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domenica 15 settembre 2019

E poi c'è Katherine (2019)

Giovedì sono usciti in tutta Italia un paio di film interessanti che, ovviamente, a Savona non hanno trovato distribuzione. Uno di questi è E poi c'è Katherine (Late Night), diretto dalla regista Nisha Ganatra.


Trama: un'operaia di origini indiane si ritrova a lavorare per Katherine Newbury, conduttrice di uno show comico che ormai ha ben poco successo.


Solitamente non indulgo in questo genere di commedie ma il trailer di E poi c'è Katherine era intrigante e a un certo punto è spuntato John Lithgow, motivo sufficiente per dare una chance al film che Mindy Kaling (comica americana già creatrice della sit-com The Mindy Project) si è ritagliata su misura per sé avendo in mente Emma Thompson come co-protagonista. Non mi sono pentita della scelta, devo dire. E poi c'è Katherine (solito, stupidissimo titolo italiano: "e poi" cosa, che Molly nella vita ha solo il lavoro?) è la tipica, innocua commedia made in USA sui self made men/women attualizzata grazie a continui riferimenti al movimento #metoo e allo slut-shaming tanto in voga in questo periodo, palesemente ispirata a Il diavolo veste Prada. Anche in questo caso abbiamo la stagista totalmente inesperta della realtà lavorativa in cui verrà a trovarsi, nella fattispecie il mondo dello showbusiness televisivo, che si riscoprirà ovviamente bravissima nel suo lavoro, tanto da riuscire a conquistare a poco a poco non solo i colleghi diffidenti ma anche la terribile "boss" che ha in odio tutto e tutti; il film segue il pattern tipico di questo genere di pellicola, col protagonista che affronta piccole difficoltà iniziali fino ad affermarsi, trovarsi davanti un ostacolo praticamente insormontabile, superarlo e infine ottenere definitivamente il successo, pattern in questo caso raddoppiato perché una forma di catarsi devono ottenerla sia Katherine che Molly, e in generale è permeato da un'atmosfera assai ottimista che viene ripresa anche dalle canzoni che compongono la colonna sonora. In contrapposizione a Katherine Newbury, comica affermata ma ormai "fossilizzata", formale e incapace di interpretare i gusti del pubblico, Molly è schietta e genuina, affronta la vita di petto e dice sempre quello che pensa, un esempio virtualmente molto positivo, peccato che nella realtà verrebbe davvero licenziata dopo cinque minuti. Ecco perché, molto democraticamente e in maniera piuttosto paracula, ai personaggi secondari vengono messi in bocca discorsi ragionevoli, frasi come "hai un carattere meraviglioso e hai ragione tu ma cerca di non essere sempre così schietta perché rischi di finire male", un sottile avviso per lo spettatore o spettatrice che dovesse sentirsi ispirato a imitare le gesta di Molly, perché la vita non è un film. Della serie: don't try this at work.


Nonostante un minimo di prevedibilità e questa mentalità cerchiobottista, E poi c'è Katherine è lo stesso un film divertente, spensierato e persino commovente. La Thompson non è disumana come Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada, il suo personaggio è tratteggiato con un minimo di sensibilità e vengono sottolineati tutti i lati deprecabili ma comprensibili della sua Katherine, tanto che sono anche riuscita a commuovermi non solo durante il confronto finale col marito malato (interpretato dal sempre amabile John Lithgow) ma anche davanti alla presa di coscienza della vecchiaia, dell'inadeguatezza, di un disprezzo per il prossimo che travalica il gender e non è maggiormente giustificabile (o INgiustificabile) solo perché si è donne e quindi normalmente vessate. Se Emma Thompson è una formidabile mattatrice che meriterebbe davvero un futuro nella stand up comedy (nonostante, sinceramente, la comicità USA non mi strappi mani nemmeno una minima risata) a supportarla non c'è solo la simpatica Mindy Kaling, incredibilmente verosimile nel suo ruolo di stagista sognatrice ed ottimista, e un signor attore come il già citato Lithgow, ma un intero cast di caratteristi di tutto rispetto, tra i quali spiccano il sempre adorabile Denis O'Hare e tutti i membri dell'esilarante, insopportabile staff maschile di Katherine. Parliamoci chiaro, come farebbe Molly: E poi c'è Katherine non è il film dell'anno e secondo me non merita nemmeno lo sbattimento di andare in una sala per vederlo proiettato su grande schermo, tanto più che i furiosi scambi di battute tra personaggi e i monologhi della Thompson rendono di sicuro più in inglese che in italiano, ma è stato acquistato dagli Amazon Studios quindi immagino entrerà presto nel catalogo Prime Video e siccome è divertente e piacevole vi consiglierei di non perderlo appena sarà disponibile!


Di Emma Thompson (Katherine Newbury), Mindy Kaling (anche sceneggiatrice della pellicola, interpreta Molly Patel), John Lithgow (Walter Lovell), Denis O'Hare (Brad) e Halston Sage (Zoe Martlin) ho già parlato ai rispettivi link.

Nisha Ganatra è la regista della pellicola. Canadese, ha diretto film che non conosco come Chutney Popcorn, Cake - Ti amo, ti mollo... ti sposo e The Hunters - Cacciatori di leggende. Anche produttrice, attrice e sceneggiatrice, ha 45 anni e un film in uscita.


Max Casella interpreta Burditt. Americano, ha partecipato a film come Ed Wood, A proposito di Davis, Blue Jasmine, Jackie e a serie quali I Soprano e Medium; come doppiatore ha lavorato in Leone cane fifone. Anche produttore, ha 52 anni e tre film in uscita.


Paul Walter Hauser interpreta Mancuso. Americano, ha partecipato a film come Tonya e BlackKklansman. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 33 anni e cinque film in uscita tra cui Cruella.


Ike Barinholtz interpreta interpreta Daniel Tennant. Americano, ha partecipato a film come Mordimi, Suicide Squad, The Disaster Artist, Bright e a serie quali Weeds e The Twilight Zone; come doppiatore ha lavorato ne I Griffin e American Dad!. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 42 anni e un film in uscita.


A dirigere il film avrebbe dovuto esserci Paul Feig ma impegni pregressi lo hanno costretto a rinunciare. Se il film vi fosse piaciuto recuperate ovviamente Il diavolo veste Prada. ENJOY!

martedì 31 luglio 2018

Ocean's 8 (2018)

Per una volta il cinemino albisolese mi è venuto in soccorso e domenica sera sono riuscita a vedere Ocean's 8, diretto e co-sceneggiato da Gary Ross, alla faccia delle ferie del multisala savonese.


Trama: dopo essere uscita di prigione, Debbie Ocean organizza un audace colpo al Metropolitan Museum di New York.


Doverosa premessa: sono passati 17 anni da Ocean's Eleven e io credo di non averlo mai più riguardato dopo quella lontanissima sera al cinema del 2001, ergo se sperate che durante la visione di Ocean's 8 abbia colto non solo i riferimenti al suo predecessore (salvo il nome Danny Ocean, grazie al piffero!) ma anche le somiglianze a livello di trama (c'era un cinese acrobata anche lì mi pare, giusto?) cascate malissimo e, sempre in virtù di ciò, non riuscirei nemmeno a confrontare la qualità dei due film. Di fatto, non sono andata a vedere Ocean's 8 per una sorta di nostalgia o per vedere "come mi avessero rovinato l'infanzia anche se all'epoca avevo già 20 anni" ma solo per il cast zeppo di attrici che adoro, salvo la Bullock, e perché in generale mi piacciono gli heist movies, come ama chiamarli oggi la critica, benché quelli americani finiscano per assomigliarsi un po' tutti. Come da programma, quindi, sono andata al cinema giusto per godermi un furto perpetrato da un gruppo di donne cool e quello ho avuto, niente di più e niente di meno; Ocean's 8 fila dritto e liscio dall'inizio alla fine, con qualche complicazione all'acqua di rose, un paio di garbati "colpi di scena", una lunga e necessaria introduzione per presentare tutte le otto protagoniste e qualche forzatura della trama che probabilmente sfuggirà agli spettatori meno spaccapalle e che, effettivamente, in questo genere di pellicola deve necessariamente finire in secondo piano. Si potrebbe definire Ocean's 8 un film "leggero", un divertissement estivo che lascia il tempo che trova, non entusiasmante quanto ci si potrebbe aspettare da un ensemble di prime donne potenzialmente carismatico e quindi facilmente dimenticabile nel giro di un paio di settimane o anche meno, con parecchie potenzialità sprecate e fiaccato da una mancanza di coraggio imperdonabile. Banalmente, giusto per fare un esempio, manca un villain degno di questo nome (oh, quanto avrei sperato che "qualcuna" facesse il doppio gioco, invece ciccia, bisogna accontentarsi di una sciapa vendetta ai danni di un povero sfighé...), manca un po' di sano pericolo, manca, per citare Alex De Large, una sana dose di ultraviolenza e un po' di dolce su e giù i quali, se non rammento male, mancavano anche nei vari Ocean's precedenti ma perlomeno c'era l'umorismo guascone e fighetto di Clooney e compagnia a farla da padrone.


Ocean's 8 è invece un vorrei ma non posso. Non so come spiegarmi al meglio ma pare davvero pensato e realizzato "solo" per un pubblico femminile, a partire da quelle sequenze palesemente imperniate su lusso e glamour, fatte di gioielli da sogno e abiti da capogiro, come se le spettatrici stessero sfogliando una di quelle riviste alla Vanity Fair invece di vedere un film; non è che le protagoniste non siano carismatiche, intelligenti o toste, però mi è sembrato che queste tre caratteristiche fossero subordinate ad una superficialità concretizzata nell'apparenza, in sogni di evasione fatti di cinema, gossip, lavori a contatto col mondo della moda ecc. e questo non accadeva in Ocean's Eleven, fatto per piacere e divertire a partire dal "gender" dello spettatore. Detto questo, le donne che passano sullo schermo sono effettivamente lontane anni luce da noi povere mortali quindi forse ci sta che alle spettatrici venga lasciata giusto la possibilità di sognare. La boss Sandra Bullock non ha il carisma del "fratello" George Clooney ma comunque il personaggio di Debbie Ocean è un perfetto esempio di criminale veterana che riesce a farsi rispettare dal gruppo pur mantenendo i suoi piccoli segretucci, ed è degnamente spalleggiata da una Cate Blanchett alla quale vengono riservate le mise migliori nonostante la sua Lou non spicchi come dovrebbe, vincendo la palma di co-protagonista sprecata e tenuta stupidamente nell'ombra; divertentissima Anne Hathaway nei panni di un'attrice oca, ignorante e superba, un ruolo sciocchino che tuttavia l'attrice interpreta con incredibile grazia, e sorprendente Rihanna che risulta una gnocca colossale anche conciata come l'ultima delle streppone di Piazza del Popolo (con l'unico difetto di un adattamento italiano imbarazzante, come sempre accade quando si è costretti a riportare uno slang "cciofane"), mentre Helena Bonham Carter passa alla cassa senza impegnarsi più di tanto, portando a casa la solita interpretazione da weirdo un po' attempata. La Paulson, il motivo principale che mi ha spinta al cinema, è invece una signora come sempre, attrice tra le più duttili esistenti, brava sia nei ruoli drammatici che in quelli leggeri come questo. Definirla passepartout non le rende giustizia, visto tutto il bene che le voglio, sta di fatto che ogni volta che la vedo a me pare perfetta e calzante, a prescindere dal ruolo. In soldoni, quindi, non è che Ocean's 8 sia un brutto film ma forse è un po' anonimo e piatto, incapace di sfruttare al meglio tutti gli elementi positivi di cui è dotato, un budget della Madonna e un incredibile cast in primis. E poi, mi chiedo: ma perché Richard Armitage è figo solo quando fa il nano?


Del regista e co-sceneggiatore Gary Ross ho già parlato QUI. Sandra Bullock (Debbie Ocean), Griffin Dunne (Responsabile libertà vigilata), Cate Blanchett (Lou), Elliott Gould (Reuben), Richard Armitage (Claude Becker), Anne Hathaway (Daphne Kluger), Helena Bonham Carter (Rose Weil), Dakota Fanning (Penelope Stern), Sarah Paulson (Tammy) e James Corden (John Frazier) li trovate invece ai rispettivi link.

Mindy Kaling interpreta Amita. Americana, ha partecipato a film come 40 anni vergine, Una notte al museo 2 - La fuga e Facciamola finita, come doppiatrice ha lavorato invece in Cattivissimo me, Ralph Spaccatutto ed Inside Out. Anche produttrice, sceneggiatrice e regista, ha 39 anni e un film in uscita.


Rihanna (Robyn Rihanna Fenty) interpreta Palla Nove. Nativa delle Barbados, ovviamente famosissima come cantante, ha partecipato a film come Battleship, Facciamola finita, Valerian e la città dei mille pianeti e a serie come Bates Motel; come doppiatrice ha lavorato in Home - A casa. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 30 anni.


Tra le celebrità che hanno partecipato non accreditate nel ruolo di loro stesse ci sono Katie Holmes, Kim Kardashian, Jaime King, Olivia Munn, Serena Williams, Anna Wintour e Common; tra quelle che invece "non ce l'hanno fatta" ci sono Jennifer Lawrence, rimpiazzata da Anne Hathaway a causa di impegni pregressi, ed Elizabeth Banks. Siccome Ocean's 8 è lo spin-off di Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco, se il genere vi piace recuperatelo e aggiungete Ocean's Twelve, Ocean's Thirteen e magari anche Colpo grosso e The Italian Job. ENJOY!

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