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lunedì 8 luglio 2024

Il buio si avvicina (1987)

La challenge horror oggi voleva un film diretto da una donna. Ho così scelto Il buio si avvicina (Near Dark), diretto e co-sceneggiato nel 1987 dalla regista Kathryn Bigelow.


Trama: una notte, il giovane Caleb incontra Mae e se ne invaghisce. Finito l'appuntamento, invece di baciarlo, la ragazza lo morde e lo trasforma in un vampiro...


Mi vergogno molto ma, nonostante ami l'horror e i vampiri, non avevo mai visto Il buio si avvicina. Forse non lo passavano a Notte Horror né in TV, forse non aveva una locandina abbastanza accattivante da attirare la mia attenzione nel video noleggio, fatto sta che l'ho recuperato solo alla mia veneranda età. E quanto mi è piaciuto. Ne hanno già scritto fior di elogi persone ben più competenti di me, quindi probabilmente non dirò nulla di nuovo ma almeno colmerò la lacuna sul blog. Il buio si avvicina è un'opera molto avanti per il suo tempo, in quanto rilettura del mito del vampiro in chiave western, con una bella spruzzata di road movie tanto per gradire. Adesso siamo abituati a vedere vampiri in tutte le salse, ma indubbiamente alla fine degli anni '80 poteva fare strano già solo che la parola "vampiro" non venisse nominata, così come la maggior parte dei cliché che, nel bene o nel male, ne caratterizzano la figura fin dai tempi di Bram Stoker. Via aglio e croci, dunque, ma via anche le zanne, i pipistrelli, la nebbia e la nobiltà, rimangono solo la vulnerabilità al sole e la necessità di nutrirsi di sangue per sopravvivere, come scopre suo malgrado Caleb dopo aver sperato di combinare qualcosa con la bionda Mae. Quest'ultima, vuoi perché inesperta o chissà per quale altro motivo, invece di uccidere Caleb dopo averlo morso lascia che si trasformi in vampiro e lo introduce alla sua strana famiglia. Qui c'è l'altra bella novità de Il buio si avvicina, che non si concentra su una stantia e banale storiella d'amore adolescenziale, ma racconta di un ragazzo diviso tra due mondi, tra l'affetto e la fascinazione per la ragazza che lo ha condannato a una sanguinaria vita notturna e l'amore profondo per il padre e la sorellina. Naturalmente, noi spettatori tifiamo per Caleb e speriamo possa diventare un vampiro "di successo" senza perdere i suoi legami di sangue, ma arriviamo a volere bene anche al quartetto di vampiri che lo accolgono con riluttanza, ognuno più carismatico dell'altro (tranne, paradossalmente, Mae), in virtù del profondo rapporto di affetto e cameratismo che intercorre tra loro. E' un po' quello che sarebbe successo decenni dopo con Rob Zombie e i suoi Devil's Rejects (quel contorto meccanismo per cui non importa quanto abietti siano i personaggi, se fra loro c'è coesione e affetto, anche solo per la necessità di proteggersi da un mondo dal loro punto di vista ostile e incapace di comprenderli o accettarli) ed è un escamotage narrativo che riesce a ben pochi autori, perché il rischio è quello di non trovare il giusto equilibrio, cosa che in effetti è accaduta con 3 From Hell, sempre di Zombie, mentre qui funziona alla stragrande.


Merito di Kathryn Bigelow, al suo primo film come unica regista dietro la macchina da presa e al secondo come co-sceneggiatrice, ma già dotata di idee molto chiare sia a livello di tematiche da esplorare, sia per quanto riguarda le sequenze: alcune di esse sono assai spettacolari, anche grazie a un'ottima fotografia che illumina la notte (come nei dialoghi messi in bocca a Mae) e a un montaggio fluido e dinamico, e la mia preferita è di sicuro quella del raid al motel, trasformato in una trappola mortale talmente fragile che sembra fatta di carta. Il buio si avvicina ha anche il merito di rendere affascinanti personaggi brutti, sporchi e cattivi, distanti dall'iconografia fighètta del vampiro e più vicini all'immagine che potrebbero offrire dei drogati o dei senzatetto. Per quanto il sembiante del "piccolo" Homer mi repella un po', ci sono momenti in cui si prova pena per l'attaccamento morboso che arriva a provare per Sarah, mentre Lance Henriksen e Jenette Goldstein trasudano un tale carisma che è difficile non accettarli come pacati ma pericolosi capifamiglia dall'esperienza centenaria. Così come, da amante del Preacher di Ennis, è stato matematicamente impossibile, per me, non impazzire per il Severen di Bill Paxton, personaggio nel quale ho ritrovato ben più di un aspetto dell'adorato Cassidy (ma, in generale, l'intera saga di Preacher e buona parte del design dei personaggi e dei setting mi è sembrata debitrice de Il buio si avvicina); contemporaneamente disgustoso e sexyssimo, Bill Paxton è una mina vagante che surclassa il protagonista un po' bietolone, e probabilmente al giorno d'oggi Severen si beccherebbe tanti di quelli spin-off da fare la fortuna della Bigelow. Ahimé, così non è stato negli anni '80, quando Il buio si avvicina è stato surclassato da Ragazzi perduti e dalle sue atmosfere un po' più commerciali e "facili", ma se date retta a me il film di Schumacher non è nemmeno degno di allacciare le scarpe a quello della Bigelow. Anzi, considerato anche quanto sono rimasta stupita di fronte a un'inaspettato twist, direi che Il buio si avvicina non ha perso di freschezza nemmeno dopo tutto questo tempo, tanto da finire dritto tra i miei film vampirici preferiti, assieme a un altro film che, a mio avviso, gli deve moltissimo, Vampires. Meglio tardi che mai!!


Della regista e co-sceneggiatrice Kathryn Bigelow ho già parlato QUI. Lance Henriksen (Jesse Hooker), Bill Paxton (Severen), Joshua John Miller (Homer) e Troy Evans (poliziotto in borghese) li trovate invece ai rispettivi link.

Adrian Pasdar interpreta Caleb Colton. Per me quest'uomo sarà sempre Nathan Petrelli della serie Heroes, ma ha partecipato a film come Top Gun, Carlito's Way, L'esorcismo - L'ultimo atto e ad altre serie quali Oltre i limiti, Desperate Housewives e Agents of S.H.I.E.L.D.; come doppiatore, ha lavorato in Phineas e Ferb. Americano, anche regista, produttore e sceneggiatore, ha 66 anni. 


Jenette Goldstein
interpreta Diamondback. Americana, ha partecipato a film come Aliens - Scontro finale, Arma letale 2, Terminator 2 - Il giorno del giudizio, Titanic, Paura e delirio a Las Vegas e a serie come MacGyver, E.R. Medici in prima linea, Six Feet Under, Alias e 24. Ha 64 anni. 


Se Il buio si avvicina vi fosse piaciuto recuperate Ragazzi perduti e VampiresENJOY!

martedì 28 novembre 2017

Detroit (2017)

Nonostante la distribuzione scarsa è arrivato miracolosamente a Savona Detroit, l'ultimo film della regista Kathryn Bigelow. Visto il bene che ne diceva Alessandra non potevo assolutamente lasciarmelo scappare e ora mi ritrovo a non sapere cosa scrivere di uno dei film più belli dell'anno.


Trama: Nel luglio del 1967 le tensioni razziali a Detroit hanno ormai dato origine a violenza, incendi, razzie e persino omicidi, al punto che persino l'esercito è dovuto scendere in campo. In questo clima di follia e terrore, un gruppo di persone viene bloccato dalla polizia all'interno del Motel Algiers, dove si consuma uno degli episodi più neri della storia americana...



Mettiamo subito le carte in tavola. Non ho la competenza tecnica né le conoscenze necessarie a parlare come si deve di un film come Detroit (Ce le ha Lucia però e vi invito a leggere il suo post QUI, su Il Giorno degli Zombi). Non mi sento in grado di spiegare perché mi è sembrato che Kathryn Bigelow "dirigesse come un uomo", come se le registe donne dovessero per forza di cose essere dei fiori delicati capaci solo di realizzare film da salotti per bene, eppure mi sono ritrovata spesso a pensare "Cristo, questa donna ha le palle". Ha le palle e la facoltà di annullare il gender, se mi si passa il termine ormai stra-abusato, e anche il genere, ché Detroit è una di quelle pellicole impossibili da etichettare: dramma storico è una definizione troppo restrittiva, visto che la Bigelow fin dall'inizio si inoltra nei territori del war movie, del documentario, del torture porn, dell'horror, persino del legal drama, in una chiosa finale talmente asciutta e definitiva da avere lo stesso effetto di un pugnale conficcato nel petto dello spettatore già abbastanza provato. La Bigelow è una donna che non ha paura di prendere la cinepresa, anzi, più cineprese, ed entrare nel cuore dell'azione, creando tensione anche solo inquadrando un gesto, uno sguardo, una strada vuota che a poco a poco si riempie di gente incazzata, una mano che scende a palpeggiare annullando in un momento tutta la dignità di una persona; è una donna capace di gestire al meglio sia le scene corali sia quelle individuali, la bellezza di un paio di numeri musicali assolutamente necessari così come il crudo orrore di una pistola puntata alla tempia per scherzo, l'allegria di una serata come tante e la tensione costante appena fuori da un'oasi apparentemente felice. Ecco, la tensione. Detroit è impastato di tensione, è una bomba pronta ad esplodere sempre, anche nei momenti apparentemente più tranquilli, è un film che dura quasi tre ore eppure fila via liscio come se fossero solo una. Non che alla fine lo spettatore non le senta tutte, anzi. Proprio per questo costante clima di terrore e paranoia presente in ogni singola scena, Detroit annichilisce chi ha il coraggio di affrontarlo con un terrificante "effetto Diaz" di cui in molti, sicuramente, avranno già parlato, eppure secondo me la Bigelow riesce ad andare ancora oltre Vicari e non solo per quel che riguarda la pura tecnica. Laddove Diaz raccontava un incubo vicino nel tempo e nei luoghi, quindi "fresco" e comprensibile da chiunque avesse un minimo di sensibilità umana (ciò non vale per te, povero coglione, che hai urlato "dovevano dargliene di più"), Detroit presuppone uno sforzo ulteriore a cui va incontro giusto un minimo d'introduzione necessaria a fare capire come negli anni '60 la città che da il titolo al film fosse una zona di guerra fatta e finita.


Kathryn Bigelow, donna, bianca, classe 1951, annulla tempo e differenze di razza e classe sociale per raccontare un dramma universale concretizzato in un eclatante, vergognoso episodio di violenza, razzismo e paranoia che assurge a simbolo di un disagio ben più grande e diffuso. Non segna un solco per terra, dividendo buoni da cattivi (ché la stupidità ed arroganza di molte delle "vittime" è palese, così come la necessità di un controllo militare all'interno di una situazione incontrollabile e il ricorso all'uso della violenza "istintiva" da persone poste sotto un regime di stress continuo terrorizzate per la propria vita) ma con poche sequenze ci introduce nelle vite di tutti i coinvolti, tratteggiando psicologie e situazioni personali senza incappare nel dramma tout court o nel didascalismo a tutti i costi; anzi, la sequenza iniziale, a onor del vero, è anche illusoria in quanto da ad intendere allo spettatore ignorante una risoluzione positiva della vicenda, un vento di cambiamento che in realtà non è mai arrivato, non per quelle persone almeno. E così, io spettatrice donna, bianca, classe 1981, sono finita a ritrovarmi nei panni di un manipolo di ragazzi di colore colpevoli solo, come ho detto sopra, di essere giovani e stupidi, di un omone colpevole solo di voler la pace a tutti i costi pur essendo in una situazione di palese svantaggio e di due ragazze convinte di vivere un'epoca di libertà anche sessuale e che invece si sono trovate davanti dei burini sadici; mi sono sentita impotente davanti a chi impugna una pistola e ha un distintivo, impotente come chi viene trattato come un criminale e sfidato a compiere gesti da criminale perché "negro", ché tanto prima o poi verrò beccato in flagranza di reato quindi tanto vale farlo subito. Ho subito lo schifo di umiliazioni verbali e corporali, ho desiderato lasciare la sala per non vedere e l'immedesimazione è aumentata ancora di più perché mi muoveva lo stesso desiderio di quei poveri cristi messi al muro, ho sperimentato l'orrore definitivo di non veder riconosciuta giustizia in quanto davanti a me non c'erano "miei pari" ma semplicemente un branco di bifolchi razzisti (che porco schifo spero guardino il film e si vergognino in saecula saeculorum se sono ancora vivi e non sottoterra dopo una vita di sofferenze come invece mi auguro); ho visto sogni infranti, la paura di tornare a vivere ancora, la necessità di abbandonare casa, amici e lavoro per paura di finire ammazzati o peggio. Soprattutto, anche davanti all'onestà di una didascalia che sottolinea la natura di ricostruzione romanzata dell'intera vicenda, ho amato la Bigelow per aver reso in qualche modo giustizia a persone realmente esistite e finite quasi nel dimenticatoio, il modo in cui attraverso un film ha cercato di a trasmettere allo spettatore anche una minima parte della sofferenza e della paura che sicuramente hanno ammorbato i loro ultimi istanti di vita. Potrei aggiungere due righe sugli attori, tutti bravissimi (Poulter è terrificante, roba da causare incubi la notte, ma è difficile dimenticare lo sguardo di Algee Smith o l'incredulità di John Boyega) ma sinceramente, come ho scritto all'inizio, scrivere di Detroit per me è molto difficile. Succede, quando un film ti entra sotto la pelle e ti manda all'aria cuore, stomaco e cervello trascinandoti in un vortice di paura, rabbia, frustrazione, vergogna e pena infinita.


Della regista Kathryn Bigelow ho già parlato QUI. John Boyega (Dismukes) e Anthony Mackie (Greene) li trovate invece ai rispettivi link.

Will Poulter interpreta Krauss. Inglese, ha partecipato a film come Le cronache di Narnia - Il viaggio del veliero, Revenant - Redivivo e War Machine. Anche sceneggiatore e produttore, ha 24 anni e un film in uscita.


Hannah Murray interpreta Julie. Inglese, ha partecipato a film come I segreti della mente, Womb, Dark Shadows e alla serie Il trono di spade. Ha 28 anni.


Jack Reynor interpreta Demens. Americano, ha partecipato a film come Macbeth e Sing Street. Anche produttore, ha 25 anni e tre film in uscita.


Se Detroit vi fosse piaciuto recuperate Diaz. ENJOY!




mercoledì 9 ottobre 2013

Zero Dark Thirty (2012)

Nonostante fosse stato addirittura nominato all’Oscar come miglior film a inizio anno, non mi era ancora capitato di vedere Zero Dark Thirty, diretto nel 2012 dalla regista Kathryn Bigelow, così qualche sera fa mi sono cimentata nell’impresa.


Trama: dopo gli eventi delll’11 settembre, una giovane agente CIA si consacra anima e corpo, per ben dieci anni, nella caccia a Bin Laden…


Diversamente dal solito la recensione di questo film sarà assolutamente oggettiva (quindi molto breve) perché se dovessi inserire anche dei giudizi personali comincerei dicendo che Zero Dark Thirty rientra in quel filone di pellicole che non sopporto, ovvero i drammoni politico-militari ambientati in qualche recondita località mediorientale con protagonisti perennemente incazzati/nervosi e comprimari dalle facce tutte uguali che pronunciano nomi di persone, luoghi e cose talmente identici tra loro che, tempo due secondi, riescono a formare nel mio piccolo cervello un groviglio inestricabile. Di fatto, la pellicola non mi ha purtroppo catturato né il cuore né la mente, della crociata personale della tostissima Maya non me ne poteva fregar di meno e l'ultima mezz'ora immersa nel verde con i Navy Seals a caccia del "grand'uomo" in persona mi ha entusiasmata così tanto che ho dovuto riguardarla il giorno dopo, di pomeriggio, quando ero sicura che gli occhi non mi si sarebbero chiusi ogni due secondi per la troppa emozione. E detto questo mi scuso con tutti quelli che hanno amato spassionatamente questo film, ma ci sarà un genere di pellicole che anche a voi farebbero cadere i sentimenti persino se le avessero girate i vostri registi preferiti, no? In caso contrario, come direbbe Zerocalcare, sticazzi. Il Bollalmanacco dev'essere sincero.


Poi, oggettivamente parlando, questo Zero Dark Thirty è un filmone con tutti i crismi. Innanzitutto ha una sceneggiatura solidissima che non si concede né a facili patriottismi né a momenti strappalacrime ma, con una lucidità incredibile, si limita a raccontare un pezzo di terribile e drammatica storia recente attraverso gli occhi di chi, dalle retrovie, si è impegnato affinché un decennio di morte e terrore cessasse. La protagonista, una bellissima e bravissima Jessica Chastain, senza forza né violenza (cit.) ma soltanto contando su una volontà di ferro e un'intelligenza sopraffina getta alle ortiche la propria natura di donna (I'm the motherfucker who found it) e di essere umano e si consacra completamente ad una causa che, paradossalmente, non si è scelta e che probabilmente le causerà più problemi (psicologici innanzitutto) che fama e gloria. Il cast dei comprimari è ovviamente di prim'ordine e uno dei momenti in cui la mia attenzione si è ridestata è stato durante la breve comparsa dell'adorato James Gandolfini ma, per fortuna, sono riuscita ad apprezzare anche Jason Clarke e Jennifer Ehle, entrambi protagonisti delle uniche due sequenze che mi hanno emozionata davvero, sebbene causandomi non poca sofferenza: le torture a inizio pellicola sono avvilenti e terribili anche per chi, come me, è abituata agli horror, mentre la scena dell'attesa con conseguente tragedia finale è un magistrale capolavoro di tensione e tristezza. Inutile aggiungere, quindi, che la regia, la fotografia e anche la colonna sonora "minimal" sono perfette e concorrono a rendere questo film un gioiello nel panorama cinematografico moderno... e però, non è proprio il mio genere, che peccato. Voi lettori, però, non perdetevelo assolutamente, eh!


Di Jessica Chastain (Maya), Kyle Chandler (Joseph Bradley), Harold Perrineau (Jack), James Gandolfini (il capo della CIA), Joel Edgerton (Patrick, caposquadra dei Seals) e Chris Pratt (Justin dei Seals) ho già parlato ai rispettivi link.

Kathryn Bigelow è la regista della pellicola. Americana, ha diretto film come Il buio si avvicina, Point Break, Strange Days, Il mistero dell’acqua e The Hurt Locker, che ha vinto l’Oscar come miglior regia e miglior pellicola. Anche sceneggiatrice, produttrice e attrice, ha 62 anni.


Jason Clarke interpreta Dan. Australiano, ha partecipato a film come Nemico pubblico, Wall Street – Il denaro non dorme mai, Il Grande Gatsby e alla soap Home and Away. Anche produttore, ha 45 anni e sei film in uscita tra cui La conquista del pianeta delle scimmie.


Jennifer Ehle interpreta Jessica. Americana, ha partecipato a film come Wilde, Il discorso del re e Contagion. Ha 45 anni e quattro film in uscita tra cui RoboCop.


Inizialmente, avrebbe dovuto essere Rooney Mara ad interpretare Maya ma alla fine l’attrice ha rinunciato mentre per altri ruoli erano stati contattati Tom Hardy, Guy Pearce e Idris Elba. Ci sono stati cambiamenti anche alla regia visto che James Cameron, ex marito di Kathryn Bigelow, avrebbe dovuto dirigere il film ma ha rinunciato per realizzare i seguiti di Avatar (il primo dei quali è previsto per il 2016, per inciso). Nell’attesa che escano, se Zero Dark Thirty vi fosse piaciuto consiglio il recupero di The Hurt Locker, Zodiac e Tutti gli uomini del presidente. ENJOY!!

lunedì 8 marzo 2010

Oscar 2010

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Anche quest’anno sono arrivati i tanto amati/odiati Academy Awards, banalmente detti Oscar. Giusto stanotte sono stati assegnati i premi che a rigor di logica dovrebbero insindacabilmente giudicare i film e gli attori migliori dell’anno.Come tutte le volte, mi permetto di dissentire, e quest’anno ci metto anche un po’ di quel “furiosissimo sdegno” citato dal buon Jules in Pulp Fiction. Innanzitutto sovvertiamo l’ordine logico e parliamo dell’unico premio assolutamente buono e giusto: quello come migliore attore non protagonista a Christoph Waltz per Inglorious Basterds. Se per sbaglio non glielo avessero dato credo che i giudici dell’Academy sarebbero stati scalpati da più di un fan di Tarantino, perché l’attore tedesco, di cui ho già parlato qui, e assolutamente perfetto nei panni del Colonnello Landa. Sia quindi Giorno Gioiglorioso per tutti i fan di Quentin, e complimenti al BastErdissimo Colonnello!!


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E ora mettiamo un po’ da parte la gioia e cominciamo a fare l’elenco dei caduti. Non nego il mio assoluto dispiacere per il fatto che Inglorious Basterds non abbia portato a casa nessun’altra statuetta. Avrei però scommesso oro sul fatto che Avatar avrebbe fatto man bassa di tutti i premi, e invece a sorpresa è spuntata la pur bravissima Kathryn Bigelow con il suo film The Hurt Locker, premiati rispettivamente come migliore regista e migliore film, con l’aggiunta di un premio per la miglior sceneggiatura originale. Ammetto che prima di questi ultimi giorni non avevo mai sentito nominare la pellicola (uscita in sordina in Italia già nel 2008!) che parla di un gruppo di soldati americani catapultati in Iraq agli ordini di un pazzo, costretti a sopravvivere per tutto il tempo di durata della missione, disinnescando bombe. Il film ha una trama interessante e conta la presenza di attori con le palle come Ralph Fiennes e David Morse, ed è solo per quello che non invoco l’anatema preventivo sull’Academy per avere ingiustamente snobbato i BastErdi. Quanto a Kathryn Bigelow, è una regista che mi piace molto. Il mistero dell’acqua è un film splendido, mentre Il buio si avvicina, che peraltro devo ancora vedere, è un caposaldo del cinema sui vampiri, e penso proprio che rimedierò presto. Giudizio sospeso sui premi ricevuti, dunque.


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Nonostante tifassi il sempre bravo Morgan Freeman, invece, gioia invereconda per l’aver visto Jeff Bridges strappare la statuetta all’ormai decaduto e favoritissimo Clooney. Alla faccia di chi voleva ormai finito questo grandissimo attore, eccolo vincere l’ambita statuetta con il film Crazy Heart (altra pellicola che dovrò vedere), la storia di un cantante country ormai abbruttito dalla vita e dall’alcool. Per maggiori informazioni sull’attore Californiano andate a leggervi il post dedicato a L’uomo che fissa le capre.


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CACCA, cacca e ancora cacca invece per un premio che non doveva nemmeno essere concepito, ovvero quello a Sandra Bullock (trionfatrice ai Razzies annuali con il film All About Steve) come miglior attrice. Innanzitutto, “ci piace vincere facile”, perché il film che le ha regalato la vittoria, ovvero The Blind Side, mescola sport e casi umani, una cosa che agli americani piace sempre. Seconda cosa, la fidanzatina d’America si scontrava con mostri talmente sacri (Helen Mirren e Meryl Streep su tutte) che se anche lei avesse recitato un novello Via col vento e le altre si fossero limitate a doppiare Miss Piggy nell’ennesimo film dei Muppets avrebbe dovuto accettare la sconfitta in silenzio. Ma comunque, quel che è stato è stato, le badilate di cacca arriveranno all’Academy per direttissima, e ora vi elenco un paio di film, interpretati dalla novella vincitrice, che NON dovete vedere se volete mantenervi un minimo di materia grigia: Pozione d’amore, Demolition Man, The Net, Amori & Incantesimi, Piovuta dal cielo, Miss Detective, Two Weeks Notice, Miss FBI 2 – Infiltrata speciale. Un paio di film almeno guardabili invece sono The Vanishing e Speed. Auguri.


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Perplessità invece sulla decisione di dare l’Oscar come miglior attrice non protagonista alla comica Mo’Nique. Anche qui, sospendo il giudizio su interpretazione e film, Precious, che mi sembra assai interessante e carino (ha vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale), però… mah. C’erano attrici del calibro di Pénelope Cruz (che ha vinto l’Oscar l’anno scorso) e Maggie Gyllenhaal a concorrere per la statuetta, anche se credo la prima sia stata penalizzata dal trash imperante di Nine e la seconda eclissata dall’interpretazione di Jeff Bridges. Nell’attesa dunque di vedere questo Precious ricordo che la gargantuesca Mo’Nique ha fatto parte per anni del cast di Le favolose Parkers e ha recitato in episodi di Nip/Tuck e Ugly Betty.


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E il tanto atteso e favorito Avatar, se n’è tornato a casa con le pive nel sacco? Assolutamente no, anche se ha ramazzato solo ovvi e meritatissimi premi “tecnici”, per così dire: migliore scenografia, migliore fotografia, migliori effetti speciali. Aggiungo inoltre che quell’Up che tanto avrei voluto vedere, e che è rimasto al palo per cause lontane dalla mia volontà, ha vinto il premio come miglior film d’animazione. Dunque, questa volta, cacca anche su di me!  E ora, a proposito di Avatar, vi lascio con la visione del geniale Ben Stiller travestito da alieno, che consegna il premio per il miglior makeup... ENJOY!!!




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