Dopo aver tanto penato, finalmente anche io sono riuscita a vedere uno dei film che aspettavo di più in questo ricco gennaio, ovvero
Les Misérables, trasposizione dell’omonimo musical di Broadway diretta nel 2012 dal regista
Tom Hooper.
Trama:
l’ex forzato Jean Valjean decide di cambiare vita dopo l’incontro con un pio vescovo. Violata la parola, riesce persino a diventare sindaco, ma il poliziotto Javert gli è sempre alle calcagna, deciso a riconsegnarlo alla giustizia. In un momento di disattenzione ed egoismo Valjean causa la definitiva rovina e conseguente morte di una sua dipendente, Fantine, e per espiare le promette di prendersi cura della figlioletta Cosette, affidata ai terribili locandieri Thénardier. Nonostante l’incombente e costante pericolo incarnato da Javert, i due riescono a condurre una vita serena, ma l’amore e la rivoluzione sono in agguato…
Siccome di
Les Misérables ho letto male dal momento stesso in cui è uscito, spezzerò subito una lancia in suo favore: a me il film è piaciuto. Non mi nascondo dietro a un dito, adoro i musical e mi faccio sempre trascinare dalla bellezza delle canzoni o dal sentimento con cui vengono cantate, e in
Les Misérables ci sono tante canzoni meravigliose e un paio di
performance degne di nota. Non mi vergogno nemmeno a dire che ho pianto come un vitello in almeno quattro o cinque occasioni: d'altronde il pregio del romanzo di
Hugo è quello di "diluire la tragedia" con spiegoni storico-socio-politici-culturali che durano interi capitoli, mentre
Hooper ammazza lo spettatore concentrando questa storia di poveri vinti in due ore e mezza (ma nelle sue intenzioni originali dovevano essere più di quattro, Dio benedica i tagli!!). All'uscita dalla sala io e le mie compagne di visione siamo sbottate in un accesso di risa isteriche invocando un musical sui
Malavoglia, con
Hugh Jackman/Padron 'Ntoni che piange sui lupini perduti, spero che qualche cantautore particolarmente allegro come, che so,
Riccardo Cocciante mi legga ed esaudisca il nostro desiderio. Ma sto divagando, scusate, è solo che la commozione è ancora tanta e in qualche modo va sdrammatizzata. Passiamo alla recensione.
Les Misérables cinematografico è una sorta di compendio del musical di Broadway a cui si aggiungono elementi presi dal romanzo di
Hugo e, come l'opera dello scrittore francese, porta avanti un parallelo tra la vita di questi miserabili e la Francia. Jean Valjean è un uomo che lo stato e la cosiddetta giustizia hanno privato dell'identità, della fiducia verso il prossimo e della possibilità di avere un lavoro onesto e una vita serena; la Francia dell'epoca trattata è più o meno simile, una nazione passata in brevissimo tempo dalla Rivoluzione all'impero di Napoleone per poi tornare alla monarchia, uno stato allo sbando dove il popolo è ridotto nella miseria più nera e dove la legge tutela solo chi è benestante, quindi rispettabile. Sia i protagonisti dell'opera che la Francia dovranno trovare nell'amore, nella passione, nella comunione d'intenti e persino nel sacrificio e nella morte la forza per riaffermare sé stessi e ritrovare la dignità perduta, perché in caso di fallimento le alternative sono ugualmente terribili: o rimanere a razzolare nel fango e nell'ignominia come gli abietti Thénardier, oppure rimanere ciecamente ancorati ai propri pregiudizi come Javert, consacrando la propria intera esistenza e la propria sanità mentale al dovere, all'odio e alla persecuzione. Nonostante siano passati secoli il succo della storia mantiene intatta la sua potenza e riesce a far dimenticare persino le ingenuità da
feuilletton come la storia d'amore tra Cosette e Marius, nata nel giro di un paio di minuti e sfociata immediatamente in struggente melodrammone.
Il punto di forza di
Les Misérables, dunque, sono i passaggi in cui la critica sociale del romanzo (e di conseguenza del musical) riesce a farsi sentire e a raggiungere il cuore del pubblico: che sia la sordida rappresentazione dei bassifondi di Montreuil, che siano le scorrerie del monello Gavroche, che sia il terribile attacco alle barricate o il trionfo dei truffaldini Thénardier, la pellicola di
Hooper da il suo meglio in queste sequenze corali, dove il mezzo cinematografico concorre indubbiamente a rendere più vivace la rappresentazione e riesce a infondere nuova linfa in canzoni bellissime e conosciute come
At the end of the day, Lovely ladies, Master of the House e
Do you hear the people sing?, che risultano così i brani più belli sia per quanto riguarda la regia, che le scenografie. Ovviamente, stiamo parlando di un musical, quindi l'aspetto più importante sono i cantanti. Qui ce ne sono due che svettano su tutti, al di là della tecnica sulla quale non posso esprimermi perché mi mancano le competenze:
Anne Hathaway e
Russell Crowe. Innanzitutto, ho finalmente capito perché la
Hathaway, pur comparendo solo per una ventina scarsa di minuti, si sia beccata miliardi di premi e
nomination. Sfido CHIUNQUE a non rimanere a bocca aperta e a non piangere come se non ci fosse un domani davanti alla sua incredibile interpretazione della tristissima
I dreamed a dream. Una
performance così sentita e commovente che credo avrebbe potuto spaccare il cuore a un sasso, una sequenza che varrebbe da sola il prezzo del biglietto. E l'altro è
Russell Crowe. Io ero partita puntando alla tempesta ormonale davanti a
Hugh Jackman ma il granitico, impenetrabile e bastardissimo Javert di
Crowe è un trionfo che supera di gran lunga ogni aspettativa. Mi permetto di dire che l'ex Gladiatore ha una voce forse troppo impostata, ma il pezzo in cui canta il suo
Soliloquio prima di gettarsi nella Senna mette i brividi e non solo per il suono realistico del corpo che si spezza contro la pietra.
Chapeau a entrambi e menzione d'onore anche per i simpaticissimi Thénardier di
Sacha Baron Cohen e
Helena Bonham Carter, sempre a loro agio nei ruoli di laidi cialtroni (anche se qualcuno avrebbe dovuto ricordare alla signora Burton che il musical si ambienta a Parigi, non serviva indulgere nell'accento di Mrs.Lovett).
Purtroppo, e non avete idea di quanto mi dispiaccia, ci sono anche parecchie critiche da fare. Innanzitutto,
Les Misérables abbonda di sequenze statiche. Io ne ho visti parecchi di musical ma non ne ricordo uno così pieno di primi piani e mezzi busti a bocca spalancata. In due ore e mezza, i momenti in cui i cantanti si ritrovano soli con uno sfondo alle spalle, immobili, a cantare i loro dubbi e il loro dolore superano quasi sicuramente metà della durata della pellicola e purtroppo solo
Anne Hathaway può permettersi un simile trattamento. Lo stesso, ahimé, non si può dire di
Hugh Jackman. Jean Valjean, posso dirlo? E che due maroni, sempre lì a frignare come un disperato, a lamentarti, a preoccuparti per tutti tranne che per te stesso e persino ad invecchiare male! Sì, il povero Hugh passa dall'essere uno scheletro inquietante all'indossare un'inguardabile parrucchetta riccia per poi morire con in faccia un improponibile trucco da vecchio. Sono sincera, era mille volte meglio
Depardieu nella serie TV,
Jackman non è proprio tagliato per il ruolo di Jean Valjean. Altra cosa orrenda, ma questa ce la siamo beccata solo noi italiani, è la scelta di doppiare quei dieci minuti scarsi di dialogo: santo cielo, vi rendete conto che non si possono sentire gli intermezzi pronunciati da un'altra persona e in un'altra lingua nel bel mezzo di una canzone?? Tanto, ormai avevate fatto trenta, potevate far trentuno, qualche sottotitolo in più non avrebbe creato delle sommosse popolari. E aggiungo che Santa Claus e Babbo Natale non sono proprio la stessa cosa, credo che per un film ambientato nella Francia dell'800 una simile traduzione sia quantomeno discutibile. No comment. Vabbé, a parte questi due o tre difetti,
Les Misérables mi è piaciuto, lo ribadisco. Non lo candido a film dell'anno, questo proprio no, ma se volete guardare un bell'omaggio ad uno dei più grandi e conosciuti musical di Broadway non vi pentirete di aver messo piede in sala.
Del regista
Tom Hooper ho già parlato
qui. Di
Hugh Jackman (Jean Valjean),
Russell Crowe (Javert),
Anne Hathaway (Fantine),
Amanda Seyfried (Cosette),
Sacha Baron Cohen (Thénardier) e
Helena Bonham Carter (Madame Thénardier) li trovate invece ai rispettivi link.
Eddie Redmayne (vero nome Edward John David Redmayne) interpreta Marius. Inglese, ha partecipato a film come
Elizabeth: The Golden Age e
Marilyn. Ha 31 anni e un film in uscita.
Samantha Barks, che interpreta Eponine, aveva già incarnato il personaggio in occasione del 25simo anniversario del musical di Broadway e per fortuna la scelta è ricaduta su di lei, oppure avremmo dovuto beccarci la “performance” di
Taylor Swift. Tra le altre fanciulle in lizza per il ruolo segnalo
Hayden Panettiere, Scarlett Johansson ed
Emily Browning, mentre ad ambire a quello di Cosette c’era anche
Emma Watson. E’ cosa risaputa invece che durante i provini
Anne Hathaway (fortemente voluta proprio da
Hugh Jackman) abbia lasciato tutti in lacrime, surclassando così gente come
Jessica Biel, Marion Cotillard, Kate Winslet e
Rebecca Hall. Passiamo ora ai maschietti. Prima di ingaggiare
Crowe si era pensato a
Paul Bettany per il ruolo di Javert,
Jamie Campbell Bower ha rifiutato il ruolo di Enjorlas e
Geoffrey Rush (già Javert ne
I miserabili del 1998) era stato preso in considerazione per quello di Thénardier ma, in tutta sincerità, meglio che la parte sia andata all’esilarante
Sacha Baron Cohen. E con questo concludo, aggiungo solo che a fine mese
Les Misérables concorrerà per otto
Oscar: migliori costumi, miglior make-up (ma stiamo scherzando??!), miglior canzone originale (
Suddenly), miglior scenografia, miglior sonoro, miglior film (no, sinceramente, non lo merita, soprattutto non con le altre pellicole in lizza per il premio…),
Hugh Jackman miglior attore protagonista (e anche lì, assolutamente no, sarebbe immeritato…) e
Anne Hathaway migliore attrice non protagonista (se potessi glielo consegnerei io ora, giuro). Nell’attesa della notte degli Oscar, se
Les Misérables vi fosse piaciuto consiglio la visione de
Il fantasma dell’Opera e
Moulin Rouge. ENJOY!!