Visualizzazione post con etichetta ike barinholtz. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ike barinholtz. Mostra tutti i post

mercoledì 27 luglio 2022

Il talento di Mr. C (2022)

Meritava di uscire al cinema accolto con tutti gli onori del caso, invece noi italiani dobbiamo accontentarci di guardare Il talento di Mr. C (The Unbearable Weight of Massive Talent), diretto e co-sceneggiato dal regista Tom Gormican, sulle varie piattaforme di streaming e con un titolo che non gli rende giustizia. 


Trama: Nick Cage è ormai a un punto morto della sua carriera e sta meditando di smettere di recitare. Per raggranellare qualche soldo accetta di partecipare alla festa di compleanno di un riccone spagnolo e lì si ritroverà coinvolto in una storia di amicizia, spionaggio e criminali...


L'ho già detto e lo ripeto: come si fa a non amare Nicolas Cage? All'età di quasi 60 anni, con all'attivo 100 film, cifra raggiunta proprio con Il talento di Mr. C, lo si può amare o lo si può odiare ma, di sicuro, non gli si può rimanere indifferenti, soprattutto ora che internet gli ha regalato una nuova giovinezza a base di meme e gadget discutibili, rendendo oro (per quanto trash) ogni cosa toccata dal nostro. Ma spezziamo una lancia a favore di Nicolas, prima di passare al film, e smettiamola di parlare di attore incapace, perché non si nomina un massive talent dall'unbearable weight così, tanto per caso. In realtà, le pesantissime scelte infelici di Cage e la sua conseguente monoespressività parrucchinata o l'altrettanto parrucchinata verve trash hanno avuto un picco col nuovo millennio, prima il buon Nic ci aveva regalato parecchie interpretazioni da brivido oppure dignitose performance action in film anche buoni, e per fortuna da qualche anno è riuscito ad sfruttare la fama di attore demmerda per agguantare ruoli iconici in pellicole principalmente horror o di genere, la maggior parte delle quali anche belline, tornando a regalare allo spettatore momenti di pura gioia e facendosi volere di nuovo bene. Il talento di Mr. C è l'ultimo film destinato a rinfocolare il ruolo di icona moderna del versatile attore, talmente modesto, per inciso, che non avrebbe voluto nemmeno partecipare; badate bene, non siamo ovviamente nel territorio di quel capolavoro che era Essere John Malkovich, tuttavia il film di Tom Gormican è divertente e molto ironico, soprattutto perché si basa sull'"idea" che la gente ha di Nicolas Cage, un'immagine che quest'ultimo abbraccia senza vergogna e prendendosi talmente in giro da arrivare... a limonare se stesso. E questo non era stato mostrato nemmeno in Killing Hasselhoff ma, diciamoci la verità, The Hoff a Nic può giusto spicciare casa e lo stesso vale per la sceneggiatura del film di Darren Grant.


Il talento di Mr. C è infatti gradevole sotto molti aspetti, non solo in virtù dell'essere un progetto matto dedicato a Cage. Anzi, a mio avviso uno degli elementi migliori del film, oltre alla sua natura smaccatamente metanarrativa, tanto che la trama viene "decisa" o, meglio, anticipata dai protagonisti impegnati a realizzare un film (o a convincere l'interlocutore di starne realizzando uno), è la presenza del tenerissimo, imbranato Javi di Pedro Pascal. Quest'ultimo non è solo un espediente narrativo per dare un'ossatura alla trama e scatenare determinati eventi, ma diventa il ritratto del fan "sano", di colui che adora il suo mito e vorrebbe "vivere di avventure" con lui riuscendo anche ad essere umano ed empatico, benché magari un po' invadente, ben lontano dai matti che popolano internet in questi tempi malati. La strana coppia Nick Cage/Javi è divertentissima e frizzante, due caratteri che si compensano e danno vita a una bromance da antologia, equilibrando così quello che rischiava di essere un delirante one man show di Cage il quale, a onor del vero, riesce già da solo a trattenersi, almeno quando è nel personaggio (quando interpreta il suo giovane doppio è il Cage che tutti ci aspettiamo: un pazzo urlante in overacting). Ulteriore valore aggiunto di un film assai piacevole da guardare e, probabilmente, adatto anche a chi non ha particolare interesse per Cage (chi, di grazia, CHI mai oserebbe???) è l'abbondanza di citazioni legate ai "capolavori" del nostro, che arriva giustamente a prendersi per i fondelli profondendosi in un meraviglioso "Not the Bees!!" sul finale... ma, dovessi dire, la parte è ho preferito è il giusto vilipendio ai Duplass Brothers, che conferisce a Il talento di Mr. C tutto l'aMMore di cui dispongo. Guardatelo e vogliategli bene com'è giusto che sia, nell'attesa che esca Renfield!


Di Nicolas Cage (Nick Cage/Nicky), Pedro Pascal (Javi Gutierrez), Neil Patrick Harris (Richard Fink), David Gordon Green (regista) e Ike Barinholtz (Martin) ho già parlato ai rispettivi link.
 
Tom Gormican è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto anche il film Quel momento imbarazzante. Anche produttore e attore, ha 52 anni.


Tiffany Haddish interpreta Vivian. Americana, ha partecipato a film come 3ciento - Chi l'ha duro... la vince!, Il collezionista di carte e a serie quali Raven e My Name is Earl. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 43 anni e quattro film in uscita. 


Tra le guest star segnalo la presenza di Demi Moore nei panni della versione cinematografica di Olivia, al posto di Angelina Jolie, mentre Pedro Pascal ha sostituito Dan Stevens e David Gordon Green nientemeno che Tarantino (partecipazione che avrebbe reso il film IL capolavoro del 2022. Ahimé). Se Il talento di Mr. C vi fosse piaciuto recuperate Killing Hasselhoff, Il ladro di orchidee, My Name is Bruce e, ovviamente, Essere John Malkovich! ENJOY! 

venerdì 3 aprile 2020

The Hunt (2020)

Un altro dei film che la Universal ha reso disponibile in streaming è The Hunt, diretto dal regista Craig Zobel, ennesima pellicola che spero vivamente raggiungerà i nostri cinema quando tutto il marasma da Coronavirus sarà finito. HIC SUNT SPOILER.


Trama: delle persone si risvegliano, imbavagliate, in un bosco sconosciuto e scoprono di essere le vittime inconsapevoli di una caccia all'uomo.



E che due palle, direte voi. Il cinema horror è pieno di film che iniziano con questi presupposti. Ancora ultimamente c'è stato il bel The Furies, di Tony D'Aquino, che cominciava più o meno nello stesso modo: persone che si svegliano in un posto sconosciuto e devono cominciare a correre, perché nell'oscurità si nasconde gente che vuol far loro la pelle, per i motivi più disparati. E allora cos'è che rende The Hunt uno dei film più divertenti visti negli ultimi tempi, nonché uno dei più imprevedibili? Eh, non è facile parlarne senza incorrere in spoiler, quindi se non avete ancora visto il film vi direi di fermarvi qui e guardarlo il prima possibile, non ve ne pentirete e passerete una serata tra salti sulla sedia, risate a profusione e moti di stupore, altrimenti proseguite pure.


Premesso che le lotte sociali sono sempre molto interessanti, soprattutto in tempi come questi, i contrasti presenti in The Hunt sono trattati con piglio molto ironico e non fanno sconti a nessuno. Il film ribalta la prospettiva comune, quindi le vittime vengono pescate all'interno di quella parte di America assolutamente deprecabile, fatta di gente ignorante, leoni da tastiera, repubblicani, razzisti, sessisti, broflakes e complottisti che ammorba non solo l'internet ma la società intera, e il brutto è che siamo anche costretti a pensare "poverini" quando cominciano a venire fatti fuori brutalmente. Dall'altra parte, quindi, abbiamo il contraltare progressista e democratico, gente colta e attenta a rendere il mondo un posto migliore... o meglio, lo avremmo, non fosse che questi personaggi sono di un'ipocrisia spaventosa e, pur coltivando idee positive e condivisibili, lo fanno col piglio di chi lo fa soltanto perché "bisogna", vuoi per giustificare il possesso di una barcata di soldi, vuoi per sentirsi superiori ai poveracci che infestano le città o più intellettuali di loro, altrimenti non avrebbero di certo imbracciato i fucili per ripulire il mondo dalla cosiddetta "white trash". E questa è solo la punta dell'iceberg, perché c'è ancora qualcosa che si nasconde dietro la Caccia del titolo originale, qualcosa che arriveremo a scoprire nel corso di un flashback piazzato ad hoc poco prima del finale, che rende l'intera faccenda ancora più surreale e sorprendente, radicata in uno dei veri mali che infesta la nostra società moderna: le fake news e la loro diffusione incontrollabile.


Ed è l'intera struttura del film ad essere sorprendente, non soltanto a livello di sceneggiatura ma di regia e montaggio. Ogni elemento di The Hunt funziona dal momento in cui entra in risonanza con quelli che lo spettatore riconosce essere i fondamentali cliché del genere, cosa che lo spinge a reagire di conseguenza. La prima morte on screen, sanguinosa ed esplosiva, ci spiazza perché è preceduta da intere sequenze il cui fulcro è un personaggio che riconosciamo subito come emblema della Final Girl; non guasta il fatto che sia interpretato da una delle attrici più famose del mucchio, ma sono soprattutto le inquadrature, i dialoghi che le vengono messi in bocca, il montaggio serrato a trarci in inganno e a convincerci che l'intero film poggerà sulle sue spalle, soprattutto quando entra a gamba tesa l'espressione massima del cavaliere in armatura (bello, prestante, gentile e apparentemente anche forte fisicamente ed esperto di armi), un possibile love interest che magari morirà prima della fine del film ma nel frattempo avrà aiutato la nostra eroina a sopravvivere fino all'ultimo, e gli saremo sempre grati per questo. Nulla di più sbagliato, e il gioco si ripete un altro paio di volte, finché il vero (o la vera) protagonista di The Hunt non risulterà chiaro. E anche lì, nonostante l'amore devastante nato per chi lo/la interpreta (ma in generale tutto il cast di The Hunt è perfetto), non abbiamo davanti un personaggio con cui empatizzare facilmente, ma qualcuno con dei palesi problemi psichici e relazionali, e per questo ancora più meraviglioso. La vittoria finale del personaggio in questione cambierà il mondo? No, penso proprio di no. Sono finiti i tempi di Orwell e anche se viviamo nella peggiore delle Animal Farm, l'idealismo ormai è morto, ad imperare sono solo l'egoismo e la speranza di poter arrivare almeno a sopravvivere fino alla fine della giornata. Se poi ci scappano anche un buon pasto, una bottiglia di vino e qualche lusso, tanto meglio. Intanto, il 2020 verrà inevitabilmente ricordato per Coronavirus ma è anche l'anno in cui la Blumhouse sta dando veramente il bianco con tutti i gioiellini che continua a fare uscire.


Di Hilary Swank (Athena), Ike Barinholtz (Staten Island), Ethan Suplee (Gary) ed Emma Roberts (Yoga Pants) ho già parlato ai rispettivi link.

Craig Zobel è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Compliance, Sopravvissuti e serie quali American Gods. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 45 anni.


Betty Gilpin interpreta Crystal. Americana, ha partecipato a film come The Grudge e a serie quali Medium e American Gods; come doppiatrice ha lavorato in Robot Chicken. Ha 34 anni e due film in uscita.


Wayne Duvall interpreta Don. Americano, ha partecipato a film come Un giorno di ordinaria follia, Apollo 13, The Fan - Il mito, Fratello, dove sei?, Lincoln, Prisoners, American Animals, Richard Jewell, A Quiet Place II e a serie quali MacGyver, X-Files, E.R. Medici in prima linea, Sabrina, vita da strega, Nash Bridges, CSI - Scena del crimine e CSI:NY. Ha 62 anni e due film in uscita.


Usman Ally, che interpreta Crisis Mike, era l'uomo con le mani a uncino di Una serie di sfortunati eventi. ENJOY!


domenica 15 settembre 2019

E poi c'è Katherine (2019)

Giovedì sono usciti in tutta Italia un paio di film interessanti che, ovviamente, a Savona non hanno trovato distribuzione. Uno di questi è E poi c'è Katherine (Late Night), diretto dalla regista Nisha Ganatra.


Trama: un'operaia di origini indiane si ritrova a lavorare per Katherine Newbury, conduttrice di uno show comico che ormai ha ben poco successo.


Solitamente non indulgo in questo genere di commedie ma il trailer di E poi c'è Katherine era intrigante e a un certo punto è spuntato John Lithgow, motivo sufficiente per dare una chance al film che Mindy Kaling (comica americana già creatrice della sit-com The Mindy Project) si è ritagliata su misura per sé avendo in mente Emma Thompson come co-protagonista. Non mi sono pentita della scelta, devo dire. E poi c'è Katherine (solito, stupidissimo titolo italiano: "e poi" cosa, che Molly nella vita ha solo il lavoro?) è la tipica, innocua commedia made in USA sui self made men/women attualizzata grazie a continui riferimenti al movimento #metoo e allo slut-shaming tanto in voga in questo periodo, palesemente ispirata a Il diavolo veste Prada. Anche in questo caso abbiamo la stagista totalmente inesperta della realtà lavorativa in cui verrà a trovarsi, nella fattispecie il mondo dello showbusiness televisivo, che si riscoprirà ovviamente bravissima nel suo lavoro, tanto da riuscire a conquistare a poco a poco non solo i colleghi diffidenti ma anche la terribile "boss" che ha in odio tutto e tutti; il film segue il pattern tipico di questo genere di pellicola, col protagonista che affronta piccole difficoltà iniziali fino ad affermarsi, trovarsi davanti un ostacolo praticamente insormontabile, superarlo e infine ottenere definitivamente il successo, pattern in questo caso raddoppiato perché una forma di catarsi devono ottenerla sia Katherine che Molly, e in generale è permeato da un'atmosfera assai ottimista che viene ripresa anche dalle canzoni che compongono la colonna sonora. In contrapposizione a Katherine Newbury, comica affermata ma ormai "fossilizzata", formale e incapace di interpretare i gusti del pubblico, Molly è schietta e genuina, affronta la vita di petto e dice sempre quello che pensa, un esempio virtualmente molto positivo, peccato che nella realtà verrebbe davvero licenziata dopo cinque minuti. Ecco perché, molto democraticamente e in maniera piuttosto paracula, ai personaggi secondari vengono messi in bocca discorsi ragionevoli, frasi come "hai un carattere meraviglioso e hai ragione tu ma cerca di non essere sempre così schietta perché rischi di finire male", un sottile avviso per lo spettatore o spettatrice che dovesse sentirsi ispirato a imitare le gesta di Molly, perché la vita non è un film. Della serie: don't try this at work.


Nonostante un minimo di prevedibilità e questa mentalità cerchiobottista, E poi c'è Katherine è lo stesso un film divertente, spensierato e persino commovente. La Thompson non è disumana come Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada, il suo personaggio è tratteggiato con un minimo di sensibilità e vengono sottolineati tutti i lati deprecabili ma comprensibili della sua Katherine, tanto che sono anche riuscita a commuovermi non solo durante il confronto finale col marito malato (interpretato dal sempre amabile John Lithgow) ma anche davanti alla presa di coscienza della vecchiaia, dell'inadeguatezza, di un disprezzo per il prossimo che travalica il gender e non è maggiormente giustificabile (o INgiustificabile) solo perché si è donne e quindi normalmente vessate. Se Emma Thompson è una formidabile mattatrice che meriterebbe davvero un futuro nella stand up comedy (nonostante, sinceramente, la comicità USA non mi strappi mani nemmeno una minima risata) a supportarla non c'è solo la simpatica Mindy Kaling, incredibilmente verosimile nel suo ruolo di stagista sognatrice ed ottimista, e un signor attore come il già citato Lithgow, ma un intero cast di caratteristi di tutto rispetto, tra i quali spiccano il sempre adorabile Denis O'Hare e tutti i membri dell'esilarante, insopportabile staff maschile di Katherine. Parliamoci chiaro, come farebbe Molly: E poi c'è Katherine non è il film dell'anno e secondo me non merita nemmeno lo sbattimento di andare in una sala per vederlo proiettato su grande schermo, tanto più che i furiosi scambi di battute tra personaggi e i monologhi della Thompson rendono di sicuro più in inglese che in italiano, ma è stato acquistato dagli Amazon Studios quindi immagino entrerà presto nel catalogo Prime Video e siccome è divertente e piacevole vi consiglierei di non perderlo appena sarà disponibile!


Di Emma Thompson (Katherine Newbury), Mindy Kaling (anche sceneggiatrice della pellicola, interpreta Molly Patel), John Lithgow (Walter Lovell), Denis O'Hare (Brad) e Halston Sage (Zoe Martlin) ho già parlato ai rispettivi link.

Nisha Ganatra è la regista della pellicola. Canadese, ha diretto film che non conosco come Chutney Popcorn, Cake - Ti amo, ti mollo... ti sposo e The Hunters - Cacciatori di leggende. Anche produttrice, attrice e sceneggiatrice, ha 45 anni e un film in uscita.


Max Casella interpreta Burditt. Americano, ha partecipato a film come Ed Wood, A proposito di Davis, Blue Jasmine, Jackie e a serie quali I Soprano e Medium; come doppiatore ha lavorato in Leone cane fifone. Anche produttore, ha 52 anni e tre film in uscita.


Paul Walter Hauser interpreta Mancuso. Americano, ha partecipato a film come Tonya e BlackKklansman. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 33 anni e cinque film in uscita tra cui Cruella.


Ike Barinholtz interpreta interpreta Daniel Tennant. Americano, ha partecipato a film come Mordimi, Suicide Squad, The Disaster Artist, Bright e a serie quali Weeds e The Twilight Zone; come doppiatore ha lavorato ne I Griffin e American Dad!. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 42 anni e un film in uscita.


A dirigere il film avrebbe dovuto esserci Paul Feig ma impegni pregressi lo hanno costretto a rinunciare. Se il film vi fosse piaciuto recuperate ovviamente Il diavolo veste Prada. ENJOY!

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...