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martedì 29 agosto 2023

Cobweb (2023)

Altro horror agostano che avevo sul radar da prima ancora che ne parlasse Lucia è questo Cobweb, diretto dal regista Samuel Bodin.


Trama: il piccolo Peter, ragazzino schivo e solitario, comincia a sentire una voce di notte, che gli apre a poco a poco gli occhi su una terribile realtà...


Il post su Cobweb sarà assai breve, in quanto il film trova il suo punto di forza in una trama ambigua che intorta lo spettatore un po' come vuole, lasciandolo spiazzato anche nel momento in cui, se un po' più scafato della media, si convince di aver capito proprio tutto, com'è successo a me. In soldoni, Cobweb è una deliziosa, cattivissima fiaba nera di Halloween, avente per protagonista Peter, un bimbetto solitario che a scuola viene bullizzato e a casa viene riempito di affetto da genitori iperprotettivi. Una notte, il piccolo Peter comincia a sentire una voce provenire dai muri della sua camera e da quel giorno la sua vita cambia... in che modo, ovviamente, non vi sto a dire. Sulla trama non posso ricamare troppo, anche se a un certo punto ho pensato che lo sceneggiatore (tra l'altro lo stesso di quella schifezza dell'ultimo Non aprite quella porta) si sia letto con attenzione il racconto breve da cui era stato tratto Antlers per trarne ispirazione, soprattutto per quanto riguarda Miss Devine, la maestra che prende a cuore Peter, ma vi assicuro che vi affezionerete al giovanissimo protagonista e odierete molti altri personaggi, facendovi contagiare dal veleno contaminante della solitudine e della tristezza.


Posso invece dire qualcosina di più relativamente alla realizzazione e agli attori. Se non avete mai visto la serie Netflix Marianne, purtroppo interrotta stupidamente alla fine della prima stagione, vi consiglio di farlo perché Samuel Bodin ci si è fatto le ossa per bene ed arrivato pronto al salto verso il mondo dei lungometraggi: Cobweb ha infatti un'ottima gestione non solo degli ambienti, del buio e dei jump scare ma soprattutto di quei momenti in cui è il confronto tra personaggi a generare inquietudine, quell'intersecarsi di parole, sguardi e piccoli dettagli che la cinepresa coglie e riporta allo spettatore, alimentandone l'ansia senza ricorrere ad immagini scioccanti. A tal proposito, Cobweb non è comunque timido per quanto riguarda le scene più horror e ha, inoltre, l'indubbio pregio di non ricorrere a una CGI invasiva nei momenti "rivelatori", ma ciò in cui eccelle e l'atmosfera inquietante e claustrofobica generata dalle scenografie, tra campi di zucche, cupe magioni, luoghi bui e stretti e arredi vetusti. Una luce generalmente malata e giallognola fotografa gli ambienti e i volti di attori bravissimi: la Caplan e Starr sono ormai due garanzie quando si tratta di interpretare un certo tipo di personaggi (e Starr è imponente anche senza i capelli biondi e il fisico statuario di Homelander) ma è il quattordicenne Woody Norman a reggere buona parte del peso del film, risultando molto più piccolo e fragile della sua età anagrafica, il che concorre ad alimentare l'empatia dello spettatore verso uno dei rari bimbi non odiosi presenti all'interno di un horror. Purtroppo, non posso aggiungere altro, tranne che Cobweb è uno degli horror che ho preferito quest'anno e che spero di vederlo presto distribuito in Italia, magari per Halloween. Considerata la presenza di Evan Goldberg e Seth Rogen tra i produttori, magari finirà dritto su Prime, anche se mi piacerebbe tantissimo vederlo al cinema!


Di Lizzy Caplan, che interpreta Carol, ho già parlato QUI

Samuel Bodin è il regista della pellicola. Francese, ha diretto la serie Marianne, che potete vedere su Netflix. E' anche sceneggiatore, attore e produttore.


Antony Starr interpreta Mark. Diventato giustamente famoso per il ruolo di Homelander/Patriota nella serie The Boys, ha partecipato a film come Without a Paddle, The Covenant e alla serie Xena principessa guerriera. Neozelandese, ha 48 anni. 


Cleopatra Coleman, che interpreta Miss Devine, era la moglie del protagonista James Foster in Infinity Pool. Se Cobweb vi fosse piaciuto, recuperate Somnia e Antlers - Spirito insaziabile. ENJOY!


domenica 4 gennaio 2015

The Interview (2014)

Durante le feste ho avuto modo di guardare il film sulla bocca di tutti, quello che non sarebbe mai dovuto uscire, The Interview, diretto e co-sceneggiato nel 2014 dai registi Evan Goldberg e Seth Rogen.


Trama: il giornalista scandalistico Dave Skylark ottiene un'intervista con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un e viene ingaggiato dalla CIA, assieme al produttore Aaron Rapaport, per ucciderlo...


Il cinema, come tutte le forme d'arte, è davvero questione di prospettiva. The Interview, prima ancora di uscire, ha rischiato di scatenare una guerra tra Nord Corea e USA, ha attirato su di sé minacce di attacchi terroristici simili a quelli dell'11 settembre tanto da convincere la gran parte delle sale cinematografiche americane a non programmarlo, ha portato un gruppo di haker a sputtanare ben bene la Sony riversando sul web e-mail dai contenuti compromettenti, ha scomodato Obama e concetti come la libertà di espressione ed è finalmente uscito il 24 dicembre nei pochi cinema che hanno avuto il coraggio di proiettarlo e su alcune piattaforme On Demand. Ma, in definitiva, cosa diamine è questo The Interview? Come si diceva, questione di prospettiva. Da occidentale cresciuta in un Paese "libero" è in pratica l'equivalente di Hot Shots! parte 2, dove veniva messo alla berlina Saddam Hussein, oppure degli sketch con Luca e Paolo che avevano per protagonista Bin Laden, solo un po' più volgare e logorroico; non ho visto nessuna volontà di essere sovversivo, di documentarsi sulla reale situazione del Nord Corea (di fatto, le critiche che vengono mosse al dittatore sono le stesse che potrebbe muovere qualsiasi tuttologo di internet con una superficiale conoscenza della situazione), nessun elogio degli USA e neanche nessuna critica se non, anche lì, molto superficiale e maggiormente concentrata sul mondo dell'entertainment e del giornalismo sensazionalistico a tutti i costi. Certo, se mi mettessi invece nei panni di persone cresciute all'ombra di una dittatura e convinte che il loro capo dello stato sia un Dio sceso in terra mi girerebbero parecchio i cabasisi davanti ad un film simile, perché l'"ironia" di Goldberg e Rogen non è quella raffinata dei Monthy Piton e del loro Brian di Nazareth per dire, ma è un umorismo crasso, di cattivo gusto, a base di culi, cacca, scoregge e secchiate di sangue, dove il dittatore nordcoreano viene preso a sputi in faccia e dipinto come un bambino psicopatico o come un cretino totale. A prescindere dalla prospettiva, soprattutto quella di una cultura che assolutamente non sarei mai in grado di capire e condividere, quel che non deve trarre in inganno è che The Interview è un film che molto probabilmente sarebbe passato sotto silenzio se non fosse per tutto il casino che è scoppiato, perché non è così innovativo da giustificare il suo passaggio ad instant cult e non è neppure così divertente da finire negli annali della commedia: è una pellicola che si guarda volentieri e passa, punto.


Mettendo da parte tutti i gossip e gli scandali, diciamo quindi che The Interview come film funziona molto bene fino alla metà della sua durata, soprattutto grazie alla fantastica alchimia tra Franco e Rogen, veri mattatori della pellicola e perfettamente immersi nei ruoli che sono loro più congeniali, ovvero il megalomane pazzo e la spalla più ragionevole. Le risate sono garantite dai dialoghi surreali tra i due (da ascoltare, chevvelodicoaffare, in lingua originale) e da un paio di apparizioni speciali di VIP realmente esistenti, probabilmente l'aspetto più geniale della pellicola. Dopodiché, i due protagonisti vanno in Nord Corea e lì cominciano sia la parodia di un film di spionaggio sia il confronto con il "vero" Kim Jong-Un; per quel che riguarda il primo aspetto, la parodia funziona e strappa delle grasse risate, il secondo è un po' più banale (anche se l'utilizzo inaspettato delle canzoni di Kathy Perry mi ha annientata) e segue un percorso di formazione abbastanza prevedibile sia per il personaggio di Franco che per quello di Rogen. La seconda parte della pellicola soffre invece di qualche lungaggine (d'altronde parliamo di quasi due ore di film, un po' troppo per questo genere) e faciloneria ma ho molto apprezzato la virata più "pulp" di un paio di sequenze, che mi hanno fatto ben sperare per il futuro adattamento di Preacher ad opera di Seth Rogen il quale, se non ho preso un abbaglio, potrebbe dare davvero il bianco per quel che riguarda i personaggi di D'Aronique e Herr Starr. Ma sto divagando, scusate. Quel che è indubbio guardando The Interview è l'incredibile cura del dettaglio infusa nella realizzazione del progetto, a partire dai begli effetti speciali per arrivare a scenografie, costumi ed impiego di comparse, con un'abilità tecnica e registica che non sfigurerebbero all'interno di produzioni ben più serie e blasonate; l'introduzione con il minaccioso inno cantato dalla dolce bimbetta coreana e i titoli anni '60 sono una delle tante, signorili affermazionI di stile che consentono allo spettatore di sentirsi meno preso per i fondelli dal ghigno mangiam**da di James Franco che, al pari di Seth Rogen, sembra consapevole di aver messo su un baraccone mediatico senza pari per una pellicola che probabilmente sarebbe altrimenti stata un discreto flop apprezzato e conosciuto giusto dai loro fan. Torniamo alla questione della prospettiva, dunque: io per quelle due ore mi sono divertita quindi vi consiglierei di far finta di nulla, stare al gioco di questi due adorabili cialtroni e lasciarvi ingannare dalla più bieca operazione commerciale del 2014.


Dei registi e co-sceneggiatori Evan Goldberg e Seth Rogen (che interpreta anche Aaron Rapaport) ho già parlato ai rispettivi link e lo stesso vale per James Franco (Dave Skylark) e Lizzy Caplan (Agente Lacey).

Tra i personaggi famosi che compaiono non accreditati ci sono Eminem, Rob Lowe e Joseph Gordon-Levitt, tutti nei panni di loro stessi. Detto questo, se The Interview vi fosse piaciuto recuperate anche Facciamola finita. ENJOY!

martedì 21 febbraio 2012

Cloverfield (2008)

Oggi parlerò dell’ennesimo mockumentary, genere che va parecchio per la maggiore ultimamente. Nella fattispecie, il Bollalmanacco sta per affrontare quel famoso Cloverfield, diretto nel 2008 dal regista Matt Reeves, che avevo snobbato all’uscita nei cinema (non ricordo se volutamente o meno, in effetti…).


Trama: attraverso un filmino amatoriale assistiamo alla totale distruzione dell’isola di Manhattan, dopo che New York viene invasa da un non meglio specificato mostro marino…


Il mockumentary, si diceva. Una volta, questo sconosciuto, adesso invece genere quotatissimo nell’industria cinematografica. Cloverfield è uno degli ultimi esempi del genere e, per quanto ne ho potuto capire, anche uno dei più interessanti. Essendo abituata, fin dai tempi di The Blair Witch Project, al vedere mostrato poco o nulla oppure ad ambienti chiusi come quelli che si possono vedere in Rec o Paranormal Activity, l’idea di girare con questa tecnica un film di mostri all’interno di una metropoli già di per sé è originale e anche vedere la sconvolgente immagine della creatura e i danni che infligge irrimediabilmente ad una città come New York mozzano il fiato. A prescindere, infatti, dalla furbissima campagna promozionale che io, però, non ho vissuto (video finti, falsi account myspace dei personaggi, miriadi di siti internet dedicati ai temi trattati… d’altronde, il produttore è J.J. Abrams, che di pubblicità ne sa quasi più di Spielberg!), Cloverfield è un bel film, inquietante, ansiogeno e ben diretto.


Quello che mi è piaciuto di più è la totale assenza di spiegazioni, com’è giusto che sia. Ad un certo punto, in tutte le pellicole come queste i personaggi, in modo più o meno gratuito, si beccano lo “spiegone” di cui beneficia di rimando anche lo spettatore. Qui spiegazioni non ce ne sono e tutte le cose che accadono, dalla comparsa del mostro alla causa della morte violenta di uno dei protagonisti per esempio, sono avvolte nel mistero, restano nei limiti di quello che Hud, il “regista” per così dire, riesce a sapere e mostrare con la telecamera. Tutto avviene in tempo reale e rispetta la durata di una semplice cassettina per telecamera portatile, consentendoci così di vivere in diretta le emozioni, la paura, l’incertezza dei protagonisti che, nel bel mezzo di una festa, testimoniano la fine della loro esistenza e della città in cui abitano. L’apocalisse tascabile, insomma, intervallata da spezzoni di un vecchio e più felice filmato che, come la vita dei personaggi coinvolti, viene a poco a poco cancellata dagli eventi di Cloverfield e conclude il film con un beffardo “è stata una bella giornata”.


Ovviamente, la pellicola non è priva di quell’aura di “bufala” che maledice quasi tutti i mockumentary. Personalmente, non capirò mai come sia possibile far passare per verosimile l’idea di uno che, nel bel mezzo di un’invasione di zombie, mostri o affini, si incolla la telecamera alla mano e continua a girare finché non gli staccano di netto l’arto, o peggio. Posso capire in Rec, dove si parla di giornalisti professionisti, ma quello di Cloverfield è l’americano medio dal cervellino sottosviluppato. Certo, a volte spegne la telecamera, altre volte la fa cadere, ma fondamentalmente poi è sempre lì a recuperarla e riaccenderla, anche quando gli tocca scalare un grattacielo in bilico dove i suoi compari fanno fatica a camminare con le mani libere. E non sia mai che il suo amico fesso la lasci a terra nemmeno dopo l’incidente finale o dopo essere stato a tu per tu col mostro!! Miseria, che manie di protagonismo, altro che Grande Fratello! Ma scherzi a parte, un’occhiata a Cloverfield la darei, perché è molto ben fatto. A mio avviso, purtroppo, perde molto su piccolo schermo, non oso immaginare l’effetto che avrà fatto al cinema ai fortunati che lo hanno visto… io, sicuramente, andrò a vedere il seguito.


Del regista Matt Reeves ho già parlato qui mentre Mike Vogel, che interpreta Jason, lo trovate qui. Della partita anche Odette Yustman ( o Annable, che è il suo vero cognome), già approdata sui lidi bollalmanacchici qua.

Lizzy Caplan (vero nome Elisabeth Anne Caplan) interpreta Marlena. Americana, ha partecipato a film come Mean Girls e 127 ore, oltre a serie come Smallville, Tru Calling, True Blood e ad aver doppiato alcuni episodi di American Dad!. Anche produttrice, ha 29 anni e quattro film in uscita.


Nel 2014 dovrebbe uscire un prequel (o un seguito? D’altronde durante i titoli di coda si sente dire “Help us”… ma se lo si riproduce al contrario, suona molto come “It’s still alive” ARGH!!) del film, sempre diretto da Matt Reeves. Nell’attesa, avete tutto il tempo di vedervi con calma Cloverfield, quindi… ENJOY!

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