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martedì 19 aprile 2022

L' allievo (1998)

Ultimamente ho deciso di riguardare L'allievo (Apt Pupil), diretto nel 1998 dal regista Bryan Singer e tratto dal racconto omonimo di Stephen King, contenuto nella raccolta Stagioni diverse. Con l'occasione mi faccio gli auguri ché oggi ridivento vecchia e quale modo migliore per festeggiare se non parlando del mio amore Stephen? 19, ka- tet...


Trama: all'ultimo anno di liceo, Todd Bowden scopre che l'anziano Kurt Dussander è un nazista che vive negli USA sotto falso nome e lo costringe a raccontargli gli orrori dei campi di concentramento, rimanendone influenzato...


Il primo giorno di lockdown, parliamo quindi di due anni fa, ho deciso di rileggere i libri di King in ordine cronologico. Ovviamente, tra nuove uscite che interrompono il percorso e il poco tempo a disposizione, non sono arrivata neppure ancora a metà, e in questo periodo sto leggendo Stagioni diverse. Siccome conosco a menadito sia Stand by Me che, soprattutto, Le ali della libertà, arrivata alla fine de L'allievo mi sono ricordata di avere visto il film soltanto una volta e mi è venuta la curiosità di riguardarlo. Non vorrei dire una bestialità, ma credo che all'epoca del passaggio televisivo de L'allievo non avessi ancora letto il racconto da cui è stato tratto e non mi sembra neppure che la pellicola di Singer mi avesse colpita in qualche modo; rivista oggi, continua in effetti a non suscitare in me chissà quale entusiasmo, ma di sicuro è una rilettura onesta di un racconto non facile, interpretata da due ottimi attori, ed è una spanna sopra rispetto al 90% delle scarsissime versioni cinematografiche delle opere kinghiane. Ho parlato di racconto non facile. Per una volta, posso sfoggiare un po' di conoscenza, essendo fresca di lettura, e scrivere con cognizione di causa. Il racconto (o novella, se preferite) L'allievo è un'opera che copre un periodo di parecchi anni e segue la crescita di Todd Bowden, ragazzino affascinato dalla storia e, soprattutto, dall'Olocausto, e il rapporto che si viene a creare con Kurt Dussander, anziano ex nazista che vive in America sotto falso nome; all'inizio, Todd viene connotato come un ragazzino intraprendente e petulante che, dopo aver scoperto la vera identità di Dussander, lo costringe a raccontargli gli orrori del nazismo fino a rovinarsi la vita per colpa degli incubi, ma qualcosa nella descrizione che ne fa King stona fin da subito e, man mano che Todd cresce, diventa chiara la sua natura di psicopatico in fieri, incapace di sottrarsi all'influenza del male. 


Quanto a Dussander, dopo la prima reazione di paura ed odio verso chi minaccia di distruggergli l'esistenza e un'apparente volontà di cancellare gli orrori di cui si è fatto carico in passato, arriva a diventare praticamente dipendente da Todd e a sfruttarlo come "scusa" per liberare le pulsioni deviate presenti in lui da sempre. Il racconto di King parla quindi di un male che alimenta altro male, di un grumo oscuro che, dal passato, esplode all'interno di una realtà all american, fatta di giovani ricchi e belli, genitori premurosi e scuole prestigiose, e lo fa utilizzando immagini terrificanti, senza risparmiare i dettagli della progressiva discesa nella follia di Todd e Dussander, a spese non solo di persone ma anche di animali. Ovviamente, la versione di Singer è molto più edulcorata e, passatemi il termine, "rassicurante" nonostante gli argomenti trattati. Anche in questo caso Todd (interpretato da un meraviglioso Brad Renfro. Parentesi nella parentesi: onestamente trovo inquietante che a un tredicenne sia stato affibbiato un ruolo così ambiguo. E sì, diciamo che L'allievo ha più di una scena dallo smaccato contesto omosessuale, il che è ancora più inquietante se si pensa alle accuse che sono piovute in testa a Singer nel corso degli anni) subisce l'influenza di Dussander e "coltiva" un male già presente dentro di lui, tuttavia il film non lo connota come futuro psicopatico: Todd uccide un essere umano, è vero, ma nonostante la freddezza lo fa più per autodifesa e voglia di pararsi il culo, e sul finale c'è un minimo di incertezza sul futuro del ragazzo, che potrebbe anche essere quello di diventare un semplice riccone faccia di merda consapevole del suo potere sugli altri e di poterla passare liscia praticamente in ogni occasione, non necessariamente un pazzo omicida.


Dal canto suo, Dussander mi è parso meno approfondito rispetto alla sua versione cartacea. Il fulcro dello sguardo di Singer è Todd, e il vecchio nazista (tremendamente patetico nella novella) sembra quasi un totem maligno la cui unica funzione è quella di fungere da mentore più o meno volontario del ragazzo. Probabilmente, questo succede perché Ian McKellen è magnetico e carismatico, non potrebbe essere un vecchio "normale" neanche volendolo, e l'abilità del regista e dello sceneggiatore sta proprio nel trovare un equilibrio perfetto, là dove qualcuno di meno esperto rischierebbe di farsi prendere la mano dalla grandezza dell'attore e spingere lo spettatore a provare sconforto o pietà per Todd, "schiacciato" da un tale mostro di malvagità. Anzi, grazie anche al montaggio, la reciproca influenza dei due personaggi risulta chiara quanto la loro duplice natura di vittima e carnefice, e la loro lotta per la supremazia, unita a una sorta di pericolosa fascinazione, eclissa senza problemi tutto ciò che li circonda, creando un microcosmo maligno i cui tentacoli toccano persone di cui ci importa veramente poco, Ed French in primis (sarà la faccia molla di Schwimmer che non aiuta? Il suo mustacchio da pederasta? Chissà), forse perché tutto ciò che esula dal cuore della vicenda, anche a livello tecnico, ha un sapore "televisivo" e non in senso buono. Con tutti i suoi pregi e difetti, trovo però che L'allievo sia un film abbastanza riuscito e mi fa un po' strano che non venga mai nominato quando si parla di adattamenti Kinghiani, ma forse il motivo è che, almeno in Italia, non si trova su nessuna piattaforma di streaming. E' un peccato, perché meriterebbe almeno una visione.    


Del regista Bryan Singer ho già parlato QUI. Ian McKellen (Kurt Dussander), Joshua Jackson (Joey), Ann Dowd (Monica Bowden), Bruce Davison (Richard Bowden), David Schwimmer (Ed French) e Elias Koteas (Archie) li trovate invece ai rispettivi link.

Brad Renfro interpreta Todd Bowden. Americano, ha partecipato a film come Il cliente, Sleepers e Ghost World. Anche sceneggiatore e produttore, è morto nel 2008, all'età di 25 anni.


Nel 1984 era in progetto la realizzazione di un film tratto da L'allievo, con James Mason nei panni di Dussander; la morte dell'attore ha fatto sì che il ruolo venisse proposto a Richard Burton, che purtroppo è venuto a mancare prima di poter anche solo accettare. L'allievo è stato poi quasi realizzato nel 1987 (c'erano Ricky Schroder nei panni di Todd Bowden e Nicol Williamson in quelli di Kurt Dussander, ed era diretto da  Alan Bridges) ma la realizzazione è stata fermata a dieci giorni dalla fine delle riprese a causa del superamento del budget. Per quanto riguarda la versione di Singer, Anthony Hopkins ha rifiutato il ruolo di Dussander, mentre Kevin Pollak ha perso contro David Schwimmer per il ruolo di Ed French. Ciò detto, consiglio ovviamente il recupero della raccolta Stagioni diverse! ENJOY!

domenica 19 marzo 2017

La bella e la bestia (2017)

Non ce l'ho fatta ad aspettare. Con un misto di attesa e presagi di sventura, venerdì sono corsa a vedere La bella e la bestia (Beauty and the Beast), versione live action dell'omonimo capolavoro Disney diretto dal regista Bill Condon. E com'è quindi 'sto ennesimo remake?


Trama: Belle, atipica ragazza francese, finisce in un castello abitato da una Bestia e dai suoi servi, tutti trasformati in oggetti semoventi da una maledizione. Solo se la Bestia, un tempo principe viziato e crudele, riuscirà ad amare e ad essere riamato a sua volta la maledizione scomparirà ma il tempo stringe...


Non starò a parlare della storia de La Bella e la Bestia, in quanto il film di Bill Condon ne è una riproposta fedelissima con pochissime aggiunte irrilevanti alla comprensione della trama, qualche variante poco fastidiosa e un paio di canzoni in più: se volete una disamina completa del più bel film d'animazione mai realizzato dalla Disney la trovate QUI. Allo stesso modo, non starò a sottolineare come La bella e la bestia originale sia un capolavoro che questo live action non solo non supera (era palese e scontato) ma neppure raggiunge, anche se vorrei puntualizzare come le espressioni e i movimenti della  Belle animata nei tre momenti chiave della pellicola (quando viene imprigionata dalla Bestia, quando è indecisa se lasciarlo al suo destino e quando sul finale si rende conto di amarlo) e, soprattutto, gli incredibili tocchi horror gotici di cui il film del 1991 è zeppo qui se li sono proprio sognati, privando la pellicola di gran parte del suo fascino. Fissate queste premesse, posso però solennemente dire che La bella e la bestia di Bill Condon è un gran bel film, più che altro è un gran bell'omaggio alla pellicola originale e in particolare alla sua anima musical, perfettamente rispettata. Molti hanno giustamente parlato di film inutile, ché qui non si parla di reinterpretazione quanto piuttosto di una riproposta quasi filologica di dialoghi, melodie (se ne può parlare, ché lo score dell'originale in determinati momenti topici era fenomenale, qui un po' meno), numeri musicali e persino inquadrature, con alcune sequenze prese pari pari dal film di Trousdale e Wise, quindi perché guardare questo quando esiste l'originale? Verissimo, per carità, questa è in effetti una domanda alla quale non so rispondere ma, al di là degli obiettivi prettamente economici della Disney, forse la scelta di un non fan tra l'uno e l'altro film dipende semplicemente dal gusto personale: c'è chi non ama l'animazione e chi magari preferisce un connubio di attori veri e personaggi creati in CGI per godersi la storia di Belle e la Bestia, chissà. Sta di fatto che in molti, me compresa, hanno applaudito alla fine de La bella e la bestia ed è lo stesso applauso che mi è scattato in automatico quando ero andata a vedere il musical originale a Milano, scaturito dalla sensazione di avere davanti un opera nuova che rispetta ciò che ho tanto amato e lo ripropone attraverso un mezzo diverso e magari più spettacolare e congeniale ad alcuni spettatori.


Spettacolare è infatti la definizione che calza meglio al nuovo La bella e la bestia, non a caso quasi un musical in tutto e per tutto. A differenza del ridondante, fastidiosissimo Cenerentola di Branagh, qui scenografi, costumisti e responsabili degli effetti speciali hanno dato il bianco: dalla creazione del vertiginoso castello della Bestia, agli splendidi abiti di Belle (lasciamo perdere l'iconico abito giallo/oro, che mi si è serrato lo stomaco per l'invidia al pensiero di come debba essersi sentita Emma Watson ad indossarlo, in generale è proprio la rivisitazione degli abiti "normali" di Belle ad essere splendida, arricchita da un gusto francese e bohemien tutto particolare), dalla stanza rococò dove viene rinchiusa Belle alla ricostruzione della taverna di Gaston, tutto è realizzato in maniera talmente ricca e allo stesso tempo "familiare" da far venire la pelle d'oca. Se vogliamo parlare dei numeri musicali, alla già citata canzone di Gaston mi sono trattenuta dal saltare sulla poltrona e mettermi a ballare, durante la sequenza del ballo la Bestia si profonde in un movimento talmente sensuale che ho pensato "ce n'è!", mentre il numero di Stia con noi è animato talmente bene che basterebbe anche solo quello per compensare il prezzo dell'inutile (e sottolineo inutile) 3D e aggiungo che fortunatamente tutte le creature generate al computer sono ben diverse dall'orripilio mostrato nei trailer e ben distanti dalle tremebonde lucertole di Cenerentola o le fatine di Maleficent (tolto che Mrs Bric con quegli occhietti inquietanti non mi è proprio piaciuta ma de gustibus). Favolosa anche la svolta gay di LeTont, una carta giocata quasi come inside joke eppure senza essere portata all'eccesso né coperta di ridicolo: il personaggio si distacca anzi dal ruolo di "scemo" mostrato nell'originale film Disney per diventare una specie di "coscienza" che Gaston tuttavia rifiuta, un diverso che non riesce a sostenere ciecamente il suo amato quando le azioni di quest'ultimo diventano troppo immorali anche per lui e vanno ad infrangere l'illusoria perfezione dell'apparenza del rozzo Capitano.


Detto questo, difetti ce ne sono, per carità. Non ho apprezzato la reiterazione di alcune cose, come per esempio la ricomparsa della fata sul finale (quasi un ripensamento di quest'ultima mentre invece nell'originale Disney i tempi della maledizione venivano rispettati), né le sgradevoli giustificazioni della natura viziata del Principe oppure il racconto della madre di Belle, evocato tra l'altro da una specie di teletrasporto magico a dir poco ridicolo, oltre che affatto funzionale ai fini della trama, e purtroppo le atmosfere horror del confronto tra la Bestia e Gaston (soprattutto il progressivo scambio di ruoli tra i due, che vede sul finale un Gaston mostruoso e una Bestia umanissima nel suo rassegnato dolore) sono andate completamente perdute, cosa gravissima. Passando all'adattamento italiano, ho trovato quello delle canzoni oltre il terrificante e solo la mia capacità di sostituire mentalmente ai testi nuovi quelli che adoro fin dall'età di 10 anni, chiudendo mente ed orecchie al nuovo abominio, mi ha salvata dall'orrore, nonostante qualche bestemmia sia comunque volata, non lo nego: la differenza tra i due adattamenti è impietosa e se è vero che quello attuale è più vicino all'inglese, ci sono momenti in cui la metrica non riesce a rispettare la melodia e il ritmo, senza contare che quello del 1991 era molto più delicato, adulto e fantasioso. Anche la voce nuova della Bestia fa accapponare la pelle ma fortunatamente la nuova canzone cantata dal personaggio, Evermore, è splendida sia in italiano che in inglese e nella nostra lingua ricorda molto i pezzi più belli ed intensi di Notre Dame De Paris, cosa che ha contribuito a rendermela ancora più gradita. L'unico difetto che non ho riscontrato è l'interpretazione di Emma Watson: credevo l'avrei odiata ma non è stato così e, nonostante il migliore del cast sia Luke Evans col suo favoloso Gaston (pur senza petto villoso), questa nuova Belle dallo sguardo fiero e volitivo mi è piaciuta davvero molto, soprattutto quando dimentica di rimettersi a posto la gonna e va in giro mostrando i mutandoni della nonna. Degna figlia di un inventore folle e smemorato! Quindi, in soldoni, La bella e la bestia del 1991 tutta la vita ma anche quello nuovo merita lodi e carezze invece di sputi ed ignominia.


 Di Emma Watson (Belle), Luke Evans (Gaston), Ewan McGregor (Lumière), Ian McKellen (Tokins), Emma Thompson (Mrs. Bric) e Stanley Tucci (Maestro Cadenza) ho già parlato ai rispettivi link.

Bill Condon è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come L'inferno nello specchio (Candyman 2), Demoni e dei, The Twilight Saga - Breaking Dawn parte I e II e Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto. Anche sceneggiatore (ha vinto l'Oscar per la migliore sceneggiatura non originale di Uomini e dei), produttore e attore, ha 62 anni.


Dan Stevens interpreta Bestia. Inglese, favoloso David Haller in Legion, ha partecipato anche alla serie Downton Abbey. Anche produttore, ha 35 anni e cinque film in uscita.


Kevin Kline interpreta Maurice. Americano, lo ricordo per film come La scelta di Sophie, Il grande freddo, Un pesce di nome Wanda (che gli è valso l'Oscar come Miglior Attore Non Protagonista), Bolle di sapone, Charlot - Chaplin, Creature selvagge, Tempesta di ghiaccio, In & Out, Sogno di una notte di mezza estate e Wild Wild West; inoltre, ha prestato la voce per film come Il gobbo di Notre Dame. Anche regista, ha 70 anni.


Gugu Mbatha-Raw interpreta Spolverina. Inglese, ha partecipato a film come Free State of Jones, Miss Sloane e a serie quali Doctor Who e Black Mirror. Ha 34 anni e quattro film in uscita.


Josh Gad, che interpreta LeTont, è la voce originale del pupazzo Olaf di Frozen. A Ryan Gosling era stato offerto il ruolo della Bestia ma ha rifiutato per partecipare a La La Land; Emma Watson ha invece fatto il contrario, preferendo essere Belle invece di recitare nel film di Chazelle. Ian McKellen è invece ritornato sui suoi passi visto che, nel 1991, aveva rinunciato a doppiare Tokins. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate La bella e la bestia originale e al massimo anche quello di Christophe Gans. ENJOY!

domenica 22 giugno 2014

Il signore degli anelli - Il ritorno del re (2003)

Eccoci arrivati alla fine dei post dedicati alla trilogia de Il signore degli Anelli! Si conclude in bellezza con Il ritorno del re (The Lord of the Rings: The Return of the King), diretto nel 2003 dal regista Peter Jackson.


Trama: le forze di Sauron stanno per scagliarsi contro la fortezza di Gondor e la guerra minaccia di segnare la fine dell'era degli uomini. Mentre Aragorn, Gandalf, Merry, Pipino, Legolas e Gimli si preparano per quella che potrebbe essere l'ultima battaglia della loro vita, Frodo, Sam e un sempre più malvagio Gollum devono trovare un modo per penetrare nel cuore di Mordor e arrivare, non visti, al monte Fato per distruggere l'Anello...


Il ritorno del re è sicuramente il film della trilogia che preferisco perché, mentre La compagnia dell'anello fungeva da introduzione ed era in qualche modo più "lieto" e Le due torri era principalmente concentrato su epiche battaglie, quest'ultima pellicola si sofferma maggiormente sulle emozioni dei singoli personaggi ed è pervaso, dall'inizio fino alla fine, da un'intensa atmosfera di ineluttabilità, malinconia e flebile speranza. Ognuno dei protagonisti, infatti, è consapevole della possibilità di stare combattendo una battaglia persa in partenza e di stare letteralmente proseguendo nel cammino a braccetto con la morte e molti, di fronte a questa consapevolezza, scelgono ad un certo punto di arrendersi. In questo senso, la figura che mi ha sempre colpita maggiormente è quella del padre di Boromir e Faramir, Denethor, che si getta a testa bassa nel vortice della follia e della rassegnazione, spinto da un orgoglio fasullo e da una sete di potere senza pari, e solo quando la fine è imminente capisce quanto fossero inutili i valori a cui si è sempre aggrappato; a differenza di Re Theoden, che riesce a trovare nuova linfa vitale nelle situazioni disperate, Denethor soccombe al dolore e decide di abbandonare tutto, distruggere regno e famiglia senza dare battaglia, un po' come un novello Mazzarò che sceglie di portare con sé la sua "roba". Allo stesso modo anche Sam, fino a questo momento la voce della semplicità, dell'innocenza e della saggezza "di campagna", si ritrova a perdere tutto a causa delle macchinazioni di Gollum e per un attimo, un attimo incredibilmente toccante e umano, perde di vista la via rischiando così di condannare quella povera oloturia di Frodo nonché l'intera Terra di Mezzo. Il ritorno del re inoltre (almeno all'epoca, prima che arrivasse Lo Hobbit) significa dare l'addio a meravigliosi personaggi a cui ci siamo affezionati, creature che, inevitabilmente, sono rimaste toccate nel profondo dai terribili, per quanto epici, eventi raccontati. Ritornare senza pensieri alla vita di prima non è umanamente pensabile, perché il male assoluto può aiutare a cambiare in meglio ma lascia anche cicatrici profonde e un'altrettanto profonda stanchezza; il finale de Il ritorno del re tira sì ogni filo lasciato in sospeso ma devasta lo spettatore con una malinconia infinita, lasciandolo nella triste consapevolezza che il tempo delle favole, della magia e delle epiche battaglie appartiene a un mondo che ormai non esiste più e che può tornare, di tanto in tanto, solo in forma di racconto.


E il racconto in questione Peter Jackson e i responsabili della WETA l'hanno realizzato talmente bene che, ad ogni fotogramma, ad ogni evento, ad ogni inquadratura, veniamo risucchiati nello schermo e viviamo sulla nostra pelle tutto ciò che accade ai protagonisti. La tremenda Shelob, nascosta nel ventre della montagna, rischia di annidarsi negli incubi dello spettatore anche a distanza di anni, il confronto tra il Re dei Nazgul ed Eowyn è semplicemente da applauso, la rabbia con cui i "buoni" si scagliano disperati contro le forze di Mordor fa venire voglia di impugnare una spada e affiancarsi a loro nella battaglia, la scalata di Frodo e Sam al Monte Fato è in grado di fiaccare l'animo e lo spirito, il geniale montaggio che mostra il destino di Faramir e, contemporaneamente, il disgustoso banchetto di Denethor è in grado di fomentare un inaudito desiderio di uccidere il Reggente, la riunione finale nella camera da letto di Frodo fa sciogliere in lacrime e risate liberatorie: tutto questo, nonostante Il signore degli Anelli sia commerciale quanto volete, è per me indice di grande Cinema e anche l'Academy ha dovuto chinare il capo e inondare di Oscar l'opera di Jackson (Miglior film, miglior regia, miglior adattamento, miglior fotografia, miglior scenografia, migliori costumi, miglior make-up, miglior colonna sonora, migliore canzone, miglior suono e migliori effetti speciali) pur snobbando degli attori che, non stiamocela a raccontare, in tutti quegli anni sono diventati tutt'uno con i personaggi. Ne Il ritorno del re persino Elijah Wood diventa credibile e un po' più espressivo rispetto agli altri due film, Merry e Pipino riescono finalmente ad uscire dalla sorta di anonimato a cui il loro ruolo di "spalle" li aveva condannati assumendo quello di spettatori esterni che vedono due regni andare in rovina e poi risorgere, Aragorn subisce una metamorfosi incredibile da outsider a vero Re di Gondor (perdendo almeno 800 punti fascino ma così è la vita...) e, ovviamente, Sean Astin nei panni di Sam svetta su chiunque grazie alla sua sensibilità e il faccino pacioso, stanco e disperato. Ci sarebbero mille altre cose da dire su quella che è diventata LA trilogia con cui confrontarsi a partire dal 2000, ci sarebbe da insultare Peter Jackson che ha deciso di cavar sangue da una rapa e sputare sulla sua meravigliosa creatura sperando di replicarla dividendo in tre Lo Hobbit, ci sarebbe anche, ovviamente, da muovere delle critiche da "puristi" rispetto alle diversità tra film e romanzo... ma rischierei di dilungarmi e diventare noiosa. Secondo me, c'è solo da riprendere in mano i DVD o i BluRay e immergersi senza pensieri in questa splendida Trilogia, seguendo l'affascinante ed ipnotico richiamo dell'Unico Anello.


Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche durante la battaglia al Fosso di Helm) ho già parlato quiElijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Billy Boyd (Peregrino "Pipino" Tuc), Bernard Hill (Theoden), Ian Holm (Bilbo), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), Miranda Otto (Eowyn), John Rhys-Davies (Gimli), Andy Serkis (Gollum/Smeagol), Liv Tyler (Arwen), Karl Urban (Eomer), Hugo Weaving (Elrond) e David Wenham (Faramir) li trovate invece ai rispettivi link.

Durante il film riusciamo finalmente a vedere Andy Serkis "quasi" al naturale, nei panni di Smeagol. La cosa buffa è che, all'inizio, i realizzatori pensavano di utilizzare un altro attore per interpretarlo! Tra le comparse segnalo invece lo stesso Peter Jackson (il corsaro colpito dalla freccia di Legolas), il figlio di Viggo Mortensen, Henry, il pronipote di J.J.R. Tolkien, Royd, e la figlia di Sean Astin, Alexandra. Il ritorno del re segue La compagnia dell'anello e Le due torri quindi, se vi fosse piaciuto, recuperate il primo capitolo e il secondo capitolo della trilogia, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!

venerdì 20 giugno 2014

Il signore degli anelli - Le due torri (2002)

Dopo aver parlato de La compagnia dell'anello oggi si prosegue con Il signore degli anelli - Le due torri (The Lord of the Rings - The Two Towers), seconda parte della trilogia diretta nel 2002 dal regista Peter Jackson.


Trama: la Compagnia dell'anello si è divisa. Mentre Frodo e Sam incontrano Gollum e si dirigono verso Mordor per distruggere l'Anello, Pipino e Merry vengono salvati dal misterioso Barbalbero; Aragorn, Gandalf, Legolas e Gimli vengono invece coinvolti in un'epica battaglia tra le forze del malvagio Saruman e gli abitanti del regno di Rohan.



Le due torri, di fatto una sorta di raccordo tra il primo e il terzo capitolo de Il signore degli anelli, è la parte di trilogia che meno preferisco, sebbene la versione estesa sia molto più completa e piacevole da vedere rispetto a quella che era passata nei cinema italiani. All'epoca l'avevo trovata eccessivamente lunga e lievemente tediosa perché il fulcro della sceneggiatura è l'epica battaglia finale al Fosso di Helm, una mezz'ora buona di frecce, esplosioni, orchi e cavalli che, nonostante fosse stata realizzata in maniera impeccabile, al limite della commozione, non era riuscita comunque ad entusiasmarmi come avrebbe dovuto. Altra pecca della pellicola (ma lì la "colpa" risiede nella natura del personaggio, ereditata dai libri di Tolkien) è l'introduzione del noiosissimo Ent Barbalbero, un'enorme quercia semovente amante degli spiegoni e incarnazione dello spirito ecologista che anima questa parte della pellicola, quasi interamente imperniata sulla battaglia tra tradizione e progresso, natura e industria. Il crudele Saruman, ormai completamente asservito a Sauron, non esita a distruggere foreste o deviare fiumi, affidandosi totalmente all'"industria" del fuoco, del metallo e della magia nera per ottenere il potere portando morte ed oscurità nella Terra di Mezzo, mentre invece gli sparuti membri della Compagnia dell'Anello continuano a preferire la comunione con la Natura e l'unione "corretta" delle forze, ottenuta attraverso la difficile ricostruzione di vecchie alleanze. Se la grandiosa battaglia al Fosso di Helm, diretta conseguenza di questi scontri, è la parte più importante dell'Opera, non bisogna comunque dimenticare che il successo della missione di Frodo e Sam è ciò da cui dipende la vittoria del bene o del male e ne Le due torri le vicende dei due Hobbit compiono un importantissimo passo avanti grazie soprattutto all'arrivo di Gollum.


Gollum è uno dei tre personaggi nuovi introdotti nel secondo capitolo della trilogia e, neanche a dirlo, è uno dei migliori della saga. Interpretata magistralmente da un Andy Serkis completamente nascosto da un sembiante digitale, questa creatura è il terribile esempio del potere dell'Anello, un essere tormentato dalla bramosia, dalla sete di vendetta e da una follia che lo sdoppia in due distinte personalità, da una parte l'infantile e timoroso Smeagol e, dall'altra, il freddo e crudele Gollum, che compirebbe ogni sorta di nefandezza per rimettere le zampe sul Tessoro. Gollum ovviamente rappresenta ciò che potrebbe diventare Frodo se si lasciasse sedurre dalle lusinghe dell'Anello ed è quindi inevitabile che tra i due si instauri una connessione da cui il povero Sam rimane escluso; ed ecco che, di fatto, diventa  proprio Samvise Gamgee il lato fondamentale di questo particolare triangolo, l'unico ad essere riuscito a mantenere una dimensione umana, una mentalità semplice in grado di toccare il cuore e l'animo di persone ormai troppo immerse nel dolore e nell'odio, come si può vedere nello splendido, commovente dialogo tra lui e Faramir. L'altro stupendo personaggio a venire introdotto è Eowyn, femminile e forte allo stesso tempo, la "dama sfortunata" che rischia di perdere l'amato zio Theoden a causa delle macchinazioni di Saruman (e della new entry Vermilinguo, meravigliosamente interpretato da un viscidissimo Brad Dourif) e che, per quanto si sforzerà, non potrà mai essere alla pari dell'elfa Arwen e scalzarla dal cuore di Aragorn; sarà perché sono donna e perché la mia dose di due di picche immotivati me la sono presa ma ogni volta che Eowyn compare mi viene voglia di prendere a ceffoni sul coppino l'erede di Isildur per il modo in cui si ostina a rendere triste la poveretta, già segnata da mille sofferenze. Questi personaggi nuovi, ai quali aggiungo anche Faramir e re Theoden, sono talmente ben tratteggiati da riuscire tranquillamente a rivaleggiare con quelli conosciuti nel primo capitolo (sicuramente surclassano Gimli e Legolas) e saranno a dir poco fondamentali per il terzo, ovviamente.


Tecnicamente parlando, anche Le due torri è un capolavoro. Barbalbero, per quanto risulti odioso come personaggio, è comunque realizzato in maniera divina e sembra davvero che porti in spalla di due hobbit quando cammina ma l'olifante che si vede ad un certo punto non è da meno e, ovviamente, Gollum è qualcosa di inimmaginabile. Per quel che riguarda le sequenze invece, il fiore all'occhiello della pellicola è sicuramente la delirante battaglia al fosso di Helm, che ha richiesto mesi di riprese e innumerevoli aggiustamenti fatti al computer (tanto che il cast alla fine portava delle magliette con su scritto "I survived Helm's Deep") per poter essere completata al meglio, tuttavia io sono molto più affezionata alla vertiginosa carrellata che, finalmente, svela quale inferno si nasconda sotto la torre di Saruman e a due sequenze "statiche" che mi mettono sempre i brividi: una è il primo piano del viso di Vermilinguo solcato da una singola lacrima, peraltro vera e frutto dell'abilità di Brad Dourif, mentre l'altra mostra una solitaria Eowyn che si staglia contro Edoras, disperata e vulnerabile ma allo stesso tempo fiera, mentre il vento porta via la bandiera con lo stemma della sua casata e l'evocativa musica di Howard Shore riempie le orecchie e il cuore dello spettatore. Per quel che riguarda il cast, fortunatamente, valgono le stesse parole dette nel post precedente. Si vede che tutti gli attori tenevano particolarmente alla riuscita della trilogia e l'atmosfera di amicizia ed intesa, reciproca e rivolta verso il regista Peter Jackson, traspare da ogni gesto, sguardo o fotogramma del film. Mi rendo conto di aver scritto un papiro che farebbe invidia a Tolkien, quindi concludo qui lo sproloquio relativo a Le due torri e mi preparo perché domenica tocca a Il ritorno del re!!


Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche durante la battaglia al Fosso di Helm) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Billy Boyd (Peregrino "Pipino" Tuc), Brad Dourif (Grima Vermilinguo), Bernard Hill (Theoden), Christopher Lee (Saruman), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), John Rhys-Davies (Gimli ma da anche la voce a Barbalbero), Andy Serkis (Gollum), Liv Tyler (Arwen), Karl Urban (Eomer), Hugo Weaving (Elrond) e David Wenham (Faramir) li trovate invece ai rispettivi link.

Miranda Otto interpreta Eowyn. Australiana, ha partecipato a film come La sottile linea rossa, Le verità nascoste, Il signore degli anelli - Il ritorno del Re, La guerra dei mondi, Locke & Key, I, Frankenstein e a serie come The Flying Doctors. Ha 47 anni e un film in uscita.


Il film ha vinto due Oscar, uno per il miglior sonoro e uno per i migliori effetti speciali; a tal proposito, purtroppo, Andy Serkis non ha potuto ricevere una meritata nomination per gli Oscar perché il suo personaggio era stato generato al computer. Per quanto riguarda invece i nuovi personaggi introdotti in questo secondo capitolo, il ruolo di Eowyn era stato offerto a Kate Winslet, che già aveva lavorato con Peter Jackson nel meraviglioso Creature del cielo; addirittura, durante le prime fasi di pre-produzione si era pensato ad Uma Thurman per il ruolo di Eowyn e a Ethan Hawke per quello di Faramir. Le due torri segue La compagnia dell'anello e precede Il ritorno del re quindi, se vi fosse piaciuto, recuperate il primo capitolo della trilogia, proseguite col terzo, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!

mercoledì 18 giugno 2014

Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello (2001)

E' arrivato il momento di "affrontare" una delle trilogie chiave del nuovo millennio, quella de Il signore degli anelli. Cominciamo oggi con La compagnia dell'anello (The Fellowship of the Ring), diretto e co-sceneggiato nel 2001 da Peter Jackson e tratto dalle opere di J.R.R. Tolkien.


Trama: nel giorno del suo compleanno, l'hobbit Bilbo Baggins decide di andare via dalla Contea. Al cugino prediletto Frodo lascia in eredità un anello trovato anni prima durante un'avventura con lo stregone Gandalf e proprio quest'ultimo scopre, dopo qualche tempo, che il monile non è altro che l'Anello del Potere forgiato dal malvagio Sauron, in grado di soggiogare l'intera Terra di Mezzo e farla sprofondare nelle Tenebre. Saputo che i servi di Sauron hanno cominciato a cercare l'Anello, Frodo è costretto a fuggire assieme al fido giardiniere Sam e agli amici Pipino e Merry, cominciando così un viaggio disperato e periglioso..



Il mio rapporto con Il signore degli Anelli comincia durante l'infanzia, grazie ad un libro ereditato da qualche cugino più grande che raccontava, attraverso immagini e didascalie, le vicende mostrate nel film di Ralph Bakshi del 1978. Di quel libro (e quanto vorrei averlo sottomano ora!!) ricordo solo l'orrida figura di Gollum e il senso di inquietudine e disgusto che mi provocava; un ricordo che, probabilmente, assieme al titolo dell'opera era rimasto comunque in attesa di venire richiamato perché molti anni dopo, alle superiori, trovai nella libreria della madre di una compagna di classe l'imponente tomo Tolkieniano e, incuriosita, chiesi alla gentile signora di poterlo leggere. In tempo zero ero rimasta conquistata dalle vicende di Frodo e compagnia, affascinata dalla grandezza degli Elfi, dalla saggezza di Gandalf, dalla dolcezza e dal coraggio di Sam. Immaginate quindi l'incredibile gioia quando, nel 2001, ho saputo dell'uscita de La compagnia dell'Anello, riproduzione fedelissima della prima parte di quella storia che avevo tanto amato, solo con qualche piccolo "aggiustamento" per renderla più scorrevole e adatta a un pubblico che, presumibilmente, non aveva mai avuto il coraggio di affrontare un romanzo così ponderoso. Nel primo film di una (necessaria, questa sì, non come quella de Lo Hobbit) trilogia il regista ci prende per mano e ci introduce all'universo di Tolkien, alla terribile storia dell'Anello e ai personaggi che, volenti o nolenti, entreranno in contatto con questo potentissimo artefatto: gli hobbit Frodo, Sam, Pipino e Merry, il saggio ed enigmatico stregone Gandalf, il misterioso e nobile Aragorn, gli audaci Legolas e Gimli, il tormentato Boromir. Nonostante ci sia tanta di quella carne al fuoco da farci barbeque per 13 generazioni, gli sceneggiatori riescono a rendere la storia comprensibilissima senza perdersi in spiegoni eccessivi e, soprattutto, riescono a scolpire in tempo zero ogni personaggio nel cuore dello spettatore, che non può fare a meno di entusiasmarsi e volerne sapere di più, tifando spudoratamente per la riuscita della perigliosa impresa e struggendosi davanti alle poche, necessarie morti, anche dopo averne letto sui libri di Tolkien. I toni della pellicola si alternano, come in una perfetta sinfonia, tra i momenti divertenti e bucolici ambientati nella Contea, le concitate fughe dai terribili servi di Sauron, la maestosità degli incontri con gli Elfi, le epiche battaglie nel ventre di Moria, i terribili ed umanissimi momenti di dubbio e terrore dei protagonisti, granelli di sabbia davanti ad una tempesta impossibile da fermare.


Al rispetto profondo per l'opera di Tolkien, Jackson aggiunge una perizia tecnica da far tremare i polsi e un'incredibile conoscenza del territorio neozelandese, indispensabile per ricreare una perfetta Terra di mezzo fatta di verdi colline, sterminate pianure e maestosi fiumi, un ambiente in grado di diventare protagonista alla pari degli esseri umani (e non) che lo attraversano. Poi, ovviamente, ci sono gli immancabili, preziosissimi effetti speciali della WETA, capaci di creare dal nulla sequenze e personaggi ormai rimasti nell'immaginario cinematografico collettivo come la terribile battaglia tra Gandalf e il Balrog e, ovviamente, la creatura Gollum che, a dire il vero, ne La compagnia dell'anello rimane un po' sullo sfondo, deciso a lasciare spazio alla bravura degli attori in carne ed ossa. Tra tutti gli interpreti spiccano, neanche a dirlo, il meraviglioso Ian McKellen e il bellissimo Viggo Mortensen (ah quanti sospiri all'epoca, altro che quegli elfi effemminati!!!), due mostri di incredibile bravura favoriti anche da due personaggi scritti benissimo in partenza; si collocano appena sotto di loro il tormentato, ormai iconico Boromir di Sean Bean che da il meglio di sé durante il terribile confronto con Frodo e, neanche a dirlo, l'ex goonie Sean Astin che, per quel che mi riguarda, col suo ciccionissimo Sam da vita al personaggio più sfaccettato e reale dell'intera saga. A distanza di anni invece (e purtroppo) devo dire che Elijah Wood non mi fa impazzire nei panni di un Frodo quasi monoespressivo (Ian Holm compare solo per pochi minuti e se lo mangia letteralmente) e che anche i personaggi di Legolas, Gimli, Merry e Pipino sembrano messi lì a mo' di riempitivi e, soprattutto in questo primo episodio della saga, non riescono ad bucare lo schermo, rimanendo monodimensionali. Quisquilie che, ovviamente, vengono cancellate dalla meraviglia di vedere portato su schermo un mondo antico e magico, come se gli elfi stessi avessero infuso la loro luce nell''intera pellicola, trasformandola per magia nell'ultima, grande saga epica della storia del Cinema. Imperdibile, che siate o meno amanti di Tolkien in particolare e del fantasy in generale.


Del regista e co-sceneggiatore Peter Jackson (che compare anche nei panni dell'hobbit che sgranocchia una carota a Brea) ho già parlato qui. Elijah Wood (Frodo Baggins), Sean Astin (Samwise "Sam" Gamgee), Sean Bean (Boromir), Cate Blanchett (Galadriel), Orlando Bloom (Legolas), Marton Csokas (Celeborn), Ian Holm (Bilbo Baggins), Christopher Lee (Saruman), Andy Serkis (Gollum), Ian McKellen (Gandalf il grigio), Dominic Monaghan (Meriadoc "Merry" Brandybuck), Viggo Mortensen (Aragorn), Liv Tyler (Arwen) e Hugo Weaving (Elrond) li trovate invece ai rispettivi link.

Billy Boyd (vero nome William Boyd) interpreta Peregrino "Pipino" Tuc. Scozzese, ha partecipato a film come Il signore degli anelli - Le due torri, Master and Commander - Sfida ai confini del mare, Il signore degli anelli - Il ritorno del re e Il figlio di Chucky. Anche produttore, ha 46 anni e un film in uscita.


John Rhys-Davies interpreta Gimli. Inglese, lo ricordo per film come I predatori dell'arca perduta, Victor Victoria, Sahara, 007 - Zona pericolo, Indiana Jones e l'ultima crociata, Il signore degli anelli - Le due torri Il signore degli anelli - Il ritorno del re, inoltre ha partecipato a serie come Chips, La signora in giallo I viaggiatori. Come doppiatore, ha lavorato in episodi di Animaniacs, Gargoyles, Freakazoid!, Pinky and the Brain, Spongebob Squarepants e per il film Aladdin e il re dei ladri. Anche sceneggiatore e produttore, ha 70 anni e sei film in uscita.


I retroscena alla base della trilogia di Jackson sono infiniti, ovviamente, quindi riporterò solo quelli che mi hanno colpita di più. Per esempio, Christopher Lee è stato l'unico membro del cast ad avere incontrato Tolkien, con cui ha mantenuto persino una corrispondenza mentre era in vita: è stato lo stesso Tolkien ad averlo designato come Gandalf nel caso di una trasposizione cinematografica de Il signore degli anelli, tuttavia alla fine a Lee è stata offerta la parte di Saruman e, piuttosto che rischiare di rimanere fuori dalla produzione, l'attore si è dovuto rassegnare (e ha dovuto anche sopportare il fatto che il ruolo di Gandalf, ambito anche dal padre di Sean Astin, John, fosse stato offerto a Sean Connery che, però, aveva rifiutato perché "non capiva la storia". Brutta cosa l'Alzheimer). Nulla di fatto anche per Stuart Townsend, scritturato per il ruolo di Aragorn (nonostante le prime scelte per la parte fossero Russel Crowe, Daniel Day-Lewis e, orrore! Nicolas Cage) e mandato a stendere dopo pochi giorni di riprese perché Jackson si era reso conto che sarebbe stato meglio utilizzare un attore più "anziano". Il giovane Orlando Bloom aveva invece fatto il provino per Faramir e alla fine è stato richiamato per interpretare Legolas mentre, rimanendo in tema di elfi, sia Lucy Lawless che Uma Thurman hanno dovuto rinunciare a partecipare al film (la prima come Galadriel e la seconda come Arwen e poi Eowyn) a causa della loro improvvisa gravidanza mentre si dice che David Bowie sarebbe stato molto interessato al ruolo di Elrond, mannaggia! Per quanto riguarda gli hobbit invece, Jake Gyllenhaal aveva fatto il provino per il ruolo di Frodo, a cui peraltro ambiva anche Dominic Monaghan. La compagnia dell'anello, lo sanno anche i sassi, è il primo film di una trilogia che include Le due torri e Il ritorno del re; quindi, se vi fosse piaciuto, continuate nella visione, leggete assolutamente Il Signore degli anelli cartaceo e, se vi va, proseguite guardando i primi due episodi della trilogia de Lo Hobbit. ENJOY!

mercoledì 28 maggio 2014

X-Men - Giorni di un futuro passato (2014)

Ieri sera sono finalmente tornata a varcare la soglia di una sala cinematografica e ho recuperato l'attesissimo X-Men - Giorni di un futuro passato (X-Men: Days of Future Past), diretto da Bryan Singer. Avevo un po' di timor panico ma, fortunatamente, l'attesa è stata ricompensata!


Trama: nel futuro, i mutanti vengono cacciati e uccisi spietatamente da robot assassini chiamati Sentinelle. Per impedire lo sterminio della razza mutante, i sopravvissuti spediscono la coscienza di Wolverine all'interno del suo io passato, incaricandolo di cercare i giovani Xavier e Magneto e fermare Mystica, fermamente intenzionata ad uccidere il creatore delle Sentinelle, Bolivar Trask.


X-Men - Giorni di un futuro passato è la conferma filmata di come, se gestiti intelligentemente, anche i sequel o i reboot possono costituire un ottimo intrattenimento cinematografico. Quando Bryan Singer aveva abbandonato il timone delle X-saghe cinematografiche il risultato era stato quella schifezza di X-Men - Conflitto finale, una roba talmente obbrobriosa che non avrebbe neppure dovuto essere filmata; il reboot della saga, X-Men - L'inizio, era stato per contro una ventata d'aria fresca piuttosto convincente e sarebbe stato MOLTO comodo proseguire su quella strada, facendo finta che i tre film precedenti non fossero mai esistiti. Con l'ultima pellicola dedicata ai mutanti Marvel, invece, Bryan Singer e soci hanno deciso di prendere una via accidentata e tortuosa, cercando di tirare le fila di quattro film completamente diversi tra loro, sia per qualità che per interpreti, confrontarsi con escamotage difficili da gestire come quello dei viaggi spazio-temporali e ricominciare tutto da capo senza abbandonare i vecchi personaggi, amati quanto e più di quelli nuovi. Il risultato è un film sicuramente imperfetto, con tanti buchetti logici sparsi qui e là, che mostra delle crepe quando cerca di incastrarsi col resto delle pellicole girate (e soprattutto con la scena post credit di Wolverine-L'immortale!), tuttavia convincente, entusiasmante e gradevole, soprattutto se si considera che il punto di partenza era una pietra miliare dei comics dedicati agli X-Men. Alla fin della fiera, lo ammetto, lo status quo tra buoni e cattivi o la personalità dei vari protagonisti rimane pressoché invariata rispetto a X-Men - L'inizio e, gira che ti rigira, il plot è sempre lo stesso (i mutanti vengono minacciati dagli umani perché diversi, segue rappresaglia dei mutanti malvagi e tentativo di quelli buoni di metterci una pezza), tuttavia X-Men - Giorni di un futuro passato pone le basi per un ottimo avvenire e fa sicuramente venire voglia di scoprire cosa accadrà ai mutanti cinematografici nei prossimi film.


La trama, come ho detto, mescola elementi di X-Men - L'inizio ed elementi della prima trilogia dedicata agli X-Men. Il fulcro dell'intera vicenda, forse anche perché la Lawrence è diventata ormai una delle attrici più famose in circolazione, questa volta è la sempre affascinante ed ambigua Mystica, la cui anima oscilla per tutto il film tra dannazione e salvezza, luce ed oscurità. A differenza della sua controparte cartacea, nel film Mystica è ancora una "ragazzina" che cerca il modo migliore per proseguire sul suo cammino verso l'indipendenza da due figure autorevoli e carismatiche come il fratellastro Xavier e l'amante Magneto; il problema, ovviamente, è che nella sua ricerca il movente maggiore sono il dolore, il disagio e l'odio nei confronti degli umani mutantofobi (incarnati dalla figura folle e quasi Hitleriana di Bolivar Trask), che rischiano di spingerla a condannare non solo sé stessa, ma l'intera razza che vorrebbe salvare. Il punto più alto ed emozionante di X-Men - Giorni di un futuro passato è infatti, neanche a dirlo, la rappresentazione del distopico futuro governato dalle terribili sentinelle, dove il clima da pre-guerra fredda viene sostituito da una soverchiante sensazione di disperazione: davanti allo sparuto gruppo di mutanti sopravvissuti, vecchi "amici" di tempi più innocenti ormai consunti, stanchi e fondamentalmente rassegnati all'inevitabile fine, è inevitabile sentire una stretta al cuore che porta ad essere ancora più partecipi dell'intera, complicata vicenda.


A tal proposito, ammetto che il mio maggior timore era quello di vedere, in questi squarci di futuro, un'accozzaglia di carne mutante gettata in pasto ai fan senza un perché, come accadeva appunto in X-Men - Conflitto finale. Gli autori sono invece riusciti ad aggiungere (miracolo!!) pochi nuovi mutanti fatti bene, cadendo giusto in qualche pacchianata come l'aspetto ridicolo di Quicksilver o il look da Torcia Umana di Sunspot e regalandomi, bontà loro, una meravigliosa resa dei poteri di teletrasporto della bellissima Blink. Superlativo anche il lavoro compiuto sulle inquietanti sentinelle, così come il montaggio nel prefinale, dove ad ogni azione di Mystica nel passato segue l'ineluttabile conclusione delle vicende future, con un crescendo di tensione e momenti commoventi, ma sicuramente il mio momento preferito è stato lo "show" del giovane Quicksilver, un trionfo di gag al ralenti sulle note dell'appropriatissima Time in a Bottle di Jim Croce. A proposito di Quicksilver, non lasciatevi ingannare dall'orrendo look da bimbominkia di Evan Peters, praticamente perfetto in una versione giovanile del supereroe che, probabilmente, avrebbe apprezzato anche il geniale scrittore Peter David: il signorino si candida tranquillamente come miglior attore del film accanto ai bellissimi (da infarto!!!) Hugh Jackman e Michael Fassbender e ad un James McAvoy nei panni di un inedito e sboccato Xavier in piena crisi esistenziale (e d'astinenza). E se tutto questo ancora non vi basta per correre a vedere X-Men - Giorni di un futuro passato ... beh, sappiate che nell'ormai indispensabile scena post-credit risuona chiaro un solo, terribile nome: En Sabah Nur. 'nuff said!!! 

 

Del regista Bryan Singer ho già parlato qui. Hugh Jackman (Logan/Wolverine), James McAvoy (Charles Xavier), Michael Fassbender (Eric Lehnsherr), Jennifer Lawrence (Raven/Mystica), Halle Berry (Tempesta), Nicholas Hoult (Hank McCoy/Bestia), Anna Paquin (Rogue), Ellen Page (Kitty Pryde), Peter Dinklage (Dr. Bolivar Trask), Shawn Ashmore (Bobby/Uomo Ghiaccio), Ian McKellen (Magneto), Patrick Stewart (Professor X), Famke Janssen (Jean Grey) e James Marsden (Scott Summers/Ciclope) li trovate invece ai rispettivi link.

Omar Sy interpreta Bishop. Francese, ha partecipato a film come Quasi amici - Intouchables e Mood Indigo - La schiuma dei giorni. Anche sceneggiatore e produttore, ha 36 anni e tre film in uscita, tra cui l'annunciato Jurassic World.


Evan Peters (vero nome Evan Thomas Peters) interpreta Peter/Quicksilver. Giovane ma carismatico protagonista di tre serie di American Horror Story (confermato anche per la quarta, alé!), ha partecipato a film come Kick-Ass e ad altre serie come Monk, Dr. House, Ghost Whisperer e Criminal Minds. Ha 27 anni e due film in uscita.


Daniel Cudmore torna ad interpretare Colosso otto anni dopo X-Men - Conflitto finale; l'attore, assieme a Booboo Stewart (Warpath), ha partecipato nel frattempo anche alla saga Twilight. Josh Helman invece, che nel film interpreta il giovane William Stryker, era stato scritturato per il ruolo del giovane Cain Marko/Fenomeno, tagliato poi dalla sceneggiatura così come un altro paio di interessanti idee: quando ancora si pensava di affidare la regia a Matthew Vaughn, l'intenzione era infatti quella di dirigere un seguito diretto di  X-Men - L'inizio, ambientato negli anni '70, e di cominciarlo con l'assassinio di Kennedy per mano di Magneto (incastrato in questo caso da Mystica ed Emma Frost, intenzionate a prendere il potere e governare gli States). Come si può tranquillamente notare, inoltre, anche la presenza di Anna Paquin è stata drasticamente ridotta: avrebbe dovuto infatti esserci una sequenza in cui Rogue, intrappolata in una Scuola Xavier trasformata in prigione dalle sentinelle, veniva liberata da Xavier, Magneto e l'Uomo Ghiaccio, scena eliminata per questioni di metraggio. Chissà se la povera Paquin tornerà in uno degli X-Film previsti a partire dal 2016, ovvero X-Men: Apocalypse (che, a quanto pare, ha già una data, 26 maggio 2016!), X-Force e una terza pellicola interamente dedicata a Wolverine. Chi vivrà vedrà ma, nel frattempo, se X-Men - Giorni di un futuro passato vi fosse piaciuto oppure se volete guardarlo e capirci qualcosa recuperate X-Men, X-Men 2, X-Men - Conflitto finale, X-Men - L'inizio, X-Men Origins: Wolverine e Wolverine - L'immortale. ENJOY!


L'angolo del Nerd (o del gnégnégné, fate voi!!)

Giorni di un futuro passato: il titolo e la trama della pellicola si ispirano a due importantissime storie degli X-Men, sceneggiate da Chris Claremont e disegnate da John Byrne. In esse è un anziana Kate Pryde a trasferire la propria coscienza nel passato e ad avvisare gli X-Men del terribile futuro che li attenderebbe se Mystica (aiutata dalla Confraternita dei Mutanti) riuscisse ad assassinare il Senatore Kelly (già protagonista del primo X-Men e di conseguenza sostituito da Bolivar Trask). Tra i mutanti del futuro spiccano Wolverine, Colosso, Tempesta, un paraplegico Magneto, il figlio della Donna Invisibile e di Mr. Fantastic, Franklin Richards, e la figlia di Jean Grey e Ciclope, Rachel Grey Summers che, di fatto, è l'unica ad avere il potere di rimandare Kate nel passato. Una delle poche belinate del film, infatti, è il fatto che sia Kitty Pride (dotata del potere dell'intangibilità) a spedire le coscienze dei suoi compagni nel passato, con un metodo che ovviamente non viene specificato né spiegato. Male!

Quicksilver/Pietro Maximoff: nei fumetti è il figlio naturale di Magneto, ha una gemella, Scarlet/Wanda Maximoff e una sorellastra, Polaris/Lorna Dane. Al momento milita nei Vendicatori ma, in passato, ha fatto parte di varie X-Squadre e ciò ha creato scompensi nella scombinata, assurda gestione dei diritti cinematografici delle serie Marvel: lo stesso personaggio, infatti, compare sia in X-Men - Giorni di un futuro passato che, assieme alla sorella Scarlet, nell'imminente Avengers: Age of Ultron, dove verrà interpretato da Aaron Taylor-Johnson. L'accordo tra Fox e Marvel per l'utilizzo di Quicksilver in entrambe le saghe prevede, tra le altre cose, che in nessuna delle due pellicole il personaggio venga chiamato "mutante" e che non venga fatta menzione della sua parentela con Magneto. Mah.

Bolivar Trask: anche nel fumetto ha creato le Sentinelle ma i robottoni gli si sono rivoltati contro, rendendolo prima schiavo e poi costringendolo a sacrificarsi per salvare l'umanità. Decisamente più pericoloso il figlio mutante Larry, pervaso dallo stesso odio mutantofobo del padre e dotato di un potere precognitivo.

Blink, Bishop, Warpath e Sunspot: li ho raggruppati tutti assieme perché, in effetti, per il ruolo di semplici combattenti che hanno nel film, non necessitavano di grandi chiose o spiegoni, sono più o meno come vengono dipinti nella pellicola. Bishop (in Italia conosciuto come Alfiere) in particolare è stato uno dei mutanti del futuro a viaggiare e stabilirsi definitivamente nel passato per scovare il presunto "traditore" che avrebbe portato alla fine degli X-Men. Interessantissimo personaggio chiave negli anni '90, è tornato prepotentemente alla ribalta qualche anno fa durante la saga Messiah Complex, che lo ha visto impazzire e cercare di uccidere Hope, la prima mutante nata dopo l'evento che aveva praticamente condannato la specie all'estinzione. Perso nuovamente nel tempo, recentemente è tornato nel presente, un po' più savio e posato di prima.

domenica 22 dicembre 2013

Lo Hobbit - La desolazione di Smaug (2013)

Con l'animo fiaccato dalle recensioni negative, giovedì sono andata a vedere Lo Hobbit - La desolazione di Smaug (The Hobbit: The Desolation of Smaug), diretto dal regista Peter Jackson. Tante volte è bene non dar retta a quel che si legge in giro...


Trama: la compagnia dei Nani, Gandalf e l'hobbit Bilbo continuano il loro viaggio verso Erebor, ora dimora del terribile drago Smaug. Nel cammino, dovranno guardarsi da mostri, ragni giganti, elfi e da un'oscura minaccia che sta prendendo forma...


Leggendo qua e là le recensioni di La desolazione di Smaug vien da farsi solo una domanda: ma cosa diamine vi aspettavate? Se Un viaggio inaspettato già non vi era piaciuto non proseguite con la lettura del post perché il nuovo film della trilogia de Lo Hobbit è essenzialmente identico al precedente, solo più virato in chiave horror, maggiormente legato alla trilogia de Il signore degli anelli e, manco a dirlo, maggiormente distaccato dal libro da cui è stato tratto. Come già accadeva con Un viaggio inaspettato, La desolazione di Smaug non arriva ai livelli epici della precedente trilogia Tolkeniana ed è essenzialmente un lento racconto di formazione focalizzato sulla crescita dell'hobbit Bilbo contrapposta alla progressiva corruzione del nano Thorin che, da valoroso condottiero, sta diventando un monarca disposto a sacrificare chiunque rischi di rallentare la sua impresa; qui e là, ovviamente, la storia è inframmezzata da battaglie, intrighi, inseguimenti, incantesimi, complotti e persino improbabili ma assai apprezzate storie d'amore, il tutto immerso nel solito, splendido paesaggio neozelandese ed arricchito dagli effetti speciali della WETA, come sempre una spanna sopra quelli realizzati per molti altri film simili. Quindi, cos'altro c'è da dire rispetto a Un viaggio inaspettato?


Le note positive sono che, archiviata l'introduzione del primo capitolo, la storia qui fa un passo avanti, la sceneggiatura si concentra su pochi personaggi relegando quelli più deboli a mere comparse e il tutto risulta molto più dinamico e "adulto": in tal senso, ho trovato molto belle, per quanto da pelle d'oca, le sequenze dove i nostri sono costretti a combattere i ragni, la battaglia sul fiume tra elfi ed orchi (magnificamente coreografata) e l'incontro tra Gandalf e il Necromante. Simpatico il ritorno, a mo' di omaggio, di un inquartato Orlando Bloom nei panni di Legolas, abbastanza tosta (per quanto stereotipata) la rossa elfa Tauriel, l'unico personaggio non tolkeniano introdotto giusto per dare la svolta romantica e aggiungere un altro nano fico oltre a Thorin e, ovviamente, oltre ogni dire la bellezza dello Smaug del titolo, un drago talmente ben fatto che ad ogni sua apparizione rimanevo a bocca aperta come una scema (e non oso immaginare cosa sia visto in originale con la voce di Benedict Cumberbatch!!), soprattutto nel momento in cui si scrolla di dosso una cascata di oro liquido, lasciando gli spettatori con un bel cliffhanger lungo un anno intero.


D'altra parte, la pellicola non è esente nemmeno da difetti. Si sente molto la mancanza di una colonna sonora adeguata, per esempio: col film precedente mi ero riuscita a commuovere immergendomi nell'effetto nostalgia del Tema della Contea o della melodia che si associa sempre a Gollum, stavolta ne ho sentito solo un assaggio e il resto delle musiche non sono riuscite ad imprimersi nel mio cuoricino di spettatrice. Un altro grande difetto è la durata eccessiva, raggiunta inserendo sequenze inutili o troppo legate alla vecchia trilogia, con dettagli che rischiano di mettere a dura prova la pazienza di chi o non la conosce affatto o non rientra nel novero degli appassionati all'utimo stadio. Ritengo sarebbe stato meglio curare gli aspetti più legati a Lo Hobbit cartaceo, magari approfondendo i personaggi già esistenti come il povero Beorn, messo quasi da parte come un novello Tom Bombadil, oppure evitando di dare all'elfo Thranduil quell'inquietante aspetto da Sirenetta incrociata con Elio che mi ha strappato la risata isterica in più di un'inquadratura. Insomma, Jackson poteva sicurmaente ridurre l'aspetto essenzialmente commerciale della pellicola e rispettare maggiormente la furbizia e l'affetto degli spettatori, ma La desolazione di Smaug resta comunque un film ben fatto e godibile, che invoglia a vedere come andrà a finire l'anno prossimo.


Del regista Peter Jackson ho già parlato qui. Ian McKellen (Gandalf), Martin Freeman (Bilbo), Richard Armitage (Thorin), Ken Stott (Balin), Graham McTavish (Dwalin), James Nesbitt (Bofur), Orlando Bloom (Legolas), Evangeline Lilly (Tauriel), Cate Blanchett (Galadriel), Luke Evans (Bard e Girion) e Stephen Fry (Governatore di Lungolago) li trovate invece ai rispettivi link.

Aidan Turner interpreta Kili. Irlandese, ha partecipato a film come Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato, Shadowhunters - Città di ossa e a serie come I Tudors e Being Human. Ha 30 anni e anche lui, come gli altri interpreti, tornerà nel 2014 con Lo Hobbit - Racconto di un ritorno.


Benedict Cumberbatch (vero nome Benedict Timothy Carlton Cumberbatch) presta la voce sia al Necromante che a Smaug.  Inglese, ha partecipato a film come La talpa, Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato, Into Darkness - Star Trek, 12 anni schiavo, Il quinto potere e alla serie Sherlock, inoltre ha doppiato un episodio de I Simpson. Anche produttore, ha 37 anni e sette film in uscita, tra cui Lo Hobbit - Racconto di un ritorno e The Penguins of Madagascar.


Peter Jackson compare in un piccolo cammeo all'inizio del film, come hobbit mangiacarote. Detto questo, se La desolazione di Smaug vi fosse piaciuto, recuperate ovviamente Un viaggio inaspettato e l'intera Trilogia de Il signore degli anelli. ENJOY!

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