, la grande donna dietro un grande uomo e, forse, la vera protagonista del film, interpretata da una grandissima Helen Mirren che più di una volta eclissa il pur bravissimo Anthony Hopkins (truccato così bene che il film è stato candidato all'Oscar per il miglior make-up). Alma è una capacissima donna con tutti gli attributi necessari per sostenere l'ingombrante (in tutti i sensi) marito e, a quanto pare, è anche la mente che ha trasformato una pellicola schifata persino da Hitchcock nello Psyco che tutti noi conosciamo e amiamo; all'interno del film possiamo vedere come la crisi creativa e umana che ha colpito il marito ricada pesantemente anche su Alma, costantemente messa in ombra dalla fama del consorte o dall'insana passione di quest'ultimo per le bionde star dei suoi film. Nel corso della pellicola, Alma cerca di ritrovare una sua indipendenza allontanandosi da Hitchcock e trovando conforto in un Danny Huston sempre più a suo agio nei panni del viscido piacione, ed è buffo e molto commovente vedere come due persone che si conoscono e si aiutano a vicenda da anni arrivino a non capirsi più, ad evitarsi o parlarsi solo tramite feroci punzecchiature reciproche. Alla crisi coniugale corrisponde un terribile momento di empasse nel corso della realizzazione di Psyco e ad un conseguente calo della qualità del lavoro di Hitchcock e il regista Sacha Gervasi è molto bravo a giostrare queste due anime del film senza scadere nel melodramma sentimentale o nel freddo documentario, facendoci così affezionare ai due testardi protagonisti e intrigandoci con i retroscena di un Capolavoro del cinema che, per quanto sia conosciuto, nasconde comunque molti segreti. La presenza di un cast affiatato e valido e l'ironica cornice alla Alfred Hitchcock Presenta, infine, contribuiscono a rendere Hitchcock un gioiellino ancora più prezioso, che vi consiglio di recuperare il prima possibile.


Di Anthony Hopkins (Alfred Hitchcock), Helen Mirren (Alma Reville), Scarlett Johansson (Janet Leigh), Danny Huston (Whitfield Cook), Toni Collette (Peggy Robertson), Jessica Biel (Vera Miles), James D’Arcy (Anthony Perkins) e Kurtwood Smith (Geoffrey Shurlock) ho già parlato ai rispettivi link.

Sacha Gervasi è il regista della pellicola. Inglese, prima di Hitchcock ha diretto solo il documentario Anvil: The Story of Anvil. Anche sceneggiatore e produttore, ha 47 anni. 


Michael Wincott (vero nome Michael Anthony Claudio Wincott) interpreta Ed Gein. Canadese, lo ricordo per film come Talk Radio, Nato il quattro luglio, The Doors, Robin Hood – Principe dei ladri, I tre moschettieri, Il corvo, Dead Man e Alien – La clonazione; inoltre, ha partecipato a serie come Miami Vice. Ha 55 anni e due film in uscita. 


Tra gli altri attori compare anche, nei panni dello sceneggiatore Joseph Stefano, l’ex Karate Kid Ralph Macchio. Andrew Garfield invece era stato convocato per il ruolo di Anthony Perkins ma ha dovuto rinunciare per i suoi impegni teatrali. Detto questo, se Hitchcock vi fosse piaciuto recuperate ovviamente i film del corpulento maestro della suspance e magari anche Ed Wood e Il discorso del re! ENJOY!

martedì 22 novembre 2011

I predatori del Bollalmanacco perduto: Psycho (1998)

Siccome col passaggio da Splinder a Blogger si è perso un intero mese di Bollalmanacco (ottobre 2010, nientemeno!!) ho deciso di ripostare i pezzetti mancanti, anche a beneficio dei nuovi lettori. Ovviamente copierò i post paro paro, quindi eventuali errori/refusi vanno guardati con assoluta indulgenza, vi prego!

Comincerò con Psycho di Gus Van Sant... ENJOY!!

Ci sono dei film che sono capolavori assoluti, a prescindere dal genere. E poi, ovviamente, ci sono i remake, più o meno belli, i prequel e i sequel (spesso pessimi) e cose come lo Psycho di Gus Van Sant che non si limita ad essere un remake, ma un omaggio scena per scena, una copia precisa ed aggiornata dell’opera di Hitchcock, una testimonianza dell’allievo verso il Maestro indiscusso impreziosita da una colonna sonora che, aggiornata dal dio Elfman, non penalizza affatto le splendide e famosissime musiche di Bernard Herrmann.

La trama, per chi non la sapesse, è questa: Marion Crane lavora in banca, un’umile impiegatuccia che ha una tresca con un altro poveraccio che non arriva alla fine del mese. L’occasione per cambiare vita si presenta quando un miliardario deposita nella sua banca una somma di denaro spropositata, che le viene affidata. Marion prende i soldi e scappa, finendo a rifugiarsi nel Bates Motel, gestito da Alan Bates, tassidermista vessato da una madre carogna. Rifugio infausto, visto che la povera Marion, come da leggenda, viene fatta fuori nella doccia dalla madre di Bates… e lì cominciano le indagini (e il vero fulcro del film).

Come dicevo sopra, più che un remake questo è un omaggio, rifatto scena per scena, dello Psyco originale, ambientato ai nostri giorni ma con un gusto molto retrò, sia per gli ambienti che per i costumi (si vedano le splendide mise di Anne Heche o l’abito molto “bogartiano” del detective Arbogast) che, a mio avviso, anziché esaltare i pregi dell’originale, affossa completamente una trama che, per chi ha già visto la pellicola di Hitchcock, si rivela essenzialmente banale e anche un po’ kitsch (Vince Vaughn imparruccato e caramellomane non si può vedere!). Certo, l’analisi della schizofrenia è sempre interessante, soprattutto per l’inquietante finale che si discosta un po’ dall’originale, e gli attori sono bravini (seppure ogni personaggio sia una figuretta bidimensionale eclissata da quello di Norman Bates) ma alla fine questo film è stato così tante volte ridotto a clichè e parodia che qualunque cosa si discosti dal Capolavoro del regista inglese sa un po’ di presa in giro commerciale.

Rammento infatti che ai tempi ci fu un gran battage pubblicitario per questo remake.. oggetti ora introvabili come la tenda da doccia completamente rossa sangue con il logo della pellicola, per esempio. Mentre invece, parlando di parodie, a mio avviso la migliore è e resterà sempre Il Silenzio dei Prosciutti del nostrano Ezio Greggio, che vanta nel cast la presenza di Martin Balsam (il detective Arbogast dello Psyco originale), Billy Zane, Dom DeLuise e anche John Astin, il Gomez della vera Famiglia Addams. Impareggiabile… IGHIBU’!!


Gus Van Sant è un regista americano esperto di film stilosi, patinati e soprattutto commerciali. Non ne vado proprio matta, ma tra le sue pellicole ricordo Belli e dannati, Cowgirls il nuovo sesso, Will Hunting e Elephant. Ha 56 anni e due film in uscita.

Vince Vaughn interpreta Norman Bates ed è, lo ammetto, una mia debolezza, da quando mi sono vista almeno cinque o sei suoi film in Australia. In originale è incomprensibile, ha una parlantina velocissima ed è logorroico da morire. Però è un fico, c’è poco da fare. Tra i suoi film ricordo Il mondo perduto: Jurassic Park, l'orrendo The Cell - La cellula, Starsky and Hutch, Dodgeball, l'esilarante Anchorman: The Legend of Ron Burgundy, Due single a nozze. Ha 38 anni e due film in uscita.

Anne Heche interpreta Marion Crane. Salita alla ribalta ai tempi per essere la fidanzata di Ellen DeGeneres, la prima attrice ad essersi dichiarata liberamente lesbica e fiera di esserlo, ha interpretato tra gli altri Donnie Brasco, So cosa hai fatto, Sei giorni sette notti e ha partecipato, per la tv, a serie come Allie McBeal, Ellen, Nip/Tuck. Ha 39 anni e un film in uscita.


William H. Macy, che interpreta il Detective Arbogast, è uno dei miei attori/caratteristi preferiti, sposato con la splendida Felicity Hauffman. Assieme alla lunga partecipazione al serial ER lo ricordo in Radio Days, Il cliente, Fargo, Air Force One, Boogie Nights - L'altra Hollywood, Pleasantville, Magnolia, oltre che alla serie Incubi e deliri. Ha 58 anni e sei film in uscita.

Viggo Mortensen interpreta il fidanzato di Marion, Sam Loomis, ed è l’unico attore mostro, che diventa un fico assurdo quando è spettinato, zozzo e barbone. Artista, cantante e scrittore, oltre che attore, ha recitato in film come Non aprite quella porta III, Carlito's Way, L'ultima profezia, Ritratto di Signora, Insoliti criminali, Daylight - Trappola nel tunnel, Il delitto perfetto (è abbonato ai remake di Hitchcock XD) la trilogia de Il Signore degli Anelli, A History of Violence. Ha 50 anni e 3 film in uscita.

Julianne Moore è una delle mie nemesi. Interpreta Lila, la sorella di Marion, e al pari di Nicholas Cage non capisco perché un’attrice col carisma e l’espressività di una patata molla e lessa debba essere protagonista di film splendidi. Tra le pellicole che ho visto e di cui è protagonista: I delitti del gatto nero, Body of Evidence, America oggi, Il mondo perduto: Jurassic Park, I segreti del cuore, Boogie Nights - L'altra Hollywood, Il grande Lebowski, Magnolia, Hannibal, The Shipping News, Far From Heaven, The Hours. Ha 48 anni e cinque film in uscita.

Nel post originale mettevo qualche foto e concludevo con un paio di video de Il silenzio dei prosciutti, ma visto che Blogger ha qualche problema con le foto e i video non sono più disponibili e che comunque ora non metto più video l'intento filologico è andato a farsi benedire. Pertanto... ENJOY il resto del blog u__u!

Già pubblicato anche su The Ed Wooder

lunedì 31 ottobre 2011

Psyco (1960)

Buon Halloween a tutti, horrormaniaci! In occasione della festività affronterò il mio senso di inadeguatezza, che mi assale come un assassino sotto la doccia. E non è una metafora casuale. Per l'occasione ho deciso infatti di recensire Psyco (Psycho), il famosissimo capolavoro del genio del brivido Sir Alfred Hitchcock, datato 1960, e dire che ho paura di uno scarsissimo risultato è dire poco. Let’s try.



Trama: a causa di una relazione resa ardua dalla mancanza di denaro contante, la segretaria Marion Crane viene spinta a rubare una cospicua somma al suo datore di lavoro. Durante la fuga finisce per fare tappa al Bates Motel… con inevitabili e terribili conseguenze.



Chi segue il Bollalmanacco sa che ho già recensito il recente remake diretto da Gus Van Sant e sa che il film in questione, più che un remake, è praticamente un rifacimento immagine per immagine. E allora perché è così difficile parlare di Psyco che, pur essendo passato alla storia, non è il più bel film di Hitchcock (almeno a parer mio)? Beh perché, al di là della trama alla fin fine un po’ dilungata e noiosetta, ci sarebbe da parlare per ore di ogni singola inquadratura, di ogni scelta registica, di ogni perfetta combinazione tra musica, attori ed immagini. E io, col mio piccolo blog fancazzista (in senso buono, ovviamente!) non ho i mezzi né le conoscenze per una simile analisi. E allora, più che sviscerare ogni dettaglio di un film già recensito da teste coronate molto superiori alla sottoscritta, mi limiterò a parlare di quello che mi ha colpita di Psyco, sperando che vi invogli a vederlo.



La cosa che amo di più del film è l’inizio, quella meravigliosa ed indimenticabile combinazione tra gli stilizzati titoli di Saul Bass e l’inquietante score del maestro Bernard Herrman, una mescolanza di righe grafiche e suoni stridenti che non potrebbero introdurre meglio una storia piena di contraddizioni. Adoro l’utilizzo di quel bianco e nero che sembra rendere tutto più oscuro ed opprimente, anche quando è chiaro che le scene sono ambientate di giorno. Mi fanno impazzire i movimenti di macchina del divino Hitchcock, soprattutto in due momenti: nella famosissima scena della “doccia”, dove ogni inquadratura è talmente ben fatta e significativa che la commozione davanti a questa bravura insuperabile quasi travalica l’ansia dovuta all’evento che passa sullo schermo, e poi nell’altra splendida scena della morte di Arbogast, forse ancora più efficace perché assolutamente inaspettata e ripresa da un’angolazione così lontana dai comuni canoni del thriller che l’improvvisa comparsa dell’assassino fa saltare lo spettatore dalla sedia. Ovviamente non posso dimenticare la lenta e scioccante rivelazione finale, accompagnata dall’agghiacciante urlo di Vera Miles, né l’immagine che suggella la conclusione di Psyco, con la voce di “madre” ad accompagnare il sorriso inquietante sul volto di Norman, su cui si sovrappone il miraggio di un teschio.



E la trama in sé? Pretestuosa, lo ammetto, e lo ammette anche Hitchcock per bocca dello psichiatra nelle ultime sequenze, quando dichiara che “i soldi sono nella palude”. Chissenefrega dei soldi, dell’effettiva debolezza dei dialoghi, dell’assurdità della rivelazione finale (che, ammettiamolo, col senno di poi fa anche un po’ ridere); quello che interessava al regista era mostrare come si potesse intrattenere il pubblico e creare un film indimenticabile senza dover ricorrere a budget eccessivi e nomi pomposi, una sorta di divertissement autoriale che ha creato uno dei mostri più famosi della storia del cinema, un manuale vivente di psicopatologia. Norman Bates diventa così il fulcro dell’intera pellicola, grazie alla splendida interpretazione del povero Anthony Perkins, che rimarrà per sempre legato ad un personaggio ambiguo, emblema del senso di colpa che porta alla follia e della debolezza della mente umana. E con questo concludo, amici lettori, non mi va di dilungarmi troppo e cominciare a suonare arrogante. Se le poche parole che ho speso vi avranno convinti a guardare Psyco, allora la mia indegna recensione avrà raggiunto lo scopo!  

Alfred Hitchcock è il regista della pellicola (alla quale partecipa anche come attore, spuntando alle spalle di Marion prima che entri in banca). Maestro indiscusso della suspance e del cinema con la C maiuscola, pur essendo stato scandalosamente nominato cinque volte all’Oscar senza averne mai vinto uno, ha firmato capolavori indimenticabili come Il pensionante, Rebecca la prima moglie, Notorius l’amante perduta, Il delitto perfetto, La finestra sul cortile, Caccia al ladro, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Gli uccelli e Marnie, solo per citare quelli che ho visto. Ha lavorato anche per la tv, creando la storica serie Alfred Hitchcock presenta. Inglese, anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 1980 all’età di 80 anni.



Anthony Perkins interpreta Norman Bates. Fulgido esempio di attore arrivato al successo con un personaggio e condannato ad essergli legato fino alla fine dei suoi giorni, ha partecipato a film come Assassinio sull’Orient Express, Psycho II, Psycho III e Psycho IV. Americano, anche regista e sceneggiatore, è morto nel 1992 all’età di 60, per complicazioni dovute alla contrazione del virus dell'HIV.



Vera Miles (vero nome Vera June Ralston) interpreta Lila Crane. Americana, ha partecipato a film come Sentieri selvaggi e Psycho II, oltre a serie come Alfred Hitchcock presenta, Rawhide, Ai confini della realtà, The Outer Limits, Bonanza, Colombo, Magnum P.I., La casa nella prateria, Love Boat e La signora in giallo. Ha 72 anni.



Janet Leigh (vero nome Jeanette Helen Morrison) interpreta Marion Crane. Ex moglie di Tony Curtis, da cui ha avuto Jamie Lee Curtis e la sorella Kelly, ha partecipato a film come Piccole Donne, L’infernale Quinlan, Fog e Halloween 20 anni dopo, oltre a serie come Colombo, Love Boat, La signora in giallo e Ai confini della realtà. Americana, è morta di vasculite nel 2004, all’età di 77 anni.



Martin Balsam interpreta il Detective Arbogast. Il motivo per cui ho deciso di dedicare un trafiletto anche ad un attore che, effettivamente, nel film compare poco, è che Ezio Greggio lo ha fatto partecipare con lo stesso ruolo anche al suo Il silenzio dei prosciutti, quindi quest’uomo mi è entrato nel cuore. Scherzi a parte, la sua è stata una carriera di tutto rispetto, visto che conta titoli come Fronte del porto, Colazione da Tiffany, Il promontorio della paura, Assassinio sull’Orient Express, Tutti gli uomini del presidente, Il giustiziere della notte 3, Due occhi diabolici e Cape Fear – Il promontorio della paura. Per la tv, ha partecipato alle serie Rawhide, Alfred Hitchock presenta, Ai confini della realtà, Il tenente Kojak, La signora in giallo e persino ai nostrani La Piovra 2 e La Piovra 5. Americano, vincitore di un premio Oscar come miglior attore non protagonista per il film L’incredibile Murray, è morto a Roma nel 1996, per attacco cardiaco, all’età di 76 anni.



E ora un paio di curiosità. Tra le attrici in lizza per il ruolo di Lila c’erano Piper Laurie (che avrebbe poi interpretato la madre di Carrie nell’omonimo film e la perfida Catherine Martell nella serie I segreti di Twin Peaks) e la diva degli anni ’60 Lana Turner. Del film esistono ben tre seguiti, l’ultimo dei quali è stato girato solo per la tv, un remake, lo Psycho di Gus Van Sant., e uno spin – off televisivo dal titolo Il motel della paura, che parla di un compagno di manicomio di Bates che ha ereditato le sue stesse pulsioni omicide. Se vi fosse piaciuto Psyco vi consiglierei di guardare Shining, Rosemary’s Baby oppure A Venezia… un dicembre rosso shocking; il primo, per il tema della follia, gli altri due per l’elegante e rara capacità di mettere un’ansia incredibile senza gran dispiego di scene gore. ENJOY e buon Halloween!!

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