mercoledì 17 febbraio 2021

Ma Rainey's Black Bottom (2020)

Sempre perché era disponibile e sempre a fronte di un paio di nomination ai Golden, ho recuperato su Netflix Ma Rainey's Black Bottom, diretto nel 2020 dal regista George C. Wolfe. 


Trama: Ma Rainey, la "madre del Blues", si ritrova in una calda giornata d'estate a registrare un disco a Chicago. Le tensioni tra lei, i proprietari dello studio di registrazione e un giovane trombettista si andranno ad acuire sempre più...


Invecchiando, ormai arrivata a diversificare un po' i film che guardo, sono giunta alla conclusione di avere sicuramente un paio di "nemesi cinematografiche". Tra gli attori ci sono in primis Joel Edgerton e Mark Duplass, che mi provocano orchite quasi subitanea, mentre tra i vari registi e sceneggiatori, questi ultimi assai più infidi, figurano Derek Cianfrance, Dan Gilroy e, a quanto pare, anche la bonanima di August Wilson, autore teatrale di cui Denzel Washington (produttore di Ma Rainey's Black Bottom) ha deciso di portare su grande schermo tutto il cosiddetto Ciclo di Pittsburgh, una serie di dieci opere teatrali ambientate ognuna in un diverso decennio del novecento, atte a descrivere la vita delle persone di colore nel giro di un secolo. Denzel ha cominciato con Barriere, che, nonostante l'odio provato per il personaggio da lui interpretato, non avevo disprezzato più di tanto anche in virtù del suo essere prepotentemente teatrale, e ha continuato con Ma Rainey's Black Bottom, che invece ho proprio mal sopportato, sia per i personaggi che per l'incredibile tedio provato guardandolo. Il teatro a tema "vita del popolo Afroamericano" evidentemente non è il mio genere, soprattutto quando viene riportato su grande schermo senza un minimo di guizzo formale, come una serie di scenette mal raccordate unite dal labile fil rouge di un giorno sprecato a incidere un disco, tra gli scazzi della madre del blues Ma Rainey e quelli di Levee, giovane trombettista pieno di ambizioni e boria, pronto a scattare alla minima provocazione. 


Prima che scattino tutti coloro che hanno adorato il film: sì, Viola Davis e Chadwick Boseman sono immensi, addirittura larger than life, e la visione del film vale solo per testimoniare la loro immensa bravura e, nel caso di Boseman, piangere tutte le occasioni perdute a causa della morte prematura del giovane attore. La Davis si annulla in un personaggio orribile, sgradevole all'orecchio e alla vista, dotato per sua fortuna di un dono per il canto e il ritmo ma troppo impegnato ad affermarsi come donna e come afroamericana per concedere anche solo il beneficio del dubbio a chi si immolerebbe per lei, mentre i due monologhi di Boseman, soprattutto quello in cui Levee racconta la sua infanzia, riescono ad ipnotizzare lo spettatore e farlo piombare, per alcuni minuti, non solo nel caldo scantinato di uno studio che accetta solo i neri famosi e dove l'unica porta dà verso un muro di mattoni, ma anche nelle squallide campagne razziste dove la violenza dei bianchi sui neri è all'ordine del giorno. Il resto, spiace dirlo, ma oscilla tra noia e perplessità, ché onestamente c'è un limite anche agli aneddoti raccontati tra personaggi e all'antipatia di questi ultimi; lunga vita allo scazzo di Ma, e se invecchierò spero davvero di diventare così stronza, scostante e superiore verso chicchessia, ma se mai dovessi trovarmi davanti una come lei o uno come Levee, confido mi vengano anche dei pugni di ferro per prenderli a schiaffi come meritano. Loro e Denzel Washington con la sua balzana idea di diffondere il "decalogo" di Wilson, da cui cercherò di tenermi più lontana possibile d'ora in avanti. 


Di Viola Davis (Ma Rainey), Chadwick Boseman (Levee), Colman Domingo (Cutler) e Glynn Turman (Toledo) ho già parlato ai rispettivi link.

George C. Wolfe è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Qualcosa di buono. Anche attore, sceneggiatore e produttore, ha 65 anni.


Se Ma Rainey's Black Bottom vi fosse piaciuto recuperate Barriere (lo trovate gratis su Prime Video). ENJOY!

4 commenti:

  1. In effetti un po' pesantuccio lo è... a me tutto sommato non è dispiaciuto, ma è vero che sebbene duri solo 94 minuti sembra molto, molto più luuungo :)
    Colpa della sceneggiatura, secondo me. Quella stessa sceneggiatura che, ad esempio, mi aveva fatto adorare "One night in Miami" (che dura mezz'ora in più di questo ma scorre via che è un piacere). Sono entrambe due pellicole tratte da opere teatrali, ma mentre quella della King è stata adattata perfettamente al grande schermo, qui invece si risente moltissimo dell'impatto teatrale. Non basta riprendere con la cinepresa - pari pari - una pièce per fare un buon film, sarebbe troppo facile...

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    1. One Night in Miami devo ancora vederlo.
      A me i film di impianto teatrale solitamente piacciono molto ma questo l'ho trovato davvero statico, fatto di "nulla", con ben pochi momenti cinematografici d'impatto.

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  2. Condividiamo le nemesi attoriali (a cui aggiungo Tom Cruise, che mai riuscirò a sopportare), ma il teatro al cinema continua a vedermi dalla sua parte.
    I film dalla sceneggiatura densa e con pochi cambi di scena mi colpiscono sempre, anche se August Wilson sa essere anche troppo denso a volte.
    Ho preferito questo Ma Rainey's -più secco- a Barriere, sarà che i due protagonisti si fanno voler più bene di Denzel e si mangiano il film.

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    1. A me Tommaso non sta così antipatico, per fortuna.
      Io invece ho preferito Barriere perché, se non ricordo male, perlomeno qualcuno a un bel momento rimetteva Denzel coi piedi per terra, qui invece è la saga dell'ego e non c'è un cambio di scena manco a morire...

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