Lo scorso venerdì ho trascinato il povero Bolluomo al cinema per vedere Horizon: An American Saga - Capitolo 1 (Horizon: An American Saga - Chapter 1), il mastodonte di tre ore diretto e co-sceneggiato da Kevin Costner.
Trama: a partire dal 1859, i destini di diverse persone si legano a Horizon, città di frontiera dell'Arizona, terra contesa tra coloni e Apache...
Da che mondo e mondo, io di western non so veramente nulla. Tuttavia, sono anche una bimba degli anni '80 e sono cresciuta con Kevin Costner e i suoi successi del decennio successivo, quindi un po' gli voglio bene, inoltre mi aveva incuriosita l'idea che tenesse così tanto a portare Horizon su grande schermo da arrivare persino a indebitarsi. Sono dunque andata al cinema colma di curiosità ma senza aspettarmi granché, e adesso mi ritrovo qui con una scimmia colossale, che mi saltella impaziente sulla schiena continuando a chiedermi "quando arriva agosto?" e che sbraita terrorizzata all'idea che il multisala chiuda per ferie proprio in quei giorni, impedendomi di sapere come continuerà la saga imbastita in questo primo capitolo di Horizon. Per scrivere un post imparziale e corretto sulla fatica di Kevin Costner dovrò dunque, innanzitutto, sedare la scimmia ricordandole che non si può giudicare un libro dalla copertina (o meglio, dalla prima parte di una saga potenzialmente divisa in quattro) e secondariamente che sono la persona meno adatta per parlare di western. Ne avrò visti un paio in tutta la mia vita, per di più contaminati con lo "spaghetti", non conosco minimamente i numi tutelari del genere come John Ford, di conseguenza non ho gli strumenti necessari per ritrovare la poetica tipica del genere all'interno del film di Costner o per capire eventuali omaggi tributati dal regista. Ciò nonostante, divoro libri e romanzi da quando ho memoria, ho una passione per le saghe zeppe di personaggi che si evolvono nel tempo e i cui destini si intrecciano (poi mi spiegherete perché faccio così fatica con quelle schifezze scritte da Martin, ma questa è un'altra faccenda...) e, mio malgrado, qualcosa nella storia dell'America, Paese che pur disprezzo, mi ha sempre affascinata. Horizon sarebbe una perfetta saga letteraria, ha il respiro epico e grandioso di quei romanzi fiume spessi come mattoni, eppure non ha la stessa pesantezza fisica di un blocco di cemento: tre ore sono passate come se fossero state una, e appena ho capito che la scena finale coincideva con l'inizio delle "anticipazioni della prossima puntata", ho bestemmiato ogni divinità conosciuta, per il dolore di dover abbandonare quei personaggi appena conosciuti e i cui destini mi avevano già irrimediabilmente coinvolta, senza sapere che ne sarebbe stato di loro e di Horizon, la città di frontiera del titolo.
Horizon è il punto da cui si dipanano e verso cui convergono le esistenze dei protagonisti, nonché il simbolo di tutte le contraddizioni su cui è stato fondato il sogno americano. Territorio degli indiani Apache, vede scontrarsi due popoli ugualmente disperati, ognuno per motivi diversi. Gli indiani vorrebbero mantenere la propria libertà e la pace all'interno delle tribù, entrambe minacciate e minate irreparabilmente dall'espansionismo dei bianchi, che li costringono a lotte intestine per il cibo sempre più scarso; i coloni vedono territori immensi ed inesplorati, dove stanziarsi e prosperare, così da fuggire dalla povertà e far avverare tutte le promesse di una "gloriosa nazione" fondata sulla libertà del singolo e sull'autorealizzazione. C'è chi fugge da Horizon, segnato dalla tragedia, c'è chi si mette in cammino verso l'insediamento spinto dalla speranza, c'è chi è costretto a pensarlo come punto d'arrivo di una fuga precipitosa, c'è chi sparge sangue a causa di Horizon, c'è chi ci lucra senza farsi troppi problemi. Alla fine, neanche fosse Roma, tutte le strade portano a Horizon e Costner costruisce un affresco composto da tutte queste strade, concentrandosi sulle vicende individuali senza (per ora) perdere di vista la totalità dell'universo in cui sono ambientate. Ce n'è davvero per tutti i gusti, perché la sceneggiatura attinge ad archetipi immediatamente riconoscibili, e qualcuno potrebbe dire che le azioni e il carattere dei personaggi sono ampiamente prevedibili, ma non trovo nulla di male in questo, perché sembra di stare accanto al fuoco, ad ascoltare le storie che ci raccontavano i nonni, oppure in salotto davanti alla TV, a guardare film assieme a loro e ai nostri genitori.
Poi, per quanto me ne posso intendere io, ho trovato Horizon proprio bello da vedere. Costner indulge in gloriose panoramiche di paesaggi mozzafiato, accentuando la vastità delle pianure bruciate dal sole e anche la sensazione di sentirsi sperduti e vulnerabili in un luogo pieno di insidie, ma ha occhio anche per le foreste e l'inospitale freddo dei luoghi più a nord. Se, a tratti, la scelta di spezzettare la pellicola in tante microstorie, i cui fili si riallacciano in maniera non necessariamente consequenziale, può confondere e stordire lo spettatore (vittima di una miriade di nomi che sarà un casino ricordare da qui ad agosto), c'è comunque da dire che il montaggio è assai dinamico e le scene più concitate mettono un'ansia tremenda. Accompagnate da una colonna sonora che definirei epica, le tragedie e le stragi che passano su grande schermo stringono il cuore tanto quanto piccoli, inusuali gesti di umanità, e all'interno del nutrito cast c'è soltanto da scegliere il proprio preferito o quello che vorremmo vedere morto. Per quanto mi riguarda, non ho dubbi che la palma dell'abiezione vada a Jamie Campbell Bower e al suo "simpaticissimo" Caleb, campione indiscusso di una famiglia di facce di merda, mentre preferiti ne ho parecchi, anche se non saprei dire se il mio amore nasca dall'effettivo valore dei personaggi o dall'affetto che nutro per attori tirati fuori spesso dal genere che più mi si confà, l'horror. Senza dubbio, la versione "vecchietta" di Michael Rooker e quella saggia di Danny Huston mi hanno colpito più di altri, ma faccio davvero fatica a stilare una classifica, ora come ora (l'unica cosa che non perdono alla sceneggiatura, e che ha fatto ridere me e Mirco, è la quasi venerazione tributata a Frances e figlia, solo perché sono le uniche sopravvissute bionde all'interno di un insediamento fatto di poveracce dall'aspetto trasandato). Aspetterò dunque che le storie dei vari protagonisti si sviluppino ulteriormente, sperando che continuino in crescendo e che Kevin Costner non mi spezzi il cuore per la delusione, lasciandomi magari sospesa ad aspettare un terzo e un quarto film che non si faranno mai!
Del regista e co-sceneggiatore Kevin Costner, che interpreta anche Hayes Ellison, ho già parlato QUI. Sienna Miller (Frances Kittredge), Sam Worthington (Trent Gephart), Jena Malone ('Ellen' Harvey), Giovanni Ribisi (Pickering), Danny Huston (Col. Albert Houghton), Abbey Lee (Marigold), Michael Rooker (Sergente maggiore Thomas Riordan), Will Patton (Owen Kittredge), Douglas Smith (Sig), Luke Wilson (Matthew Van Weyden), Isabelle Fuhrman (Diamond Kittredge), Dale Dickey (Mrs. Sykes), Jeff Fahey (Tracker) e Jamie Campbell Bower (Caleb Sykes) li trovate invece ai rispettivi link.
Tom Payne interpreta Hugh Proctor. Inglese, lo ricordo come Jesus di The Walking Dead ma ha partecipato ad altre serie come Fear the Walking Dead e a film quali Imaginary. Anche produttore, ha 42 anni e due film in uscita, tra cui ovviamente Horizon: An American Saga - Capitolo 2.
Jon Beavers, che interpreta Junior Sykes, era il marito della pazza protagonista di Soft and Quiet mentre Ella Hunt, che interpreta Juliette Chesney, era la Anna di Anna and the Apocalypse. Hayes Costner, invece, è il figlio di Kevin ed ha esordito proprio qui col ruolo dello sfortunato Nathaniel Kittredge. Il film è stato pensato come il primo di quattro capitoli, ma chissà se gli ultimi due verranno mai alla luce... nel frattempo, ad agosto dovrebbe uscire Horizon: An American Saga - Capitolo 2 e io non vedo l'ora!
Purtroppo è di ieri la notizia che ci toccherà aspettare di più la seconda parte, ma sarà solo quello, io confido nella testardaggine del KEV che ci ha regaalto queste tre ore che volano via e potrà riportarci nel West per le prossime altre nove ore che ci ha promesso ;-) Cheers!
RispondiEliminaIo odio tutti. Tutti, lo giuro. Alla faccia di chi gli vuol male spero che la mattonata di nove ore si abbatta sui detrattori.
EliminaAnch’io non sono un grande conoscitore del cinema western sebbene una quindicina di anni fa ho cambiato prospettiva su questo genere che avevo sempre snobbato con la visione casuale di Appaloosa: e ho così scoperto la seduzione dei suoi paesaggi, la fascinazione di una natura ruvida e aspra sempre coprotagonista accanto ai suoi marshal e wanted (fuori dal cinema western di questa capacita di fare del paesaggio attore mi viene in mente Michael Mann e pochi altri); ancora, l’epica che si rifà alla tradizione dei nostri classici, la tragedia che divora l’io (quale altro cinema prevede campi larghissimi e subito poi primissimi piani?), il contrasto irriducibile tra legge e giustizia; infine un tempo che sembra distante ma è appena ieri. C’è qualcosa della poetica di Scorsese di Gangs of New York in questo ultimo Costner il quale condivide la scelta dello stesso periodo storico (la Guerra civile), il tema (la nascita di una Nazione), in un certo senso persino i luoghi (lì Five Points in una Nuova York anarchica e senza legge, qui Horizon in un West dove giustizia privata ha la meglio sul diritto); qualcosa della poetica di Scorsese e dell’epica di Tolstoj di Guerra e pace nella quale - anche qui - le microstorie di Costner sono pennellate di un affresco più grande dove tutti noi siamo protagonisti e comparse assieme, una grande tela cui diamo il nome di Storia e che l'arte prova a raccontare.
RispondiEliminaDovrei davvero approcciarmi un po' al genere, penso che potrebbe piacermi più di quanto creda. E anche riguardare Gangs of New York, mai più rivisto dopo la sua uscita al cinema, e non perché non mi fosse piaciuto!
EliminaSapendo della scarsa resa al botteghino del film ho provato a chiedermene il motivo e, pur non essendo un espertone del settore, ho concluso che il motivo fosse abbastanza ovvio e forse anche fin da prima di produrre il film (che è stato difficile finanziare, infatti). Il film non ha una visione personale, un approccio particolare che sappia ridare interesse e originalità a un genere che non va più per la maggiore.
RispondiEliminaCerto, il film è bello, ma il grande pubblico evidentemente ci trova poco, preferisce magari schifezze, ma quelle "di oggi."
Horizon sembra, come notano in tanti, un grande classico, ma arriva decenni dopo i grandi classici. Ci sarebbe stato da stupirsi di più se il grande successo fosse arrivato, considerando anche che, quest'anno, il botteghino spesso è amaro per le produzioni troppo ambiziose.
Sì, purtroppo è un film "vecchio", che non parla ai giovani. Ma, in generale, a me sembra che la gente sia diventata di un pigro e di un insensibile che lévati, su tutti i livelli e a qualsiasi età.
EliminaIo sono rimasto fregato, nel senso che dalle mie parti non è arrivato e non ho avuto voglia di spostarmi per vederlo. Morale: probabilmente non riuscirò mai più a vederlo in sala, e questo è un film che andrebbe assolutamente visto in sala... ad ogni modo, non si può non voler bene al vecchio Kevin, capace di indebitarsi per dare alla luce un'epopea che racconta il "vero" western, quello molto polveroso, poco epico e poco pieno di gloria. Un flop annunciato, ma proprio per questo ancora più affascinante. L'uscita del secondo capitolo è stata rinviata a data da destinarsi, incrociamo le dita
RispondiEliminaIl secondo capitolo in qualche modo lo vedremo perché è già pronto. Ma verranno prodotti i successivi?
EliminaIo ho avuto, stranamente, fortuna con la distribuzione. Il contrappasso di questa scelta anomala è stata che il multisala sarà chiuso per un mese e perderò tutte le uscite estive... non sentite una perturbazione di bestemmie nella forza?
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