venerdì 30 giugno 2023
Elemental (2023)
venerdì 4 ottobre 2019
Bollalmanacco On Demand: Penelope (2006)
Trama: Penelope è una ragazza di buona famiglia che non è mai uscita di casa sua a causa di una maledizione. Per spezzarla, la madre apprensiva cerca da anni di combinarle un matrimonio con qualche giovane esponente dell'aristocrazia ma tutti scappano quando vedono il volto della povera Penelope.
Adoro l'On Demand. No, non è vero. Spesso lo odio, per svariati motivi, ma lo adoro quando mi consente, come in questo caso, di scoprire film assai poco conosciuti che alla fine toccano le mie corde nonostante la loro natura di sciocchezzuola divertente. Ecco, Penelope rientra nella categoria, essendo una deliziosa favola moderna a base di "principesse" maledette, in dolce attesa di un principe azzurro che corra a liberarle. In realtà, Penelope proprio una principessa non è. Definirla una versione dolce e intelligente di Paris Hilton potrebbe calzare a pennello e lo stesso dicasi per il principe azzurro (interpretato da un James McAvoy che avrebbe dovuto aspettare ancora un paio di annetti prima di assurgere al rango di attore di fama mondiale), scapestrato ex musicista col vizio del gioco d'azzardo. Date le premesse, si potrebbe pensare ad una versione ironica de La bella e la bestia a ruoli invertiti, in realtà Penelope sottolinea quasi fin da subito l'inutilità dei principi azzurri di qualunque schiatta, buoni o cattivi che siano, e il vero fulcro della questione è invece il rapporto tra Penelope e la madre, donna che, pur con le migliori intenzioni, rende la maledizione della ragazza ancora più pesante, costringendola ad isolarsi da resto del mondo invece di insegnarle ad accettarsi per quello che è: "la vera te stessa è dentro di te", in questo caso, non è proprio una massima da seguire al 100%, perché presuppone una scissione tra la Penelope maledetta e quella post-maledizione, denigrando la prima quando, di fatto, sono la stessa bellissima persona. E' per questo che Penelope, oltre ad essere popolato di personaggi borderline e divertenti, riesce spesso ad essere commovente, in particolare se lo spettatore si lascia conquistare dagli occhi dolci e sognanti di Christina Ricci, com'è successo a me. E ci fosse solo lei nel cast!
Tolti la Ricci e McAvoy, caruccissimo nonostante la capigliatura inguardabile, ad arricchire Penelope ci sono la mai troppo apprezzata Catherine O'Hara nei panni della madre petulante ed esageratamente emotiva, l'elegantissimo Richard E. Grant, al quale non servono parole per esprimere tutta l'esasperazione inglese davanti alle mattane della moglie, e due guest star d'eccezione come Peter Dinklage (al quale viene riservato uno degli esordi più esilaranti di un personaggio sullo schermo) e Nick Frost che, a onor del vero, non fa granché ma è sempre bello da vedere. E sì, c'è anche Reese Witherspoon ma siccome si limita a ritagliarsi una particina per benedire la sua prima impresa da produttrice direi che non c'è molto di cui parlare in merito. Il cast già "stellare" viene supportato inoltre da un comparto scenografie e costumi davvero niente male, che conferisce a Penelope un'aria svagata, da colorata favola moderna. La stanza di Penelope, colma di richiami alla natura e di terrari, di piante protette da cupole di vetro in parallelo con la condizione della protagonista, è un piccolo paradiso casalingo mentre gli abiti da lei indossati, al di là dell'inquietante sciarpa utilizzata per nascondere gli effetti della maledizione, sono deliziosi, perfetti per la personalità raffinata e un po' sognatrice di colei che li indossa. Come al solito, concludo l'On Demand ringraziando in questo caso Silvia per la dritta, è stato molto divertente guardare Penelope e lo consiglio a chi non avesse ancora avuto l'occasione di "incrociarlo".
Di Richard E. Grant (Frankilin Wilhern), Catherine O'Hara (Jessica Wilhern), Christina Ricci (Penelope Wilhern), Peter Dinklage (Lemon), James McAvoy (Johnny/Max), Nick Frost (Max), Reese Witherspoon (Annie) e Russell Brand (Sam) ho già parlato ai rispettivi link.
Mark Palansky è il regista della pellicola. Canadese, ha diretto film come Rememory ed episodi di serie quali Una serie di sfortunati eventi. Anche produttore e sceneggiatore, ha un film in uscita.
martedì 31 ottobre 2017
Monster House (2006)
Trama: DJ è un ragazzino curioso che passa le giornate ad osservare il vicino di casa, un anziano e rabbioso signore che impedisce a chiunque di avvicinarsi alla sua dimora. Proprio per colpa di un contrasto con DJ, l'uomo viene un giorno portato via dall'ambulanza e la casa priva di guardiano si rivela pericolosamente viva e famelica...
Correva l'anno 2006 e la Bolla Australiana si fiondava al cinema spinta dalla pubblicità e dalle recensioni entusiaste piovute addosso a Monster House, per uscire dal cinema ovviamente galvanizzata, nonostante le difficoltà linguistiche e l'assenza di sottotitoli. Undici anni dopo posso dire che Monster House, anche visto in italiano su uno schermo piccino, non ha perso verve e che rimane un piccolo gioiellino d'animazione, nonché un esempio di come si possa realizzare un ottimo film horror per ragazzi. Non lasciatevi infatti ingannare dall'utilizzo dell'animazione (o, meglio, della motion capture): Monster House sarà anche, e ci mancherebbe, privo di sangue, torture o violenze gratuite ma E' comunque un horror, non una belinata edulcorata per venire incontro ai bisogni dei più piccini. Inoltre, grazie a numi tutelari come Steven Spielberg e Robert Zemeckis è un horror per ragazzi dalle atmosfere molto anni '80 e la sceneggiatura racchiude molti degli stilemi di pellicole quali Scuola di mostri, Goonies, Non aprite quel cancello, per non parlare poi dei richiami a Poltergeist - Demoniache presenze (è un caso che Gil Kenan sia finito a dirigere quell'inutile remake? Noi del Bollalmanacco pensiamo di no!) o all'onnipresente Stephen King (omaggiato più volte durante il film). I protagonisti di Monster House sono tre ragazzini normalissimi e anche un po' sfigati, ai quali capita di venire "toccati" dal sovrannaturale proprio durante una tranquilla vigilia di Halloween in cui il personaggio principale, DJ, viene lasciato solo dai genitori. Nel corso del film, DJ, Timballo e Jenny non si trovano solo ad avere a che fare con la casa infestata del titolo ma anche e soprattutto con l'idea di mortalità, con la consapevolezza che gli adulti non saranno sempre lì a togliere le castagne dal fuoco per loro (se mai ci sono stati), che le persone sono molto più complesse di come appaiono, che crescere non significa abbandonare banalmente i passatempi d'infanzia bensì diventare consapevoli di noi stessi e degli altri pur continuando a fare "dolcetto o scherzetto" con gli amici scemi. Il tutto mentre una casa senziente e maligna cerca di divorarli, dopo che per anni l'inquietante padrone ha terrorizzato il vicinato con divieti d'accesso, urla e soprusi, senza contare che persino la babysitter e il suo ragazzo sono cattivissimi con DJ. Insomma, disagio e brividi a palate, il che rende Monster House non proprio adattissimo a un pubblico di bambini piccoli.
Le atmosfere cupe del cartone vengono appena mitigate da un umorismo nero e da battute che starebbero bene in una commedia per adulti eppure c'è anche spazio per almeno un momento di sincera commozione; anche lì, è un sentimento che probabilmente non tutti i giovani spettatori potranno capire poiché mescola dolore, rabbia, desiderio di vendetta e amore e offre il fianco a delle considerazioni molto tristi ed inquietanti, inusuali per un cartone animato. A fronte di tutte queste particolarità, bisogna dire che la confezione di questo gioiellino è altrettanto preziosa. Primo film dalla sceneggiatura originale ad essere stato girato quasi interamente con la tecnica della motion capture (Zemeckis, qui produttore, aveva già realizzato nel 2004 Polar Express), porta sullo schermo personaggi dall'aspetto caricaturale ma gradevole e, soprattutto, delle animazioni già molto fluide. L'aspetto horror è interamente racchiuso nel sembiante della casa e viene reso non solo grazie all'incredibile accuratezza con cui gli animatori hanno dotato l'edificio di caratteristiche antropomorfe ma anche ad un valido uso di luci, ombre e inquadrature, interamente derivate dalla tradizione horror: la casa di Amityville è la prima che salta alla mente ma ci sono anche echi raimiani negli alberi del giardino, che si animano nemmeno fossimo in un Evil Dead qualsiasi. Purtroppo, agli Academy Award del 2007 gli è stato preferito Happy Feet (pur diretto da un George Miller probabilmente drogato, per carità!), a dimostrazione di come qualunque cosa vagamente in odore di horror venga guardata ancora con sospetto dai maledetti vecchiacci dell'Academy; altra cosa che mi stupisce, sul web di Monster House si parla poco ed è un peccato perché è una pellicola ottimamente scritta e realizzata, che meriterebbe un ripescaggio e miglior considerazione!
Del regista Gil Kenan ho già parlato QUI. Steve Buscemi (Neddercracker), Catherine O'Hara (Mamma), Fred Willard (Papà), Maggie Gyllenhaal (Zee), Jason Lee (Punk), Kevin James (Agente Landers) e Kathleen Turner (Constance) li trovate invece ai rispettivi link.
La doppiatrice della bambinetta all'inizio, l'attrice Ryan Newman, sarebbe poi finita a fare la figlia di Fin Sheperd nel terzo e quarto capitolo della saga Sharknado mentre il doppiatore originale di Freak è Jon Heder, alias Napoleon Dynamite. In fase di realizzazione la sceneggiatura è stata tagliata e modificata in un paio di punti: in particolare, per ottenere un PG rating si è dovuto fare uscire dalle fondamenta della casa le vittime inghiottite durante il film (più o meno per lo stesso motivo due bulletti che DJ attira consapevolmente nella casa per usarli come esche non sono stati inseriti nella pellicola) mentre il fatto che Punk e Freak fossero parte dello stesso gruppo musicale è semplicemente stato lasciato fuori dalla pellicola. Detto questo, se Monster House vi fosse piaciuto recuperate ParaNorman, Coraline e la porta magica e magari anche Scuola di mostri. ENJOY!
venerdì 8 settembre 2017
Bollalmanacco On Demand: Fuori orario (1985)
Trama: un impiegato conosce per caso una ragazza in un bar e, affascinato, decide di rivederla. Il nuovo appuntamento non va come sperato e la serata si trasforma in un incubo...
Nonostante non sia un horror, Fuori orario è un film capace di mettermi un'angoscia incredibile, alla faccia del suo status di "commedia grottesca". Assistere alle peripezie del protagonista, impossibilitato a tornare a casa, costretto a ripercorrere continuamente i suoi passi e a contare sull'aiuto di persone poco affidabili o completamente folli, è sempre stato fonte di disagio per me e tutte le volte arrivo alla fine di Fuori orario senza fiato. Incubo kafkiano (si veda il dialogo tra Paul e il buttafuori del Berlin) potrebbe essere la definizione giusta per una pellicola che fa dell'assurdo il suo punto di forza e, in quanto opera scorsesiana, "punisce" chi osa sconfinare in un territorio non suo senza conoscerne le regole (se mai ce ne sono, visto che di notte non ne esistono, come dichiara Dick Miller a un certo punto): d'altronde, come può un programmatore, abituato al freddo ma comprensibile calcolo dei computer, riuscire ad affrontare la Soho zeppa di artisti, creature della notte e psicotici di ogni razza? Il povero Paul ci prova, però. La rassicurante carrellata iniziale sulle note di Mozart ha un atmosfera rilassata di caos controllato, in aperto contrasto con quello che verrà dopo. Il protagonista è in ufficio a spiegare il lavoro ad un novellino che ammette di non aspirare ad un futuro in quel campo e lo sguardo di Paul, insofferente, spazia sul resto dei colleghi, ambendo palesemente ad altro; quando lo ritroviamo in un bar a leggere Tropico del Cancro capiamo che Paul vorrebbe "vivere di avventure", per dirla alla Belle, fare parte anche solo per poco tempo di quegli ambienti sordidi ma vitali, zeppi di promesse di sesso e trasgressione, di cui lui (al sicuro dei cancelli dorati di un paradiso medioborghese) può solo fantasticare. Seguendo la massima "beware what you wish for", davanti a Paul compare Marcy, bella, bionda e fragile, che gli propone di andare a Soho per comprare un fermacarte dalla sua coinquilina, l'artista Kiki, e gli lascia il numero di telefono. L'apparecchio telefonico, veicolo di frustrazione e incomprensibilità che accompagnerà Paul per tutto il film, segna l'inizio dell'incubo di cui sopra, dal momento in cui il protagonista chiamerà per avvisare Marcy e Kiki del suo arrivo e scoprirà di aver esercitato la sua volontà per l'ultima volta, condannandosi ad una nottata terrificante solo per aver sperato di portarsi a letto un'affascinante bionda. Il resto degli eventi raccontati nel film, infatti, non dipende affatto dal libero arbitrio di Paul bensì da un'assurda serie di sfighe, fraintendimenti, mezze parole e un senso crescente di terrore che bloccano il nostro anti-eroe in un mondo incomprensibile che non ha pietà verso gli "estranei", verso quelli che sperano di afferrare uno scampolo di "libertà" senza lasciare nulla in cambio o gli sprovveduti che sottovalutano quella che di fatto è una giungla urbana (uscire solo con 20 dollari? Ma siamo seri!).
Scorsese, con la sua regia movimentata e il serratissimo montaggio di Thelma Schoonmacher a tagliare e cucire le immagini seguendo il ritmo del ticchettare delle lancette, nasconde insidie in ogni inquadratura e per ogni promessa di sesso o salvezza inserisce anche un elemento capace di richiamare malattie, morte o pericolo: le trappole per topi, l'illusione di un corpo devastato dalle bruciature, il fuoco, le mise sadomaso, persino i ritagli di giornale suonano come campanelli d'allarme nella mente sempre più frastornata di Paul e in quella ormai pronta a tutto dello spettatore, al punto che ogni persona e ogni luogo, anche i più normali, sembrano nascondere qualcosa di folle. Paul, impreparato ad un simile ambiente e probabilmente debole di carattere, subisce così una depersonalizzazione fortissima e diventa ciò che gli altri vogliono o pensano che sia ed è sconvolgente vedere l'interpretazione di Griffin Dunne mentre precipita sempre più nel baratro della perdita d'identità. Partendo dalla camicia, cambiata da Kiki quando Paul accetta di aiutarla a realizzare la sua statua in cartapesta, fino ad arrivare al taglio mohawk, il protagonista subisce un cambiamento fisico e di stile al quale cerca di opporsi disperatamente ogni volta che può (è bellissimo vedere Griffin Dunne che cerca di lisciarsi i capelli allo specchio, come a ritrovare un'immagine di sé riconoscibile) finché a un certo punto decide di assecondare la realtà che lo circonda per salvarsi la vita e a un certo punto arriva persino a scomparire. Sì, Paul scompare due volte, una poco prima del finale e una nel finale stesso, in cui il protagonista torna nel luogo a lui più congeniale, dove finirà per passare inosservato nella marea di persone identiche a lui, tutte prese da un lavoro insoddisfacente che impegna gran parte del loro tempo e delle loro energie. Al sicuro, ma forse infelice per sempre, chissà? Scorsese, così come la sceneggiatura di Joseph Minion (lo stesso di Stress da vampiro, aiuto!), non danno risposte precise ma l'idea sembra comunque essere quella di mantenere lo status quo e non mescolare "tribù" diverse, pena la distruzione di entrambe, ché se a Paul non va bene la serata, ad alcuni membri del "popolo della notte" va anche peggio. Probabilmente, alla fine l'Icaro Paul non si avvicinerà mai più al "sole" e, anzi, avrà solo aumentato i pregiudizi verso la Soho notturna, gli stessi che sono serviti prima ad avvicinarlo a quel mondo alieno e poi a commettere tanti sbagli ed imprudenze nel giro di 8/9 ore. Qualunque sia il significato recondito di Fuori orario, comunque, sta di fatto che la pellicola è l'ennesimo capolavoro di Scorsese, magari meno conosciuto di altri e anche per questo ancor più consigliato... anche perché è uno dei pochissimi film pesantemente anni '80 a non essere invecchiato di un solo giorno!
Del regista Martin Scorsese, che interpreta anche il tecnico delle luci al Club Berlin, ho già parlato QUI. Griffin Dunne (Paul Hackett), Rosanna Arquette (Marcy), Linda Fiorentino (Kiki), John Heard (Tom il barista), Cheech Marin (Neil), Catherine O'Hara (Gail) e Dick Miller (Cameriere) li trovate invece ai rispettivi link.
Verna Bloom interpreta June. Americana, ha partecipato a film come Animal House, L'ultima tentazione di Cristo e a serie quali Il tenente Kojak. Ha 78 anni.
Tommy Chong interpreta Pepe. Canadese, membro del duo comico Cheech and Chong, ha partecipato a film come Up in Smoke, Barbagialla, il terrore dei sette mari e mezzo e a serie quali Miami Vice, Nash Bridges, I viaggiatori, Dharma & Greg e That's 70's Show; come doppiatore ha invece lavorato per i film Ferngully - Le avventure di Zak e Crysta, Zootropolis e per episodi di serie quali South Park e Uncle Grandpa. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 79 anni e un film in uscita.
Teri Garr interpreta Julie. Indimenticabile Inga di Frankenstein Junior., ha partecipato ad altri film come Incontri ravvicinati del terzo tipo, Tootsie, La stangata 2, Scemo & più scemo, Michael, Ghost World e a serie quali Batman, Star Trek, Hunter, MASH, I racconti della cripta, Sabrina vita da strega, Friends e ER Medici in prima linea. Americana, ha 70 anni.
Will Patton (vero nome William Rankin Patton) interpreta Horst. Americano, lo ricordo per film come Cercasi Susan disperatamente, Il cliente, Armageddon - Giudizio finale, The Mothman Prophecies - Voci dall'ombra e The Punisher, inoltre ha partecipato a serie come Numb3rs, 24 e CSI - Scena del crimine. Ha 63 anni e due film in uscita.
Bronson Pinchot interpreta Lloyd. Americano, lo ricordo per film come Beverly Hills Cop, Una vita al massimo, Beverly Hills Cop III e I Langolieri, inoltre ha partecipato a serie quali Una famiglia del terzo tipo, Clueless e ha lavorato come doppiatore per episodi di Mucca e pollo, Io sono Donato Fidato e Angry Beavers. Ha 58 anni.
Nel caffé dove Paul incontra Marcy per la prima volta si possono scorgere, alle spalle dei protagonisti, la madre e il padre di Scorsese. Il regista, peraltro, ha accettato di dirigere Fuori orario a causa dei ritardi legati alla produzione de L'ultima tentazione di Cristo; se tutto fosse andato "liscio" avrebbe invece potuto essere Tim Burton a finire dietro la macchina da presa, in quanto era stato la seconda scelta dei produttori dopo avere visto Vincent. Detto questo, se Fuori orario vi fosse piaciuto potete provare Velluto blu oppure Magnolia. ENJOY!
mercoledì 27 febbraio 2013
Frankenweenie (2012)
Trama: Victor è un geniale ma solitario bimbo con un solo, grande amico, il suo cagnolino Sparky. Quando quest'ultimo muore a causa di un incidente il ragazzino riesce a riportarlo in vita come un novello Frankenstein, ma presto la voce si sparge e per Victor cominciano i guai...
Correva l'anno 1984 e un Tim Burton allora ventiseienne decideva di girare il corto in bianco e nero Frankenweenie, beccandosi gli strali della Disney prima e il licenziamento poi, perché i boss credevano che un'opera simile, da dover proiettare prima della riedizione di Pinocchio, avrebbe traumatizzato i poveri pargoli innocenti. Sono passati gli anni, Burton è diventato giustamente famoso, i tempi sono cambiati e nel 2012 è stata proprio la Disney a produrre il lungometraggio a cartoni animati basato su questo vecchio corto. Dove prima c'erano Shelley Duvall e altri attori in carne ed ossa adesso ci sono dei pupazzini dalle fattezze inquietanti e portati in vita grazie alla stop-motion, tecnica tanto amata dal regista, ma ciò che sta alla base di entrambe le opere è sempre quella poetica del Diverso di cui Burton è supremo cantore: l'impossibilità di uniformarsi alla piatta vita di provincia, l'ottusità delle persone ignoranti, la fondamentale innocenza e bontà dell'outsider, considerato "mostro" e conseguentemente pericoloso in quanto lontano dai canoni universali che decretano la bellezza e la normalità, sono temi che possiamo trovare nei film del regista fin dai tempi di Edward Mani di Forbice e che si riaffermano prepotentemente anche in questo Frankenweenie.
Mantenendo coerentemente i punti chiave della trama e i valori di fondo del corto dell'84, Tim Burton reinventa Frankenweenie a beneficio delle nuove generazioni e si diverte come un matto, creando un bellissimo lungometraggio che mescola divertimento, suspance e momenti di commozione, nel quale il regista si sbizzarrisce riversando tutto l'amore per i vecchi horror, per i personaggi che hanno segnato la sua infanzia e anche un po' per sé stesso, diciamolo. Ed è così che, al di là dell'ovvio omaggio a Frankenstein che sta alla base della sceneggiatura, il logo Disney si trasforma in un meraviglioso castello degno del Conte Dracula, il piccolo ed inquietante Edgar "E" Gore diventa la versione bambina dei mostruosi e servili gobbi tipici del cinema di genere, i compagni di scuola di Victor ricordano la Lydia di Beetlejuice, la Staring Girl della raccolta La morte malinconica del bambino ostrica ed altri racconti e lo stesso Boris Karloff, il professor Rzykruski ha lo stesso sembiante del compianto (e amatissimo dal regista) Vincent Price e sul finale viene tirato fuori un bestiario di mostri ragguardevole, dal cagnolino/mummia alla tartaruga/Gamera, dal gatto/Dracula alle scimmiette/Gremlins, per finire con un inquietantissimo ratto mannaro. La tecnica della stop-motion è ormai diventata un’arte in grado di mostrare allo spettatore movimenti fluidi e scene dinamiche, il bianco e nero con cui è girata la pellicola è nitido e molto evocativo e anche la colonna sonora di Danny Elfman sembra essere tornata ai fasti delle prime, storiche collaborazioni con Tim Burton.
Ovviamente, anche il character design dei pupazzini e la realizzazione degli ambienti sono molto curati e assai distintivi e non c’è nessun personaggio o dettaglio che non richiami almeno uno dei lavori precedenti del regista (c’è anche un omaggio a Christopher Lee che, pur non essendo annoverato tra i doppiatori, viene mostrato nei panni di Dracula mentre i genitori di Victor guardano il suo film alla tv). Qualcuno potrebbe dire “e che palle! Burton alla fine rigira sempre la stessa frittata!”, io invece mi sono vissuta questo tratto caratteristico di Frankenweenie come un modo per omaggiare i fan del regista, che ne hanno dovuto sopportare il declino artistico a partire dall’immondo Planet of the Apes (con qualche guizzo di ripresa di tanto in tanto, per esempio Sweeney Todd) e, sinceramente, spero che la pellicola diventi una sorta di punto di passaggio che possa consentire a Burton di lasciarsi finalmente alle spalle il passato e cominciare a rinnovarsi senza snaturarsi. Nell’attesa, Frankenweenie è comunque un film godibilissimo sia per gli estimatori del regista sia per quelli che magari non lo conoscono ancora, la storia in sé è entusiasmante, dolce e divertente, i personaggi principali sono tratteggiati con una sensibilità incredibile (verrebbe voglia di avere un cucciolo meraviglioso come Sparky, che si presta persino a far da attore per film girati in casa!!) e quelli di contorno rubano spesso la scena ai protagonisti. Da gattara, per esempio, mi sono totalmente innamorata del Signor Baffino e del suo inquietante modo di predire il futuro attraverso gli escrementi, e il destino del povero micio è l’unica cosa che rimprovero a Burton: sono rimasta a guardare fino alla fine i titoli di coda sperando in qualche risvolto particolare e invece nulla, cattivo Tim!! E bentornato, finalmente.
Del regista e cosceneggiatore Tim Burton ho già parlato qui. Catherine O'Hara (la doppiatrice originale di Mrs. Frankenstein, Weird Girl e della professoressa di ginnastica) e Winona Rider (Elsa Van Helsing) le trovate invece ai rispettivi link.
Martin Short (vero nome Martin Hayter Short) è il doppiatore originale di Mr. Frankenstein, Mr. Burgemeister e Nassor. Canadese, lo ricordo per film come Salto nel buio, In fuga per tre, Il padre della sposa, Finché dura siamo a galla, Il padre della sposa 2, Mars Attacks!, Da giungla a giungla, Alice nel Paese delle meraviglie (il film TV) e Mumford. Come doppiatore ha lavorato nei film Il principe d'Egitto, Il pianeta del tesoro e Madagascar 3 - Ricercati in Europa, inoltre ha partecipato a serie come Love Boat, Weeds e How I Met Your Mother. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 62 anni e un film in uscita, Dorothy of Oz.
Martin Landau è il doppiatore originale di Mr. Rzykruski. Americano, lo ricordo per film come Intrigo internazionale, Cleopatra, Sliver, Ed Wood (che gli è valso l'Oscar come miglior attore non protagonista), X- Files - Il film e Il mistero di Sleepy Hollow, inoltre ha partecipato a serie come Ai confini della realtà, Missione impossibile, Colombo, La signora in giallo, Alfred Hitchcock presenta e ha doppiato un episodio de I Simpson. Anche produttore, ha 84 anni e quattro film in uscita.
Edward “E” Gore viene doppiato, in originale, dal piccolo Atticus Shaffer, ovvero l’orrido moccioso faccia di ratto che possiamo vedere nell’altrettanto orrido Il mai nato mentre Conchata Ferrel, doppiatrice della grassa madre di Bob, era già apparsa in Edward mani di forbice. Al momento Burton parrebbe “disoccupato”, ma se Frankenweenie vi è piaciuto consiglio la visione di ParaNorman, Coraline e la porta magica (omaggiato con la comparsa di un gatto assai simile a quello presente nel cartone animato di Henry Selick), La sposa cadavere e ovviamente The Nightmare Before Christmas. ENJOY!!
sabato 21 gennaio 2012
Beetlejuice - Spiritello porcello (1988)

Trama: Adam e Barbara sono due sposini felici che, un brutto giorno, muoiono a causa di un incidente. Come fantasmi, tornano nella loro casa solo per vederla invasa dai Deetz, una famiglia di eccentrici yuppies con una figlia malinconica e darkettona, Lydia. Incapaci di scacciare gli “invasori” con le loro sole forze, Adam e Barbara sono costretti a chiedere l’aiuto di Beetlejuice, famigerato e strampalato bio-esorcista…

Beetlejuice è uno dei motivi per cui mi verrebbe voglia di picchiare Burton, ora come ora. Agli inizi della sua oscura, particolare, splendida carriera il buon Tim era all’apice della creatività, in grado di confezionare film assolutamente imprevedibili, popolati da personaggi indimenticabili e meravigliosi, oltre che di gettare i semi per quelle che sarebbero poi diventate le sue pellicole più popolari (fanatici di The Nightmare Before Christmas, ditemi voi se i vermi della sabbia non sono identici ad un paio di pupazzi costruiti da Jack e company, e se la cima della giostra che ad un certo punto compare in testa a Beetlejuice non è uguale alla faccetta dello stesso Jack!!). Adesso, e mi fa male dirlo, il regista ricicla spesso e volentieri sé stesso, come mostrano le foto dal set del nuovo Dark Shadows, dove Johnny Depp è un incrocio tra il Cappellaio Matto di Alice in Wonderland, il Willy Wonka de La fabbrica di cioccolato e il Joker di Batman. Asciugo una lacrima di frustrazione e vado avanti.

Cosa c’è di bello in questo Beetlejuice? Tutto. Tutto, tutto, tutto. E’ innanzitutto geniale l’idea di ribaltare il comune cliché horror della casa infestata, dove sono i morti che “disturbano” i vivi, e decidere di mostrarci un’ingenua coppia di fantasmi la cui non-vita viene messa sottosopra dall’arrivo dei chiassosi, antipatici viventi. E’ divertente vedere un aldilà anche troppo reale, fatto di sale d’attesa, uffici, noiosa burocrazia, libri che sembrano manuali d’istruzioni più che esoterici tomi su quel che ci aspetta dopo la morte. E’ fondamentale l’uso della stop – motion, a partire dai già citati vermi della sabbia per arrivare alle statue semoventi di Delia o al Beetlejuice serpente. E questo solo per cominciare, perché le due cose che rendono davvero unico questo film sono la bravura di Michael Keaton e la colonna sonora.

Keaton mette tutto sé stesso nell’interpretare l’essere assolutamente schifoso e divertente che è Beetlejuice. Sotto un trucco che lo rende letteralmente irriconoscibile (altro che Johnny Depp!!), nonostante il tempo in cui il personaggio compare nel film sia minore rispetto a quello concesso agli altri, l’attore regala ai posteri uno dei “mostri” più indimenticabili del cinema fantastico. Logorroico, laido, cialtrone, a tratti anche pericoloso, da il suo meglio nelle indimenticabili sequenze dell’esumazione all’interno del plastico (altro colpo di genio di sceneggiatori e registi) e durante il matrimonio forzato con Lydia, quando prima del fatidico sì riesce a rievocare in due secondi netti tutta la felice vita da single. E poi, si diceva, la colonna sonora. Oltre al preponderante, bellissimo score del solito Danny Elfman quello che è davvero importante in Beetlejuice è l’utilizzo delle canzoni di Harry Belafonte, del “calypso”. Oltre ad essere un genere decisamente inusuale da inserire all’interno di un horror, da vita ad una delle sequenze più belle della storia del cinema (senza esagerare, davvero!!), quella in cui gli “invasori” umani vengono posseduti durante la cena e cominciano a cantare e ballare al ritmo della Banana Boat Song, Day – O, prima di venire aggrediti dal cocktail di gamberi! Senza dimenticare il bellissimo finale scandito dall’altrettanto divertente e trascinante Jump in the Line, una delle mie canzoni preferite. Mi sembra strano che chi legge questo blog non abbia mai visto Beetlejuice, ma in caso ve lo consiglio caldamente, come avrete capito. Chi invece ha già avuto l’onore, lo riguardi, che non fa mai male!

Del regista Tim Burton, Michael Keaton (Beetlejuice), Winona Ryder (Lydia), Glenn Shadix (Otho) e Catherine O’Hara (Delia) ho già parlato nei rispettivi link.
Alec Baldwin (vero nome Alexander Rae Baldwin III) interpreta Adam. Uno dei più famosi attori americani e membro di una famiglia assai attiva in campo cinematografico (i fratelli sono Stephen, William e Daniel Baldwin, tutti attori), lo ricordo per film come Una vedova allegra… ma non troppo, Una donna in carriera, Talk Radio, Caccia a Ottobre Rosso, Bella, bionda.. e dice sempre sì, Il sospetto, Americani, L’uomo ombra, L’urlo dell’odio, Codice Mercury, I Tenenbaum, Il gatto… e il cappello matto, … e alla fine arriva Polly, The Aviator, Elisabethtown e Dick e Jane – Operazione furto. Ha inoltre doppiato Come cani e gatti, Spongebob il film, episodi delle serie Due fantagenitori, I Simpson, Spongebob Squarepants e partecipato a telefilm come Friends, Nip/Tuck, Will & Grace e 30 Rock. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 53 anni e cinque film in uscita, tra cui il Bop Decameron di Woody Allen.

Geena Davis (vero nome Virginia Elisabeth Davis) interpreta Barbara. Attrice famosissima negli anni ’80 e primi ’90, ex moglie dell’altrettanto famoso attore Jeff Goldblum, la ricordo per film come l’inquietante La mosca, il cult Le ragazze della terra sono facili, Thelma & Louise (che le è valso l’Oscar come migliore attrice protagonista), Ragazze vincenti e Stuart Little – Un topolino in gamba (con i suoi due seguiti), inoltre ha partecipato a serie come Supercar, Fantasilandia, Riptide, Casa Keaton e Will & Grace. Americana, anche produttrice e sceneggiatrice, ha 55 anni.

Jeffrey Jones interpreta Charles Deetz. Ottimo caratterista americano, lo ricordo per film come Amadeus, Howard … e il destino del mondo, Caccia a Ottobre Rosso, Ed Wood, L’avvocato del diavolo, il bellissimo L’insaziabile, Il mistero di Sleepy Hollow, Stuart Little – Un topolino in gamba e Heartbreakers – vizio di famiglia, inoltre ha partecipato a serie come Il tenente Kojak, Ai confini della realtà, Oltre i limiti. Ha 65 anni e un film in uscita.

Sylvia Sidney (vero nome Sofia Kosow) interpreta Juno. Attrice americana, famosissima negli anni ’30 e attiva comunque fino ai ’90, ha partecipato a film come La maledizione di Damien e Mars Attacks!, oltre a serie come Starsky & Hutch, Love Boat e Magnum P.I. E’ morta nel 1999 per un cancro alla gola (profetico Burton!!), all’età di 88 anni.

Robert Goulet interpreta Maxie. Caratterista americano che avrete visto almeno 1000 volte durante gli anni ‘80/’90, lo ricordo aver partecipato a Una pallottola spuntata 2 e ½: l’odore della paura e a serie come Love Boat, Fantasilandia, La signora in giallo, L’ispettore Tibbs. E’ morto nel 2007 per una fibrosi polmonare, all’età di 73 anni.

E ora un paio di curiosità. Originariamente, Beetlejuice doveva essere un horror tout court e il personaggio del titolo un demone alato che scendeva sulla terra in forma umana per uccidere i Deetz. Il ruolo di Lydia sarebbe stato molto ridimensionato, in quanto avrebbe dovuto essere la sorella di sei anni (personaggio assente dalla versione definitiva) quella in grado di vedere i fantasmi; inoltre, tra le sequenze previste ci sarebbe stata la trasformazione della piccola in un topo rabbioso e il tentativo di stupro da parte di Beetlejuice ai danni di Lydia. Francamente, preferisco il Beetlejuice che conosco! Ma rimaniamo in tema “quel che avrebbe potuto essere”. Tim Burton avrebbe voluto il suo idolo d’infanzia Sammy Davis Jr. nel ruolo di Beetlejuice, ma si è beccato il veto dagli studios; per quanto riguarda Catherine O’Hara, la sua scelta deriva dal fatto che Anjelica Huston in quel periodo aveva problemi di salute, mentre in lizza per il ruolo di Lydia c’erano nomi come Juliette Lewis (che ha fatto il provino ed è stata scartata), Sarah Jessica Parker, Brooke Shields e Jennifer Connelly (che hanno direttamente rifiutato la parte). Dal film è stata tratta nell’89 la serie animata Beetlejuice che, se non ricordo male, è arrivata anche in Italia. Più che cercare la serie in questione, però, se vi fosse piaciuto il film vi consiglio di recuperare tre capisaldi della commedia horror come La morte ti fa bella, Gremlins e La famiglia Addams. ENJOY!
lunedì 2 agosto 2010
Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi (2004)
In questi ultimi tempi le librerie sono invase da (spesso mediocri) libri sui vampiri e simili amenità, ma se riuscite ad arrivare al reparto della letteratura per ragazzi e ad evitare i mille succhiasangue che ammiccano dalle copertine e scavate un po’, scoprirete una serie di tredici libri scritta dal fantomatico Lemony Snicket: Una serie di sfortunati eventi. Per quanto il tredicesimo libro sia un po’ deludente vale la pena di leggerla, ve lo assicuro. E vale la pena guardare questo delizioso film tratto dai primi tre libri, Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi (Lemony Snicket’s A Series of Unfortunate Events), diretto nel 2004 da Brad Silberling.
La trama: i tre fratellini Baudelaire, Violet, Klaus e la piccola Sunny rimangono orfani e privi di casa a seguito di un terribile incendio. L’inetto Mr. Poe, incaricato di trovare loro un tutore in attesa che Violet diventi maggiorenne e possa ereditare l’immensa fortuna lasciata dai genitori, li affida ad un loro fantomatico parente, l’orrido Conte Olaf, che non si fermerà davanti a nulla pur di impossessarsi dell’eredità…
Non è facile parlare dell’opera di Lemony Snicket a chi non ha mai avuto la fortuna di leggere i libri. In poche parole l’autore si fa depositario delle disgrazie dei fratelli Baudelaire e le racconta in prima persona (con tutti i limiti del caso, ovviamente, vuoi per la mancanza di prove, vuoi per depistaggi portati avanti da fantomatici “nemici) privando il lettore di ogni speranza di una risoluzione felice ed immergendolo in un’ironia spietata. Non si può dire però che gli incauti lettori non vengano avvertiti: quasi in ogni pagina ci sono avvertimenti a NON proseguire la lettura, a non farsi illusioni, a non provare neppure a pensare ad un happy end. Il film è molto bello proprio perché ricalca tutti questi aspetti dei libri, ai quali è molto fedele.
L’inizio è sconcertante. Il film comincia con… le avventure dell’Happy Littlest Elf, un’esilarante e zuccherosa schifezza a cartoni animati che perseguiterà lo spettatore per tutta la pellicola, una specie di “film proiettato nell’altra sala” che il narratore invita ad andare a vedere al posto di Una serie di sfortunati eventi. Da qui si alternano le immagini dello stesso Lemony Snicket, voce narrante dell’intera vicenda, che rimarrà sempre e solo un’ombra priva di identità sullo schermo (proprio come il vero autore, che non è mai stato fotografato…), e le vicende dei tre orfani. Queste ultime ricalcano abbastanza fedelmente la trama dei primi tre libri, che per ovvie ragioni viene condensata: si comincia con Un infausto inizio, si continua con La stanza dei serpenti e La funesta finestra, per poi tornare all’Infausto inizio. In tutto questo ci sono citazioni anche dagli altri libri, talmente criptiche che giusto chi se li ricorda a menadito potrebbe coglierle. La bellezza dei libri, oltre che nella storia talmente “sfigata” e anche abbastanza crudele, bisogna dirlo, sta nell’utilizzo a dir poco fantasioso che l’autore fa della lingua e della grammatica inglese (per questo bisognerebbe leggerli in originale, secondo me) e nel modo in cui riesce a fare parlare la piccola Sunny, poco più che una neonata e quindi apparentemente incapace di esprimersi con un senso compiuto. Apparentemente, perché se la piccola nel libro biascica “Arigato”, l’autore sottolinea il fatto che vorrebbe dire grazie, e via dicendo. Nel film questo non può essere reso nella stessa maniera, ma gli esilaranti sottotitoli che accompagnano i versi di Sunny non sono affatto male, anzi. Anche il finale di Un infausto inizio è stato un po’ modificato. Quando il Conte Olaf arriva a farsi sposare da Violet per ottenere l’eredità con un falso spettacolo teatrale, nel libro il matrimonio viene considerato nullo perché la ragazzina non firma il contratto con la mano “giusta” (on her right hand), bensì con la sinistra. Nel film l’errore viene ricordato (il Conte Olaf ribadisce: “mano destra, prego.”) però viene scelta una soluzione più spettacolare per risolvere il problema del matrimonio.
Per quando riguarda l’aspetto visivo, il film è uno spettacolo. Gli ambienti sono fatti al 90% in CG, ma non si avverte quel senso di pesante irrealtà che spesso si trova in altre pellicole. Anche i costumi, soprattutto quelli di Violet, sono splendidi, un azzeccato miscuglio di elementi vittoriani e abiti moderni, tanto che dare una collocazione temporale alla storia è praticamente impossibile. Ma ciò che rende veramente spettacolare il film sono gli attori, Jim Carrey su tutti: il suo Conte Olaf non ha nulla da invidiare a quello, già abbastanza perfido e vanesio, dei libri, ma qui si sottolinea alla perfezione anche il suo essere un pessimo attore (sono solo gli adulti ad essere sempre, inevitabilmente, ingannati dai suoi travestimenti farlocchi, nonostante gli Orfani cerchino di avvertirli in ogni modo), soprattutto con l’orrido travestimento da Stephano, “italianissimo” esperto di serpenti. Da Oscar è anche la zia Josephine interpretata da Meryl Streep, una donna dalle mille, irrazionali fobie che non esita a sacrificare gli orfani per il suo bene e quello della sua adorata grammatica; l’adattamento de La funesta finestra è forse il migliore dei tre anche grazie alla perfetta interazione tra la Streep e Carrey, che danno vita a siparietti comici decisamente esilaranti. Insomma, Una serie di sfortunati eventi è un film che consiglio caldamente: chissà che non vi venga voglia di leggere anche i libri…
Di Jim Carrey, che interpreta il Conte Olaf, ho già parlato qui. Tra i suoi progetti futuri, le solite commedie, un musical e persino un adattamento dei libri della serie Where’s Waldo? (!!), ma nulla di troppo interessante purtroppo. La bravissima Meryl Streep, che nel film ha il ruolo della fobica zia Josephine, la trovate qui, mentre Timothy Spall, che interpreta l’inetto Mr. Poe, è stato nominato qui. Jude Law, che narra la storia nella versione originale, vestendo quindi i panni di Lemony Snicket, lo trovate qui.Tra gli attori spunta anche Dustin Hoffman, in un breve cameo nei panni di critico teatrale.
Brad Silberling è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Casper e City of Angels, assieme ad alcuni episodi di Alfred Hitchcock presenta, NYPD e Giudice Amy. Ha 47 anni.
Emily Browning interpreta Violet Baudelaire. Australiana, ha recitato in Nave fantasma, Al calar delle tenebre e The Uninvited. Ha 22 anni e due film in uscita, tra cui il nuovo film di Zack Snyder, Sucker Punch: ha un trailer delirante e vagamente trash, non posso perderlo!
Liam Aiken interpreta Klaus Baudelaire. Newyorchese, ha recitato in Nemiche amiche ed Era mio padre. Ha 20 anni.
Bill Connolly interpreta lo zio Monty. Scozzese, ha recitato in Proposta indecente, Mai dire ninja, L’ultimo samurai e X – Files – Voglio crederci. Ha doppiato film come Pocahontas, I Muppet nell’isola del tesoro e avuto parti in telefilm come Una famiglia del terzo tipo e Colombo. Ha 68 anni e quattro film in uscita, tra cui I viaggi di Gulliver, dove interpreterà il re dei lillipuziani con Jack Black nei panni del protagonista! Holy shit!
Catherine O’Hara interpreta il giudice Strauss. Perché cito questa donna? Perché è merito suo se la dolcissima Sally di The Nightmare Before Christmas può parlare e cantare! Già solo per questo meriterebbe un posto d’onore sul mio blog, ma come dimenticare che l’attrice canadese è stata anche l’antipatica Delia di Beetlejuice e la mamma di Macaulay Culkin in Mamma, ho perso l’aereo (e seguito)?Tra gli altri suoi film ricordo Fuori orario, Dick Tracy e Nel paese delle creature selvagge (come doppiatrice), mentre tra i telefilm ai quali ha partecipato ci sono Racconti di mezzanotte, Oltre i limiti e Six Feet Under. Ha 56 anni e due film in uscita.
Un sacco di facce conosciute tra gli attori impegnati in questo film, soprattutto tra gli scagnozzi del Conte Olaf: l’uomo calvo è Luis Guzmàn, una sorta di Danny Trejo “minore” che avrete sicuramente notato in film come Magnolia e Boogie Nights – L’altra Hollywood; Jennifer Coolidge, che interpreta una delle due donne col cerone sul viso, è stata la famigerata mamma di Stiffler nei film della serie American Pie e ha partecipato anche ad alcuni episodi di Nip/Tuck; infine, Cedric “The Entertainer”, che interpreta l’ispettore, ha prestato la voce al braccio destro del Re Julian di Madascar. In origine doveva essere Tim Burton a dirigere il film, con Johnny Depp nei panni del Conte Olaf e Glenn Close in quelli di zia Josephine. Sicuramente sarebbe stato molto più dark, e chissà cosa ne sarebbe venuto fuori, ma in definitiva non ci si può lamentare del risultato ottenuto, anzi. Vedere per credere: ecco a voi il trailer, così giudicherete. ENJOY!!