Lunedì e martedì anche il multisala savonese ha aderito alla splendida iniziativa di far tornare al cinema I Goonies, diretto nel 1985 da Richard Donner. Potevo forse perderlo?
Trama: il giorno prima dell'esproprio forzato delle loro case, un gruppo di ragazzini denominatosi Goonies parte alla ricerca del tesoro di Willy l'orbo, sepolto da qualche parte nelle caverne sotto la cittadina.
Parlare de I Goonies è come parlare di uno di famiglia, visto che mi tiene compagnia da quando ero bambina. A onor del vero non lo riguardavo da almeno una decina d'anni, complice lo scarso utilizzo della TV e la precedenza accordata a film ancora da vedere, ma mi è bastato sedermi in sala martedì per ritrovare tutte le sensazioni di gioia, meraviglia e divertimento che questo piccolo gioiello suscita in me da sempre. I Goonies è la quintessenza di ciò che dovrebbe essere un film d'avventura per ragazzi, non a caso è un prodotto uscito dalle mani esperte di Steven Spielberg e Chris Columbus, che ne hanno firmato la sceneggiatura. Innanzitutto, ha dei personaggi iconici i cui tratti salienti possono venire riassunti in un'unica, fondamentale scena introduttiva sulla scia di un folle inseguimento con sparatoria (fateci caso, bastano pochi fotogrammi per ognuno: Mouth è lo sbruffoncello, Data l'inventore pasticcione, Chunk il ciccione ingenuo e casinista, Mikey il "capo" ragionevole e malinconico, a cui viene dedicata qualche inquadratura in più); questi stessi personaggi si rapportano tra loro con un cameratismo realistico e divertente e la loro avventura straordinaria nasce da problemi terribilmente ordinari, ovvero debiti, povertà e persone senza scrupoli (tre cose che, se ricordate, doveva affrontare anche il protagonista di Gremlins, sempre scritto da Columbus), che rischiano di rappresentare la fine non solo della loro amicizia ma anche della loro infanzia, dei loro sogni cancellati a colpi di carte bollate. La ricerca del tesoro di Willy l'orbo rappresenta la speranza di fuga, la fantasia che corre in aiuto di ragazzini schiacciati dalla realtà ed è giusto che presenti tutti i topoi di un romanzo d'avventura, con enigmi da risolvere, pericoli mortali, trappole e nemici senza scrupoli che cercano di far loro la pelle, anche se questi nemici sono l'esilarante terzetto formato dalla famiglia Fratelli. Aggiungiamo poi l'indispensabile elemento horror, qui rappresentato da scheletri in abbondanza e soprattutto dal mitico Sloth, che non sfigurerebbe dietro le intercapedini de La casa nera anche se alla fine è tanto buonino come Lupo De' Lupis e più che una creatura paurosa è il vero tesoro scoperto dai Goonies.
Quella de I Goonies è una storia che non perde freschezza da più di trent'anni (anche se noi, da maledetti stronzi quasi quarantenni, abbiamo avuto modo di porci domande scomode che non riporterò in questa sede) ma anche gli altri aspetti della pellicola sono invecchiati benissimo. La colonna sonora funge da suono pavloviano, bastano le prime note per tornare bambini e la faccia di Cindy Lauper per profondersi nel peggiore dei karaoke, ma è bellissimo anche farsi accompagnare da Donner nei meandri oscuri e zeppi di "tracobetti" del sottosuolo di Goon Docks, tra sequenze frenetiche di pura azione e commoventi primi piani ispirati, per non parlare poi della ricchezza e dell'inquietante maestosità della nave di Willy l'orbo, sia all'interno del suo rifugio sia in quell'ultimo viaggio verso l'ignoto, salutata dagli increduli abitanti della cittadina. C'è da dire poi che, visto dopo trenta e fischia anni, I Goonies regala anche delle gioie a livello di casting; si ride parecchio all'idea di un Brand che, per vendicarsi di tutti i soprusi subiti nel corso del film, decide di schioccare le dita ed eliminare un buon 50% della popolazione e si possono trovare parecchie similitudini tra la dolce, quieta testardaggine del piccolo Mikey e la pazienza di Samvise Gamgee, ma il mio cuore ovviamente è sempre per Corey Feldman e le mattane spagnole del suo Mouth, oltre che per l'accento smaccatamente siculo che il doppiaggio italiano ha appioppato a mamma Fratelli e ai sue due figli rincoglioniti. A prescindere da quale personaggio amiate di più, non c'è dubbio che quello de I Goonies è stato un casting particolarmente ispirato che funziona alla perfezione oggi come allora e non c'è uno solo degli attori che non vorrei abbracciare e ringraziare per aver contribuito a realizzare quello che, a mio avviso, è il film per ragazzi più bello di sempre. Un vero peccato che alla proiezione serale delle 21 ci fossimo quasi solo noi adulti, perché per un bambino vedere una pellicola simile al cinema potrebbe diventare un ricordo indelebile ed importante.
Del regista Richard Donner, che compare non accreditato nei panni di un poliziotto, ho già parlato QUI. Sean Astin (Mikey), Josh Brolin (Brand), Corey Feldman (Mouth) e Robert Davi (Jake) li trovate invece ai rispettivi link.
Joe Pantoliano interpreta Francis. Americano, lo ricordo come Ralph Cifaretto de I Soprano ma ha partecipato a film come L'impero del sole, Il fuggitivo, Baby Birba - Un giorno in libertà, Congo, Bound - Torbido inganno, Matrix, Memento, Daredevil e a serie come MASH, I racconti della cripta, Oltre i limiti, Roswell; come doppiatore ha lavorato ne I Simpson e SpongeBob Squarepants. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 68 anni e tre film in uscita.
Anne Ramsey interpreta Mamma Fratelli. Americana, ha partecipato a film come Dovevi essere morta, Getta la mamma dal treno, S.O.S. Fantasmi e a serie quali Charlie's Angels, Wonder Woman, Starsky & Hutch, Chips, La signora in giallo, Casa Keaton, Supercar e ALF. E' morta nel 1988 all'età di 59 anni.
Ke Huy Quan, che interpreta Data, aveva partecipato l'anno prima a Indiana Jones e il tempio maledetto nel ruolo di Short. Cosa faccia ora l'ex ragazzino è un mistero, probabilmente vive girando per convention nerd mentre Jeff Cohen, alias Chunk, ha appeso da molto la recitazione al chiodo ed è diventato un famoso avvocato. Heather Langenkamp aveva fatto il provino per il ruolo di Andy ma, anche se Spielberg e Donner erano entusiasti della sua performance, l'attrice era troppo vecchia per il ruolo; Spielberg ha cercato di scusarsi anni dopo offrendo alla Langenkamp il ruolo della dottoressa Ellie Sattler in Jurassic Park ma l'attrice si era già impegnata con Nightmare - Nuovo incubo. Detto questo, se I Goonies vi fosse piaciuto recuperate Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi, Scuola di mostri, Mud, Navigator, Explorers e Stand by Me - Ricordo di un'estate. ENJOY!
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venerdì 13 dicembre 2019
domenica 22 giugno 2014
Il signore degli anelli - Il ritorno del re (2003)
Eccoci arrivati alla fine dei post dedicati alla trilogia de Il signore degli Anelli! Si conclude in bellezza con Il ritorno del re (The Lord of the Rings: The Return of the King), diretto nel 2003 dal regista Peter Jackson.
Trama: le forze di Sauron stanno per scagliarsi contro la fortezza di Gondor e la guerra minaccia di segnare la fine dell'era degli uomini. Mentre Aragorn, Gandalf, Merry, Pipino, Legolas e Gimli si preparano per quella che potrebbe essere l'ultima battaglia della loro vita, Frodo, Sam e un sempre più malvagio Gollum devono trovare un modo per penetrare nel cuore di Mordor e arrivare, non visti, al monte Fato per distruggere l'Anello...
Il ritorno del re è sicuramente il film della trilogia che preferisco perché, mentre La compagnia dell'anello fungeva da introduzione ed era in qualche modo più "lieto" e Le due torri era principalmente concentrato su epiche battaglie, quest'ultima pellicola si sofferma maggiormente sulle emozioni dei singoli personaggi ed è pervaso, dall'inizio fino alla fine, da un'intensa atmosfera di ineluttabilità, malinconia e flebile speranza. Ognuno dei protagonisti, infatti, è consapevole della possibilità di stare combattendo una battaglia persa in partenza e di stare letteralmente proseguendo nel cammino a braccetto con la morte e molti, di fronte a questa consapevolezza, scelgono ad un certo punto di arrendersi. In questo senso, la figura che mi ha sempre colpita maggiormente è quella del padre di Boromir e Faramir, Denethor, che si getta a testa bassa nel vortice della follia e della rassegnazione, spinto da un orgoglio fasullo e da una sete di potere senza pari, e solo quando la fine è imminente capisce quanto fossero inutili i valori a cui si è sempre aggrappato; a differenza di Re Theoden, che riesce a trovare nuova linfa vitale nelle situazioni disperate, Denethor soccombe al dolore e decide di abbandonare tutto, distruggere regno e famiglia senza dare battaglia, un po' come un novello Mazzarò che sceglie di portare con sé la sua "roba". Allo stesso modo anche Sam, fino a questo momento la voce della semplicità, dell'innocenza e della saggezza "di campagna", si ritrova a perdere tutto a causa delle macchinazioni di Gollum e per un attimo, un attimo incredibilmente toccante e umano, perde di vista la via rischiando così di condannare quella povera oloturia di Frodo nonché l'intera Terra di Mezzo. Il ritorno del re inoltre (almeno all'epoca, prima che arrivasse Lo Hobbit) significa dare l'addio a meravigliosi personaggi a cui ci siamo affezionati, creature che, inevitabilmente, sono rimaste toccate nel profondo dai terribili, per quanto epici, eventi raccontati. Ritornare senza pensieri alla vita di prima non è umanamente pensabile, perché il male assoluto può aiutare a cambiare in meglio ma lascia anche cicatrici profonde e un'altrettanto profonda stanchezza; il finale de Il ritorno del re tira sì ogni filo lasciato in sospeso ma devasta lo spettatore con una malinconia infinita, lasciandolo nella triste consapevolezza che il tempo delle favole, della magia e delle epiche battaglie appartiene a un mondo che ormai non esiste più e che può tornare, di tanto in tanto, solo in forma di racconto.
E il racconto in questione Peter Jackson e i responsabili della WETA l'hanno realizzato talmente bene che, ad ogni fotogramma, ad ogni evento, ad ogni inquadratura, veniamo risucchiati nello schermo e viviamo sulla nostra pelle tutto ciò che accade ai protagonisti. La tremenda Shelob, nascosta nel ventre della montagna, rischia di annidarsi negli incubi dello spettatore anche a distanza di anni, il confronto tra il Re dei Nazgul ed Eowyn è semplicemente da applauso, la rabbia con cui i "buoni" si scagliano disperati contro le forze di Mordor fa venire voglia di impugnare una spada e affiancarsi a loro nella battaglia, la scalata di Frodo e Sam al Monte Fato è in grado di fiaccare l'animo e lo spirito, il geniale montaggio che mostra il destino di Faramir e, contemporaneamente, il disgustoso banchetto di Denethor è in grado di fomentare un inaudito desiderio di uccidere il Reggente, la riunione finale nella camera da letto di Frodo fa sciogliere in lacrime e risate liberatorie: tutto questo, nonostante Il signore degli Anelli sia commerciale quanto volete, è per me indice di grande Cinema e anche l'Academy ha dovuto chinare il capo e inondare di Oscar l'opera di Jackson (Miglior film, miglior regia, miglior adattamento, miglior fotografia, miglior scenografia, migliori costumi, miglior make-up, miglior colonna sonora, migliore canzone, miglior suono e migliori effetti speciali) pur snobbando degli attori che, non stiamocela a raccontare, in tutti quegli anni sono diventati tutt'uno con i personaggi. Ne Il ritorno del re persino Elijah Wood diventa credibile e un po' più espressivo rispetto agli altri due film, Merry e Pipino riescono finalmente ad uscire dalla sorta di anonimato a cui il loro ruolo di "spalle" li aveva condannati assumendo quello di spettatori esterni che vedono due regni andare in rovina e poi risorgere, Aragorn subisce una metamorfosi incredibile da outsider a vero Re di Gondor (perdendo almeno 800 punti fascino ma così è la vita...) e, ovviamente, Sean Astin nei panni di Sam svetta su chiunque grazie alla sua sensibilità e il faccino pacioso, stanco e disperato. Ci sarebbero mille altre cose da dire su quella che è diventata LA trilogia con cui confrontarsi a partire dal 2000, ci sarebbe da insultare Peter Jackson che ha deciso di cavar sangue da una rapa e sputare sulla sua meravigliosa creatura sperando di replicarla dividendo in tre Lo Hobbit, ci sarebbe anche, ovviamente, da muovere delle critiche da "puristi" rispetto alle diversità tra film e romanzo... ma rischierei di dilungarmi e diventare noiosa. Secondo me, c'è solo da riprendere in mano i DVD o i BluRay e immergersi senza pensieri in questa splendida Trilogia, seguendo l'affascinante ed ipnotico richiamo dell'Unico Anello.
Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche durante la battaglia al Fosso di Helm) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Billy Boyd (Peregrino "Pipino" Tuc), Bernard Hill (Theoden), Ian Holm (Bilbo), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), Miranda Otto (Eowyn), John Rhys-Davies (Gimli), Andy Serkis (Gollum/Smeagol), Liv Tyler (Arwen), Karl Urban (Eomer), Hugo Weaving (Elrond) e David Wenham (Faramir) li trovate invece ai rispettivi link.
Durante il film riusciamo finalmente a vedere Andy Serkis "quasi" al naturale, nei panni di Smeagol. La cosa buffa è che, all'inizio, i realizzatori pensavano di utilizzare un altro attore per interpretarlo! Tra le comparse segnalo invece lo stesso Peter Jackson (il corsaro colpito dalla freccia di Legolas), il figlio di Viggo Mortensen, Henry, il pronipote di J.J.R. Tolkien, Royd, e la figlia di Sean Astin, Alexandra. Il ritorno del re segue La compagnia dell'anello e Le due torri quindi, se vi fosse piaciuto, recuperate il primo capitolo e il secondo capitolo della trilogia, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!
Trama: le forze di Sauron stanno per scagliarsi contro la fortezza di Gondor e la guerra minaccia di segnare la fine dell'era degli uomini. Mentre Aragorn, Gandalf, Merry, Pipino, Legolas e Gimli si preparano per quella che potrebbe essere l'ultima battaglia della loro vita, Frodo, Sam e un sempre più malvagio Gollum devono trovare un modo per penetrare nel cuore di Mordor e arrivare, non visti, al monte Fato per distruggere l'Anello...
Il ritorno del re è sicuramente il film della trilogia che preferisco perché, mentre La compagnia dell'anello fungeva da introduzione ed era in qualche modo più "lieto" e Le due torri era principalmente concentrato su epiche battaglie, quest'ultima pellicola si sofferma maggiormente sulle emozioni dei singoli personaggi ed è pervaso, dall'inizio fino alla fine, da un'intensa atmosfera di ineluttabilità, malinconia e flebile speranza. Ognuno dei protagonisti, infatti, è consapevole della possibilità di stare combattendo una battaglia persa in partenza e di stare letteralmente proseguendo nel cammino a braccetto con la morte e molti, di fronte a questa consapevolezza, scelgono ad un certo punto di arrendersi. In questo senso, la figura che mi ha sempre colpita maggiormente è quella del padre di Boromir e Faramir, Denethor, che si getta a testa bassa nel vortice della follia e della rassegnazione, spinto da un orgoglio fasullo e da una sete di potere senza pari, e solo quando la fine è imminente capisce quanto fossero inutili i valori a cui si è sempre aggrappato; a differenza di Re Theoden, che riesce a trovare nuova linfa vitale nelle situazioni disperate, Denethor soccombe al dolore e decide di abbandonare tutto, distruggere regno e famiglia senza dare battaglia, un po' come un novello Mazzarò che sceglie di portare con sé la sua "roba". Allo stesso modo anche Sam, fino a questo momento la voce della semplicità, dell'innocenza e della saggezza "di campagna", si ritrova a perdere tutto a causa delle macchinazioni di Gollum e per un attimo, un attimo incredibilmente toccante e umano, perde di vista la via rischiando così di condannare quella povera oloturia di Frodo nonché l'intera Terra di Mezzo. Il ritorno del re inoltre (almeno all'epoca, prima che arrivasse Lo Hobbit) significa dare l'addio a meravigliosi personaggi a cui ci siamo affezionati, creature che, inevitabilmente, sono rimaste toccate nel profondo dai terribili, per quanto epici, eventi raccontati. Ritornare senza pensieri alla vita di prima non è umanamente pensabile, perché il male assoluto può aiutare a cambiare in meglio ma lascia anche cicatrici profonde e un'altrettanto profonda stanchezza; il finale de Il ritorno del re tira sì ogni filo lasciato in sospeso ma devasta lo spettatore con una malinconia infinita, lasciandolo nella triste consapevolezza che il tempo delle favole, della magia e delle epiche battaglie appartiene a un mondo che ormai non esiste più e che può tornare, di tanto in tanto, solo in forma di racconto.
E il racconto in questione Peter Jackson e i responsabili della WETA l'hanno realizzato talmente bene che, ad ogni fotogramma, ad ogni evento, ad ogni inquadratura, veniamo risucchiati nello schermo e viviamo sulla nostra pelle tutto ciò che accade ai protagonisti. La tremenda Shelob, nascosta nel ventre della montagna, rischia di annidarsi negli incubi dello spettatore anche a distanza di anni, il confronto tra il Re dei Nazgul ed Eowyn è semplicemente da applauso, la rabbia con cui i "buoni" si scagliano disperati contro le forze di Mordor fa venire voglia di impugnare una spada e affiancarsi a loro nella battaglia, la scalata di Frodo e Sam al Monte Fato è in grado di fiaccare l'animo e lo spirito, il geniale montaggio che mostra il destino di Faramir e, contemporaneamente, il disgustoso banchetto di Denethor è in grado di fomentare un inaudito desiderio di uccidere il Reggente, la riunione finale nella camera da letto di Frodo fa sciogliere in lacrime e risate liberatorie: tutto questo, nonostante Il signore degli Anelli sia commerciale quanto volete, è per me indice di grande Cinema e anche l'Academy ha dovuto chinare il capo e inondare di Oscar l'opera di Jackson (Miglior film, miglior regia, miglior adattamento, miglior fotografia, miglior scenografia, migliori costumi, miglior make-up, miglior colonna sonora, migliore canzone, miglior suono e migliori effetti speciali) pur snobbando degli attori che, non stiamocela a raccontare, in tutti quegli anni sono diventati tutt'uno con i personaggi. Ne Il ritorno del re persino Elijah Wood diventa credibile e un po' più espressivo rispetto agli altri due film, Merry e Pipino riescono finalmente ad uscire dalla sorta di anonimato a cui il loro ruolo di "spalle" li aveva condannati assumendo quello di spettatori esterni che vedono due regni andare in rovina e poi risorgere, Aragorn subisce una metamorfosi incredibile da outsider a vero Re di Gondor (perdendo almeno 800 punti fascino ma così è la vita...) e, ovviamente, Sean Astin nei panni di Sam svetta su chiunque grazie alla sua sensibilità e il faccino pacioso, stanco e disperato. Ci sarebbero mille altre cose da dire su quella che è diventata LA trilogia con cui confrontarsi a partire dal 2000, ci sarebbe da insultare Peter Jackson che ha deciso di cavar sangue da una rapa e sputare sulla sua meravigliosa creatura sperando di replicarla dividendo in tre Lo Hobbit, ci sarebbe anche, ovviamente, da muovere delle critiche da "puristi" rispetto alle diversità tra film e romanzo... ma rischierei di dilungarmi e diventare noiosa. Secondo me, c'è solo da riprendere in mano i DVD o i BluRay e immergersi senza pensieri in questa splendida Trilogia, seguendo l'affascinante ed ipnotico richiamo dell'Unico Anello.
Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche durante la battaglia al Fosso di Helm) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Billy Boyd (Peregrino "Pipino" Tuc), Bernard Hill (Theoden), Ian Holm (Bilbo), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), Miranda Otto (Eowyn), John Rhys-Davies (Gimli), Andy Serkis (Gollum/Smeagol), Liv Tyler (Arwen), Karl Urban (Eomer), Hugo Weaving (Elrond) e David Wenham (Faramir) li trovate invece ai rispettivi link.
Durante il film riusciamo finalmente a vedere Andy Serkis "quasi" al naturale, nei panni di Smeagol. La cosa buffa è che, all'inizio, i realizzatori pensavano di utilizzare un altro attore per interpretarlo! Tra le comparse segnalo invece lo stesso Peter Jackson (il corsaro colpito dalla freccia di Legolas), il figlio di Viggo Mortensen, Henry, il pronipote di J.J.R. Tolkien, Royd, e la figlia di Sean Astin, Alexandra. Il ritorno del re segue La compagnia dell'anello e Le due torri quindi, se vi fosse piaciuto, recuperate il primo capitolo e il secondo capitolo della trilogia, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!
venerdì 20 giugno 2014
Il signore degli anelli - Le due torri (2002)
Dopo aver parlato de La compagnia dell'anello oggi si prosegue con Il signore degli anelli - Le due torri (The Lord of the Rings - The Two Towers), seconda parte della trilogia diretta nel 2002 dal regista Peter Jackson.
Trama: la Compagnia dell'anello si è divisa. Mentre Frodo e Sam incontrano Gollum e si dirigono verso Mordor per distruggere l'Anello, Pipino e Merry vengono salvati dal misterioso Barbalbero; Aragorn, Gandalf, Legolas e Gimli vengono invece coinvolti in un'epica battaglia tra le forze del malvagio Saruman e gli abitanti del regno di Rohan.
Le due torri, di fatto una sorta di raccordo tra il primo e il terzo capitolo de Il signore degli anelli, è la parte di trilogia che meno preferisco, sebbene la versione estesa sia molto più completa e piacevole da vedere rispetto a quella che era passata nei cinema italiani. All'epoca l'avevo trovata eccessivamente lunga e lievemente tediosa perché il fulcro della sceneggiatura è l'epica battaglia finale al Fosso di Helm, una mezz'ora buona di frecce, esplosioni, orchi e cavalli che, nonostante fosse stata realizzata in maniera impeccabile, al limite della commozione, non era riuscita comunque ad entusiasmarmi come avrebbe dovuto. Altra pecca della pellicola (ma lì la "colpa" risiede nella natura del personaggio, ereditata dai libri di Tolkien) è l'introduzione del noiosissimo Ent Barbalbero, un'enorme quercia semovente amante degli spiegoni e incarnazione dello spirito ecologista che anima questa parte della pellicola, quasi interamente imperniata sulla battaglia tra tradizione e progresso, natura e industria. Il crudele Saruman, ormai completamente asservito a Sauron, non esita a distruggere foreste o deviare fiumi, affidandosi totalmente all'"industria" del fuoco, del metallo e della magia nera per ottenere il potere portando morte ed oscurità nella Terra di Mezzo, mentre invece gli sparuti membri della Compagnia dell'Anello continuano a preferire la comunione con la Natura e l'unione "corretta" delle forze, ottenuta attraverso la difficile ricostruzione di vecchie alleanze. Se la grandiosa battaglia al Fosso di Helm, diretta conseguenza di questi scontri, è la parte più importante dell'Opera, non bisogna comunque dimenticare che il successo della missione di Frodo e Sam è ciò da cui dipende la vittoria del bene o del male e ne Le due torri le vicende dei due Hobbit compiono un importantissimo passo avanti grazie soprattutto all'arrivo di Gollum.
Gollum è uno dei tre personaggi nuovi introdotti nel secondo capitolo della trilogia e, neanche a dirlo, è uno dei migliori della saga. Interpretata magistralmente da un Andy Serkis completamente nascosto da un sembiante digitale, questa creatura è il terribile esempio del potere dell'Anello, un essere tormentato dalla bramosia, dalla sete di vendetta e da una follia che lo sdoppia in due distinte personalità, da una parte l'infantile e timoroso Smeagol e, dall'altra, il freddo e crudele Gollum, che compirebbe ogni sorta di nefandezza per rimettere le zampe sul Tessoro. Gollum ovviamente rappresenta ciò che potrebbe diventare Frodo se si lasciasse sedurre dalle lusinghe dell'Anello ed è quindi inevitabile che tra i due si instauri una connessione da cui il povero Sam rimane escluso; ed ecco che, di fatto, diventa proprio Samvise Gamgee il lato fondamentale di questo particolare triangolo, l'unico ad essere riuscito a mantenere una dimensione umana, una mentalità semplice in grado di toccare il cuore e l'animo di persone ormai troppo immerse nel dolore e nell'odio, come si può vedere nello splendido, commovente dialogo tra lui e Faramir. L'altro stupendo personaggio a venire introdotto è Eowyn, femminile e forte allo stesso tempo, la "dama sfortunata" che rischia di perdere l'amato zio Theoden a causa delle macchinazioni di Saruman (e della new entry Vermilinguo, meravigliosamente interpretato da un viscidissimo Brad Dourif) e che, per quanto si sforzerà, non potrà mai essere alla pari dell'elfa Arwen e scalzarla dal cuore di Aragorn; sarà perché sono donna e perché la mia dose di due di picche immotivati me la sono presa ma ogni volta che Eowyn compare mi viene voglia di prendere a ceffoni sul coppino l'erede di Isildur per il modo in cui si ostina a rendere triste la poveretta, già segnata da mille sofferenze. Questi personaggi nuovi, ai quali aggiungo anche Faramir e re Theoden, sono talmente ben tratteggiati da riuscire tranquillamente a rivaleggiare con quelli conosciuti nel primo capitolo (sicuramente surclassano Gimli e Legolas) e saranno a dir poco fondamentali per il terzo, ovviamente.
Tecnicamente parlando, anche Le due torri è un capolavoro. Barbalbero, per quanto risulti odioso come personaggio, è comunque realizzato in maniera divina e sembra davvero che porti in spalla di due hobbit quando cammina ma l'olifante che si vede ad un certo punto non è da meno e, ovviamente, Gollum è qualcosa di inimmaginabile. Per quel che riguarda le sequenze invece, il fiore all'occhiello della pellicola è sicuramente la delirante battaglia al fosso di Helm, che ha richiesto mesi di riprese e innumerevoli aggiustamenti fatti al computer (tanto che il cast alla fine portava delle magliette con su scritto "I survived Helm's Deep") per poter essere completata al meglio, tuttavia io sono molto più affezionata alla vertiginosa carrellata che, finalmente, svela quale inferno si nasconda sotto la torre di Saruman e a due sequenze "statiche" che mi mettono sempre i brividi: una è il primo piano del viso di Vermilinguo solcato da una singola lacrima, peraltro vera e frutto dell'abilità di Brad Dourif, mentre l'altra mostra una solitaria Eowyn che si staglia contro Edoras, disperata e vulnerabile ma allo stesso tempo fiera, mentre il vento porta via la bandiera con lo stemma della sua casata e l'evocativa musica di Howard Shore riempie le orecchie e il cuore dello spettatore. Per quel che riguarda il cast, fortunatamente, valgono le stesse parole dette nel post precedente. Si vede che tutti gli attori tenevano particolarmente alla riuscita della trilogia e l'atmosfera di amicizia ed intesa, reciproca e rivolta verso il regista Peter Jackson, traspare da ogni gesto, sguardo o fotogramma del film. Mi rendo conto di aver scritto un papiro che farebbe invidia a Tolkien, quindi concludo qui lo sproloquio relativo a Le due torri e mi preparo perché domenica tocca a Il ritorno del re!!
Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche durante la battaglia al Fosso di Helm) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Billy Boyd (Peregrino "Pipino" Tuc), Brad Dourif (Grima Vermilinguo), Bernard Hill (Theoden), Christopher Lee (Saruman), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), John Rhys-Davies (Gimli ma da anche la voce a Barbalbero), Andy Serkis (Gollum), Liv Tyler (Arwen), Karl Urban (Eomer), Hugo Weaving (Elrond) e David Wenham (Faramir) li trovate invece ai rispettivi link.
Miranda Otto interpreta Eowyn. Australiana, ha partecipato a film come La sottile linea rossa, Le verità nascoste, Il signore degli anelli - Il ritorno del Re, La guerra dei mondi, Locke & Key, I, Frankenstein e a serie come The Flying Doctors. Ha 47 anni e un film in uscita.
Il film ha vinto due Oscar, uno per il miglior sonoro e uno per i migliori effetti speciali; a tal proposito, purtroppo, Andy Serkis non ha potuto ricevere una meritata nomination per gli Oscar perché il suo personaggio era stato generato al computer. Per quanto riguarda invece i nuovi personaggi introdotti in questo secondo capitolo, il ruolo di Eowyn era stato offerto a Kate Winslet, che già aveva lavorato con Peter Jackson nel meraviglioso Creature del cielo; addirittura, durante le prime fasi di pre-produzione si era pensato ad Uma Thurman per il ruolo di Eowyn e a Ethan Hawke per quello di Faramir. Le due torri segue La compagnia dell'anello e precede Il ritorno del re quindi, se vi fosse piaciuto, recuperate il primo capitolo della trilogia, proseguite col terzo, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!
Trama: la Compagnia dell'anello si è divisa. Mentre Frodo e Sam incontrano Gollum e si dirigono verso Mordor per distruggere l'Anello, Pipino e Merry vengono salvati dal misterioso Barbalbero; Aragorn, Gandalf, Legolas e Gimli vengono invece coinvolti in un'epica battaglia tra le forze del malvagio Saruman e gli abitanti del regno di Rohan.
Le due torri, di fatto una sorta di raccordo tra il primo e il terzo capitolo de Il signore degli anelli, è la parte di trilogia che meno preferisco, sebbene la versione estesa sia molto più completa e piacevole da vedere rispetto a quella che era passata nei cinema italiani. All'epoca l'avevo trovata eccessivamente lunga e lievemente tediosa perché il fulcro della sceneggiatura è l'epica battaglia finale al Fosso di Helm, una mezz'ora buona di frecce, esplosioni, orchi e cavalli che, nonostante fosse stata realizzata in maniera impeccabile, al limite della commozione, non era riuscita comunque ad entusiasmarmi come avrebbe dovuto. Altra pecca della pellicola (ma lì la "colpa" risiede nella natura del personaggio, ereditata dai libri di Tolkien) è l'introduzione del noiosissimo Ent Barbalbero, un'enorme quercia semovente amante degli spiegoni e incarnazione dello spirito ecologista che anima questa parte della pellicola, quasi interamente imperniata sulla battaglia tra tradizione e progresso, natura e industria. Il crudele Saruman, ormai completamente asservito a Sauron, non esita a distruggere foreste o deviare fiumi, affidandosi totalmente all'"industria" del fuoco, del metallo e della magia nera per ottenere il potere portando morte ed oscurità nella Terra di Mezzo, mentre invece gli sparuti membri della Compagnia dell'Anello continuano a preferire la comunione con la Natura e l'unione "corretta" delle forze, ottenuta attraverso la difficile ricostruzione di vecchie alleanze. Se la grandiosa battaglia al Fosso di Helm, diretta conseguenza di questi scontri, è la parte più importante dell'Opera, non bisogna comunque dimenticare che il successo della missione di Frodo e Sam è ciò da cui dipende la vittoria del bene o del male e ne Le due torri le vicende dei due Hobbit compiono un importantissimo passo avanti grazie soprattutto all'arrivo di Gollum.
Gollum è uno dei tre personaggi nuovi introdotti nel secondo capitolo della trilogia e, neanche a dirlo, è uno dei migliori della saga. Interpretata magistralmente da un Andy Serkis completamente nascosto da un sembiante digitale, questa creatura è il terribile esempio del potere dell'Anello, un essere tormentato dalla bramosia, dalla sete di vendetta e da una follia che lo sdoppia in due distinte personalità, da una parte l'infantile e timoroso Smeagol e, dall'altra, il freddo e crudele Gollum, che compirebbe ogni sorta di nefandezza per rimettere le zampe sul Tessoro. Gollum ovviamente rappresenta ciò che potrebbe diventare Frodo se si lasciasse sedurre dalle lusinghe dell'Anello ed è quindi inevitabile che tra i due si instauri una connessione da cui il povero Sam rimane escluso; ed ecco che, di fatto, diventa proprio Samvise Gamgee il lato fondamentale di questo particolare triangolo, l'unico ad essere riuscito a mantenere una dimensione umana, una mentalità semplice in grado di toccare il cuore e l'animo di persone ormai troppo immerse nel dolore e nell'odio, come si può vedere nello splendido, commovente dialogo tra lui e Faramir. L'altro stupendo personaggio a venire introdotto è Eowyn, femminile e forte allo stesso tempo, la "dama sfortunata" che rischia di perdere l'amato zio Theoden a causa delle macchinazioni di Saruman (e della new entry Vermilinguo, meravigliosamente interpretato da un viscidissimo Brad Dourif) e che, per quanto si sforzerà, non potrà mai essere alla pari dell'elfa Arwen e scalzarla dal cuore di Aragorn; sarà perché sono donna e perché la mia dose di due di picche immotivati me la sono presa ma ogni volta che Eowyn compare mi viene voglia di prendere a ceffoni sul coppino l'erede di Isildur per il modo in cui si ostina a rendere triste la poveretta, già segnata da mille sofferenze. Questi personaggi nuovi, ai quali aggiungo anche Faramir e re Theoden, sono talmente ben tratteggiati da riuscire tranquillamente a rivaleggiare con quelli conosciuti nel primo capitolo (sicuramente surclassano Gimli e Legolas) e saranno a dir poco fondamentali per il terzo, ovviamente.
Tecnicamente parlando, anche Le due torri è un capolavoro. Barbalbero, per quanto risulti odioso come personaggio, è comunque realizzato in maniera divina e sembra davvero che porti in spalla di due hobbit quando cammina ma l'olifante che si vede ad un certo punto non è da meno e, ovviamente, Gollum è qualcosa di inimmaginabile. Per quel che riguarda le sequenze invece, il fiore all'occhiello della pellicola è sicuramente la delirante battaglia al fosso di Helm, che ha richiesto mesi di riprese e innumerevoli aggiustamenti fatti al computer (tanto che il cast alla fine portava delle magliette con su scritto "I survived Helm's Deep") per poter essere completata al meglio, tuttavia io sono molto più affezionata alla vertiginosa carrellata che, finalmente, svela quale inferno si nasconda sotto la torre di Saruman e a due sequenze "statiche" che mi mettono sempre i brividi: una è il primo piano del viso di Vermilinguo solcato da una singola lacrima, peraltro vera e frutto dell'abilità di Brad Dourif, mentre l'altra mostra una solitaria Eowyn che si staglia contro Edoras, disperata e vulnerabile ma allo stesso tempo fiera, mentre il vento porta via la bandiera con lo stemma della sua casata e l'evocativa musica di Howard Shore riempie le orecchie e il cuore dello spettatore. Per quel che riguarda il cast, fortunatamente, valgono le stesse parole dette nel post precedente. Si vede che tutti gli attori tenevano particolarmente alla riuscita della trilogia e l'atmosfera di amicizia ed intesa, reciproca e rivolta verso il regista Peter Jackson, traspare da ogni gesto, sguardo o fotogramma del film. Mi rendo conto di aver scritto un papiro che farebbe invidia a Tolkien, quindi concludo qui lo sproloquio relativo a Le due torri e mi preparo perché domenica tocca a Il ritorno del re!!
Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche durante la battaglia al Fosso di Helm) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Billy Boyd (Peregrino "Pipino" Tuc), Brad Dourif (Grima Vermilinguo), Bernard Hill (Theoden), Christopher Lee (Saruman), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), John Rhys-Davies (Gimli ma da anche la voce a Barbalbero), Andy Serkis (Gollum), Liv Tyler (Arwen), Karl Urban (Eomer), Hugo Weaving (Elrond) e David Wenham (Faramir) li trovate invece ai rispettivi link.
Miranda Otto interpreta Eowyn. Australiana, ha partecipato a film come La sottile linea rossa, Le verità nascoste, Il signore degli anelli - Il ritorno del Re, La guerra dei mondi, Locke & Key, I, Frankenstein e a serie come The Flying Doctors. Ha 47 anni e un film in uscita.
Il film ha vinto due Oscar, uno per il miglior sonoro e uno per i migliori effetti speciali; a tal proposito, purtroppo, Andy Serkis non ha potuto ricevere una meritata nomination per gli Oscar perché il suo personaggio era stato generato al computer. Per quanto riguarda invece i nuovi personaggi introdotti in questo secondo capitolo, il ruolo di Eowyn era stato offerto a Kate Winslet, che già aveva lavorato con Peter Jackson nel meraviglioso Creature del cielo; addirittura, durante le prime fasi di pre-produzione si era pensato ad Uma Thurman per il ruolo di Eowyn e a Ethan Hawke per quello di Faramir. Le due torri segue La compagnia dell'anello e precede Il ritorno del re quindi, se vi fosse piaciuto, recuperate il primo capitolo della trilogia, proseguite col terzo, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!
mercoledì 18 giugno 2014
Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello (2001)
E' arrivato il momento di "affrontare" una delle trilogie chiave del nuovo millennio, quella de Il signore degli anelli. Cominciamo oggi con La compagnia dell'anello (The Fellowship of the Ring), diretto e co-sceneggiato nel 2001 da Peter Jackson e tratto dalle opere di J.R.R. Tolkien.
Trama: nel giorno del suo compleanno, l'hobbit Bilbo Baggins decide di andare via dalla Contea. Al cugino prediletto Frodo lascia in eredità un anello trovato anni prima durante un'avventura con lo stregone Gandalf e proprio quest'ultimo scopre, dopo qualche tempo, che il monile non è altro che l'Anello del Potere forgiato dal malvagio Sauron, in grado di soggiogare l'intera Terra di Mezzo e farla sprofondare nelle Tenebre. Saputo che i servi di Sauron hanno cominciato a cercare l'Anello, Frodo è costretto a fuggire assieme al fido giardiniere Sam e agli amici Pipino e Merry, cominciando così un viaggio disperato e periglioso..
Il mio rapporto con Il signore degli Anelli comincia durante l'infanzia, grazie ad un libro ereditato da qualche cugino più grande che raccontava, attraverso immagini e didascalie, le vicende mostrate nel film di Ralph Bakshi del 1978. Di quel libro (e quanto vorrei averlo sottomano ora!!) ricordo solo l'orrida figura di Gollum e il senso di inquietudine e disgusto che mi provocava; un ricordo che, probabilmente, assieme al titolo dell'opera era rimasto comunque in attesa di venire richiamato perché molti anni dopo, alle superiori, trovai nella libreria della madre di una compagna di classe l'imponente tomo Tolkieniano e, incuriosita, chiesi alla gentile signora di poterlo leggere. In tempo zero ero rimasta conquistata dalle vicende di Frodo e compagnia, affascinata dalla grandezza degli Elfi, dalla saggezza di Gandalf, dalla dolcezza e dal coraggio di Sam. Immaginate quindi l'incredibile gioia quando, nel 2001, ho saputo dell'uscita de La compagnia dell'Anello, riproduzione fedelissima della prima parte di quella storia che avevo tanto amato, solo con qualche piccolo "aggiustamento" per renderla più scorrevole e adatta a un pubblico che, presumibilmente, non aveva mai avuto il coraggio di affrontare un romanzo così ponderoso. Nel primo film di una (necessaria, questa sì, non come quella de Lo Hobbit) trilogia il regista ci prende per mano e ci introduce all'universo di Tolkien, alla terribile storia dell'Anello e ai personaggi che, volenti o nolenti, entreranno in contatto con questo potentissimo artefatto: gli hobbit Frodo, Sam, Pipino e Merry, il saggio ed enigmatico stregone Gandalf, il misterioso e nobile Aragorn, gli audaci Legolas e Gimli, il tormentato Boromir. Nonostante ci sia tanta di quella carne al fuoco da farci barbeque per 13 generazioni, gli sceneggiatori riescono a rendere la storia comprensibilissima senza perdersi in spiegoni eccessivi e, soprattutto, riescono a scolpire in tempo zero ogni personaggio nel cuore dello spettatore, che non può fare a meno di entusiasmarsi e volerne sapere di più, tifando spudoratamente per la riuscita della perigliosa impresa e struggendosi davanti alle poche, necessarie morti, anche dopo averne letto sui libri di Tolkien. I toni della pellicola si alternano, come in una perfetta sinfonia, tra i momenti divertenti e bucolici ambientati nella Contea, le concitate fughe dai terribili servi di Sauron, la maestosità degli incontri con gli Elfi, le epiche battaglie nel ventre di Moria, i terribili ed umanissimi momenti di dubbio e terrore dei protagonisti, granelli di sabbia davanti ad una tempesta impossibile da fermare.
Al rispetto profondo per l'opera di Tolkien, Jackson aggiunge una perizia tecnica da far tremare i polsi e un'incredibile conoscenza del territorio neozelandese, indispensabile per ricreare una perfetta Terra di mezzo fatta di verdi colline, sterminate pianure e maestosi fiumi, un ambiente in grado di diventare protagonista alla pari degli esseri umani (e non) che lo attraversano. Poi, ovviamente, ci sono gli immancabili, preziosissimi effetti speciali della WETA, capaci di creare dal nulla sequenze e personaggi ormai rimasti nell'immaginario cinematografico collettivo come la terribile battaglia tra Gandalf e il Balrog e, ovviamente, la creatura Gollum che, a dire il vero, ne La compagnia dell'anello rimane un po' sullo sfondo, deciso a lasciare spazio alla bravura degli attori in carne ed ossa. Tra tutti gli interpreti spiccano, neanche a dirlo, il meraviglioso Ian McKellen e il bellissimo Viggo Mortensen (ah quanti sospiri all'epoca, altro che quegli elfi effemminati!!!), due mostri di incredibile bravura favoriti anche da due personaggi scritti benissimo in partenza; si collocano appena sotto di loro il tormentato, ormai iconico Boromir di Sean Bean che da il meglio di sé durante il terribile confronto con Frodo e, neanche a dirlo, l'ex goonie Sean Astin che, per quel che mi riguarda, col suo ciccionissimo Sam da vita al personaggio più sfaccettato e reale dell'intera saga. A distanza di anni invece (e purtroppo) devo dire che Elijah Wood non mi fa impazzire nei panni di un Frodo quasi monoespressivo (Ian Holm compare solo per pochi minuti e se lo mangia letteralmente) e che anche i personaggi di Legolas, Gimli, Merry e Pipino sembrano messi lì a mo' di riempitivi e, soprattutto in questo primo episodio della saga, non riescono ad bucare lo schermo, rimanendo monodimensionali. Quisquilie che, ovviamente, vengono cancellate dalla meraviglia di vedere portato su schermo un mondo antico e magico, come se gli elfi stessi avessero infuso la loro luce nell''intera pellicola, trasformandola per magia nell'ultima, grande saga epica della storia del Cinema. Imperdibile, che siate o meno amanti di Tolkien in particolare e del fantasy in generale.
Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche nei panni dell'hobbit che sgranocchia una carota a Brea) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Marton Csokas (Celeborn), Ian Holm (Bilbo Baggins), Christopher Lee (Saruman), Andy Serkis (Gollum), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), Liv Tyler (Arwen) e Hugo Weaving (Elrond) li trovate invece ai rispettivi link.
Billy Boyd (vero nome William Boyd) interpreta Peregrino "Pipino" Tuc. Scozzese, ha partecipato a film come Il signore degli anelli - Le due torri, Master and Commander - Sfida ai confini del mare, Il signore degli anelli - Il ritorno del re e Il figlio di Chucky. Anche produttore, ha 46 anni e un film in uscita.
John Rhys-Davies interpreta Gimli. Inglese, lo ricordo per film come I predatori dell'arca perduta, Victor Victoria, Sahara, 007 - Zona pericolo, Indiana Jones e l'ultima crociata, Il signore degli anelli - Le due torri e Il signore degli anelli - Il ritorno del re, inoltre ha partecipato a serie come Chips, La signora in giallo e I viaggiatori. Come doppiatore, ha lavorato in episodi di Animaniacs, Gargoyles, Freakazoid!, Pinky and the Brain, Spongebob Squarepants e per il film Aladdin e il re dei ladri. Anche sceneggiatore e produttore, ha 70 anni e sei film in uscita.
I retroscena alla base della trilogia di Jackson sono infiniti, ovviamente, quindi riporterò solo quelli che mi hanno colpita di più. Per esempio, Christopher Lee è stato l'unico membro del cast ad avere incontrato Tolkien, con cui ha mantenuto persino una corrispondenza mentre era in vita: è stato lo stesso Tolkien ad averlo designato come Gandalf nel caso di una trasposizione cinematografica de Il signore degli anelli, tuttavia alla fine a Lee è stata offerta la parte di Saruman e, piuttosto che rischiare di rimanere fuori dalla produzione, l'attore si è dovuto rassegnare (e ha dovuto anche sopportare il fatto che il ruolo di Gandalf, ambito anche dal padre di Sean Astin, John, fosse stato offerto a Sean Connery che, però, aveva rifiutato perché "non capiva la storia". Brutta cosa l'Alzheimer). Nulla di fatto anche per Stuart Townsend, scritturato per il ruolo di Aragorn (nonostante le prime scelte per la parte fossero Russel Crowe, Daniel Day-Lewis e, orrore! Nicolas Cage) e mandato a stendere dopo pochi giorni di riprese perché Jackson si era reso conto che sarebbe stato meglio utilizzare un attore più "anziano". Il giovane Orlando Bloom aveva invece fatto il provino per Faramir e alla fine è stato richiamato per interpretare Legolas mentre, rimanendo in tema di elfi, sia Lucy Lawless che Uma Thurman hanno dovuto rinunciare a partecipare al film (la prima come Galadriel e la seconda come Arwen e poi Eowyn) a causa della loro improvvisa gravidanza mentre si dice che David Bowie sarebbe stato molto interessato al ruolo di Elrond, mannaggia! Per quanto riguarda gli hobbit invece, Jake Gyllenhaal aveva fatto il provino per il ruolo di Frodo, a cui peraltro ambiva anche Dominic Monaghan. La compagnia dell'anello, lo sanno anche i sassi, è il primo film di una trilogia che include Le due torri e Il ritorno del re; quindi, se vi fosse piaciuto, continuate nella visione, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!
Trama: nel giorno del suo compleanno, l'hobbit Bilbo Baggins decide di andare via dalla Contea. Al cugino prediletto Frodo lascia in eredità un anello trovato anni prima durante un'avventura con lo stregone Gandalf e proprio quest'ultimo scopre, dopo qualche tempo, che il monile non è altro che l'Anello del Potere forgiato dal malvagio Sauron, in grado di soggiogare l'intera Terra di Mezzo e farla sprofondare nelle Tenebre. Saputo che i servi di Sauron hanno cominciato a cercare l'Anello, Frodo è costretto a fuggire assieme al fido giardiniere Sam e agli amici Pipino e Merry, cominciando così un viaggio disperato e periglioso..
Il mio rapporto con Il signore degli Anelli comincia durante l'infanzia, grazie ad un libro ereditato da qualche cugino più grande che raccontava, attraverso immagini e didascalie, le vicende mostrate nel film di Ralph Bakshi del 1978. Di quel libro (e quanto vorrei averlo sottomano ora!!) ricordo solo l'orrida figura di Gollum e il senso di inquietudine e disgusto che mi provocava; un ricordo che, probabilmente, assieme al titolo dell'opera era rimasto comunque in attesa di venire richiamato perché molti anni dopo, alle superiori, trovai nella libreria della madre di una compagna di classe l'imponente tomo Tolkieniano e, incuriosita, chiesi alla gentile signora di poterlo leggere. In tempo zero ero rimasta conquistata dalle vicende di Frodo e compagnia, affascinata dalla grandezza degli Elfi, dalla saggezza di Gandalf, dalla dolcezza e dal coraggio di Sam. Immaginate quindi l'incredibile gioia quando, nel 2001, ho saputo dell'uscita de La compagnia dell'Anello, riproduzione fedelissima della prima parte di quella storia che avevo tanto amato, solo con qualche piccolo "aggiustamento" per renderla più scorrevole e adatta a un pubblico che, presumibilmente, non aveva mai avuto il coraggio di affrontare un romanzo così ponderoso. Nel primo film di una (necessaria, questa sì, non come quella de Lo Hobbit) trilogia il regista ci prende per mano e ci introduce all'universo di Tolkien, alla terribile storia dell'Anello e ai personaggi che, volenti o nolenti, entreranno in contatto con questo potentissimo artefatto: gli hobbit Frodo, Sam, Pipino e Merry, il saggio ed enigmatico stregone Gandalf, il misterioso e nobile Aragorn, gli audaci Legolas e Gimli, il tormentato Boromir. Nonostante ci sia tanta di quella carne al fuoco da farci barbeque per 13 generazioni, gli sceneggiatori riescono a rendere la storia comprensibilissima senza perdersi in spiegoni eccessivi e, soprattutto, riescono a scolpire in tempo zero ogni personaggio nel cuore dello spettatore, che non può fare a meno di entusiasmarsi e volerne sapere di più, tifando spudoratamente per la riuscita della perigliosa impresa e struggendosi davanti alle poche, necessarie morti, anche dopo averne letto sui libri di Tolkien. I toni della pellicola si alternano, come in una perfetta sinfonia, tra i momenti divertenti e bucolici ambientati nella Contea, le concitate fughe dai terribili servi di Sauron, la maestosità degli incontri con gli Elfi, le epiche battaglie nel ventre di Moria, i terribili ed umanissimi momenti di dubbio e terrore dei protagonisti, granelli di sabbia davanti ad una tempesta impossibile da fermare.
Al rispetto profondo per l'opera di Tolkien, Jackson aggiunge una perizia tecnica da far tremare i polsi e un'incredibile conoscenza del territorio neozelandese, indispensabile per ricreare una perfetta Terra di mezzo fatta di verdi colline, sterminate pianure e maestosi fiumi, un ambiente in grado di diventare protagonista alla pari degli esseri umani (e non) che lo attraversano. Poi, ovviamente, ci sono gli immancabili, preziosissimi effetti speciali della WETA, capaci di creare dal nulla sequenze e personaggi ormai rimasti nell'immaginario cinematografico collettivo come la terribile battaglia tra Gandalf e il Balrog e, ovviamente, la creatura Gollum che, a dire il vero, ne La compagnia dell'anello rimane un po' sullo sfondo, deciso a lasciare spazio alla bravura degli attori in carne ed ossa. Tra tutti gli interpreti spiccano, neanche a dirlo, il meraviglioso Ian McKellen e il bellissimo Viggo Mortensen (ah quanti sospiri all'epoca, altro che quegli elfi effemminati!!!), due mostri di incredibile bravura favoriti anche da due personaggi scritti benissimo in partenza; si collocano appena sotto di loro il tormentato, ormai iconico Boromir di Sean Bean che da il meglio di sé durante il terribile confronto con Frodo e, neanche a dirlo, l'ex goonie Sean Astin che, per quel che mi riguarda, col suo ciccionissimo Sam da vita al personaggio più sfaccettato e reale dell'intera saga. A distanza di anni invece (e purtroppo) devo dire che Elijah Wood non mi fa impazzire nei panni di un Frodo quasi monoespressivo (Ian Holm compare solo per pochi minuti e se lo mangia letteralmente) e che anche i personaggi di Legolas, Gimli, Merry e Pipino sembrano messi lì a mo' di riempitivi e, soprattutto in questo primo episodio della saga, non riescono ad bucare lo schermo, rimanendo monodimensionali. Quisquilie che, ovviamente, vengono cancellate dalla meraviglia di vedere portato su schermo un mondo antico e magico, come se gli elfi stessi avessero infuso la loro luce nell''intera pellicola, trasformandola per magia nell'ultima, grande saga epica della storia del Cinema. Imperdibile, che siate o meno amanti di Tolkien in particolare e del fantasy in generale.
Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche nei panni dell'hobbit che sgranocchia una carota a Brea) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Marton Csokas (Celeborn), Ian Holm (Bilbo Baggins), Christopher Lee (Saruman), Andy Serkis (Gollum), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), Liv Tyler (Arwen) e Hugo Weaving (Elrond) li trovate invece ai rispettivi link.
Billy Boyd (vero nome William Boyd) interpreta Peregrino "Pipino" Tuc. Scozzese, ha partecipato a film come Il signore degli anelli - Le due torri, Master and Commander - Sfida ai confini del mare, Il signore degli anelli - Il ritorno del re e Il figlio di Chucky. Anche produttore, ha 46 anni e un film in uscita.
John Rhys-Davies interpreta Gimli. Inglese, lo ricordo per film come I predatori dell'arca perduta, Victor Victoria, Sahara, 007 - Zona pericolo, Indiana Jones e l'ultima crociata, Il signore degli anelli - Le due torri e Il signore degli anelli - Il ritorno del re, inoltre ha partecipato a serie come Chips, La signora in giallo e I viaggiatori. Come doppiatore, ha lavorato in episodi di Animaniacs, Gargoyles, Freakazoid!, Pinky and the Brain, Spongebob Squarepants e per il film Aladdin e il re dei ladri. Anche sceneggiatore e produttore, ha 70 anni e sei film in uscita.
I retroscena alla base della trilogia di Jackson sono infiniti, ovviamente, quindi riporterò solo quelli che mi hanno colpita di più. Per esempio, Christopher Lee è stato l'unico membro del cast ad avere incontrato Tolkien, con cui ha mantenuto persino una corrispondenza mentre era in vita: è stato lo stesso Tolkien ad averlo designato come Gandalf nel caso di una trasposizione cinematografica de Il signore degli anelli, tuttavia alla fine a Lee è stata offerta la parte di Saruman e, piuttosto che rischiare di rimanere fuori dalla produzione, l'attore si è dovuto rassegnare (e ha dovuto anche sopportare il fatto che il ruolo di Gandalf, ambito anche dal padre di Sean Astin, John, fosse stato offerto a Sean Connery che, però, aveva rifiutato perché "non capiva la storia". Brutta cosa l'Alzheimer). Nulla di fatto anche per Stuart Townsend, scritturato per il ruolo di Aragorn (nonostante le prime scelte per la parte fossero Russel Crowe, Daniel Day-Lewis e, orrore! Nicolas Cage) e mandato a stendere dopo pochi giorni di riprese perché Jackson si era reso conto che sarebbe stato meglio utilizzare un attore più "anziano". Il giovane Orlando Bloom aveva invece fatto il provino per Faramir e alla fine è stato richiamato per interpretare Legolas mentre, rimanendo in tema di elfi, sia Lucy Lawless che Uma Thurman hanno dovuto rinunciare a partecipare al film (la prima come Galadriel e la seconda come Arwen e poi Eowyn) a causa della loro improvvisa gravidanza mentre si dice che David Bowie sarebbe stato molto interessato al ruolo di Elrond, mannaggia! Per quanto riguarda gli hobbit invece, Jake Gyllenhaal aveva fatto il provino per il ruolo di Frodo, a cui peraltro ambiva anche Dominic Monaghan. La compagnia dell'anello, lo sanno anche i sassi, è il primo film di una trilogia che include Le due torri e Il ritorno del re; quindi, se vi fosse piaciuto, continuate nella visione, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!
domenica 20 novembre 2011
Borderland - Linea di confine (2007)
Come è accaduto per slasher e film sugli zombie, c’è stato un periodo in cui anche i “torture porn” prosperavano, soprattutto dopo che l’Hostel di Eli Roth aveva segnato il percorso da seguire, per così dire. Frutto di questo genere è anche Borderland – Linea di confine (Borderland), diretto nel 2007 dal regista Zev Berman.

Trama: tre amici decidono di fare una vacanza in Messico, o meglio, di “sconfinare”. Loro ovviamente si aspettano droga, alcool e prostitute, troveranno invece un culto di pazzi torturatori, sangue e morte.

Dichiaratamente basato (ovviamente) su una storia vera, giusto per rendere il tutto più inquietante agli occhi del novellino che non ha mai visto un horror in vita sua, questo Borderland sposta il luogo minaccioso, arretrato e nemico dove finiscono i tre poveretti americani dall’Europa dell’Est a quella terra di nessuno che è il confine tra America e Messico, ci infila un fatto di cronaca risalente agli anni ’80 e condisce il tutto citando a piene mani i mille casi irrisolti di “desaparecidos”. Pare infatti che verso il 1989 un gruppo di cosiddetti “narcosatanisti” avesse fatto fuori almeno una ventina di persone per portare avanti i loro rituali, che avrebbero consentito loro di passare indenni ed invisibili sotto il naso dei poliziotti con gli abituali carichi di droga. Pura follia, ma non c’è cosa che non possa ispirare un horror, ed ecco che i realizzatori di Borderland aggiungono l’elemento soprannaturale a quello della tortura.

L’unico problema è che film come Hostel sono apprezzabili (se dico belli passo per psicopatica) e raggiungono lo scopo perché sono in qualche modo verosimili e soprattutto perché indugiano sull’elemento voyeuristico, altrimenti non verrebbero definiti torture porn. Borderland invece manca proprio di quell’elemento tanto pubblicizzato sulle locandine (Hostel ha fissato il limite, Borderland lo supera…), così che lo spettatore si ritrova, sempre più perplesso, a guardare un film che, dopo un inizio “a effetto” se la smenazza per più di metà della sua durata con le pippe mentali degli odiosi protagonisti, storie d’amore (?), sbruffonate assortite, i soliti poliziotti compiacenti che non sanno, non c’erano e se c’erano dormivano e assurdi deliri pseudo-satanisti. Certo, il momento clou, per così dire, è abbastanza impressionante, ma per citare Generazione X è “troppo poco, troppo tardi”, e il solito finale alla homo homini lupus, con il ragazzo buono e gentile il cui sogno è andare in Africa e fare il volontario che sevizia a colpi di machete uno dei torturatori, è liberatorio fino a un certo punto.

Oltre che dalla noia e da una trama abbastanza stupida, Borderland è afflitto anche dall’insopportabilità dei protagonisti, che è sì un problema comune ad altre produzioni simili, ma che qui forse tocca il suo apice: il più “sensato” del trio è innaturalmente mollo e depresso, il “coglioncello” lo è veramente a livelli improponibili (la scena più sconcertante è quella in cui insulta l’amico che vorrebbe andare a fare il volontario “cosa sei, un Democratico del cazzo adesso?” aah, ma che bell’amicizia…) salvo poi abbassare la cresta al primo sentore della pericolosità dei nemici, mentre il ragazzino è fastidioso nella sua innocente idiozia (leggi: accettare un passaggio da sconosciuti di notte), e ovviamente anche i villains non si salvano, con quella loro aria “mistica” da santoni drogati. L’unica nota positiva e scioccante del film è la presenza di Sean Astin in un inedito ruolo da redneck incattivito, misogino e psicopatico che gli calza stranamente a pennello, anche se spesso mi ritrovavo comunque a pensare a Samvise Baggins, con un effetto straniante mica da ridere! Insomma, anche se siete appassionati di horror io eviterei la visione, e cercherei di meglio.

Di Jake Muxworthy, che interpreta Henry, ho già parlato qui.
Zev Berman è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo terzo film. Di costui purtroppo non riesco a trovare informazioni anagrafiche di nessun tipo, quindi chiedo aiuto a qualche esperto che ne sa più di me!

Sean Astin (vero nome Sean Patrick Duke) interpreta Randall. “Figlio” d’arte (il papà, anche se non biologico, era il vero Gomez della Famiglia Addams televisiva, John Astin), ha cominciato la carriera come membro dei Goonies, per poi affermarsi come Hobbit con lo splendido personaggio di Samvise Gamgee nella trilogia de Il Signore degli Anelli diretta da Peter Jackson, ma ha partecipato anche a film come il bellissimo La guerra dei Roses e Cambia la tua vita con un click, a serie come 24 e My Name is Earl e anche doppiato un episodio di Robot Chicken. Americano, anche regista, produttore e sceneggiatore, ha 40 anni e due film in uscita; inoltre, doppierà nientemeno che Raffaello nell’ennesima serie a cartoni animati dedicata alle mitiche Tartarughe Ninja.

Brian Presley interpreta Ed. Americano, ha partecipato a qualche film e a serie come Beverly Hills 90210, Settimo cielo e General Hospital. Anche produttore, ha 34 anni e un film in uscita.

Rider Strong interpreta Phil. Già protagonista del Cabin Fever di Eli Roth, ha partecipato anche al seguito Cabin Fever 2: Spring Fever e a serie come Quell’uragano di papà, Party of Five – Cinque in famiglia, Hercules, Veronica Mars, Bones, oltre ad aver doppiato alcuni episodi di Kim Possible. Americano, anche sceneggiatore, regista e produttore, ha 32 anni e due corti in uscita.

Se vi piacesse questo genere di film, vi consiglierei di puntare sul già citato Hostel, Hostel 2 e infine sul poco conosciuto ma pregevole Captivity, uscito anche in Italia. Questo è il primo post scritto sulla piattaforma, speriamo di non aver fatto qualche casino. ENJOY... comunque!

Trama: tre amici decidono di fare una vacanza in Messico, o meglio, di “sconfinare”. Loro ovviamente si aspettano droga, alcool e prostitute, troveranno invece un culto di pazzi torturatori, sangue e morte.

Dichiaratamente basato (ovviamente) su una storia vera, giusto per rendere il tutto più inquietante agli occhi del novellino che non ha mai visto un horror in vita sua, questo Borderland sposta il luogo minaccioso, arretrato e nemico dove finiscono i tre poveretti americani dall’Europa dell’Est a quella terra di nessuno che è il confine tra America e Messico, ci infila un fatto di cronaca risalente agli anni ’80 e condisce il tutto citando a piene mani i mille casi irrisolti di “desaparecidos”. Pare infatti che verso il 1989 un gruppo di cosiddetti “narcosatanisti” avesse fatto fuori almeno una ventina di persone per portare avanti i loro rituali, che avrebbero consentito loro di passare indenni ed invisibili sotto il naso dei poliziotti con gli abituali carichi di droga. Pura follia, ma non c’è cosa che non possa ispirare un horror, ed ecco che i realizzatori di Borderland aggiungono l’elemento soprannaturale a quello della tortura.

L’unico problema è che film come Hostel sono apprezzabili (se dico belli passo per psicopatica) e raggiungono lo scopo perché sono in qualche modo verosimili e soprattutto perché indugiano sull’elemento voyeuristico, altrimenti non verrebbero definiti torture porn. Borderland invece manca proprio di quell’elemento tanto pubblicizzato sulle locandine (Hostel ha fissato il limite, Borderland lo supera…), così che lo spettatore si ritrova, sempre più perplesso, a guardare un film che, dopo un inizio “a effetto” se la smenazza per più di metà della sua durata con le pippe mentali degli odiosi protagonisti, storie d’amore (?), sbruffonate assortite, i soliti poliziotti compiacenti che non sanno, non c’erano e se c’erano dormivano e assurdi deliri pseudo-satanisti. Certo, il momento clou, per così dire, è abbastanza impressionante, ma per citare Generazione X è “troppo poco, troppo tardi”, e il solito finale alla homo homini lupus, con il ragazzo buono e gentile il cui sogno è andare in Africa e fare il volontario che sevizia a colpi di machete uno dei torturatori, è liberatorio fino a un certo punto.

Oltre che dalla noia e da una trama abbastanza stupida, Borderland è afflitto anche dall’insopportabilità dei protagonisti, che è sì un problema comune ad altre produzioni simili, ma che qui forse tocca il suo apice: il più “sensato” del trio è innaturalmente mollo e depresso, il “coglioncello” lo è veramente a livelli improponibili (la scena più sconcertante è quella in cui insulta l’amico che vorrebbe andare a fare il volontario “cosa sei, un Democratico del cazzo adesso?” aah, ma che bell’amicizia…) salvo poi abbassare la cresta al primo sentore della pericolosità dei nemici, mentre il ragazzino è fastidioso nella sua innocente idiozia (leggi: accettare un passaggio da sconosciuti di notte), e ovviamente anche i villains non si salvano, con quella loro aria “mistica” da santoni drogati. L’unica nota positiva e scioccante del film è la presenza di Sean Astin in un inedito ruolo da redneck incattivito, misogino e psicopatico che gli calza stranamente a pennello, anche se spesso mi ritrovavo comunque a pensare a Samvise Baggins, con un effetto straniante mica da ridere! Insomma, anche se siete appassionati di horror io eviterei la visione, e cercherei di meglio.

Di Jake Muxworthy, che interpreta Henry, ho già parlato qui.
Zev Berman è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo terzo film. Di costui purtroppo non riesco a trovare informazioni anagrafiche di nessun tipo, quindi chiedo aiuto a qualche esperto che ne sa più di me!

Sean Astin (vero nome Sean Patrick Duke) interpreta Randall. “Figlio” d’arte (il papà, anche se non biologico, era il vero Gomez della Famiglia Addams televisiva, John Astin), ha cominciato la carriera come membro dei Goonies, per poi affermarsi come Hobbit con lo splendido personaggio di Samvise Gamgee nella trilogia de Il Signore degli Anelli diretta da Peter Jackson, ma ha partecipato anche a film come il bellissimo La guerra dei Roses e Cambia la tua vita con un click, a serie come 24 e My Name is Earl e anche doppiato un episodio di Robot Chicken. Americano, anche regista, produttore e sceneggiatore, ha 40 anni e due film in uscita; inoltre, doppierà nientemeno che Raffaello nell’ennesima serie a cartoni animati dedicata alle mitiche Tartarughe Ninja.

Brian Presley interpreta Ed. Americano, ha partecipato a qualche film e a serie come Beverly Hills 90210, Settimo cielo e General Hospital. Anche produttore, ha 34 anni e un film in uscita.

Rider Strong interpreta Phil. Già protagonista del Cabin Fever di Eli Roth, ha partecipato anche al seguito Cabin Fever 2: Spring Fever e a serie come Quell’uragano di papà, Party of Five – Cinque in famiglia, Hercules, Veronica Mars, Bones, oltre ad aver doppiato alcuni episodi di Kim Possible. Americano, anche sceneggiatore, regista e produttore, ha 32 anni e due corti in uscita.

Se vi piacesse questo genere di film, vi consiglierei di puntare sul già citato Hostel, Hostel 2 e infine sul poco conosciuto ma pregevole Captivity, uscito anche in Italia. Questo è il primo post scritto sulla piattaforma, speriamo di non aver fatto qualche casino. ENJOY... comunque!
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