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domenica 25 aprile 2021

WolfWalkers - Il popolo dei lupi (2020)

Sapevo che mi sarei tenuta il buono per ultimo, infatti non avrei potuto concludere meglio i recuperi in vista della notte degli Oscar se non guardando WolfWalkers - Il popolo dei lupi (WolfWalkers), diretto e co-sceneggiato nel 2020 dai registi Tomm Moore e Ross Stewart.

Trama: nell'Irlanda del 1600 una ragazzina e suo padre, cacciatore di lupi, si ritrovano ad avere a che fare con un Lord dispotico e superstizioso, che ha giurato di liberare la foresta dai lupi. Peccato che nella foresta in questione abitino anche i Wolfwalkers...


Dio benedica il Cartoon Saloon e i suoi meravigliosi capolavori animati, capaci di salvare il nostro cervello annebbiato dalla computer graphic e di regalarci non solo emozioni vere ma anche piccole opere d'arte in movimento, radicate nella tradizione irlandese zeppa di creature magiche e meravigliose, strettamente legate alla natura. Questa volta Tomm Moore ha deciso di affrontare il 1600 puritano, grigio e triste, popolato da demoni in abito talare pronti a brandire crocefissi ed anatemi per privare i cittadini della libertà di credere, pensare e vivere; è in questo clima profondamente triste ed ignorante che la giovane Robyn, inglese, si trasferisce nella cittadina fortificata di Killkenny assieme al padre, un cacciatore di lupi messosi al servizio del terribile Lord Protector, che governa i cittadini col pugno di ferro. Nata femmina e per questo costretta a venire relegata al focolare, Robyn (come molte "principesse" della tradizione Disneyana, in questo Wolfwalkers è più "classico" dei suoi fratellini della trilogia dedicata al folklore irlandese) vorrebbe essere a sua volta cacciatrice e durante una delle sue fughe fuori dalle mura si scontra con la vivacissima Mebh, ultima superstite, assieme alla madre, della stirpe dei Wolfwalkers, creature in forma umana di giorno e lupi di notte. L'incontro con Mebh cambierà la vita di Robyn e il suo modo di vedere la realtà che la circonda, facendole scoprire non solo che i lupi non sono malvagi come vengono dipinti ma soprattutto che la bestia più terribile e pericolosa, per se stesso e gli animali a quattro zampe, è soltanto l'uomo, in particolare quando a muoverlo sono la paura e la sete di potere.


Quella di Wolfwalkers è una storia che parla di amicizia, di crescita e della scoperta dell'indipendenza ma anche dell'importanza dei legami e della necessità di tenere una mente aperta, senza dimenticare mai quanto siamo legati a ciò che ci circonda, a chi è diverso da noi e alla natura stessa; è una storia che non fa sconti, malinconica e molto triste, perché sappiamo che i Wolfwalkers sono destinati ad essere sempre meno e sempre più impossibilitati a scorrazzare liberi in foreste eliminate per far spazio a coltivazioni e industrie, mentre le Robyn "infettate" dal morso della libertà sono ben poche. Eppure, la bellezza di Wolfwalkers è tale che, durante la visione, il nostro cuore non può fare a meno di abbandonarsi alla gioiosa sensazione di una corsa a perdifiato immersi in tutti i toni del verde, letteralmente abbracciati dalle forme circolari che si intrecciano per creare la foresta più materna che si sia mai vista in un cartone animato, resa ancora più preziosa e mistica da quegli sprazzi d'oro che risollevano lo spirito; ci si fa conquistare dalla vivacità e dal rosso acceso dei capelli della deliziosa Mebh e si rimane ammutoliti e meravigliati quando, nelle sequenze notturne, il mondo di trasforma in un trionfo di pennellate di colore in movimento, che seguono il ritmo del cuore e della musica, altra grande protagonista di questo splendido Wolfwalkers. Tomm Moore non riuscirà nemmeno quest'anno a vincere l'Oscar, è scontato, ma spero vivamente che, conclusa la trilogia "irlandese", possa tornare a deliziarci con un altro dei suoi gioielli disegnati a mano, custodi di una tradizione che confido non venga mai abbandonata. 


Del co-regista e co-sceneggiatore Tomm Moore ho già parlato QUI. Sean Bean (Bill Goodfellowe) e Simon McBurney (Lord Protector) li trovate invece ai rispettivi link.

Ross Stewart è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lavoro dietro la macchina da presa. Famoso come animatore, irlandese, ha 45 anni.


Se Wolfwalkers - Il popolo dei lupi vi fosse piaciuto non perdetevi ovviamente The Secret of Kells e La canzone del mare (lo trovate su Rakuten a un prezzo irrisorio). ENJOY!

venerdì 15 gennaio 2021

Possessor (2020)

Vergognosamente, pur essendo grande fan di Cronenberg padre ho sempre snobbato il figliolo Brandon, che quest'anno ha diretto e sceneggiato Possessor.


Trama: la killer Vos uccide le persone trasferendo la propria coscienza all'interno di ospiti che vengono costretti a suicidarsi una volta svolto il lavoro. Quando la sua ultima vittima deciderà di imporre la propria volontà, per Vos cominceranno i problemi.

Faccio outing: non ho mai visto Antiviral quindi sì, vergogna su di me. Prometto che lo aggiungerò all'ormai infinita lista di recuperi cinematografici, nel frattempo, siccome ne stanno parlando tutti benissimo, ho deciso però di recuperare Possessor. Ora, forse sono stata condizionata dalla consapevolezza di stare guardando un film del figlio di Cronenberg ma l'eredità paterna si vede eccome, sia nei temi trattati che nella realizzazione. Attento agli stravolgimenti della carne e della mente, Brandon crea un incubo fatto di esseri umani depersonalizzati, avente come protagonista una killer dall'identità incerta, soprattutto per lei: chi è davvero la leggendaria Tasya Vos, costretta a recuperare pezzi di se stessa dopo ogni lavoro portato a buon fine? Quanto di lei è originale e vero e quanto, invece, è ormai "avvelenato" dalle personalità di miriadi di ospiti indossati e gettati via come stracci? In un mondo in cui la società viene governata da ricchi pronti a violare la mente di ignare persone per riuscire ad ottenere ciò che vogliono, non esistono punti fermi come la famiglia o le amicizie e neppure il passato, perché davanti a noi potrebbe esserci un parassita mentale e gli oggetti che richiamano ricordi cominciano a perdere di ogni significato, se mai lo hanno avuto, il che è specchio di una società alienante come l'assurdo lavoro di Colin, costretto a spiare dentro le case delle persone per scoprire che tipo di tende utilizzano. 


L'unico modo, forse, di percepire una parvenza di vita (o di vendicarsi per non averne una) è distruggere, letteralmente, i corpi altrui, accanendosi su di essi con una violenza senza limiti che Brandon Cronenberg non lesina all'interno di sequenze tremendamente gore, alle quali si affiancano altre scene di assoluta perfezione formale; inquadrature simmetriche, colori vividi e irreali, assai simili a quelli che utilizzava Argento nei suoi vecchi film, ambienti eleganti, la scelta di utilizzare quanto più possibile effetti speciali artigianali invece che ricorrere alla CGI, rendono Brandon una versione più patinata del padre ma non priva di fascino e personalità, tanto che diventa dura parlare di copia o di "nepotismo", anche se tra i collegamenti all'opera di papà c'è anche la presenza della brava Jennifer Jason Leigh. Il film, comunque, a livello attoriale posa interamente sulle spalle di Andrea Riseborough, presenza inquietante e fantasmatica che fa sentire il suo influsso anche nel momento in cui, di fatto, il protagonista del film diventa Christopher Abbott, creando un effetto ancora più straniante per lo spettatore. Da amante di David Cronenberg e dei suoi graffianti esordi, l'unica cosa che rimprovero al figliolo è l'aria da primo della classe perfettino che trasuda da ogni fotogramma, laddove Cronenberg senior non andava tanto per il sottile, ma detto questo Possessor è assolutamente promosso e non vedo l'ora di recuperare anche Antiviral


Di Andrea Riseborough (Tasya Vos), Jennifer Jason Leigh (Girder), Tuppence Middleton (Ava Parse) e Sean Bean (John Parse) ho già parlato ai rispettivi link.

Brandon Cronenberg è il regista e sceneggiatore della pellicola. Canadese, figlio di David Cronenberg, ha diretto film come Antiviral. Anche produttore e attore, ha 40 anni.


Christopher Abbott interpreta Colin Tate. Americano, ha partecipato a film come 1981: Indagine a New York, It Comes at Night, First Man - Il primo uomo e Vox Lux. Anche produttore, ha 34 anni e due film in uscita. 





martedì 15 marzo 2016

Sopravvissuto - The Martian (2015)

E così è successo che prima della notte degli Oscar ho recuperato anche Sopravvissuto - The Martian (The Martian), diretto nel 2015 dal regista Ridley Scott e tratto dall'omonimo romanzo di Andy Weir.


Trama: durante una violentissima tempesta su Marte, l'astronauta Mark Watney viene creduto morto dai suoi compagni e conseguentemente abbandonato. Ripresosi, il poveretto cerca in tutti i modi di sopravvivere e comunicare con la NASA...



Nell'ottobre dello scorso anno, nonostante le recensioni molto positive, ho tranquillamente RIFIUTATO di andare a vedere The Martian e il motivo è da ricercarsi in due traumi terrificanti che rispondono al nome di Interstellar (lungo, tedioso) e The Counselor - Il procuratore (lungo, tedioso). Chissà perché mi ero convinta che The Martian sarebbe stata una combo mortale dei due, capace di uccidere lo spettatore con l'attacco congiunto "Stesso Astronauta di Interstellar/Stesso Regista di The Counselor", e non a caso ho rimandato la visione del film finché non ha ottenuto le sue sette nomination all'Oscar e, per dovere di completezza, mi sono ritrovata praticamente costretta a guardarlo. Per fortuna The Martian è lungo, vero, ma assolutamente non tedioso: la storia di Mark Watney, che pur non prevede gli stravolgimenti cosmici di Interstellar, è emozionante, divertente e, soprattutto, molto umana. Watney non è un povero cretino fastidioso ed incomprensibile come il Procuratore, né il tormentato ex-astronauta di Interstellar ma l'incarnazione di quell'americanità che, senza sconfinare nel patriotticamente fastidioso, spinge l'individuo a risolvere i problemi con ottimismo e caparbietà, senza pensare costantemente alla disfatta o alla morte. La situazione di Watney è delle peggiori, forse LA peggiore immaginabile, eppure il personaggio viene mostrato mentre la affronta con gesti semplici, piccole azioni mirate innanzitutto a ristabilire una qualche parvenza di normalità anche psicologica, per poi proseguire, passo dopo passo, verso obiettivi più ambiziosi ed imprese più epiche. Con Watney si empatizza subito e si arriva a tifare spudoratamente per lui e per tutti quei personaggi che se lo prendono a cuore e tentano di salvarlo anche a costo di rimetterci la carriera, spinti dagli stessi sentimenti che arrivano ad armonizzarsi con quelli dello spettatore, ed è questo che non accadeva con i due Mostri nominati a inizio post. Non avendo letto il romanzo di Andy Weir non so se valga la stessa cosa anche per l'opera cartacea ma la sceneggiatura di Drew Goddard è divertente e dinamica, benedetta da un umorismo lieve ma mai stupido, e i dialoghi messi in bocca ai protagonisti hanno quel tocco realistico che parrebbe quasi paradossale in una situazione speciale come quella toccata in sorte a Watney.


Matt Damon, con la sua faccetta da bravo ragazzo all-american, si sobbarca sulle spalle il difficile compito di "riempire lo schermo" praticamente da solo e ci riesce benissimo, conquistandosi le simpatie del pubblico anche quando viene costretto dalla sceneggiatura a compiere imprese degne di un superuomo, strappando a volte un sorriso, a volte ammirazione, a volte un sopracciglio inarcato ma indulgente (come quando si rappezza da solo). Il cast di contorno è di prim'ordine, a partire da Jessicona Chastain, un sempre più simpatico Michael Peña, quel Jeff Daniels che quest'anno si è infilato in ben due film nominati all'Oscar e l'impronunciabile Chiwetel Ejiofort che, sinceramente, credevo fosse sparito dopo l'Oscar per 12 anni schiavo; certo, tanta abbondanza di star è un po' sprecata per il tempo che questi attori hanno ottenuto in scena ma sono comunque un bel vedere. Più della regia, comunque superlativa anche in virtù della confidenza che Ridley Scott ha ormai con ogni forma di "intrattenimento" spaziale (bellissima la scena in cui Damon e la Chastain si ricongiungono nel bel mezzo dello spazio), oltre che resa più moderna da strizzate d'occhio alle riprese tipiche del found footage, quello che mi ha davvero impressionata di The Martian sono state le scenografie. Il deserto di Wadi Rum, in Giordania, funge da superbo palcoscenico per le scene ambientate su Marte ed è davvero mozzafiato ma anche gli ambienti ricostruiti, soprattutto quelli claustrofobici in cui è costretto a muoversi Damon, sui quali spiccano l'interessante orto improvvisato dal protagonista, concorrono ad aumentare la bellezza di questo film. Se siete appassionati di vicende spaziali non indugiate come me e correte a recuperare Sopravvissuto - The Martian, io intanto cerco il romanzo!


Del regista Ridley Scott ho già parlato QUI. Matt Damon (Mark Watney), Jessica Chastain (Melissa Lewis), Kristen Wiig (Annie Montrose), Jeff Daniels (Teddy Sanders), Michael Peña (Rick Martinez), Sean Bean (Mitch Henderson), Sebastian Stan (Chris Beck) e Chiwetel Ejiofor (Vincent Kapoor) li trovate invece ai rispettivi link.

Kate Mara (vero nome Kate Rooney Mara) interpreta Beth Johanssen. Americana, sorella di Rooney Mara, la ricordo per film come Urban Legend 3, I segreti di Brokeback Mountain, Iron Man 2 e Fantastic 4; inoltre, ha partecipato a serie come Nip/Tuck, Cold Case, CSI: Miami, CSI, 24, American Horror Story, House of Cards e doppiato episodi di Robot Chicken. Ha 33 anni e tre film in uscita.


Drew Goddard avrebbe dovuto dirigere il film ma ha rinunciato per dedicarsi ad un progetto che purtroppo, al momento, pare essere destinato a non compiersi mai, ovvero una pellicola sui Sinistri Sei. Chissà che l'anno in corso non porti ulteriori news su questo spin-off di Spider Man. Cate Blanchett invece era stata la prima scelta di Scott per il ruolo di Melissa Lewis ma l'attrice ha dovuto rinunciare perché impegnata a girare altre pellicole, lasciando così il posto a Jessica Chastain. Detto questo, se Sopravvissuto - The Martian vi fosse piaciuto recuperate Interstellar, Gravity, Solaris, Moon, Alien e 2001 - Odissea nello spazio. ENJOY!



mercoledì 18 giugno 2014

Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello (2001)

E' arrivato il momento di "affrontare" una delle trilogie chiave del nuovo millennio, quella de Il signore degli anelli. Cominciamo oggi con La compagnia dell'anello (The Fellowship of the Ring), diretto e co-sceneggiato nel 2001 da Peter Jackson e tratto dalle opere di J.R.R. Tolkien.


Trama: nel giorno del suo compleanno, l'hobbit Bilbo Baggins decide di andare via dalla Contea. Al cugino prediletto Frodo lascia in eredità un anello trovato anni prima durante un'avventura con lo stregone Gandalf e proprio quest'ultimo scopre, dopo qualche tempo, che il monile non è altro che l'Anello del Potere forgiato dal malvagio Sauron, in grado di soggiogare l'intera Terra di Mezzo e farla sprofondare nelle Tenebre. Saputo che i servi di Sauron hanno cominciato a cercare l'Anello, Frodo è costretto a fuggire assieme al fido giardiniere Sam e agli amici Pipino e Merry, cominciando così un viaggio disperato e periglioso..



Il mio rapporto con Il signore degli Anelli comincia durante l'infanzia, grazie ad un libro ereditato da qualche cugino più grande che raccontava, attraverso immagini e didascalie, le vicende mostrate nel film di Ralph Bakshi del 1978. Di quel libro (e quanto vorrei averlo sottomano ora!!) ricordo solo l'orrida figura di Gollum e il senso di inquietudine e disgusto che mi provocava; un ricordo che, probabilmente, assieme al titolo dell'opera era rimasto comunque in attesa di venire richiamato perché molti anni dopo, alle superiori, trovai nella libreria della madre di una compagna di classe l'imponente tomo Tolkieniano e, incuriosita, chiesi alla gentile signora di poterlo leggere. In tempo zero ero rimasta conquistata dalle vicende di Frodo e compagnia, affascinata dalla grandezza degli Elfi, dalla saggezza di Gandalf, dalla dolcezza e dal coraggio di Sam. Immaginate quindi l'incredibile gioia quando, nel 2001, ho saputo dell'uscita de La compagnia dell'Anello, riproduzione fedelissima della prima parte di quella storia che avevo tanto amato, solo con qualche piccolo "aggiustamento" per renderla più scorrevole e adatta a un pubblico che, presumibilmente, non aveva mai avuto il coraggio di affrontare un romanzo così ponderoso. Nel primo film di una (necessaria, questa sì, non come quella de Lo Hobbit) trilogia il regista ci prende per mano e ci introduce all'universo di Tolkien, alla terribile storia dell'Anello e ai personaggi che, volenti o nolenti, entreranno in contatto con questo potentissimo artefatto: gli hobbit Frodo, Sam, Pipino e Merry, il saggio ed enigmatico stregone Gandalf, il misterioso e nobile Aragorn, gli audaci Legolas e Gimli, il tormentato Boromir. Nonostante ci sia tanta di quella carne al fuoco da farci barbeque per 13 generazioni, gli sceneggiatori riescono a rendere la storia comprensibilissima senza perdersi in spiegoni eccessivi e, soprattutto, riescono a scolpire in tempo zero ogni personaggio nel cuore dello spettatore, che non può fare a meno di entusiasmarsi e volerne sapere di più, tifando spudoratamente per la riuscita della perigliosa impresa e struggendosi davanti alle poche, necessarie morti, anche dopo averne letto sui libri di Tolkien. I toni della pellicola si alternano, come in una perfetta sinfonia, tra i momenti divertenti e bucolici ambientati nella Contea, le concitate fughe dai terribili servi di Sauron, la maestosità degli incontri con gli Elfi, le epiche battaglie nel ventre di Moria, i terribili ed umanissimi momenti di dubbio e terrore dei protagonisti, granelli di sabbia davanti ad una tempesta impossibile da fermare.


Al rispetto profondo per l'opera di Tolkien, Jackson aggiunge una perizia tecnica da far tremare i polsi e un'incredibile conoscenza del territorio neozelandese, indispensabile per ricreare una perfetta Terra di mezzo fatta di verdi colline, sterminate pianure e maestosi fiumi, un ambiente in grado di diventare protagonista alla pari degli esseri umani (e non) che lo attraversano. Poi, ovviamente, ci sono gli immancabili, preziosissimi effetti speciali della WETA, capaci di creare dal nulla sequenze e personaggi ormai rimasti nell'immaginario cinematografico collettivo come la terribile battaglia tra Gandalf e il Balrog e, ovviamente, la creatura Gollum che, a dire il vero, ne La compagnia dell'anello rimane un po' sullo sfondo, deciso a lasciare spazio alla bravura degli attori in carne ed ossa. Tra tutti gli interpreti spiccano, neanche a dirlo, il meraviglioso Ian McKellen e il bellissimo Viggo Mortensen (ah quanti sospiri all'epoca, altro che quegli elfi effemminati!!!), due mostri di incredibile bravura favoriti anche da due personaggi scritti benissimo in partenza; si collocano appena sotto di loro il tormentato, ormai iconico Boromir di Sean Bean che da il meglio di sé durante il terribile confronto con Frodo e, neanche a dirlo, l'ex goonie Sean Astin che, per quel che mi riguarda, col suo ciccionissimo Sam da vita al personaggio più sfaccettato e reale dell'intera saga. A distanza di anni invece (e purtroppo) devo dire che Elijah Wood non mi fa impazzire nei panni di un Frodo quasi monoespressivo (Ian Holm compare solo per pochi minuti e se lo mangia letteralmente) e che anche i personaggi di Legolas, Gimli, Merry e Pipino sembrano messi lì a mo' di riempitivi e, soprattutto in questo primo episodio della saga, non riescono ad bucare lo schermo, rimanendo monodimensionali. Quisquilie che, ovviamente, vengono cancellate dalla meraviglia di vedere portato su schermo un mondo antico e magico, come se gli elfi stessi avessero infuso la loro luce nell''intera pellicola, trasformandola per magia nell'ultima, grande saga epica della storia del Cinema. Imperdibile, che siate o meno amanti di Tolkien in particolare e del fantasy in generale.


Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche nei panni dell'hobbit che sgranocchia una carota a Brea) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Marton Csokas (Celeborn), Ian Holm (Bilbo Baggins), Christopher Lee (Saruman), Andy Serkis (Gollum), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), Liv Tyler (Arwen) e Hugo Weaving (Elrond) li trovate invece ai rispettivi link.

Billy Boyd (vero nome William Boyd) interpreta Peregrino "Pipino" Tuc. Scozzese, ha partecipato a film come Il signore degli anelli - Le due torri, Master and Commander - Sfida ai confini del mare, Il signore degli anelli - Il ritorno del re e Il figlio di Chucky. Anche produttore, ha 46 anni e un film in uscita.


John Rhys-Davies interpreta Gimli. Inglese, lo ricordo per film come I predatori dell'arca perduta, Victor Victoria, Sahara, 007 - Zona pericolo, Indiana Jones e l'ultima crociata, Il signore degli anelli - Le due torri Il signore degli anelli - Il ritorno del re, inoltre ha partecipato a serie come Chips, La signora in giallo I viaggiatori. Come doppiatore, ha lavorato in episodi di Animaniacs, Gargoyles, Freakazoid!, Pinky and the Brain, Spongebob Squarepants e per il film Aladdin e il re dei ladri. Anche sceneggiatore e produttore, ha 70 anni e sei film in uscita.


I retroscena alla base della trilogia di Jackson sono infiniti, ovviamente, quindi riporterò solo quelli che mi hanno colpita di più. Per esempio, Christopher Lee è stato l'unico membro del cast ad avere incontrato Tolkien, con cui ha mantenuto persino una corrispondenza mentre era in vita: è stato lo stesso Tolkien ad averlo designato come Gandalf nel caso di una trasposizione cinematografica de Il signore degli anelli, tuttavia alla fine a Lee è stata offerta la parte di Saruman e, piuttosto che rischiare di rimanere fuori dalla produzione, l'attore si è dovuto rassegnare (e ha dovuto anche sopportare il fatto che il ruolo di Gandalf, ambito anche dal padre di Sean Astin, John, fosse stato offerto a Sean Connery che, però, aveva rifiutato perché "non capiva la storia". Brutta cosa l'Alzheimer). Nulla di fatto anche per Stuart Townsend, scritturato per il ruolo di Aragorn (nonostante le prime scelte per la parte fossero Russel Crowe, Daniel Day-Lewis e, orrore! Nicolas Cage) e mandato a stendere dopo pochi giorni di riprese perché Jackson si era reso conto che sarebbe stato meglio utilizzare un attore più "anziano". Il giovane Orlando Bloom aveva invece fatto il provino per Faramir e alla fine è stato richiamato per interpretare Legolas mentre, rimanendo in tema di elfi, sia Lucy Lawless che Uma Thurman hanno dovuto rinunciare a partecipare al film (la prima come Galadriel e la seconda come Arwen e poi Eowyn) a causa della loro improvvisa gravidanza mentre si dice che David Bowie sarebbe stato molto interessato al ruolo di Elrond, mannaggia! Per quanto riguarda gli hobbit invece, Jake Gyllenhaal aveva fatto il provino per il ruolo di Frodo, a cui peraltro ambiva anche Dominic Monaghan. La compagnia dell'anello, lo sanno anche i sassi, è il primo film di una trilogia che include Le due torri e Il ritorno del re; quindi, se vi fosse piaciuto, continuate nella visione, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!

mercoledì 7 novembre 2012

Silent Hill (2006)

Siccome in questi giorni è uscito Silent Hill: Revelation, ho deciso di riguardare Silent Hill, diretto nel 2006 dal regista Christophe Gans.


Trama: per cercare di capire la natura dei disturbi che affliggono la figlia, una donna decide di recarsi nella città fantasma di Silent Hill. Una volta arrivate, la bambina scompare dopo un incidente e sua madre scopre che la città nasconde inquietanti segreti…  


Di Silent Hill ricordavo davvero poco, tranne la certezza che mi fosse piaciuto all’epoca dell’uscita cinematografica. Riguardandolo, ho trovato conferma della prima impressione, perché Silent Hill è davvero un film ben diretto e ottimamente recitato, graziato da una colonna sonora allo stesso tempo inquietante e malinconica. Bella forza, direte voi, hanno riutilizzato, riarrangiandole, le musiche che accompagnavano il videogame, ma io non ci ho mai giocato quindi mi perdonerete se anche la recensione presenterà le ingenuità di chi di Silent Hill non conosce nulla. Per il profano come me il film risulta essere un’ efficace pellicola che mescola momenti di horror tout court con dovizia di violenza, mostri e sangue, a momenti più riflessivi che rievocano atmosfere da ghost story. A dirla tutta queste ultime sono la parte migliore del film, strettamente legate alla storia della povera bimba condannata solo perché figlia illegittima di una donna troppo debole per opporsi ai suoi “simpaticissimi” compaesani, mentre il bestiario di mostri che sbucano da ogni angolo della città subito dopo il suono di una sirena è ormai troppo iconografico per mettere davvero paura.


In generale, comunque, Gans riesce a ricostruire alla perfezione un’atmosfera claustrofobica e assolutamente straniante, alternando la fotografia pulita e nitida della realtà all’oscura nebbia e ai toni grigi che invadono le strade di Silent Hill, immerse costantemente in una foschia di ceneri svolazzanti, malinconiche come fiocchi di neve. Predominano, oltre al grigio e al nero, anche i toni del rosso e dell’arancio, gli stessi del sangue e delle fiamme, ed è interessantissimo vedere come, a poco a poco, in modo talmente impercettibile che lo spettatore quasi non se ne accorge, il vestito della protagonista cambi colore dal pastello, al grigio al rosso sangue mano a mano che la storia si avvicina al finale, ad indicare come Rose passi dall’assoluta inconsapevolezza del “limbo” all’abbacinante comprensione dell’orribile realtà legata agli eventi che hanno reso Silent Hill una città fantasma. Altra scelta stilistica a mio avviso geniale è quella di rivelare l’oscuro passato della città modificando la qualità della pellicola come se ci trovassimo davanti ad un vecchio horror anni ’70, dalle atmosfere simili al capolavoro di Polanski, Rosemary’s Baby. Poi certo, assieme a queste finezze ci sono anche effetti speciali assai dignitosi, che uniscono una CGI pressoché perfetta alle vere ed inquietanti movenze di ballerini “sepolti” sotto il corpo di mostri (inutile dire che le infermiere senza faccia mi hanno creato più di uno scompenso).


Certo, un piccolo difetto Silent Hill ce l’ha. Nonostante la sceneggiatura di Roger Avary risulti adatta anche a chi non conosce il videogame e si riveli insospettabilmente “profonda” per un horror, a tratti la ricerca di Rose ha troppo il sapore di quest e di omaggio ai luoghi del gioco; la donna trova un indizio che la porta in un certo posto, lì dovrà sopravvivere al “boss di livello” e trovare l’oggetto o il disegnino che la porteranno al luogo successivo e così via. Questo succede soprattutto nella parte centrale della pellicola, che si distacca per stile e ritmo sia dall’intrigante inizio che dall’inquietantissimo e triste finale. A parte questo, comunque, Silent Hill risulta uno dei migliori esempi di horror degli ultimi tempi, anche grazie a delle buone interpretazioni degli attori coinvolti, in primis una superba e crudelissima Alice Krige… quindi, se non avete ancora avuto modo di vederlo, cercatelo e poi fate come me, mettetevi come suoneria il Silent Hill Theme che si sente poco prima dell’inizio dei titoli di testa.


Di Radha Mitchell (Rose Da Silva), Sean Bean (Christopher Da Silva), Alice Krige (Christabella) e Jodelle Ferland (Sharon/Alessa) ho già parlato ai rispettivi link.

Christophe Gans è il regista della pellicola. Francese, ha diretto anche Crying Freeman e Il patto dei lupi. Anche sceneggiatore e produttore, ha 42 anni e un film in uscita.


Laurie Holden (vero nome Heather Laurie Holden) interpreta l’agente Cybill. Attrice americana salita alla ribalta negli ultimi  anni per il ruolo della stupidissima, irritante Andrea nella serie cult The Walking Dead, la ricordo anche per film come I Fantastici 4 e The Mist; inoltre, ha partecipato ad altre serie come Highlander, La signora in giallo, Oltre i limiti e X – Files. Ha 43 anni.


Deborah Kara Unger interpreta Dahlia Gillespie. Canadese, ha partecipato a film come Highlander 3, Crash, The Game – Nessuna regola, White Noise – Non ascoltate e Silent Hill: Revelation. Anche produttrice, ha 48 anni.


Kim Coates interpreta l'agente Thomas Gucci. Canadese, ha partecipato a film come Amityville: Il ritorno, L'ultimo boyscout - Missione sopravvivere, Amore all'ultimo morso, Il cliente, Waterworld, Pearl Harbor, Resident Evil: Afterlife e alle serie Miami Vice, Oltre i limiti, CSI, CSI: NY, Smallville, Cold Case CSI: Miami, Prison Break e Sons of Anarchy. Anche produttore, ha 53 anni e quattro film in uscita.


Se Silent Hill vi fosse piaciuto, oltre a ricordarvi che nei cinema dovrebbe ancora esserci il seguito, Silent Hill: Revelation, vi consiglio la visione di The Ring, Il seme della follia, La nona porta o Amityville Horror. ENJOY!!




martedì 10 aprile 2012

Biancaneve (2012)

Per chiudere in bellezza la giornata di Pasqua, domenica sera sono andata a vedere Biancaneve (Mirror, Mirror), rilettura dell'omonima fiaba ad opera del regista Tarsem Singh.


Trama: Per rimanere giovane e bella, la Regina ha mandato il regno in bancarotta e i sudditi non riescono più a far fronte alle ingenti tasse. La figliastra Biancaneve, che è riuscita a scoprire come stanno le cose, viene mandata a morire nella Foresta Nera. Come racconta la favola, la fanciulla tuttavia sopravvive e incontra i sette nani, con i quali si allea per spodestare la perfida Matrigna e riprendersi il Principe concupito dalla donna...


Tutto mi aspettavo da questo Biancaneve, ma non una pellicola così ironica e divertente, incentrata quasi interamente sull'esilarante figura della Matrigna, magistralmente interpretata da una Julia Roberts in stato di grazia (non a caso il titolo originale è Mirror, Mirror, non Snow White). L'invidia per la bellezza della principessa "dalle labbra rosse come il sangue e la pelle bianca come la neve" è il fulcro anche di questa versione della fiaba, ma la Matrigna non viene dipinta come una megera dedita alla magia bensì, soprattutto, come una "coguara" che ha mandato in rovina il regno per pagarsi feste e cure di bellezza tra le più atroci, una fancazzista il cui unico scopo è trovare un ricco marito, possibilmente giovane, che la mantenga. Biancaneve, come viene chiarito all'inizio, non è altro che un optional (anche se il finale, ovviamente, smentirà ironicamente la Matrigna), una ragazzetta irritante che la donna si è trovata nel Castello e che riesce, senza troppo sforzo, a tenere a bada... almeno finché non arriva il Principe che, in quanto bello, aitante e ricco (senza contare che sarebbe un alleato prezioso per spodestare l'una o l'altra donna) viene bramato da entrambe.


Dal momento in cui la povera Biancaneve viene mandata nella Foresta Nera per evitarle un incontro col Principe, la trama della pellicola si distacca ancora di più da quella della fiaba: i sette nani sono sette ladri (dai pittoreschi nomi di Macellaio, Risata, Napoleone, Lupo, Mezzapinta, Grimm e Mangione) che vagano per la Foresta armati di trampoli per sembrare più alti, briganti che prendono Biancaneve sotto la loro ala protettiva e le insegnano tutte le loro furberie, trasformandola non in una guerriera, ma in una scafata ragazzina in grado di riprendersi quel che è suo di diritto. Non pensate a qualcosa di "zen" o alla Matrix, però. Il film, infatti, non perde mai, nemmeno per un istante, il suo dichiarato intento di essere supercazzola, sfacciatamente in bilico tra artistico trionfo di costumi e scenografie (splendidi e particolarissimi) oppure esilarante trashata. I momenti di puro divertimento si sprecano, tra un Principe trasformato in cucciolo fedele o lasciato in mutande dai nani, gli incredibili siparietti tra la Matrigna e il consigliere Brighton, gli assurdi costumi indossati dagli invitati al ballo (uno su tutti: Biancaneve col copricapo a forma di cigno) e al matrimonio, le cure di bellezza a base di guano, vermi, vespe, scorpioni, bisce e quant'altro, il duello con fior di sculacciate in punta di spada e il finale bollywoodiano con tanto di balletto e canzone. Paradossalmente, la parte meno riuscita del film è quella dichiaratamente fantasy, che implica l'utilizzo delle arti magiche della regina e di troppa Computer Graphic: il passaggio dallo specchio al rifugio sul lago è spettacolare, ma l'attacco del burattino gigante e soprattutto quello della Chimera sono decisamente bruttini.


Mi rendo conto che sarebbe impossibile fare un confronto tra questo Biancaneve e il film che uscirà a luglio, Biancaneve e il cacciatore, però due parole vorrei spenderle. Nonostante sia una commedia divertentissima, il film di Tarsem mi è sembrato qualcosa di molto più adulto e particolare, assai distante dagli ultimi adattamenti gotici (leggasi: per bimbiminkia) delle fiabe più famose, come Cappuccetto Rosso sangue o Beastly, una pellicola girata non per racimolare incassi, nonostante la presenza di una star come Julia Roberts, ma semplicemente per il gusto di rileggere in modo diverso una fiaba amata e conosciutissima. A tal proposito, è sicuramente un film che non consiglierei ai bambini, che si romperebbero le scatole e capirebbero pochissimo della storia, né a chi si aspetta una storia d'amore convenzionale, una moraletta spicciola, una pellicola seria o chissà quale capolavoro. Biancaneve, per essere apprezzato, dev'essere vissuto come qualcosa di non etichettabile, un film a sé stante da godere sul momento, una follia di un'ora e mezza. Se andrete al cinema consapevoli di questo, non ve ne pentirete!!


Di Armie Hammer, che interpreta il principe Alcott, ho già parlato qui.

Tarsem Singh (vero nome Tarsem Dandhwar Singh) è il regista della pellicola. Indiano, ha diretto film come The Cell - La cellula, The Fall e Immortals. Anche sceneggiatore e produttore, ha 51 anni.


Julia Roberts (vero nome Julia Fiona Roberts) interpreta la Regina. Una delle attrici più famose di Hollywood, la ricordo per film come Mystic Pizza, Fiori d'acciaio, Pretty Woman, Linea mortale, A letto con il nemico, Hook - Capitan Uncino, Qualcosa di cui... sparlare, Mary Reilly, Michael Collins, Il matrimonio del mio migliore amico, Nemiche amiche, Notting Hill, Se scappi ti sposo, Erin Brokovich - Forte come la verità (per il quale ha vinto l'Oscar come migliore attrice protagonista), The Mexican, I perfetti innamorati, Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco, Confessioni di una mente pericolosa, Ocean's Twelve; ha inoltre doppiato Ant Bully - Una vita da formica, e partecipato a episodi di Miami Vice e Friends. Anche produttrice, ha 45 anni e due film in uscita.


Lily Collins (vero nome Lily Jane Collins) interpreta Biancaneve. Inglese, figlia del cantautore Phil Collins, ha partecipato a film come Priest e ad episodi della serie 90210. Ha 23 anni e quattro film in uscita.


Nathan Lane (vero nome Joseph Lane) interpreta Brighton. Americano, lo ricordo per film come La famiglia Addams 2, Piume di struzzo, Un topolino sotto sfratto, Stuart Little - Un topolino in gamba e Austin Powers in Goldmember; inoltre ha doppiato Timon ne Il re leone e partecipato a serie come Miami Vice, Innamorati pazzi e Sex and the City. Anche produttore, ha 56 anni e un film in uscita.


Sean Bean (vero nome Shaun Mark Bean) interpreta il Re. Attore inglese che ricorderò sempre per aver interpretato il meraviglioso Boromir nella trilogia de Il Signore degli Anelli, ha partecipato a film come Goldeneye, Ronin, Equilibrium, Il mistero dei Templari, North Country, Silent Hill e a serie come Game of Thrones. Ha 53 anni e due film in uscita.


Saoirse Ronan era stata presa in considerazione per il ruolo di Biancaneve, ma la differenza di età tra lei e Armie Hammer era troppo grande; Lily Collins, invece, avrebbe dovuto recitare col ruolo dello stesso personaggio in Biancaneve e il cacciatore, ma le è stata preferita (ohibò...) Kristen Stewart. Destino inverso per il Principe: nel film con la Stewart ci sarà l'attore che è stato scartato durante il casting di Biancaneve. Ribadisco il mio fermo proposito di non andare a vedere il secondo film dedicato alla "più bella del reame" e vi saluto... ENJOY!!

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