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martedì 11 giugno 2024

The Strangers - Chapter 1 (2024)

Approfittando di un sabato piovoso e malaticcio, ho guardato The Strangers - Chapter 1, diretto dal regista Renny Harlin.


Trama: due ragazzi sono costretti a fermarsi in un Airbnb in mezzo ai boschi dopo che la loro macchina è finita in panne. Lì verranno aggrediti da tre folli mascherati...


Per scrivere una recensione onesta su The Strangers - Chapter 1 bisognerebbe farlo alla fine della trilogia progettata da Renny Harlin e basata sul The Strangers di Bryan Bertino. I tre film, infatti, sono stati girati uno dietro l'altro e andranno a comporre un affresco di cui questo è, ovviamente, solo la base preparatoria. Mi riservo dunque di riguardare Chapter 1 alla fine di tutto ma, per il momento, è innegabile che il film risenta del confronto con The Strangers. Dire che è "più brutto" sarebbe ingiusto. Bertino aveva dalla sua l'effetto sorpresa e il merito di aver ri-sdoganato l'home invasion "realistico", mescolandolo alla crudeltà della new wave francese, privando i killer di una motivazione reale salvo quella di voler fare del male perché sì, perché le vittime "erano in casa" (e presentando anche personaggi che non avevano fatto nulla di male per meritarsi un destino simile, o meglio, non avevano infranto nessuna regola degli horror anni '80-'90). Harlin deve lavorare su un canovaccio già visto e reiterato dieci anni dopo con The Strangers: Prey at Night (di cui Chapter 1 riprende alcune idee che lo rendono più spettacolare rispetto al primo The Strangers), quindi lo spettatore che conosce la saga sa già dove andrà a parare. Viene dunque meno il coinvolgimento emotivo del pubblico verso la coppia protagonista, e tutta l'introduzione che vede i due piccioncini interagire ha un po' il sapore del brodo allungato; si riduce, inevitabilmente, anche la tensione della prima parte ambientata all'interno della casa, in quanto le dinamiche sono identiche a quelle del film di Bertino, senza contare che vengono riutilizzate persino alcune delle sue inquadrature più iconiche. La seconda parte se ne distacca per buona parte o, comunque, vengono scelte soluzioni narrative simili ma non identiche a quelle dell'originale, ma, purtroppo, si riduce anche l'intelligenza dei due protagonisti, che a un certo punto fanno tutte quelle cose stupide tipiche degli horror (Cristo, hai un fucile? Per Dio, sei americano, SPARA. SPARA come se non ci fosse un domani e poi, semmai, fai domande, vantati, grattati la testa con la canna del fucile, quello che vuoi). 


Un elemento che differenzia Chapter 1 dai film precedenti è soprattutto il tentativo di creare un worldbuilding o, comunque, di spingere lo spettatore a farsi delle domande relativamente all'identità dei tre assassini mascherati. Se, infatti, i protagonisti di The Strangers e del suo seguito arrivavano sulla futura scena dei delitti senza interagire con nessuno, nel primo quarto d'ora di Chapter 1 facciamo la conoscenza di alcuni abitanti di Venus (il paese dov'è ambientato il film), quasi tutti dotati di rara simpatia e di atteggiamenti quantomeno sospetti. Considerato che lo sceriffo ha la faccia ben poco rassicurante di Richard Brake, l'idea è che i prossimi capitoli  scavino un po' nel passato della cittadina e nei suoi segreti. Ma potrei anche sbagliarmi e potrebbe anche solo essere stata una pennellata di colore, al momento non è dato sapere. Quello che è certo è che i due protagonisti mi sono sembrati un po' più vivaci rispetto a Liv Tyler Scott Speedman, ma anche più "stereotipati" per quanto riguarda la loro relazione sentimentale e vari atteggiamenti che li inseriscono all'interno di cliché ben precisi. La sensazione generale è stata quella di avere davanti un film meno cupo rispetto all'originale, più dinamico, più legato ad alcuni elementi "pop", soprattutto a livello di dialoghi e colonna sonora, e anche maggiormente allineato all'iconografia degli slasher più famosi. Ci sono dei momenti in cui la caratterizzazione redneck di chiunque incontrasse i due protagonisti mi ha ricordato Non aprite quella porta e i suoi mille sequel/remake/emuli, mentre Scarecrow è molto più fisicato dei suoi due predecessori e sembra Jason Voorhees nel remake di Nispel, quando non aveva ancora la maschera da hockey. In definitiva, per me è nì. Ho visto di meglio, ho visto di peggio, ma preso come film a sé stante mi è parso piuttosto dimenticabile. Sarò comunque molto felice di rivedere il mio giudizio alla fine della trilogia, nel caso!  


Del regista Renny Harlin ho già parlato QUI mentre Richard Brake, che interpreta lo sceriffo Rotter, lo trovate QUA


La protagonista Madelaine Petsch è una delle star di Riverdale e aveva già partecipato al film Polaroid. Se The Strangers - Chapter 1 vi fosse piaciuto recuperate, ovviamente, The Strangers e The Strangers - Prey at Night. ENJOY!

venerdì 22 luglio 2022

Bolla Loves Bruno: 58 minuti per morire - Die Harder (1990)

Nonostante il caldo che mi annulla le funzioni mentali, ho cercato comunque di rispettare l'appuntamento con Bolla Loves Bruno, ovvero l'omaggio all'adorato e ormai pensionato Bruce Willis. Oggi tocca a 58 minuti per morire - Die Harder (Die Hard 2), diretto nel 1990 dal regista Renny Arlin e tratto dal romanzo 58 minuti di Walter Wager.


Trama: mentre è in aeroporto ad aspettare il ritorno della moglie per Natale, John McClane si ritrova a dovere sventare una minaccia terroristica costituita da soldati decisi a far fuggire un generale sudamericano...


Gli anni '90 si aprono per Bruce Willis col ritorno del personaggio che lo ha elevato nell'Olimpo degli eroi action. In realtà, ho volutamente saltato il film precedente del nostro, Senti chi parla, che pure adoravo da bambina, e il motivo è semplice: è un film il cui valore risiede nel doppiaggio italiano e nella voce di Paolo Villaggio, sinceramente l'idea di un bambino che parla con la voce di Bruce Willis non mi fa granché ridere, poi potrei anche sbagliarmi. Detto questo, torniamo a 58 minuti per morire. Messo da parte John McTiernan, impegnato a dirigere Caccia a Ottobre Rosso, e dimenticato il romanziere Roderick Thorp per fare spazio a Walter Wager (che col personaggio non aveva nulla a che fare), la nuova avventura natalizia di John McClane lo vede stavolta impegnato ad ingannare il tempo in aeroporto scontrandosi con pericolosi ex soldati americani convertiti in terroristi. Lo sceneggiatore Steven E. de Souza si ricollega alla continuity del film precedente (e anche a Commando, se Val Verde vi dice qualcosa), sempre scritto da lui, ed alza l'asticella del pericolo affrontato dal protagonista; John McClane è ora universalmente riconosciuto come l'eroe, il salvatore del Nakatomi, il matrimonio con Holly è tornato ad essere idilliaco, e giustamente, per la legge del #maiunagioia, la minaccia esterna arriva a superare i confini di un ristretto edificio (in questo caso l'aeroporto) per diventare ancora più infida ed estesa. Aumentano, per la frustrazione di McClane, anche gli ostacoli posti da chi dovrebbe ragionevolmente dargli una mano, tra poliziotti invidiosi del successo ottenuto dal nostro e purtroppo incompetenti, giornalisti che pensano solo agli scoop senza tenere in conto l'incolumità delle persone e chi più ne ha più ne metta, e aumentano ovviamente anche i "boss di fine livello", che in questo caso diventano addirittura tre, uno più carismatico e malvagio dell'altro.


Le minacce dirette a McClane e ai poveri, ignari passeggeri degli aerei tanto sventurati da essersi trovati a passare dall'aeroporto di Dulles nel giorno sbagliato, sono molteplici e la struttura del film segue uno schema in crescendo che vede il protagonista occuparsi (con più o meno successo) del problema contingente per poi trovarsene davanti uno più grosso, magari dopo essersi fatto trarre in inganno da una falsa pista, e la differenza sostanziale con Trappola di cristallo, oltre al bodycount decisamente superiore, è che qui McClane gioca a carte più o meno scoperte, mentre là, per buona metà del film, il suo personaggio doveva cercare di non farsi scoprire. Ciò ovviamente consente a Bruce Willis di gigioneggiare anche più di prima. Il suo personaggio è consapevole sia della sua sfiga costante sia del pericolo che minaccia lui e la moglie e, tra una sparatoria e l'altra, gli tocca armarsi di parecchia ironia per non diventare pazzo o per non spaccare la faccia a chi fa orecchie da mercante davanti alle sue giuste rimostranze; l'adorato Bruno si profonde quindi nelle improvvisazioni che gli riescono meglio, perdendo magari quell'umana debolezza che lo caratterizzava in Trappola di cristallo ma guadagnandoci in cazzimma e "invulnerabilità", per quanto sempre troppo vestito, ahimé, ché con la neve la canottiera d'ordinanza non ci stava (poi vi chiedete perché ricordassi così poco questo film? Dai, quel maglione di lana è inguardabile!!). D'altronde, stavolta gli tocca competere con almeno un paio di attori dal carisma indubbio. Vero è che Franco Nero si vede poco, ma quando compare è magnetico, e a William Sadler vengono addirittura regalate la sequenza più agghiacciante dell'intero film e un'introduzione a dir poco cult, quindi Bruno qui ha il suo bel da fare per diventare ancora più indimenticabile. 


Cambiando argomento, non è solo per la canottiera mancante che 58 minuti per morire è il film della trilogia (lo so, esistono anche Die Hard - Vivere o morire e Die Hard - Un buon giorno per morire ma non li ho mai visti) che ricordavo di meno. Renny Harlin è bravo, nulla da dire, ed è costretto a gestire molta più carne al fuoco rispetto a John McTiernan, ma il suo film risulta più sfilacciato e meno centrato rispetto a Trappola di cristallo, che non aveva un minuto morto o un elemento non funzionale neppure a cercarlo col lanternino, e riusciva ad essere claustrofobico e pieno di inquadrature interessanti; in 58 minuti per morire non mancano le scene epiche e caciarone, d'altronde stiamo comunque parlando di aerei che esplodono, ma difetta di quella scintilla "magica" che sembrava infusa in ogni sequenza del primo Die Hard, e il tempo è stato impietoso con alcuni effetti speciali (Bruce Willis e il sedile eiettabile... 'nuff said). Ciò detto, non si può dire che 58 minuti per morire sia un brutto film, anche se da quel che ricordo Duri a morire è molto, ma molto più bello, e sicuramente in queste serate caldissime è in grado di portare non solo un po' di sano, caciarone divertimento action, ma anche un'illusione di freschezza, grazie a tutta la neve (finta) di cui abbonda. Col prossimo Bolla Loves Bruno si cambia genere, preparatevi! 


Del regista Renny Arlin ho già parlato QUI. Bruce Willis (John McClane), Bonnie Bedelia (Holly McClane), William Atherton (Thornberg), Reginald VelJohnson (Al Powell), Franco Nero (Esperanza), William Sadler (Stuart), John Amos (Grant), Tom Bower (Marvin), Sheila McCarthy (Samantha Coleman), Robert Patrick (O'Reilly), John Leguizamo (Burke), Vondie Curtis-Hall (Miller) e  Mark Boone Junior (Shockley) li trovate ai rispettivi link.


Dennis Franz, che interpreta Carmine Lorenzo, sarebbe diventato famosissimo pochi anni dopo per il ruolo di Andy Sipowicz nel telefilm New York Police Department. Ciò detto, se vi interessa 58 minuti per morire, sappiate che prima dovete guardare Trappola di cristallo e poi, se il genere vi piace, Die Hard - Duri a morire, Die Hard - Vivere o morire e Die Hard - Un buon giorno per morire. ENJOY!

mercoledì 31 maggio 2017

Bollalmanacco On Demand: Blu profondo (1999)

Finalmente mi ritrovo ad ottemperare alla richiesta dell'adorata Lucia de Il giorno degli zombi, la quale mille anni or sono mi aveva raccomandato di guardare Blu profondo (Deep Blue Sea), diretto nel 1999 dal regista Renny Harlin. Il prossimo film On Demand sarà invece Fuori orario di Martin Scorsese! ENJOY!


Trama: degli scienziati si ritrovano bloccati all'interno di un laboratorio di ricerca situato proprio in mezzo all'oceano, all'interno del quale degli squali potenziati artificialmente danno loro la caccia...



Blu profondo è uno di quei film che anche chi non bazzica il cinema avrà probabilmente intravisto cento volte durante i suoi passaggi televisivi, senza magari prestargli particolare attenzione. Non me ne voglia Lucia ma a me è successo proprio così, tant'è che, durante la visione, un paio di sequenze e di dialoghi si sono riproposti non nuovi alla mia memoria, soprattutto per quanto riguarda una delle scene più cruente ed inaspettate. Diciamo che Blu profondo, almeno per me, è sempre stato uno di quei film da guardare col cervello spento, magari d'estate, quando in TV non passava altro al convento, possibilmente facendo zapping o altre attività, e questa è stata la prima volta che ho messo cuore, attenzione e cervello nell'impresa. Ciò non ha portato ad una rivalutazione della pellicola, che non finirà mai in un'ideale top 10 dei miei film preferiti, però ne ho sicuramente apprezzato lo spirito caciarone ma non raffazzonato, l'entusiasmo di regista e sceneggiatori, la particolarità di alcune scelte narrative prima ancora che registiche. Lasciando perdere l'assunto che da il la alla vicenda (squali che vengono geneticamente modificati onde trovare una cura per l'alzheimer) è interessante vedere come gli sceneggiatori siano riusciti a gestire i personaggi e lo spietato meccanismo che li porta a finire, uno dopo l'altro, nelle fauci degli squali, spiazzando lo spettatore a più riprese. Gli archetipi del genere horror/fantascientifico ci sono tutti: abbiamo l'eroe un po' grezzo, la bella ed intelligente scienziata, il capo carismatico, gli scemi del gruppo e l'inevitabile accozzaglia di carne da macello alla mercé di tre killer pinnuti e in un film simile uno si aspetterebbe che le "gerarchie" venissero rispettate, invece il bello di Blu profondo è che fino alla fine non si può a prevedere chi uscirà vivo dall'esperienza, grazie ad un paio di twist azzeccati (e ad una coerente "punizione") che concorrono ad alzare ancora di più il tasso di tensione già abbondantemente presente nel film, tra acqua, claustrofobici tunnel sottomarini, pesci zannuti, fuoco e tempeste.


Con tutti questi elementi in campo Harlin ha sicuramente avuto un bel da fare a gestire l'intera faccenda, eppure il regista c'è riuscito, e anche bene. Blu profondo vanta infatti un ottimo gusto per l'esagerazione che riesce a non sfociare nel cacofonico (non siamo ai livelli di Sharknado, per dire, e per fortuna) e trasuda tanto di quell'amore per il genere e l'effetto artigianale che è impossibile non volergli bene, anche quando la situazione sbulacca talmente da farti urlare "eeehhhhh???!!!". Io di squali mi intendo poco ma anche se ormai è passato qualche anno dall'uscita di Blu Profondo mi è sembrato che la combinazione di pupazzoni e timida CGI funzionasse ancora alla grande, sia nei campi lunghi che nei primi piani in cui le zannine di questi orrori genetici triturano i poveri malcapitati, per non parlare delle esplosioni e degli altri sanguinosissimi momenti morte&distruzione di cui questo film è pieno. Non sono molte le pellicole, in effetti, che hanno la faccia tosta di mescolare gente che muore masticata malissimo, devastanti incendi a pelo d'acqua, squali che sfondano vetrate nel modo più crudele possibile, discorsi motivazionali dai risvolti imprevedibili e forni utilizzati come improbabili vie di salvezza eppure il finlandese Harlin (prima di ammosciarsi e girare vaccate prive di suspance come Il passo del Diavolo) è riuscito a fare questo e anche altro, realizzando un film con gli squali di una cattiveria totale, capace di inchiodare alla poltrona anche chi questo genere di pellicole non lo ama particolarmente e di farlo divertire come un bambino. Sicuramente, Blu profondo non avrà la stessa raffinatezza de Lo squalo o la capacità di mozzare il respiro come The Shallows o 47 metri (Uscito proprio la settimana scorsa al cinema, non perdetelo!) ma è comunque un onestissimo film di intrattenimento, di quelli che non vengono più girati ahimé, e che merita quindi tutto il rispetto del mondo, sperando che prima o poi Harlin si decida a tornare agli antichi fasti.


Del regista Renny Harlin ho già parlato QUI. Thomas Jane (Carter Blake), Samuel L. Jackson (Russell Franklin), Michael Rapaport (Tom Scoggins) e Stellan Skarsgård (Jim Whitlock) li trovate invece ai rispettivi link.

Saffron Burrows interpreta la dottoressa Susan McAlester. Inglese, ha partecipato a film come Nel nome del padre, Gangster n°1, Frida, Peter Pan, Troy e a serie quali Bones e Agents of S.H.I.E.L.D.. Ha 45 anni e un film in uscita.


LL Cool J (vero nome James Todd Smith) interpreta Preacher. Rapper americano, ha partecipato a film come Toys - Giocattoli, Halloween - 20 anni dopo, Ogni maledetta domenica, Charlie's Angels, S.W.A.T. - Squadra speciale anticrimine e a serie quali Dr. House e 30 Rock, inoltre ha lavorato come doppiatore in American Dad!. Anche produttore, ha 49 anni.


Aida Turturro interpreta Brenda Kerns. Americana, la ricordo per il ruolo di Janice Soprano ne I Soprano, inoltre ha partecipato a film come Tutte le manie di Bob, Misterioso omicidio a Manhattan, Alla ricerca di Jimmy, Junior, Sleepers, Il tocco del male, Al di là della vita, Crocodile Dundee 3 e ad altre serie quali E.R. Medici in prima linea, Medium e Grey's Anatomy. Ha 55 anni e un film in uscita.


Il film ha subito dei rimaneggiamenti dopo i primi test screening, nella fattispecie SPOOOOILERRRR si è deciso di far morire il personaggio della Dottoressa McAlester in quanto "genio malvagio" della situazione riducendo le scene in cui la stessa mostrava un po' più di umanità e, soprattutto, si è deciso di glissare sul fatto che Janice fosse incinta, rendendo così la sua morte meno crudele e più  "sopportabile" per lo spettatore. FINE SPOILER. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate i già citati Lo squalo, The Shallows (o Paradise Beach: Dentro l'incubo, titolo italiano tra i più orridi ever) e 47 metri. ENJOY!


martedì 9 maggio 2017

Il passo del Diavolo (2013)

Per il mese di Aprile la Midnight Factory ha portato sul mercato home video il bellissimo 31 di Rob Zombie e Il Passo del diavolo (The Dyatlov Pass Incident), diretto nel 2013 dal regista Renny Harlin, molto ma molto meno bello rispetto al lavoro del buon Zombie.


Trama: cinque studenti americani volano in Russia per girare un documentario sull'incidente di Dyatlov, durante il quale degli studiosi erano stati trovati inspiegabilmente morti e mutilati. Ovviamente le cose non si metteranno benissimo...


Renny Harlin ha un curriculum in buona parte invidiabile: ha diretto Nightmare 4, 58 minuti per morire, Cliffhanger e Blu profondo prima di perdersi in cantonate o robetta quali L'esorcista - La genesi, Cleaner e Hercules - La leggenda ha inizio. Il cosiddetto "incidente del passo Dyatlov" è invece un mistero parecchio interessante, come si può evincere da QUESTA pagina Wikipedia dove, riassumendo, si racconta di come nel 1959 nove studenti fossero morti in circostanze misteriose sui monti Urali, ritrovati dai soccorritori ben lontani dalla tenda (lacerata dall'interno), praticamente con addosso quasi solo la biancheria intima, alcuni con fratture mortali e, si dice, persino contaminati da un alto livello di radioattività. Unendo un regista capace ad un mistero "reale" non si dovrebbe poter sbagliare, mi vien da dire, peccato che Il Passo del Diavolo sia una noia mortale, il compendio di tutti i cliché che si possano trovare all'interno di un found footage, un'ora di nulla che diventerebbe interessante (vagamente, solo vagamente) giusto negli ultimi 30 minuti, se fossimo ancora negli anni '90 e coinvolti dalle indagini complottare di Mulder e Scully. La lunghissima introduzione non risparmia nulla allo spettatore: personaggi insipidi e dalle motivazioni risibili, per di più interpretati da attori già penosi in lingua originale e per nulla aiutati da uno dei peggiori doppiaggi mai uditi (nota per i traduttori: quando un superiore dice ad un soldato "At Ease!" a mio avviso sarebbe meglio utilizzare un "Riposo!" non un "Libero!", ma libero da cosa...?), scaramucce amorose nate dal nulla, villici ostili che avvertono i nostri di farsi i fatti loro e altri villici meno ostili che, chissà perché, scelgono di confidare determinati misteri solo ai nuovi arrivati, teorie complottiste, sproloqui nerd sull'attrezzatura audiovisiva, finti telegiornali, immagini di repertorio e, soprattutto, tanta, tanta neve. Ah, la monotonia del paesaggio che concilia il sonno anche quando i personaggi tengono la macchina da presa ferma (succede spesso, a Il Passo del Diavolo concedo la quasi totale assenza di movimenti vomitilli)!


Se riuscirete a non addormentarvi durante la prima ora (vi consiglio di procurarvi un fidanzato immune al sonno da schermo televisivo, così da farvi tirare un colpo ogni volta che chiuderete gli occhi, com'è successo a me), potrete godere delle pochissime cose positive di un film che, poco prima del finale, scivola nell'horror fantascientifico diventando così persino guardabile, a patto di far finta di nulla davanti a buchi logici grandi come voragini e di riuscire ad accettare i paradossi temporali che alcuni miei amici tanto detestano. E a patto, ovviamente, di non avere mai letto/visto nulla degli X-Men, ché io continuavo a pensare a Nightcrawler e a farmi grasse risate. In questa ultima parte si concentrano gli elementi horror e anche la maggior parte degli effetti speciali, che nel "primo tempo" si limitano a qualche interferenza video e un paio di esseri che scivolano alle spalle dei protagonisti senza essere visti; nulla di eclatante, in quanto il make-up delle creature non è proprio bellissimo, e sangue non se ne vede neppure per sbaglio, ma perlomeno le sequenze ambientate nell'oscurità del sottosuolo sono nitide, comprensibili e, quel che è meglio, decisamente claustrofobiche, l'ideale per risvegliarsi dopo un sonno ristoratore. Inoltre, per chi ama i finali a effetto e la cosiddetta "chiusura del cerchio", va detto che la sceneggiatura di Vikram Weet in tal senso fila liscia come l'olio e rischia di lasciare lo spettatore col sorrisino soddisfatto di chi si è lasciato prendere in giro fin dai primi dieci minuti. Un po' poco per dare la sufficienza a Il Passo del Diavolo ma, chissà: magari se non siete satolli di mockumentary/found footage e non vi piace l'horror troppo "spinto" potreste anche gradirlo. Dal canto mio, preferisco altro genere di pellicole, sorry.

Renny Harlin (vero nome Lauri Mauritz Harjola) è il regista della pellicola. Finlandese, ha diretto film come Nightmare 4 - Il non risveglio, 58 minuti per morire - Die Harder, Cliffhanger - L'ultima sfida, Corsari, Blu profondo, L'Esorcista - La genesi e Cleaner. Anche produttore, sceneggiatore, attore e stuntman, ha 58 anni e un film in uscita.


Il curatissimo DVD della Midnight Factory, anche troppo ben fatto per un film simile, contiene due featurette dal titolo Renny Harlin: Un regista rock'n'roll (un'interessante intervista al regista incentrata soprattutto sul lato horror della sua produzione) e Speciale: le montagne della follia (un'introduzione al film fatta dal regista durante il Neuchatel Fantastic Film Festival nel 2013), oltre ad un making of del film e al libretto esplicativo curato da Nocturno Cinema. Se Il Passo del Diavolo vi fosse piaciuto recuperate The Chernobyl Diaries e Il quarto tipo. ENJOY!

mercoledì 20 agosto 2014

Bolle di ignoranza: Cleaner (2007)

Quest'estate le Bolle di Ignoranza sono particolarmente numerose, forse perché il periodo è propizio alla visione di film con un occhio aperto e la testa da un'altra parte. In questo stato parecchio disattento ho avuto modo di guardare Cleaner, diretto nel 2007 dal regista Renny Harlin.


Trama: Samuel L. Jackson fa un lavoro davvero del menga. Ripulisce scene dei crimini. Il casino succede quando viene ingannato e spedito a pulire un salotto ancora sconosciuto agli inquirenti...


Per quel che sono riuscita a vedere, Cleaner è il tipico thriller a sfondo poliziesco perfetto per una calda serata estiva. Non richiede grandissimo sforzo mentale perché la soluzione all'enigma viene scodellata senza troppe sorprese al momento opportuno e nasconde una motivazione talmente sciocca che non vale neppure la pena ragionarci su per approfondire la questione. La pellicola si compone di momenti stranamente goliardici (tanto che all'inizio credevo fosse una commedia), minacciosi confronti tra sbirri, accuse di corruzione più o meno velate, improbabili femme fatale dall'animo materno e litigi tra padri problematici e figlie rompiscatole, tutti distribuiti equamente nel corso dell'ora e mezza scarsa di durata e amalgamati da una regia senza infamia né lode. Non molto diversa è l'interpretazione di due mostri sacri come Samuel L. Jackson e Ed Harris, che portano a casa la pagnotta lavorando il minimo sindacale e risparmiando le energie per pellicole a loro più congeniali, mentre nel resto del cast si riconoscono Eva Mendes nel solito ruolo sciapo che più le si confà e Luiz Guzmán e la sua faccia perfetta per incarnare sbirri corrotti o mafiosi sudamericani. I Tarantiniani all'ultimo stadio come me apprezzeranno senz'altro l'incontro fra l'ex Ordell Robbie e l'ex Max Cherrie di Jackie Brown ma, per il resto, Cleaner è un filmetto che passa e va, non certo una pellicola indispensabile né per i fan di Samuel L. Jackson né per gli amanti del thriller.

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