martedì 3 ottobre 2023
Asteroid City (2023)
domenica 26 novembre 2017
Linea mortale (1990)
Trama: un gruppo di studenti di medicina decide di indagare su cosa si nasconda nell'aldilà e, attraverso un pericoloso esperimento, alcuni di loro fermano il proprio battito cardiaco per pochi minuti, di fatto "morendo" prima di venire rianimati. Il ritorno alla vita, però, porta con sé degli strascichi inquietanti...
Linea mortale era uno di quei film che passavano spessissimo in TV quando ero ragazzina ed è figlio dell'ondata di storie sovrannaturali a base di visioni e spettri che imperversavano a fine anni '80. Inquietante ma non particolarmente sanguinolento o pauroso era perfetto per il brivido richiesto dagli spettatori televisivi occasionali e l'abbondanza di bei faccini famosi presenti nel cast probabilmente non guastava, eppure nonostante l'abbia sicuramente visto più di una volta non ricordavo moltissimo della pellicola, tranne forse la bellezza un po' zamarra di Sutherland e Bacon. In effetti, visto oggi Linea mortale ha tanti pregi quanti difetti e risulta un film "medio", forse un po' agée, nonostante parta da un presupposto interessante che, non sto scherzando, quando mi ritrovo a ragionarci su mi tiene sveglia per parecchio; i protagonisti del film vogliono capire cosa si nasconda dietro al velo che separa la vita dalla morte, se ci sono tunnel di luce o angeliche voci guida, mentre io quando ragiono sulla morte trovo difficile agguantare il concetto di "non pensare/esserci più" e della non-consapevolezza del buio, al punto che quando ci penso il mio cervello si ritrova bloccato in un loop, mi vengono i brividi e ciao, devo smettere altrimenti sai che ansia. Ma lasciamo perdere, torniamo a Linea mortale che è meglio. Ovviamente il film la fa più facile e questi bellissimi dottorini dal futuro radioso scoprono che nell'aldilà qualcosa c'è, qualcosa di diverso per ognuno di loro, qualcosa che i poveracci si camallano nell'aldiqua passando poi i giorni cercando di sfuggirgli. Ed è, paradossalmente, proprio l'elemento sovrannaturale/horror a risultarmi moscio dopo vent'anni, oltre che poco sensato, perché se ciò che comincia a perseguitare Sutherland e la Roberts ha un suo motivo per farlo e mette ancora i brividi, così non è per Kevin Bacon e William Baldwin, che tornano in vita portandosi dietro cose che con la morte hanno ben poco a che fare. Le allucinazioni di Baldwin in particolare, per quanto anticipate da una sequenza molto artistica, fanno davvero ridere i polli e danno l'idea di un personaggio (anzi due se contiamo anche la "spalla" Oliver Platt) che lo sceneggiatore non sapeva bene come gestire, inoltre tutte queste aggiunte perplimenti concorrono ad ammosciare il ritmo del film, che da metà in poi comincia a sembrare lunghissimo.
Mi sono accorta che il post sta virando verso la stroncatura ma ho affermato all'inizio che i difetti del film si equivalgono ai pregi quindi parliamo un po' di questi ultimi, interamente legati ad un aspetto prettamente registico e scenografico. Per chi apprezza lo stile gotico-zamarro del Joel Schumacher anni '90 (ve li ricordate i suoi Batman? No, vero? Forse è meglio così...) qui c'è da essere felici. Innanzitutto, gli ambienti universitari dove si muovono i protagonisti sono realizzati con un'interessante commistione tra profano/scientifico e sacro/artistico, pieni di statue di angeli che paiono voler testimoniare il lavoro "blasfemo" dei dottori e di vetrate che ricordano molto il laboratorio di Frankenstein; seconda cosa, le luci molto cariche, quasi al neon, che squarciano l'oscurità in cui spesso si trovano i protagonisti, non sono messe a mo' di mera decorazione ma acquisiscono un significato particolare che solo proseguendo nella visione del film risulterà chiaro. Probabilmente nel tempo le visioni ultraterrene sono diventate un po' kitsch ma le sequenze in cui vengono a poco a poco rivelati l'incubo di Nelson e il passato traumatico di Rachel mettono ancora oggi una discreta ansia e sono girate molto bene. Gli anni passati non hanno nuociuto neppure al carisma degli interpreti, nonostante l'orrore di capigliature che definire inguardabili sarebbe poco. Kiefer Sutherland, Kevin Bacon e Julia Roberts sono bellissimi e, ognuno a modo suo, "maledetti", col primo dotato di un carisma invidiabile e uno sguardo che rende il suo personaggio borderline e spesso ambiguo; i tre vengono affiancati da un Oliver Platt che, pur nei panni di poco carismatico benché simpatico cicciottello, si fa ricordare volentieri mentre il già citato William Baldwin è di una tristezza incredibile, nonostante sia senza dubbio perfetto per il ruolo di tombeur de femmes. Forse Linea mortale è uno di quei film che effettivamente abbisognava di una rinfrescata, soprattutto a livello di trama e personaggi, tuttavia temo che l'imminente remake possa soffrire anche di mancanza di originalità per quel che riguarda la messa in scena e la regia, mentre degli attori nuovi salvo solo Ellen Page, la cui presenza mi farebbe sperare in una svolta più "femminista" della faccenda. Staremo a vedere. Nel frattempo, un recupero dell'originale non fa male anche se ci sono film più iconici per gli anni '90.
Del regista Joel Schumacher ho già parlato QUI. Kiefer Sutherland (Nelson Wright), Julia Roberts (Dr. Rachel Mannus), Kevin Bacon (David Labraccio), Oliver Platt (Randy Steckle) e Hope Davis (Anne Coldren) li trovate invece ai rispettivi link.
William Baldwin interpreta Joe Hurley. Quarto rampollo della famiglia Baldwin, ha partecipato a film come Nato il quattro luglio, Fuoco assassino, Sliver, The Broken Key e a serie quali 30 Rock e MacGyver. Anche produttore e stuntman, ha 54 anni e cinque film in uscita.
Linea Mortale è stato il film che ha fatto innamorare Julia Roberts e Kiefer Sutherland, un fidanzamento durato due o tre anni e rotto dall'attrice che poi avrebbe sposato un altro; e pensare che al posto di Sutherland avrebbe dovuto esserci Val Kilmer e in quello della Roberts una giovane Nicole Kidman. Storie d'amore a parte, se Linea mortale vi fosse piaciuto, nell'attesa di vedere se Flatliners - Linea mortale sia meglio o peggio dell'originale, recuperate L'uomo senza ombra, Ghost - Fantasma e Allucinazione perversa. ENJOY!
mercoledì 15 gennaio 2014
Disconnect (2012)
Trama: il film è incentrato su tre storie, vagamente intrecciate tra loro. Una racconta lo scherzo crudele di due ragazzini ai danni di un loro coetaneo, l’altra mostra una coppia in crisi che deve fare i conti con il furto di tutti i loro dati bancari e infine l’ultima parla dello squallido mondo delle chat erotiche.
Arrivata al punto clou di Disconnect, focalizzato da un ralenti in cui TUTTO va, letteralmente, nel peggiore dei modi possibili, mi chiedevo in lacrime perché diamine i protagonisti della pellicola non avessero semplicemente PARLATO tra loro prima di arrivare a questi estremi. Soffiandomi il naso e continuando a singhiozzare come se non avessi un domani mi sono detta “Eh, è proprio questo il punto”. Come avrete capito, Disconnect è un film angosciante e bastardo. Lo è in primis perché scava nelle magagne della nostra società, in quei bozzoli di solitudine autoimposta che siamo arrivati a crearci tutti (ovviamente a livelli diversi), nell’incapacità ormai cronica di comunicare con amici e famiglia, preferendo confidare tutti i nostri problemi ad una rete di sconosciuti, nel bruciante desiderio di ottenere la fama o una vita facile a tutti i costi, nella cieca fiducia con cui abbocchiamo come pesci tonni ad ogni inganno di Internet, usandolo senza conoscerne i rischi. Non è un film perfetto e anzi, come ho accennato, è anche un po' infingardo perché utilizza troppi mezzucci per entrare nel cervello di chi ha la lacrima facile come la sottoscritta (soprattutto durante le storie dedicate alla coppietta o al ragazzino) ma lascia comunque spazio ad interessanti considerazioni anche all'interno degli episodi più banali.
La vicenda più interessante e "spiazzante" è sicuramente quella ambientata nel mondo delle chat erotiche perché racconta in maniera particolare il rapporto di apparente fiducia che si viene a creare tra una giornalista senza scrupoli e un ragazzo preso nelle maglie di un'organizzazione che sfrutta i giovani per spillare soldi ai pornomani sparsi in tutto il mondo. E' spiazzante perché è l'unica delle tre vicende a non offrire una facile soluzione né un lieto fine, per quanto triste, e nemmeno un'interpretazione univoca dei protagonisti, difficili da classificare come "buoni" o "cattivi" in quanto le loro scelte sono contemporaneamente tutte discutibili e accettabili (la giornalista è presa tra le smanie di successo e il sincero desiderio di aiutare Kyle, il ragazzo sarebbe pronto a rinunciare al proprio "lavoro" se avesse la certezza di un futuro, in caso contrario lascerebbe che il suo cyberpappone continuasse ad attirare nella rete altri minorenni disperati). Le altre due storie sono più toccanti, come ho detto, ma anche più banali e facili da processare e popolate, purtroppo, da personaggi che andrebbero presi a ceffoni dal mattino alla sera. Tra le due, ho comunque preferito la storia che ha per tema il cyberbullismo perché a tratti riesce a mostrare non solo l'ovvia solitudine della vittima e la stoltezza di familiari e compagni di classe ma anche il profondo disagio di almeno uno dei carnefici, che paradossalmente impara a conoscere il bersaglio del suo disgusto e a provare empatia proprio attraverso lo scherzo, cosa che rende il tutto ancora più tragico. Da applausi, inoltre, l'impietosa rappresentazione del vuoto che imperversa nelle menti degli adolescenti americani (e non solo americani ahimé), incarnato in uno sputo in piena faccia idealmente rivolto a tutti gli esponenti della generazione Bling Ring.
Per quanto riguarda la realizzazione, ho trovato geniale l'idea di lasciare priva di colonna sonora buona parte del film, cosa in grado di enfatizzare il senso di solitudine emanato dai personaggi e dalle situazioni presenti nella pellicola molto più della presenza degli stralci di chat riportati in tempo reale sullo schermo; inutile dire, però, che ho amato alla follia anche il tema portante On the Nature of Daylight di Max Richter, responsabile del 90% delle mie lacrime e semplicemente struggente. Tra gli attori, spiccano un Jason Bateman stranamente serio e intenso, l'ambigua Andrea Riseborough e il bravo Max Thieriot che, tolti (letteralmente o quasi) i panni del fratello di Norman Bates, dimostra di saperci fare anche con ruoli un po' più "importanti". In sostanza, Disconnect soffre qua e là di un lieve eccesso di moralismo e melodrammaticità ma è un film che mi è piaciuto molto e che forse avrebbe meritato di uscire in un periodo dell'anno in cui le nostre sale non fossero già invase dai meravigliosi pezzi grossi in odore di Oscar. Secondo me vale la pena recuperarlo, magari con un occhio di riguardo verso il proprio stato d'animo: se siete già depressi o avete avuto una giornata difficile esistono delle ottime commedie, affrontare Disconnect non è proprio il caso!
Di Jason Bateman (Rich Boyd), Hope Davis (Lydia Boyd), Michael Nyqvist (Stephen Schumacher) e Paula Patton (Cindy Hull) ho già parlato ai rispettivi link.
Henry Alex Rubin è il regista della pellicola. Americano, prima di Disconnect ha diretto due documentari, Who is Henry Jaglom? e Murderball. E’ stato anche attore, sceneggiatore e produttore.
Frank Grillo (vero nome Frank Anthony Grillo) interpreta Mike Dixon. Americano, ha partecipato a film come Minority Report, Mother’s Day, My Soul to Take – Il cacciatore di anime, Zero Dark Thirty, Gangster Squad e a serie come Sentieri, The Shield, Prison Break, CSI – Scena del crimine, Senza traccia e CSI: NY. Ha 50 anni e quattro film in uscita tra cui Capitan America: The Winter Soldier, Demonic e The Purge 2.
Andrea Riseborough interpreta Nina Dunham. Inglese, ha partecipato a film come Non lasciarmi, W.E. - Edward e Wallis e Oblivion. Ha 32 anni e quattro film in uscita.
Alexander Skarsgård (vero nome Alexander Johan Hjalmar Skarsgård) interpreta Derek Hull. Svedese, ha partecipato a film come Zoolander, Melancholia, Straw Dogs, Battleship e a serie come True Blood. Anche regista e sceneggiatore, ha 37 anni e tre film in uscita tra cui The Giver.
Max Thieriot (vero nome Maximillion Drake Thieriot) interpreta Kyle. Americano, lo ricordo per il ruolo di Dylan nella serie Bates Motel, inoltre ha partecipato a film come My Soul to Take – Il cacciatore di anime e Hates - House at the End of the Street. Ha 25 anni.
Il giovane Colin Ford, che interpreta l'odioso Jason, ha partecipato all'orrendo Under the Dome nei panni (più positivi) di Joe McAlister, mentre Haley Ramm, che interpreta la sorella di Ben, è stata una giovanissima Jean Grey in X-Men - Conflitto finale. Se Disconnect vi è piaciuto, potreste recuperare anche Crash: Contatto fisico e due film diretti da due ex star di Friends: Talhotblond di Courteney Cox e Trust, diretto da David Schwimmer. Nonostante non li abbia mai visti, dovrebbero trattare temi molto simili; fatemi sapere se sono validi, in caso contrario li toglierò dai consigli! ENJOY!
giovedì 1 dicembre 2011
Real Steel (2011)

Trama: siamo nel 2020, la normale boxe umana è stata sostituita da combattimenti tra robot. Charlie, un ex pugile oberato dai debiti, è costretto a tenere con sé per tutta l’estate il figlio che non vede da dieci anni; sarà proprio Max a trovare, in una discarica, il vecchio robot Atom e a insistere per farlo combattere. Comincerà così la riscossa di Charlie come padre e come atleta…

Come dicevo, e come mi aspettavo, Real Steel è molto carino. Non è sicuramente il film dell’anno, visto che la trama segue un canovaccio vecchio come il mondo e ci sono altri “limiti” che non gli hanno fatto fare il salto di qualità necessario per diventare cult, ma per le sue due ore e passa di durata si lascia assolutamente guardare (e non solo perché Jackman è un gran figo). Siamo davanti alla classica storia dove il genitore snaturato si ritrova tra le scatole un figlio che non vuole ed è costretto a portarselo dietro mentre cerca di continuare la propria (di solito fallimentare) attività e dove, man mano che si va avanti, proprio il rinnovato rapporto con il pargolo migliorerà sia la vita sia la personalità del protagonista, di solito con dovizia di riflessioni, spiegoni e momenti commoventi. Ecco, il bello di Real Steel è che gli spiegoni e le riflessioni non sono troppe, anche perché Charlie non pare davvero in grado di farne, ma c’è qualche momento commovente ad hoc che non risulta affatto pesante. Per il resto, il fulcro della pellicola sono i combattimenti tra robot e quella strana creatura che è Atom.

Il robot che da il via a tutta la vicenda, infatti, è un interessante ibrido. Gli effetti speciali di Real Steel sono estremamente ben fatti, grazie ad un giusto mix di CG ed Animatronics, ma in particolare Atom mantiene per tutta la durata della pellicola quell’aura “vintage”, di rottame rappezzato, che lo rende ancora più vero. E poi, pur non avendo un viso antropomorfo, i realizzatori sono comunque riusciti ad infondergli un’anima e un’espressività del tutto particolari, tanto che le interazioni con Max risultano quasi toccanti e gli allenamenti con Charlie si caricano di un significato assai particolare. Come pubblico, arriviamo a tifare spudoratamente per questo team di reietti durante tutti i combattimenti che ci vengono mostrati, a partire da quello allo zoo (con un “bestiario” di strepponeria umana mica da ridere!!) per arrivare a quello finale, assolutamente coinvolgente, tra Atom e il campione in carica Zeus, dove mi sono trattenuta a fatica per non mettermi urlare a mia volta incitando Charlie e il robot. Insomma, Real Steel sì, ma con un’anima. Non a caso Atom porta lo stesso nome dell’Astro Boy di Osamu Tezuka, Tetsuwan Atom in originale.

Quanto ai protagonisti umani, Hugh Jackman interpreta magistralmente la figura dell’ex boxeur privato della “voglia di vincere” e ridotto a vivere una vita di espedienti ma ancora capace di tirar fuori le palle quando necessario (e indossare una tutina niente male… ma sto divagando!!!!) e il ragazzino scafato e furbetto gli ruba spesso e volentieri la scena senza mai risultare antipatico. Purtroppo, però, il neo del film, oltre al fatto che lo score di Danny Elfman (a sto giro stranamente impersonale…) è sepolto da una quantità di pezzi reppusi zamarroni, è che non esistono villain degni di questo nome. Gli avversari di Atom sono delle scatolette senza personalità, i creatori di Zeus sono due gatti di marmo penalizzati da un orrendo doppiaggio italiano in quanto una russa e l’altro giapponese, e il solito Kevin Durand ripropone sempre lo stesso personaggio di redneck infighettato cialtrone e stronzo nell’animo (non che Evangeline Lilly si distacchi molto dal suo personaggio lostiano, eh…). Insomma, io sono convinta che un film simile, per potersi definire degnamente riuscito, necessiti di cattivi all’altezza, che possano far temere almeno per dieci minuti sulla sorte dei protagonisti. In questo modo, purtroppo, Real Steel rischierà invece di finire nel dimenticatoio molto presto. Ma per passare una serata al cinema è sicuramente un’ottima pellicola.

Di Hugh Jackman, che interpreta Charlie, ho già parlato qui, mentre Hope Davis, che interpreta zia Debra, la trovate qua.
Shawn Levy è il regista della pellicola. Canadese, ha diretto film come Una scatenata dozzina, The Pink Panther - La pantera rosa, Una notte al museo e Una notte al museo 2 - La fuga. Anche produttore e attore, ha 43 anni e un film in uscita.

Evangeline Lilly (vero nome Nicole Evangeline Lilly) interpreta Bailey. Attrice che, personalmente, ricorderò sempre come la Kate di Lost, ha partecipato a film come Judgment Day, Freddy vs Jason e a serie come That’s 70’s Show, Tru Calling, Smallville, Kingdom Hospital. Canadese, ha 32 anni e due film in uscita, The Hobbit: An Unexpected Journey e The Hobbit: There and Back Again.

Kevin Durand interpreta Ricky. Canadese, ha partecipato a film come Austin Powers – La spia che ci provava, Scooby – Doo 2 – Mostri scatenati, X – Men le origini – Wolverine e a serie come Oltre i limiti, E.R. Medici in prima linea, Taken, CSI, La zona morta, Senza traccia, CSI: Miami e Lost, inoltre ha doppiato un episodio della serie American Dad!. Ha anni 37 e due film in uscita.

James Rebhorn interpreta Marvin. Americano, ha partecipato a film come A proposito di Henry, Mio cugino Vincenzo, Basic Instinct, Scent of a Woman – Profumo di donna, L’olio di Lorenzo, Carlito’s Way, Independence Day, The Game – Nessuna regola, Il talento di Mr. Ripley, Ti presento i miei e Lontano dal paradiso. Ha 63 anni e un film in uscita.

Del film è già previsto un seguito, che dovrebbe uscire nel 2014. Quanto all’episodio Steel di Ai confini della realtà, mantiene la stessa idea di un mondo dove i combattimenti tra umani sono stati sostituiti da quelli tra robot, ma nel telefilm il protagonista decide di travestirsi e sostituire personalmente il vecchio robot danneggiato, a rischio della vita. Come sempre, la fantascienza di quegli anni riusciva ad essere molto più inquietante e “sovversiva” di quella attuale, nonostante i pochi mezzi. Detto questo, credo proprio che andrò a cercarmi Steel… magari lo trovo!! ENJOY!
domenica 13 dicembre 2009
Genova (2008)
Perso nei meandri della distribuzione inglese, perso in quelli della distribuzione italiana, e io per due anni a chiedermi perché. Il motivo l'ho scoperto ieri sera, andando al Film Studio di savona dove, con la "modica" cifra di 16 euro (tessera ARCI più costo del biglietto del cinema), ho finalmente visto quella leggenda metropolitana che era diventato Genova, girato nel 2008 da Michael Winterbottom. Il motivo per cui mi sono tanto fissata su questo film era essenzialmente la comparsata della mia migliore amica, che durante le riprese si era ritrovata per caso a passare davanti alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova (uno dei tanti set) ed era stata coinvolta con sommo piacere. Cara Noruzza, visto che sei riuscita a vederti solo tu, solo di spalle, e solo per 1 secondo, che non è valso l'ammorbo che ha colto me e il tuo ragazzo durante la visione, la prossima volta ti chiederei di capitare "per caso" sul set di un film della Troma, piuttosto. Grazie.
La trama è semplice e inutile. Un professore universitario e le sue due figlie decidono di trasferirsi a Genova per un anno, onde superare il trauma della morte della madre e moglie. Lì la figlia più piccola cerca di superare il senso di colpa per essere stata la causa dell'incidente mortale e continua a vedere (o crede di poterlo fare..) il fantasma della madre, mentre la figlia più grande si da al troieggio gratuito. In tutto questo il padre cerca di andare avanti nonostante il dolore.
Premettiamo una cosa: Genova non è una ghost story, come pensavo. Non è un horror, neppure blando, è un film che parla dell'elaborazione del lutto e del senso di colpa. Con un titolo come Genova, si sarebbe portati a pensare che i personaggi sarebbero stati aiutati od ostacolati in questo dalla città in questione, ma la verità è che "la Superba" non è assolutamente indispensabile. il film si sarebbe potuto chiamare Napoli, Poggibonsi, Ellera: non sarebbe cambiato di una virgola. Il titolo più calzante sarebbe stato "Storia di una bambina idiota", visto che tutto ruota sull'assoluta scemenza della figlia minore.
Infatti, a cominciare dal principio, la mocciosa imbrocca una cagata dopo l'altra: tappa gli occhi della mamma alla guida, che poveraccia non vede più e si va a schiantare. Costringe il padre a farsela a piedi da uno sperduto posto con un Monastero fino a Santa Margherita Ligure solo per cercarla. Alla fine riesce pure a causare un incidente stradale solo per non farsi schiacciare mentre attraversa la strada per inseguire l'immagine della madre. Ora, quello che mi chiedo è perché mai la madre, dopo essere morta in un modo così idiota, non abbia deciso di consacrare la propria non vita a rendere quella della figlia superstite un inferno sulla terra. Sarebbe stato meglio, anche perché i tre episodi da me citati, assieme alle scappatelle della figlia maggiore con cinque o sei dei più brutti ragazzi mai comparsi sul grande schermo, sono gli unici momenti "d'azione" di tutto il film, che per il resto è un lungo , banale e triste documentario su Genova.
Prendete tutti i luoghi comuni che possiate conoscere sulla città e avrete un'idea dell'operazione portata avanti da Winterbottom. Il regista comincia bene, mostrandoci l'aereoporto, la Sopraelevata, Palazzo San Giorgio, il Porto antico, Via del Campo, Via Balbi, Via Pre, la Via Nuova, Palazzo Ducale, ecc. ecc., ma poi scade nelle banalità più atroci. Il protagonista, appena arrivato, si compra un mortaio da 40 kg per fare il pesto a mano: nanni, nemmeno mia madre lo fa così, e arrivi tu dall'Inghilterra a fare il fico? Ma per favore. Si continua poi con vecchietti rincoglioniti che parlano come il Gabibbo, tossici e maniaci ad ogni angolo di strada, topi morti nei vicoli, le più brutte prostitute che si possano immaginare (roba da far rabbrividire De André), persino muratori che fanno cadere finestre e vetri sulle teste delle persone, Madonne in ogni angolo di strada, e ovviamente l'essenziale ed immancabile preconcetto sul maschio italiano visto come uno stronzo latin lover, possibilmente volgare come uno scaricatore di porto. Il tutto è condito da pregevole musica classica, eseguita per lo più a pianoforte, e dalla più deprimente scelta di canzoni italiane che si possa immaginare: Neffa e Jovanotti. Mettere De André in un film ambientato a Genova no, eh?
Winterbottom sceglie un taglio molto documentaristico ed amatoriale; la telecamera non sta mai ferma, le angolazioni di ripresa sono particolari, come se ogni cosa fosse filtrata dagli occhi di un turista ansioso di vedere tutto, di fare propria la città. Ma è l'unico vezzo del film, che sviluppa male il tema dell'elaborazione del lutto, facendo passare quasi in secondo piano la morte della madre, e sceglie di farla tornare alla mente, di tanto in tanto, con l'inutile presenza di questo fantasma che potrebbe anche non esistere, sebbene un paio di scene facciano pensare il contrario. In definitiva un film lento, inutile, francamente bruttino e per nulla commovente, anche a causa degli antipatici personaggi (il che è un peccato, perché gli attori sono tutti molto bravi, anche se penalizzati da un doppiaggio che non mi è piaciuto). Se cercate un bel film che parla di bambini messi di fronte alla morte di persone care, buttatevi a capofitto sullo splendido Papà ho trovato un amico. Se cercate una commovente storia di fantasmi, guardate The Orphanage o, piuttosto, Ghost. Ma evitate questo Genova, vi prego.
Del bravo e bello Colin Firth, che interpreta il protagonista, ho già parlato qui. Attualmente, è sugli schermi italiani anche con il film Dorian Gray.
Michael Winterbottom è il regista e anche produttore della pellicola. Ammetto che questo è l'unico suo film che abbia mai visto, e gli altri che ha girato non li conosco. Ha 48 anni e quattro film in uscita.
Hope Davis interpreta Marianna, la defunta moglie. Americana, la ricordo in film pregevoli come Mamma ho perso l'aereo, Il bacio della morte, Arlington Road - L'inganno, lo splendido Mumford, Cuori in Atlantide e A proposito di Schmidt. Ha 45 anni e due film in uscita.
Catherine Keener interpreta l'amica italiana del papà, Barbara. Sfatta ed invecchiata com'è, ho fatto fatica a riconoscerla come la sensuale Maxine dello splendido Essere John Malkovich. Tra gli altri suoi film segnalo Out of Sight, 8MM delitto a luci rosse e Simone. Ha 50 anni e cinque film in uscita.
Vi lascio ora con il trailer del film.... ENJOY? Ma anche no!