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martedì 26 settembre 2023

I mercen4ri - Expendables (2023)

Domenica sera sono andata col Bolluomo a vedere I mercen4ri - Expendables (Expend4bles), diretto dal regista Scott Waugh. Ora, siccome ne hanno già parlato in modo più che competente QUI e QUI, non mi sembra il caso di arrivare a fare la galla ignorante sulla munnezza e propinarvi una recensione seria di 'sta somma meenchiata, che vi sconsiglierei di vedere al cinema. Quindi, dopo la consueta trama, troverete le pagelle dei protagonisti (in rigoroso, democratico ordine di credits) con inevitabili spoiler, un po' come facevo assieme ad Alessandra ai bei tempi della terza stagione di Twin Peaks. Ripeto, occhio agli SPOILER e... ENJOY!


Trama: tornano gli Expendables (tradotto in italiano con "cancellabili". Ma anche negli altri film c'era 'sta sonora cretinata?) e stavolta devono cercare di impedire la terza guerra mondiale recuperando dei detonatori rubati dalla misteriosa organizzazione Ocelot... 

Jason Statham - Christmas

Ormai il film è il suo one man show, il che è tutto dire, visto che una volta guardavamo The Expendables per le vecchie glorie, non certo per l'ultimo arrivato. Lo so, io sono sempre stata un po' mossa da acredine verso il buon Jason, e adesso che il mio adorato Bruce si è ritirato in modo inglorioso ho proprio il dente avvelenato (ribadisco che Staham non sarà MAI gnocco come Bruce. E nemmeno bravo), ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: nei panni di Christmas, Statham gigioneggia, picchia come un fabbro ferraio, si sbatte la tizia più patata del film, dissimula imbarazzo pronunciando dialoghi incommentabili senza neppure storcere la bocca, si ritaglia momenti di eroismo puro. Insomma, finché ci crederanno lui e il suo commercialista la saga potrà anche andare avanti. Male, ché quest'ultimo capitolo è imbarazzante, ma avrebbe comunque un senso.
Voto: 7

50 Cent - Easy Day

Talmente inutile che potrebbe anche non esserci, salvo per dare il la ad una gag (in cui lui, peraltro, è fisicamente assente) dove viene utilizzato il suo immortale successo P.I.M.P. Se nel 2010 era stato calcioruotato fuori dall'operazione, ci sarà stato un motivo.
Voto: n.p.


Megan Fox - Gina

Nel post dedicato a Till Death scrivevo queste parole: "mi piacerebbe conoscere la marca dei cosmetici utilizzati visto che il personaggio di Megan Fox, nonostante tutto, arriva a fine pellicola con sopracciglia definite, ciglia lunghissime, zigomi e tratti somatici scolpiti da bronzer, illuminante e blush e persino con le labbra pittate di gloss brillante, messo, per inciso, un istante prima di andare a dormire, così da svegliarsi già pronta al mattino". Ne I mercen4ri la Fox esordisce come la peggiore delle vajasse urlanti, si profonde con Christmas nel pre-amplesso meno sexy della storia del cinema, conclude la sua performance rendendo ciechi gli spettatori maschi con una capezzolata di tutto rispetto e, per il resto del film, si limita a fare brutto tenendo in mano un mitra senza mai perdere neppure una singola particella di illuminante e sempre col capello fluente, morbido, appena mosso da una leggera brezza perenne. Come donna, mi sento leggermente offesa da questa rappresentazione stereotipata di soldatessa alle grandi manovre, ma poi penso che questo è un film per uomini, quindi lascio perdere.
Voto: 2, come i capezzoli.
Voto al visagista: 10 e lode. 


Dolph Lundgren - Gunner

Il comic relief della pellicola, il cecchino in rehab che non riesce a fare centro senza scolarsi una fiasca di liquore. Un punto in più per gli occhialini tondi, mezzo punto in meno per la parrucchetta di stoppia che avrebbe fatto invidia a Klaus Kinski.
Voto: 5 1/2


Tony Jaa - Decha

Si vede pochissimo ma anche un'ignorante come me capisce che, lì dentro, è uno degli unici due attori che sanno menare davvero. Sarei stata ore a guardarlo far roteare coltelli e sprizzare sangue finto dai nemici, invece gli tocca far da spalla a Statham e agli altri balordi. Meh.
Voto: 8, per quel che dura.


Iko Uwais - Rahmat

Altro attore che palesemente sa picchiare come un fabbro ferraio, il suo personaggio viene presentato come un villain coi controcazzi per poi venire degradato, nel pre-finale, a mappina di Statham, che nel giro di un minuto lo usa per lavare i pavimenti. La cosa divertente è che tutti vorrebbero ucciderlo nei modi più truci, addirittura smembrarlo in pezzi, ma la sua morte diventa quasi una evento en passant.
Voto: 5


Andy Garcia - Marsh

Garcia mi piace e mi sta anche simpatico, quindi ho difficoltà a definire questa sua interpretazione. Sulla carta, Marsh dovrebbe essere il supervillain finale più carismatico ever, peccato che nell'esatto istante in cui uno degli Expendables esclama "ma c'è una talpa qui!!", Garcia metta su la faccia di quello che ha scoreggiato in ascensore e non vuole farsi scoprire, così che il "colpo di scena" finale risulta quanto meno telefonato. La terrificante battuta "Bye bye, Bai" avrebbe dovuto fargli incrociare le braccia in segno di protesta, invece l'attore resiste fino alla fine e si vede persino negare la possibilità di tirare un buffetto a Statham. Era meglio rimanere nei panni del Señor Cienfuegos.
Voto: 3


Sylvester Stallone - Barney

Semplicemente vergognoso. Il grande vecchio si fa riprendere nella sequenza iniziale come fosse un Adone tamarro e, per i primi venti minuti, si palleggia con Statham battute di raro imbarazzo all'interno di un siparietto che acquista senso solo sul finale ma che, lì per lì, sembra totalmente avulso dal contesto. Con un escamotage narrativo vetusto e muffito quanto lui riesce a non partecipare al resto del film e, sul finale, vince il premio per il twist più prevedibile e, contemporaneamente, per la stronzata più grande del 2023 cinematografico (L'idea che la mummia di Gheddafi fosse nascosta nel suo zaino e venisse usata come body double era preferibile al prendere un povero stronzo e farlo bruciare vivo così, per diletto).  
Voto: 1. Poi quello pigro e avido era Bruccino. Mabbafangule.


Randy Couture - Toll Road

Un medioman. Rimane nel personaggio, ripete tre battute sostanzialmente identiche, si trasforma nel protagonista della barzelletta di Desperado, e invecchia meglio di quanto stiano facendo gli altri. Non si può volergli male, nel complesso.
Voto: 6


Jacob Scipio - Galan

Un minchia. Entra ed esce dal personaggio, ti ammazza di imbarazzantissima logorrea all'inizio per poi star zitto tutto il resto del film, dovrebbe sostituire l'attore protagonista di Desperado ma non riesce e, a 30 anni, non ha un'oncia del carisma di un Banderas ormai diventato l'ombra di se stesso. Nel complesso, come si fa a non volergli male?
Voto: 2

Levy Tran - Lash

Altro esempio di quota rosa sfruttata di merda. Una ragazza splendida e trenta volte più sexy della Fox, con un potenziale di badassitudine immenso, viene dotata di un'arma fighissima utilizzata solo in una brevissima sequenza, e verrà ricordata, ahimé, solo per l'incommensurabile (nonché inspiegabile) voglia de cazzo che le prende davanti a Randy Couture.  
Voto: 6


Di Jason Statham (Christmas), Megan Fox (Gina), Dolph Lundgren (Gunner), Andy Garcia (Marsh) e Sylvester Stallone (Barney) ho già parlato ai rispettivi link.

Scott Waugh è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Need for Speed. Anche produttore, montatore, attore e sceneggiatore, ha 53 anni. 


Ai tempi de I mercenari 3, ovvero quasi dieci anni fa, Stallone avrebbe voluto o Jack Nicholson o Bruce Willis nei panni del supervillain del quarto capitolo, ma siccome il tempo è passato, i due attori sono andati incontro a un triste destino. Il film avrebbe dovuto essere uno spin-off intitolato A Christmas Story, ma l'idea è stata scartata e trasformata ne I mercen4ri, così come quella di realizzare un'altro spin-off  dal titolo The Expendabelles, interamente al femminile. Sperando che non esca un quinto capitolo, se vi piace il genere recuperate I mercenari - The Expendables, I mercenari 2, I mercenari 3 e Mercenaries. ENJOY!

venerdì 25 febbraio 2022

Wrath of Man (2021)

Qualche domenica fa dovevo andare a vedere King's Man ma per una sfortunata serie di eventi non sono riuscita. Ho ripiegato dunque su Wrath of Man, pseudo-remake del film Cash Truck, diretto e co-sceneggiato da Guy Ritchie nel 2021 e disponibile su Prime.


Trama: il nuovo acquisto all'interno di un'agenzia di portavalori si rivela essere anche troppo bravo nel suo mestiere e sta allo spettatore scoprire perché...


C'era una volta Guy Ritchie. C'era, di fatto, nemmeno troppo tempo fa, visto che lo scoppiettante The Gentlemen è del 2019. Non che sia scomparso, qualcosa del regista inglese rimane in questo Wrath of Man, eppure qui dentro manca un elemento particolarmente importante, ovvero la cazzoneria allegra e il black humour che caratterizzano da sempre la maggior parte dei film meglio riusciti di Ritchie, perché la pellicola in questione è di una serietà mortale. Se vogliamo, la cosa fa un po' ridere già di per sé, vista la natura "classica", molto anni '80/'90, della trama, e dei suoi personaggi tagliati con l'accetta. Ma andiamo nel dettaglio. Wrath of Man racconta la storia di H, uomo duro e puro che non sorride mai nemmeno per sbaglio (e io torno a ripetere, caro il mio Jason Statham, che la fissità facciale Bruce Willis l'ha raggiunta verso il 2015, all'età di 60 anni, mentre tu devi ancora compierne 50 ma sei già irrecuperabile da un decennio) e che trova lavoro all'interno di un'agenzia di portavalori, come guardia giurata, dopo che già due dipendenti si sono beccati un proiettile in faccia durante una rapina. La pericolosità di un lavoro dove, di regola, basta mollare i soldi per sopravvivere, viene sottolineata ad ogni piè sospinto dai vari dipendenti dell'agenzia, un'accozzaglia di uomini (e una donna) duri e puri ma non quanto H, che si ritrovano basiti dinnanzi alla bravura, alla freddezza e al celodurismo di quest'ultimo, il quale in un paio di occasioni riesce a sbaragliare da solo i malviventi uccidendoli malissimo e addirittura mettendone in fuga un paio solo guardandoli. Potete scommetterci i bicipiti scolpiti che H nasconde un segreto, e Ritchie ve lo rivelerà sfasando un po' di piani temporali e andando avanti e indietro tra capitoli scanditi da citazioni (penso) bibliche e personaggi tutti più o meno biasimevoli ma privi di quel guizzo di simpatia capace di renderli in qualche modo gradevoli.


Ritchie
tenta di avvicinarsi allo stile di Michael Mann, buttandoci in mezzo anche qualcosina di 8 mm in una sequenza potenzialmente ad alto tasso di orrore/squallore, ma non riesce ad andare oltre la superficie di uno stile che non è evidentemente il suo, né a nobilitare questa storia di superuomini con superproblemi dando loro un minimo di profondità. Il che non vuol dire che ho odiato Wrath of Man, anzi, la trama sicuramente intrattiene molto, non fosse altro che per capire cosa sia successo ad H e cosa si nasconda nel suo passato, e le scene d'azione sono realizzate con tutti i crismi di una regia assai curata, tuttavia non mi ha divertita in quella maniera tutta esaltante che è propria di Ritchie e c'è da dire che neppure i personaggi sono granché, il che si traduce in uno spreco di attori anche validi (Holt McCallany e Jason Statham sono gli unici due che spiccano, per ovvi motivi, mentre gli altri potrebbero anche essere scambiati con dei cartonati e spariscono dalla mente dello spettatore dopo due minuti, siano essi buoni o cattivi), inghiottiti da quell'aria cupa e triste che pervade la pellicola in tutta la sua interezza. Peccato, perché Wrath of Man avrebbe avuto tutte le potenzialità per diventare un film con le palle, anche con un cambio di stile da parte di Ritchie (ché non è giusto rimanere sempre immutabili e ancorati al passato, per carità), ma così risulta troppo piatto e privo di personalità per farsi ricordare più di un paio di giorni.   


Del regista e co-sceneggiatore Guy Ritchie ho già parlato QUI. Jason Statham (H), Holt McCallany (Bullet), Josh Hartnett (Boy Sweat Dave), Jeffrey Donovan (Jackson), Scott Eastwood (Jan), Andy Garcia (Agente King) e Eddie Marsan (Terry) li trovate invece ai rispettivi link. 


Laz Alonso, che interpreta Carlos, è il Latte Materno della serie The Boys. Se Wrath of Man vi fosse piaciuto cercate Cash Truck, l'originale da cui è tratto, e aggiungete Heat - La sfida. ENJOY!

mercoledì 12 settembre 2018

Mamma Mia! Ci risiamo (2018)

Approfittando di una cena alla quale "non siamo state invitate" (true story), io e la mia amica Izzy abbiamo deciso di concederci una serata tra carampane a base di aperitivo e Mamma Mia! Ci risiamo (Mamma Mia! Here We Go Again), diretto e co-sceneggiato dal regista Ol Parker.


Trama: Sophie decide di onorare il desiderio della madre e di rinnovare e riaprire l'Hotel Bella Donna. Frustrata dalle difficoltà che precedono il giorno dell'inaugurazione, Sophie ripensa al passato della madre, Donna, e alle strane circostanze del suo concepimento.


E' troppo facile parlare male di Mamma Mia! Ci risiamo. Si potrebbe tranquillamente dire che è una commercialata, che è una banale scusa per infilare in un film tutte le canzoni che erano rimaste fuori da Mamma Mia!, che ha una trama basata sul nulla, che ha un doppiaggio italiano fastidiosissimo, che Andy Garcia sembra uscito dritto dalla pubblicità dell'Amaro Averna perché in fondo per gli americani (e anche per gli svedesi), Italia, Grecia e Spagna si somigliano tutte, che Meryl Streep ci avrà anche visto lungo ma comunque dalla cassa è passata lo stesso e che Dominic Cooper senza barba e in versione sentimentale non si può guardare né sentire, non dopo essersi sparati tre stagioni dell'adorabile Preacher. Si possono dire tutte queste cose e anche di più, è vero, e quasi sicuramente la mia ottima predisposizione d'animo sarà stata alimentata dai due bicchieri di Traminer scolati poco prima della visione del film, ma non mi vergogno a dire che Mamma Mia! Ci risiamo è la pellicola più genuinamente divertente, sfacciatamente trash ed entusiasmante vista quest'anno. E sì, agli autori è piaciuto vincere facilissimo, ché non ci vuole davvero nulla a conquistare il pubblico già predisposto piazzando a tradimento la riproposta di canzoni come Mamma Mia!, Dancing Queen e Super Trouper, aggiungendo roba "nuova" come Waterloo, I Have a Dream e un altro brano che non vi sto a spoilerare perché, per me, lì si è toccato decisamente l'apice del tripudio ma, diciamoci la verità: in quanti, dopo Mamma Mia!, si sono comunque affezionati a Donna, Sophie e a tutta la brigata di amiche, amanti e mariti? Per carità, non era il mio desiderio impellente conoscere il destino dei protagonisti di un film basato sulle canzoni degli ABBA, ma rivederli tutti sullo schermo mi ha fatto un immenso piacere. Non tanto per Sophie, in effetti. Anzi, il "litigio" tra Sophie e Sky è uno degli elementi più deboli del film, a me interessava rivedere la splendida Tanya, la tenera Rosie, i meravigliosi Harry e Bill, insomma tornare a divertirmi con quei personaggi secondari in grado di rubare la scena ai protagonisti, e non sono stata delusa in questo... anche perché, a un certo punto, arriva Cher. E lì non ce n'è più per nessuno.


Ai vecchi protagonisti tanto amati si affiancano le loro versioni più giovani, anche perché buona parte del film viene girato come un flashback che intervalla la narrazione del presente con scampoli di passato remoto. Il pubblico arriva quindi a scoprire come mai Donna fosse così incerta sulla paternità di Sophie e anche a capire come mai, tra tutti, alla fine Donna avesse scelto proprio Sam, oggetto di un intenso quanto improbabile amore... durato una settimana. C'è da dire che con gli altri due c'è stata una botta e via, quindi obiettivamente le probabilità che fosse Sam il vero padre di Sophie sono alte ma, insomma, non si sa mai. Il tuffo nel passato di Mamma Mia! Ci risiamo riserva ovviamente un paio di altre sorprese divertenti per i fan del musical e si amalgama senza troppi problemi con quello che veniva raccontato nel film precedente ma c'è comunque un piccolo problemino, ovvero gli attori. Se, infatti, Lily James è carinissima e dotata del carisma necessario per farsi carico dei vari numeri musicali, i tre baldi giovani scelti per interpretare Sam, Harry e Bill sembrano tutti uguali salvo il colore dei capelli e tutti dotati dell'espressività di tre bietoloni, per quanto sul fisico nulla da dire. Nonostante questo, tra i quattro si viene a creare un ottimo affiatamento che rende i numeri musicali assai gradevoli, benché magari non tutti all'altezza di quelli di Mamma Mia!, che ricordo più scatenati e "complessi", in qualche modo, soprattutto nelle coreografie. C'è di che gioire comunque anche in questo Mamma Mia! Ci risiamo, soprattutto verso il finale, e in generale mi è sembrato che tutti i coinvolti si siano divertiti molto, cosa che sicuramente giova all'umore dello spettatore che non può che rimanere travolto da tanta allegria ed entusiasmo. Sarà che in questo periodo avevo bisogno di divertirmi ma non posso che consigliarvi di recuperare questo film e prepararvi a cantare a squarciagola anche quando tornerete a casa!


Di Amanda Seyfried (Sophie), Andy Garcia (Señor Cienfuegos), Lily James (Donna da giovane), Dominic Cooper (Sky), Julie Walters (Rosie), Christine Baranski (Tanya), Pierce Brosnan (Sam), Colin Firth (Harry), Stellan Skarsgård (Bill/Kurt), Cher (Ruby Sheridan) e Meryl Streep (Donna) ho già parlato ai rispettivi link.

Ol Parker (vero nome, Oliver Parker) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha diretto film come Imagine Me & You. Anche produttore, ha 49 anni.


Björn Ulvaeus e Benny Andersson, ex membri degli ABBA, compaiono rispettivamente come professore del college (quando cantano When I Kissed the Teacher) e pianista durante la canzone Waterloo. Per concludere, Cher aveva rifiutato il ruolo di Tanya nel primo film e ha scelto personalmente Andy Garcia per il ruolo di Cienfuegos. Se Mamma Mia! Ci risiamo vi fosse piaciuto consiglio il recupero del "capostipite", Mamma Mia!. ENJOY!

domenica 31 luglio 2016

Ghostbusters (2016)

E così ieri sera sono andata a vedere il Ghostbusters diretto e co-sceneggiato da Paul Feig, in una sala gremita di bambini urlanti, cosa che forse ha inficiato il mio giudizio ma forse anche no. Segue recensione SENZA SPOILER.


Trama: quando in vari luoghi newyorkesi cominciano a fare la loro comparsa pericolosi fantasmi, le scienziate Erin, Abby e Jillian si uniscono all'ex guardia metropolitana Patty per fare fronte al problema...


Come già ho fatto per Poltergeist, proviamo a dividere il post in due parti, una nella quale NON terrò conto dell'esistenza del Ghostbusters del 1984 e un'altra in cui affronterò l'impietoso confronto. Preso come film a se stante, come blockbuster estivo e come intrattenimento da sabato sera Ghostbusters funziona, più o meno a livello di 6/7 nella solita scala da 1 a 10. Posso dirlo con certezza visto che il mio fidanzato è cresciuto nel mito dei cartoni animati ma non in quello del film di Reitman (ci vuole pazienza, lo so) e ha trovato il remake/reboot simpatico e piacevole, non qualcosa da ricordare in saecula saeculorum ma sufficiente per farsi due risate disimpegnate sorvolando sugli inevitabili difetti. Posso però dire anche con certezza che il target di Ghostbusters è quello dei bambini/adolescenti, perché le grassissime risate che hanno funestato buona parte della visione, impedendomi di capire almeno il 30% dei dialoghi, venivano dal pargolame forestiero (ma portarli a spiaggia 'sti minchia di bambini no???) che affollava la sala sabato sera. Il nuovo Ghostbusters infatti è, senza troppi giri di parole, un film per famiglie dalla trama semplice, con un villain poco carismatico, effetti speciali da videogioco solo vagamente spaventevoli e un quartetto di protagoniste che sembrano più interessate a palleggiarsi battute da avanspettacolo piuttosto che a dare realmente la caccia ai fantasmi; in nessun momento si avvertono tensione per il destino delle acchiappafantasmi o incertezza rispetto alla risoluzione della trama e se non fosse per la cazzutissima Holtzmann di Kate McKinnon la maggior parte dei confronti con i fantasmi perderebbe anche quel minimo di epicità che la folle e bionda scienziata riesce ad imporre con la sua sola presenza. La McCarthy e la Wiig interpretano i personaggi a loro più consoni, quelli delle dolci e simpatiche pasticcione, magari un po' grezze e maniacalmente (oltre che in modo poco plausibile) devote alla scienza, la Jones è uno stereotipo vivente ma diverte e chi ne esce peggio è il povero Chris Hemsworth al quale è toccato il ruolo di "bimbo" nell'accezione inglese del termine, ovvero quella dell'oca maschio decerebrata: ora, capisco l'ironia dell'inversione dei ruoli ma davvero c'era bisogno, per sottolineare il contrasto donna intelligente/uomo idiota, di creare un personaggio talmente scemo da fregarsi gli occhi quando sente male alle orecchie? Mah. Di tutto il cucuzzaro, probabilmente ciò che ricorderò in futuro sarà la bella sequenza in cui gli enormi palloncini posseduti sfilano per le strade di New York e la citazione nei titoli di coda di una delle più famose scene di The Mask, il resto probabilmente sparirà nel giro di un paio di giorni in un tripudio di mancanza di infamia o lodi. Tanto casino di haters, rivendicazioni femministe, Ghostbros inferociti e quant'altro per cosa? Ma fatemi il piacere, suvvia. Ribadisco, 6/7 su una scala da 1 a 10. E sono magnanima perché temo di essermi fatta influenzare dalle urla infantili.


D'altra parte, è anche vero che Paul Feig se l'è cercata, eh. Hai voglia a dire "no, facciamo finta che Ghostbusters non sia mai esistito" quando regista e sceneggiatori lo "omaggiano" (plagiano? Strizzano l'occhio come fa J.J.Abrams nelle parodie di Ortolani?) ogni cinque minuti, allontanandosi per cercare uno spunto originale (che poi, originale virgola...) giusto per qualche secondo prima di tornare al calduccio della pellicola originale. La panoramica iniziale, lo "scherzone" ai danni di Erin, i primi due incontri con i fantasmi, il rapporto conflittuale con il sindaco, l'apocalisse finale e persino il primo intervento pubblico con tanto di padrone del locale preoccupato sono presi di peso dal primo, storico Ghostbusters e sepolti all'interno di un'ininterrotta sequela di battutine infantili, utili solo a far rimpiangere la caustica ironia degli anni '80 e l'inevitabile superiorità dei vecchi adattamenti italiani rispetto a quelli attuali. E' inutile, gente: Aykroyd, Ramis, Murray ed Ernie Hudson funzionavano, nel loro quartetto c'erano alchimia e carisma, probabilmente aiutava molto il fatto che la sceneggiatura fosse farina del sacco di due degli stessi attori (per la cronaca, Aykroyd e Ramis), oppure erano altri tempi, vai a sapere, sta di fatto che, a distanza di neppure 24 ore, non ricordo una battuta che sia una e, ribadisco, guardando il nuovo Ghostbusters mi sono sentita fiera solo di fronte a Kate McKinnon, che avrebbe meritato un posto accanto ai "vecchi" acchiappafantasmi, magari come la sorellina cazzuta di Egon. A tal proposito, le guest appearance dei vecchi attori sono un po' tanto sprecate, eh. Dan Aykroyd passa alla cassa in quanto produttore e se ne batte la ciolla, Murray si vede abbattere tra capo e collo una sorta di contrappasso ma viene sfruttato malissimo ahimé, Annie Potts, Sigourney Weaver ed Ernie Husdson sono assai simpatici ma finisce lì e in tutto questo il vincitore morale rimane sempre e comunque l'amatissimo Rick Moranis, che ci ha visto lungo e li ha giustamente mandati tutti a stendere. D'altronde, quando infili persino Ozzy Osbourne in un film vuol dire che se non sei alla frutta stai comunque già cominciando a sentire odore di macedonia. Pollice verso anche per la battaglia finale, ennesima occasione per inanellare una serie infinita di citazioni gratuite che mi hanno causato conati di vomito ininterrotti per varie ragioni (Slimer, mio Dio. Slimer.), per mostrare un uso decisamente improprio del flusso degli zaini protonici e, ancor peggio, per aprire la via al melenso, imbarazzante finale. Se ci sarà un sequel, spero davvero che cominci come Ghostbusters 2, ovvero con le acchiappafantasmi costrette a pagare i danni, altro che We <3 U: mi dite da quando il PG-13 ricostruisce persino i palazzi? Bah. Purtroppo per Feig il 1984 non è stato ancora cancellato dalla faccia della terra quindi Ghostbusters, in una scala che va da Vigo il Crudele a Vigo il Sacrilego, si colloca a livello Vigo la Sporcacciona.


Di Kristen Wiig (Erin Gilbert), Charles Dance (Harold Filmore), Melissa McCarthy (Abby Yates), Chris Hemsworth (Kevin), Bill Murray (Martin Heiss), Michael Kenneth Williams (Agente Hawkins), Andy Garcia (Sindaco Bradley), Annie Potts (Receptionist), Dan Aykroyd (Tassista), Ernie Hudson (Zio Bill), Sigourney Weaver (Rebecca Goring) e Joel Murray (Guardia) ho già parlato ai rispettivi link.

Paul Feig è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Le amiche della sposa, Corpi da reato, Spy ed episodi di serie quali 30 Rock, Weeds e Nurse Jackie. Anche attore e produttore, ha 54 anni e due film in uscita.


Kate McKinnon interpreta Jillian Holtzmann. Americana, famosa per le sue partecipazioni al Saturday Night Live, ha recitato in pellicole come Ted 2 e lavorato come doppiatrice nel film Alla ricerca di Dory e nelle serie I Simpson e I Griffin. Ha 32 anni e tre film in uscita.


Leslie Jones interpreta Patty Tolan. Americana, famosa per le sue partecipazioni al Saturday Night Live, ha recitato in pellicole come Il fuggitivo della missione impossibile e Un disastro di ragazza. Anche sceneggiatrice, ha 49 anni e tre film in uscita.


Tra gli altri attori compaiono il già citato Ozzy Osbourne, gli sceneggiatori del Saturday Night Live Steve Higgins e Neil Casey, rispettivamente nei panni del rettore e di Rowan North, e Daniel Ramis, figlio del compianto Harold, nei panni di un metallaro. Consigliandovi di rimanere al cinema FINO ALLA FINE dei titoli di coda, se Ghostbusters vi fosse piaciuto recuperate ovviamente Ghostbusters - Acchiappafantasmi e Ghostbusters 2, nell'attesa del probabile sequel. ENJOY!

venerdì 26 giugno 2015

La regola del gioco (2014)

Come pubblicizzano durante i trailer, quest'estate cinematografica dovrebbe essere particolarmente ricca e tra gli altri film che vengono citati nel corso di questa pubblicità c'è anche La regola del gioco (Kill the Messenger), diretto nel 2014 dal regista Michael Cuesta e basato sia sulla serie di articoli Dark Alliance di Gary Webb sia sulla stessa biografia di Webb, redatta da Nick Schou, dal titolo Kill the Messenger.


Trama: il giornalista Gary Webb pubblica una serie di articoli dove accusa la CIA di avere collaborato in Nicaragua con i ribelli anti-governativi Contra, aiutandoli a spacciare cocaina e crack nei bassifondi di Los Angeles per finanziare la loro causa. All'inizio Webb viene trattato come un eroe, dopodiché le cose si fanno sempre più dure, per lui e per la sua famiglia...


Sarà che sto invecchiando ma, pur continuando ad avere qualche difficoltà nel tenere il filo di tutti i nomi e le facce che scorrono sullo schermo nell'arco di due ore, i film tratti da storie vere come La regola del gioco (altro titolo italiano imbecille: che regola sarebbe? Chi si fa i fatti suoi campa cent'anni?) mi intrigano sempre di più. Al di là delle parti palesemente romanzate, di "dettagli" aggiunti per rendere più umani i personaggi (come per esempio, in questo caso, il rapporto tra il protagonista e il figlio maggiore, cementato dal restauro di una moto d'epoca) e dell'ovvia scelta di rendere il sembiante dei coinvolti più glamour e piacevole di quanto non fosse in realtà, questi spaccati di vita vissuta mi interessano molto e in particolare mi affascina l'intricato mondo del giornalismo o, meglio, di quello che era una volta il giornalismo, fatto di professionisti appassionati e libero dal pressapochismo internettiano. Purtroppo per Gary Webb, non libero da influenze politiche  né da diffidenza, invidia o ipocrisia; reporter di un giornale di provincia, il nostro è balzato agli onori della cronaca per un'inchiesta nata assolutamente per caso, che gli ha sì permesso di mettere in piazza gli altarini più squallidi ed ipocriti della CIA ma ha anche attirato su di sé le e ire e, conseguentemente, le sgradevoli attenzioni di persone prive di scrupoli e molto pericolose. Nel mondo dei media la credibilità è tutto ma, come già ci ha insegnato Fincher con il suo Gone Girl, è ancora più importante assecondare e fomentare la volubilità di un pubblico che ama sguazzare nel torbido e che in pochissimo tempo può passare dall'elevare una persona al rango di guru al reputarlo un truffatore della peggior specie per degli errori passati che nulla hanno a che fare con la sua professionalità. Nel corso di La regola del gioco a Gary Webb (reporter realmente esistito e morto in in circostanze misteriose, abbandonato dalla famiglia e senza avere avuto mai più la possibilità di lavorare per un giornale) succede proprio di passare dalle stelle alle stalle; la sua inchiesta desta molto scalpore ma viene insabbiata in brevissimo tempo e nonostante smuova parecchie acque ancora oggi il mistero sul reale coinvolgimento della CIA nella guerra civile in Nicaragua e, soprattutto, nella conseguente distribuzione della droga dei Contra a Los Angeles, è avvolta in una nube di mistero.


La pellicola si concentra quindi più sull'aspetto umano di Gary Webb che sull'effettiva validità della sua inchiesta ed offre un inquietante spaccato di quello che sta dietro le quinte di quella che dovrebbe essere un'informazione imparziale, fatta in realtà di giochi politici, compromessi ed ipocrisia: la lunga sequenza in cui Webb ritira comunque un premio come "giornalista dell'anno" mentre né il suo capo né il suo redattore hanno il coraggio di guardarlo in faccia dopo avere rinnegato pubblicamente i suoi articoli mette i brividi e lascia impotenti davanti al peso di una realtà così tragicamente e schifosamente negativa. Essere tacciato di falsità e pressapochismo ma ricevere comunque un premio per l'eccellenza del lavoro svolto è il culmine di una tragedia umana che si mescola in maniera molto naturale alla spy story, elementi che trasformano La  regola del gioco in un thriller d'inchiesta privo di momenti "morti" e capace d'inchiodare lo spettatore alla poltrona. Merito della storia narrata, sì, ma anche di un bravissimo Jeremy Renner, che si carica sulle spalle tutta l'ambizione, la sfrontatezza e la fragilità di Gary Webb senza risultare mai posticcio o forzato. Accanto a lui c'è tutta una ridda di comprimari che incarnano le due anime di La regola del gioco: a mio avviso funzionano molto bene attori come Mary Elizabeth Winstead o Oliver Platt, che ancorano la storia alla sua parte maggiormente "reale", mentre altri grandi nomi quali Ray Liotta o Andy Garcia (due attoroni quasi sprecati per quel che compaiono sullo schermo e lo stesso vale per Robert Patrick e Barry Pepper, per quanto ottimi caratteristi di lusso) risultano un po' fasulli nei loro ritratti di malviventi quasi leggendari, come se interpretassero le caricature dei loro personaggi più famosi. A parte questo trascurabile, piccolissimo difetto, La regola del gioco è un solido film dal sapore quasi anni '70, una di quelle pellicole intelligenti in grado di spingere lo spettatore a volersi documentare ulteriormente sui fatti narrati. In questa torrida estate di dinosauri, orsacchiotti e futuri post-apocalittici sarebbe bene ritagliare uno spazio anche per il film di Michael Cuesta!


Di Jeremy Renner (Gary Webb), Robert Patrick (Ronald J. Quail), Mary Elizabeth Winstead (Anna Simons), Barry Pepper (Russel Dodson), Tim Blake Nelson (Alan Fenster), Michael Kenneth Williams (Ricky Ross), Oliver Platt (Jerry Ceppos), Andy Garcia (Norwin Meneses), Michael Sheen (Fred Weil) e Ray Liotta (John Cullen) ho già parlato ai rispettivi link.

Michael Cuesta è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film episodi delle serie Six Feet Under, Dexter, True Blood e Homeland. Anche produttore e sceneggiatore, ha 52 anni.


Paz Vega (vero nome Paz Campos Trigo) interpreta Coral Baca. Spagnola, ha partecipato a film come Lucía y el sexo, Parla con lei, The Spirit, Vallanzasca - Gli angeli del male, Gli amanti passeggeri, Grace di Monaco e doppiato Madagascar 3 - Ricercati in Europa. Ha 39 anni e cinque film in uscita.


Durante le primissime fasi di produzione del film, erano stati fatti i nomi di Brad Pitt e Tom Cruise per il ruolo di Gary Webb mentre Spike Lee si era dimostrato molto interessato a finire dietro la macchina da presa. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate Tutti gli uomini del presidente, Good Night, and Good Luck. e Insider - Dietro la verità. ENJOY!

domenica 20 luglio 2014

The Untouchables - Gli intoccabili (1987)

In questi giorni ho deciso di recuperare un classico, ovvero The Untouchables - Gli intoccabili (The Untouchables), diretto nel 1987 dal regista Brian De Palma, liberamente tratto dalla serie anni '50 Gli intoccabili, a sua volta basata sulla figura realmente esistita dell'agente Eliot Ness e della sua squadra del Dipartimento Proibizionismo di Chicago.


Trama: per contrastare lo strapotere di Al Capone e il contrabbando di alcoolici, l'agente Eliot Ness mette in piedi un quartetto di poliziotti al di sopra della legge, i cosiddetti "Intoccabili".



The Untouchables è uno di quei film che hanno passato in TV innumerevoli volte e che, ciò nonostante, non ero mai riuscita a guardare per intero, forse perché da ragazzina avevo idea che fosse troppo lungo e noioso. E' un vero peccato e me ne sono amaramente pentita visto che non mi capitava da tempo di vedere un film così ben fatto, dove la mano del regista risaltasse così tanto da eclissare qualsiasi altro elemento (persino due grandi nomi come Ennio Morricone Giorgio Armani), sceneggiatura e attori compresi. Eppure, è proprio così: la mano felice di De Palma riesce a trasformare un “semplice” gangster movie tratto da una serie televisiva di successo in un collage di sequenze emblematiche dove la tensione, fin dall'inizio, si taglia col coltello e rapisce lo spettatore lasciandolo col fiato sospeso a chiedersi cosa diamine accadrà dopo. Dalla prima, deflagrante scena che da il via alla lotta di Eliot Ness contro Al Capone, passando per l'inquietante soggettiva che segue Malone all'interno dell'appartamento, fino ad arrivare al tesissimo confronto finale in stazione (parodiato ovviamente in Una pallottola spuntata 33 1/3 - L'insulto finale), quando il tempo sembra non passare mai, tutti potrebbero essere i nemici e l'omaggio alla Corazzata Potemkin diventa un mirabile esempio di come bisognerebbe citare i grandi capolavori contestualizzandoli, tutte le sequenze sono un trionfo di tecnica registica e montaggio, all'interno delle quali ogni dialogo sarebbe inutile e ridondante. L'intera pellicola gravita attorno a questi momenti clou, a scene costruite senza lasciare nulla  al caso e, ovviamente, a momenti di incertezza assoluta ed improvvisa violenza che rendono The Untouchables ancora più avvincente.


Nonostante quello che ho detto all'inizio del post, comunque, sarebbe un delitto non citare quegli attori che incarnano dei protagonisti magari un po' stereotipati ma comunque impossibili da non amare. Kevin Costner, che non mi ha mai fatta impazzire senza una calzamaglia addosso, è un perfetto Eliot Ness, integerrimo poliziotto preso tra la sua salda intenzione di rispettare la legge e il suo bruciante desiderio di punire Al Capone per almeno uno dei suoi crimini; a fargli da degna spalla, rubandogli spesso la scena, c'è uno Sean Connery mattatore in un ruolo che sembra scritto apposta per lui e per il quale ha giustamente vinto l'Oscar come miglior attore non protagonista (anche se io quella “eSSCe” in lingua originale non la riesco a sentire, mi sembra di vedere un cartone animato di Svicolone!) e, soprattutto, Charles Martin Smith, che col suo personaggio di contabile trasformato in Untouchable riesce con pochissime battute ad entrare nelle simpatie dello spettatore. Robert De Niro col suo “sei solo chiacchiere e distintivo” e per il modo originale di giocare a baseball durante una cena è diventato a dir poco iconico ma, se devo essere sincera, il cattivo che mi ha veramente colpita è stato il terribile gangster con la faccia di Billy Drago, freddo, sanguinario e a dir poco inquietante, un babau che potrebbe comparirti alle spalle quando meno te l'aspetti! L'unica cosa che forse non ho molto apprezzato di The Untouchables, stranamente, sono le musiche di Ennio Morricone: a tratti le ho trovate inadatte all'atmosfera della pellicola, altre volte troppo “stereotipate” oppure inopportunamente allegre. Ciò è davvero strano perché adoro Morricone ma, sicuramente, si tratta solo di una percezione soggettiva che non mi impedisce di definire The Untouchables uno dei cult da vedere almeno una volta nella vita... anzi, anche più di una!


Del regista Brian De Palma ho già parlato qui. Sean Connery (Jim Malone), Andy Garcia (Agente George Stone/Giuseppe Petri), Robert De Niro (Al Capone) e Patricia Clarkson (Catherine Ness) li trovate invece ai rispettivi link.

Kevin Costner (vero nome Kevin Michael Costner) interpreta Eliot Ness. Sex symbol degli anni '80-'90, caduto in disgrazia fino a diventare testimonial del tonno Rio Mare, lo ricordo per film come Fandango, Silverado, L'uomo dei sogni, Balla coi lupi (che gli ha fatto vincere l'Oscar come regista e come miglior attore protagonista), JFK - Un caso ancora aperto, Robin Hood - Principe dei ladri, Guardia del corpo, Un mondo perfetto, Waterworld, L'uomo del giorno dopo e L'uomo d'acciaio. Anche produttore e regista, ha 59 anni e tre film in uscita.


Charles Martin Smith interpreta l'agente Oscar Wallace. Americano, ha partecipato a film come American Graffiti, American Graffiti 2, Herbie sbarca in Messico, Starman, Deep Impact e a serie come Ai confini della realtà, Oltre i limiti, X-Files, Ally McBeal e Kingdom Hospital. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 59 anni.


Billy Drago (vero nome Billy Eugene Burrows) interpreta Frank Nitti. Americano, ha partecipato a film come Tremors 4 - Agli inizi della leggenda, Le colline hanno gli occhi, Children of the Corn: Genesis e a serie come Moonlightning, Hunter, Walker Texas Ranger, Nash Bridges, X-Files, Streghe, Masters of Horror e Supernatural. Anche produttore e sceneggiatore, ha 69 anni e tre film in uscita.


In caso De Niro avesse rifiutato il ruolo di Al Capone, De Palma aveva già pronto Bob Hoskins come eventuale sostituto; la conferma di De Niro ha consentito a Hoskins di ricevere comunque, grazie ad una clausola del suo contratto, 200.000 dollari solo per il "disturbo". Mickey Rourke, Jack Nicholson ed Harrison Ford hanno invece direttamente rifiutato il ruolo di Eliott Ness (per il quale, tra l'altro, Giorgio Armani avrebbe voluto Don Johnson) mentre Andy Garcia era stato chiamato per quello di Frank Nitti. Per quanto riguarda le scene eliminate, il confronto finale tra Ness, Stone e gli scagnozzi di Capone nella stazione avrebbe dovuto svolgersi su un treno ma la Paramount riteneva che sarebbe diventata una scena troppo costosa; De Palma non si è perso d'animo e ha riciclato il progetto per la sequenza nel successivo Carlito's Way. E a proposito di progetti: da anni si vocifera che Brian De Palma abbia in progetto un prequel dal titolo The Untouchables: Capone Rising ma, al momento, non si hanno notizie in merito e forse è meglio così. Nel frattempo, se The Untouchables vi fosse piaciuto, vi consiglio di recuperare Era mio padre, Carlito's Way, Scarface, Quei bravi ragazzi, Donnie Brasco e Heat - La sfida. ENJOY!

venerdì 14 dicembre 2012

Cosa fare a Denver quando sei morto (1995)

Con il tempo che scarseggia per scrivere recensioni e queste ultime che si cancellano dagli hard disk (sì, vi perderete La spada nella roccia e soprattuttamente After Death di Fragasso, ché non ho voglia di riscriverle, sorry...) non so sinceramente come verrà fuori quella dedicata ad uno dei miei film preferiti, Cosa fare a Denver quando sei morto (Things To Do in Denver When You're Dead, diretto nel 1995 da Gary Fleder), visto che è una settimana che macera nel mio cervello. Siate indulgenti e via che si va...


Trama: Jimmy "il santo" è un ex gangster impegnato in un'attività particolare, quella di registrare videomessaggi che le persone in punto di morte lasceranno ai loro cari rimasti in vita. Quando il suo ex capo deciderà di affidargli un'ultima missione, il rischio che sia lo stesso Jimmy a finire dietro una telecamera sarà molto concreto...


Negli anni '90 gli emuli di Pulp Fiction e, in generale, del cinema "di maniera" tarantiniano si sprecavano. Cosa fare a Denver quando sei morto è uno degli esempi più mirabili del genere perché è uno dei pochi che non cerca di fare il verso al mio adorato QT, bensì cerca di crearsi una propria personalità all'interno di questo sfruttatissimo filone. Niente arditi giochi di macchina, dialoghi interminabili e campati in aria (in questo caso, l'unico vezzo è quello del vecchietto che racconta la storia dei protagonisti agli avventori del bar o il fatto che uno dei due tirapiedi di Christopher Walken usi un linguaggio molto forbito) o citazionismo dispensato come se non ci fosse un domani: Cosa fare a Denver quando sei morto ha un taglio e una regia molto classici, quasi un po' retrò, il difficile slang che utilizzano i personaggi sembrerebbe un mix di modi di dire da galera, gergo del Vietnam e dialetto di strada e, per quanto riguarda la trama, ha davvero poco di scanzonato e "trendy", per così dire.


Come si evince dal titolo, infatti, il film porta avanti una malinconica e particolare riflessione sulla vita e la morte. All'inizio vediamo il protagonista, Jimmy il Santo, come un uomo apparentemente pacato, sicuro di sé, perfettamente in grado di controllare la sua vita dopo essersi lasciato il passato di criminale alle spalle. L'attività che conduce è infinitamente triste e poco remunerativa, ma ancor più tristi sono le vite del suo ex capo, di quelli che un tempo erano i suoi compagni di "sventura", della prostituta Lucinda e del figlio ormai folle del cosiddetto Man with a plan. Davanti a questi personaggi patetici Jimmy, con i suoi modi garbati, i capelli e gli abiti impeccabili, sembrerebbe svettare come chi guarda alle vite altrui con distacco e una blanda commiserazione, ma tutto cambia drasticamente quando nella sua esistenza entra il vero amore... proprio quando il fallimento dell'ultima missione, accettata banalmente per bisogno di soldi, decreta la sua condanna a morte. Il film racconta gli ultimi giorni di un uomo che ha finalmente trovato una cosa per cui vivere e cerca disperatamente di recuperare il tempo perduto lasciando un ricordo di sé e, parallelamente, racconta il modo in cui le persone decidono di affrontare la morte: chi non ha rimpianto alcuno e si prepara ad affrontare il momento fatidico con dignità, chi pensa soprattutto alla moglie e ai figli, chi si prepara a dare una folle battaglia, chi non rispetta la vita neppure quando è ormai ad un passo dal concluderla.


Per rendere più incisiva questa riflessione, il film si avvale di attori a dir poco superbi. I migliori sono senza dubbio Christopher Lloyd che, per una volta, interpreta un personaggio stranamente pacato e dignitoso, diverso da quelli folli e nevrastenici a cui siamo abituati, il pazzo e detestabile (per quanto è deficente il suo Critical Bill) Treat Williams, l'inquietantissimo Christopher Walken in sedia a rotelle e, soprattutto, Steve Buscemi e il suo Mr. Shh: l'incarnazione stessa della morte, freddo, silenzioso, sparuto e insignificante nella sua faccetta di uomo qualunque.. perché d'altronde anche una morte violenta non deve essere necessariamente spettacolare o strana. Insomma, se non lo avete mai visto e avete perso i radi passaggi televisivi di Cosa fare a Denver quando sei morto, cercate di recuperarlo perché ne vale veramente la pena.


Di Christopher Lloyd (Pieces), William Forsythe (Franchise), Treat Williams (Critical Bill), Steve Buscemi (Mister Shhh), Christopher Walken (The man with the plan), Bill Cobbs (Malt), Don Cheadle (Rooster) e Jenny McCarthy (l'infermiera bionda) ho già parlato nei rispettivi link.

Gary Fleder è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Il collezionista ed episodi di serie come Racconti di mezzanotte. Anche produttore, ha 47 anni e due film in uscita.


Andy Garcia (vero nome Andrés Arturo García Menéndez) interpreta Jimmy il santo. Cubano, lo ricordo per film come The Untouchables - Gli intoccabili, Black Rain - Pioggia sporca, Il padrino - Parte III, Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco, Ocean's Twelve, Ocean's Thirteen e La Pantera Rosa 2, inoltre ha partecipato alle serie La signora in giallo, Alfred Hitchcock presenta, Will & Grace e doppiato un episodio de I Simpson. Anche produttore, regista, compositore e sceneggiatore, ha 56 anni e sei film in uscita.


Bill Nunn (vero nome William G. Nunn) interpreta Easy Wind. Americano, ha partecipato a film come Cadillac man, A proposito di Henry, Sister Act - Una svitata in abito da suora, Palle in canna, L'inferno nello specchio (Candyman 2), Extreme Measures - Soluzioni estreme, Il collezionista, La leggenda del pianista sull'oceano, Spider - Man, Spider - Man 2, Spider - Man 3 e alla serie Millenium. Anche produttore, ha 59 anni.


Jack Warden (vero nome John H. Lebzelter) interpreta Joe Heff. Americano, ha partecipato a film come Tutti gli uomini del presidente, Assassinio sul Nilo, Giallo in casa Muppet, Piccola peste, Piccola peste torna a far danni, Toys - Giocattoli, Piccola peste s'innamora e alle serie Ai confini della realtà e Vita da strega. E' morto nel 2006, all'età di 85 anni.


Fairuza Balk (vero nome Fairuza Alejandra Feldthouse) interpreta Lucinda. Benché poco "sfruttata", quest'attrice americana è una delle mie preferite e la ricordo per film come Nel fantastico mondo di Oz, Giovani streghe,Valmont, L'isola perduta, American History X e Quasi famosi, inoltre ha partecipato alle serie I Soprano, Masters of Horror e doppiato alcuni episodi de I Griffin. Ha 38 anni e due film in uscita.


Gabrielle Anwar interpreta Dagney. Inglese, ha partecipato a film come Scent of a Woman - Profumo di donna, Ultracorpi - L'invasione continua, I tre moschettieri e alle serie Beverly Hills 90210, I Tudors e Burn Notice. Anche produttrice, ha 42 anni.


Marshall Bell (vero nome Archibald Marshall Bell) interpreta Atwater. Americano, ha partecipato a film come Nightmare 2: la rivincita, Stand by Me - Ricordo di un'estate, Manhunter - Frammenti di un omicidio, I gemelli, Atto di forza, Dick Tracy, Oscar - Un fidanzato per due figlie, Amore all'ultimo morso, il geniale e meraviglioso Il silenzio dei prosciutti, Airheads - Una banda da lanciare, Natural Born Killers, Starship Troopers - Fanteria dello spazio, Identità, Capote e alle serie X - Files, Millenium, Jarod il camaleonte, CSI e Dr. House. Ha 70 anni e due film in uscita.


Se Cosa fare a Denver quando sei morto vi fosse piaciuto, consiglio un paio di film forse poco conosciuti ma molto carini, Insoliti criminali e Compagnie pericolose. ENJOY!!






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